Author: samuelemarchi

Sabato 31 maggio l’ordinazione presbiterale del diacono Stefano Lega

La Chiesa diocesana di Faenza-Modigliana si unisce in un clima di gioia e riconoscenza per annunciare un importante evento di grazia: l’ordinazione presbiterale del diacono Stefano Lega. Il rito solenne avrà luogo sabato 31 maggio 2025 alle 18 nella Basilica Cattedrale a Faenza.

La celebrazione sarà presieduta da Sua Eccellenza Monsignor Mario Toso, vescovo di Faenza-Modigliana, che imporrà le mani e pronuncerà la preghiera consacratoria, secondo l’antica tradizione della Chiesa. Questo gesto sacro segnerà il momento in cui il diacono Stefano verrà configurato a Cristo sacerdote, diventando ministro della Parola, dei Sacramenti e della guida pastorale.

La comunità diocesana, riconoscente per il dono delle vocazioni sacerdotali, si prepara ad accompagnare con la preghiera questo significativo passo del cammino vocazionale di don Stefano. Il giorno seguente, domenica 1 giugno 2025 alle 11, il novello sacerdote presiederà la sua prima Santa Messa nella chiesa dei Santi Ippolito e Lorenzo in Faenza, occasione in cui tutta la comunità potrà unirsi nella lode e nella gratitudine.


“Eccomi”: a Faenza la Veglia di Preghiera per le Vocazioni. Due storie di fede e riscoperta spirituale

Una serata intensa di preghiera, testimonianze e cammino ha animato le vie di Faenza domenica 11 maggio, in occasione della 62ª Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni. La diocesi si è ritrovata per un pellegrinaggio serale che, sotto il segno della parola “Eccomi”, ha voluto rispondere con gioia alla chiamata del Signore. Organizzata dalla Pastorale Vocazionale, la veglia ha avuto inizio alla Casa Famiglia Don Bosco in via Fratelli Rosselli per poi snodarsi fino alla parrocchia di Santa Maria Maddalena, attraversando anche la comunità di Sant’Antonino. Presieduto da don Michele Morandi, vicario generale della diocesi, l’evento ha unito preghiera comunitaria, invocazione e ascolto. Tra i momenti più toccanti, le testimonianze di chi ha sperimentato in prima persona la bellezza e la sfida di una vocazione vissuta nel quotidiano.

Una vocazione a due voci: Elisa e Manuele

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A condividere il proprio cammino sono stati Elisa Ghini e suo marito Manuele Preti, una coppia che ha saputo intrecciare due storie molto diverse in un’unica risposta alla chiamata di Dio. Elisa, cresciuta in una famiglia molto credente e attiva in parrocchia, ha raccontato di un lungo tempo di ricerca, anche al di fuori degli ambiti strettamente pastorali: “Ho sempre cercato la mia strada, sentivo un’inquietudine… non capivo quale fosse la mia vocazione”. L’incontro con Manuele, apparentemente lontano da quel mondo, ha acceso una nuova luce.

“Dopo la cresima ho lasciato la Chiesa – ha raccontato Manuele –. Mi sono immerso nella musica e in una vita che, alla lunga, mi ha lasciato un vuoto. A trent’anni, in silenzio, ho fatto una preghiera a Dio chiedendogli un segno. Poco dopo ho incontrato Elisa”. Da lì, una lenta ma profonda conversione: “Pensavo che la Chiesa fosse noiosa, ma ho scoperto una ricchezza e una comunità che accoglie davvero”. Elisa e Manuele oggi sono una coppia che si accompagna a vicenda, camminando insieme in un percorso di fede condivisa.

