Messaggio per la giornata diocesana della scuola (9 ottobre 2011)


La comunicazione è diventata un problema da quando è troppa, nel senso che vi sono tanti strumenti, che normalmente sfuggono al nostro controllo e sembrano avere un grande potere.


Il problema della comunicazione non è la quantità, ma la qualità.


Comunicare significa essere in relazione e risponde alla natura sociale dell’uomo. Si può comunicare con i gesti, le immagini e le parole. La comunicazione è vita.


Attraverso la comunicazione si trasmettono eventi, emozioni, sentimenti che influiscono sugli altri e in qualche modo li cambiano; si può usare per vincolare o per favorire la libertà personale. Si comunica anche se non si vuole, e ci può essere la sorpresa di un evento o di una parola.


Imparare a governare i mezzi della comunicazione, prima che essi governino noi. Subire il contatto con lo strumento; prolungare la bocca e l’orecchio con protesi stabili; dipendere dalla notizia come da una droga: ecco il rischio della bulimia nella comunicazione.


Tutto ciò con cui entriamo in comunicazione, in qualche modo educa, nel bene e nel male. Ovviamente ci sono modi più o meno efficaci; per esempio un conto è una relazione interpersonale e un conto è una trasmissione televisiva; un conto è avere migliaia di contatti tramite un social network e un conto è avere alcuni amici veri.


Essenziale alla relazione educativa è la reciprocità, nel senso di una relazione in­terpersonale in cui chi educa e chi viene educato sono entram­bi presi all’interno di un processo che li comprende e li costi­tuisce. In questo senso l’ideale di umanità, di personalità com­piuta che si pone come fine dell’educazione, non è uno schema o una definizione che il genitore impone al figlio o il maestro all’allievo, ma è un tendere comune che coinvolge l’educatore non meno di colui che viene educato.


La comunicazione a lunga gittata non deve farci trascurare l’importanza della relazione interpersonale, anche per educare all’uso corretto dei media.


Se il problema chiave resta quello della credibilità dell’inse­gnante, della sua capacità di trasmettere efficacemente la cono­scenza, di sapersi immedesimare nelle attese e nei problemi dei suoi ragazzi, di essere profondamente attento e coinvolto nella relazione educativa, uno strumento (tra gli altri) che la scuola può mettere a disposizione degli studenti è la costruzione di una competenza comunicativa quale parte integrante del loro bagaglio culturale.


Si tratta di inserire tra i saperi previsti dai programmi della scuola dell’obbligo la media education, intesa non solo come alfabetizzazione ai linguaggi dei media, ma an­che come promozione della autonomia critica e della capacità di utilizzare i media per formarsi una propria opinione sugli eventi, i problemi, i processi sociali e per poter decidere auto­nomamente.


Le famiglie restano però l’ambito primario della relazione educativa. Per questo occorre attrezzare le famiglie affinché siano in grado di estendere la loro funzione educativa anche a un uso positivo e critico dei media, come supporti e non anta­gonisti del loro compito educativo.


                        + Claudio Stagni, vescovo

23-09-2011