La casa che accoglie: la testimonianza di Giovanni

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In precedenza era stato Giovanni Belosi, da trent’anni in servizio alla Casa Famiglia Don Bosco della Comunità Papa Giovanni XXIII, a presentare la sua testimonianza. Nel cortile della casa, luogo di accoglienza e preghiera, ha raccontato la sua vocazione maturata grazie all’incontro con don Oreste Benzi: “Mi colpì quella frase semplice, ma potente: ‘Diamo una famiglia a chi non ce l’ha’. Quelle parole mi entrarono dentro e non mi lasciarono più”. Da lì un cammino che ha portato Giovanni a vivere nella casa famiglia, diventata segno tangibile di carità e presenza evangelica. “Non è un ospedale né una clinica, ma un luogo dove la vita cambia attraverso l’amore e la condivisione. In trent’anni sono passate qui più di 120 persone: bambini, profughi, persone con fragilità… e ognuno ha lasciato un segno, ci ha avvicinati al Signore”.

Una Chiesa che cammina insieme

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La Veglia “Eccomi” ha rappresentato un vero cammino spirituale non solo per chi vi ha partecipato, ma per tutta la diocesi. Le parole di papa Francesco per questa Giornata delle Vocazioni hanno risuonato forti: essere testimoni di speranza, per contagiare chi ci sta accanto con la gioia che nasce dall’incontro con Dio. Due testimonianze, quella di una coppia e quella di una comunità, che ci ricordano che ogni vocazione, nella sua unicità, è risposta d’amore e disponibilità: è dire “eccomi” là dove il Signore ci chiama.

Martina e Samuele


Su “Avvenire” la pagina dedicata alla Diocesi di Faenza-Modigliana

Nella giornata di ieri, domenica 11 maggio, si è tenuta la Giornata diocesana del quotidiano “Avvenire” e del nostro settimanale “il Piccolo”.

Giornali in parrocchia

Nelle parrocchie alle Messe di domani c’è stata la diffusione straordinaria dei due giornali.

Pagina speciale su “Avvenire”

In Avvenire, il quotidiano della Conferenza episcopale italiana, si può leggere la pagina speciale dedicata alla Chiesa di Faenza-Modigliana.

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Il vescovo Mario sull’elezione di Papa Leone XIV

 

Di seguito le prime dichiarazioni del vescovo monsignor Toso per l’elezione del nuovo Pontefice, papa Leone XIV.

 

Accogliamo con profonda gratitudine e gioia l’elezione al soglio pontificio di Papa Leone XIV. Il suo primo gesto – salutare il popolo con le parole “La pace sia con voi” – ha subito indicato la direzione spirituale e pastorale del suo ministero: quella di una pace che affonda le radici in Cristo Risorto, una pace capace di essere insieme disarmata e disarmante, e che chiama ogni cristiano a farsene artigiano nel mondo di oggi.

È molto significativa la scelta del nome “Leone XIV”, che richiama esplicitamente papa Leone XIII, il pontefice  della Diuturnum illud, dell’Immortale Dei,  della Libertas paestantissimum (encicliche “politiche”, nelle quali critica le dottrine razionalistiche e naturalistiche alla base dello Stato liberal borghese, e nelle quali propone una libertà legata alla verità) e della più nota Rerum novarum, che diede un forte impulso alla dottrina sociale della Chiesa. Con questo nome, il nuovo Papa sembra già indicare un pontificato attento alla giustizia sociale, alla dignità del lavoro e alla libertà della Chiesa, ad una democrazia con una anima etica, scelta sulla base della libertà e della responsabilità. È un segno profetico per un tempo in cui si avverte l’urgenza di pace, della giustizia e della fraternità tra i popoli, in un contesto di crisi profonda delle istituzioni democratiche e di terza guerra mondiale a pezzi.

Il nuovo Papa, statunitense, porta in sé un respiro autenticamente internazionale: è stato missionario in Perù, ha guidato l’Ordine di Sant’Agostino e ha recentemente ricoperto l’incarico di Prefetto del Dicastero per i Vescovi. La sua esperienza lo rende un pastore che conosce la Chiesa nelle sue molteplici dimensioni e che si propone come costruttore di ponti, dialogo e speranza. Ci ha già incoraggiati – come discepoli di Cristo – a camminare insieme, uniti e senza paura, mano nella mano.

Ha ricordato con semplicità e profondità di essere figlio di Sant’Agostino, facendo sue le parole del grande Padre della Chiesa: “Con voi sono cristiano, per voi sono vescovo.” In questa dichiarazione si riflette già un pontificato che si vuole profondamente vicino al popolo, radicato nella fede e aperto al mondo.

Papa Leone XIV ci invita a costruire una nuova civiltà dell’amore, fondata sulla fraternità, sulla solidarietà, sulla giustizia sociale ma anche sull’ecologia integrale. Sicuramente solleciterà la riforma delle Istituzioni internazionali come l’ONU e richiamerà l’importanza di pensare e di  innalzare nuove istituzioni internazionali che promuovano tutti insieme la custodia del Creato, come ad esempio una Organizzazione mondiale dell’Ambiente.

Come Chiesa faentina, lodiamo il Signore per questo dono. Il nuovo Papa ci unisce più profondamente a Cristo e ravviva la nostra fede, mentre camminiamo nella storia come popolo di Dio, chiamato a dare il nostro apporto alla costruzione del Regno. Accompagniamo Papa Leone XIV con la preghiera, la fedeltà e l’impegno quotidiano per la pace e la giustizia.

 

 


“Eccomi”: l’11 maggio la diocesi di Faenza-Modigliana in cammino per le vocazioni

Un appuntamento di fede e speranza animerà le strade di Faenza domenica 11 maggio 2025. In occasione della 62ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, la diocesi si ritroverà per un momento di preghiera itinerante, un’iniziativa che vuole rispondere con gioia e disponibilità alla chiamata del Signore: “Eccomi”.

L’evento, promosso dalla Pastorale vocazionale, si svolgerà con un cammino serale che unirà testimonianza, ascolto e preghiera comunitaria. A presiedere l’incontro sarà don Michele Morandi, vicario generale della diocesi, che guiderà i partecipanti lungo un percorso di riflessione e invocazione per il dono di nuove vocazioni. Il ritrovo è previsto per le ore 20.30 presso la Casa Famiglia Don Bosco, in via Fratelli Rosselli 18 a Faenza. Da lì prenderà avvio il pellegrinaggio, con una prima tappa alla parrocchia di Sant’Antonino, per poi concludersi alla parrocchia di Santa Maria Maddalena. Non è necessaria l’iscrizione per partecipare: l’iniziativa è aperta a tutti coloro che desiderano unirsi nella preghiera e camminare insieme alla comunità diocesana. Per ulteriori informazioni è possibile contattare don Mattia Gallegati, al numero 3282481149.

L’appuntamento si inserisce nel più ampio contesto della Giornata mondiale per le vocazioni, un’occasione preziosa per sostenere con la preghiera quanti sono chiamati a servire il Vangelo nella vita sacerdotale, religiosa e missionaria.


Schede bibliche per il tempo di Pasqua 2025

Sono disponibili le schede bibliche del Tempo di Pasqua, si possono scaricare dal sito della diocesi e alcune copie cartacee si possono trovare nella libreria Cultura Nuova.
Le schede, a cura dell’Ufficio Catechistico – Settore Apostolato Biblico, sono dedicate ai salmi responsoriali della domenica dal 27 aprile all’ 8 giugno. L’introduzione alla lettura delle schede bibliche è tratta da un testo del cardinale Gianfranco Ravasi, che propone una riflessione sul brano evangelico dei discepoli di Emmaus.

Info e contatti: don Pier Paolo Nava 328 4760185; apostolatobiblico@diocesifaenza.it

Le schede da scaricare

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Messaggio del Vescovo Mario per la morte di Papa Francesco, “La Speranza prevalga sul dolore”. L’invito a tutta la Diocesi a pregare per lui

In questo momento di profondo dolore per la Chiesa universale e per l’intera umanità, la Diocesi di Faenza-Modigliana si unisce con commozione e preghiera al lutto per la scomparsa del Santo Padre, Papa Francesco. Il Vescovo monsignor Mario Toso invita tutti i fedeli, le comunità parrocchiali, le realtà ecclesiali e gli uomini e le donne di buona volontà ad accompagnare spiritualmente il Papa con la preghiera, facendo prevalere la Speranza sul dolore. «In questo passaggio così intenso e doloroso – dichiara il Vescovo – vogliamo ricordare le parole luminose che Papa Francesco ci ha lasciato nella Bolla di indizione dell’Anno Giubilare. Egli ci ha indicato nella Croce il segno vivo di una Speranza che non delude mai: è lì che si radica la nostra missione, è lì che trova senso il nostro impegno apostolico».

“La Croce, segno vivo di una Speranza che non delude mai”

“Nel corso del suo pontificato – ha aggiunto il vescovo -, Papa Francesco ha saputo parlare al cuore di milioni di persone, diventando una guida spirituale non solo per i cattolici, ma anche per i credenti di altre religioni e per tutti coloro che, nel mondo, cercano giustizia, pace e verità. Con riconoscenza profonda, custodiamo la sua testimonianza evangelica, il suo instancabile servizio alla Chiesa e la sua dedizione ai più poveri e fragili. Affidiamolo alla misericordia del Padre, certi che continuerà ad accompagnarci dal Cielo”. Il vescovo ha poi invitato tutte le comunità parrocchiali a proporre momenti di preghiera in suffragio del Santo Padre. Verrà comunicata prossimamente la data di una celebrazione eucaristica diocesana.

Gli auguri di Buona Pasqua dal Vescovo Mario

Quale gioia ci dona la Pasqua di Cristo!

Ogni anno si spalancano per noi le porte della comunione con il suo Amore e con la sua missione. La Pasqua ci costituisce popolo di Dio, inviato nel mondo. È l’occasione, ancora una volta, di pensarci insieme a Lui, nella vita, nel cammino per la gioia, che vorremmo raggiunga tutti. In una continua effusione dello Spirito che rinnova la faccia della terra.

La nostra non è la gioia di un popolo estraneo ai grandi problemi del mondo.

Tutto al contrario. È la gioia di un popolo che non si rinchiude in un cristianesimo devoto, di consolazione, di commiserazione delle nostre debolezze contingenti. È la gioia che fiorisce dalla forza di un dono che diviene completo con l’immedesimazione con il Pastore dei pastori, sulla Croce. È la gioia di una Speranza che non delude e che fa riprendere il largo della storia.

Guardiamo in avanti. Non siamo soli. Camminiamo nel mondo, fieri di essere di Cristo, pronti a seminare con Lui i semi della sua perenne giovinezza, della sua pienezza di vita.

Come Cristo ha desiderato coinvolgersi nelle vicende umane, anche noi non ci rifiutiamo di essere in mezzo alle sfide della storia. È il cammino dell’immersione nell’umanità, in ogni suo aspetto, per renderla più autenticamente umana attraverso il dono della vita divina.

In un mondo pieno di tanti segni di bontà e di bellezza, ma anche di tante fragilità, divisioni, ingiustizie, diseguaglianze e guerre, non assecondiamo ciò che lo distrugge ancora di più.

Collaboriamo con gli uomini di buona volontà per renderlo sempre più casa di tutti e per tutti. Coltiviamo l’attitudine alla fraternità, al dialogo sereno, sincero, propositivo, sempre audace, che non scende a compromessi inconcludenti, che avvantaggiano i più forti e lasciano da parte, ancora una volta, i più deboli e i poveri. Siamo annunciatori e testimoni di un Vangelo integrale, mostrando che tutto è connesso: che la persona umana va custodita sia nella sua dignità individuale, inviolabile, indisponibile, che la rende soggetto di doveri e di diritti, sia nella sua vocazione relazionale, che le assegna responsabilità nei confronti della società; che proprio questa dignità porta a rispettare allo stesso modo la vita nascente e morente, come la vita degli indigenti e dei migranti; che la cura del creato vive della stessa logica della cura della famiglia e dell’educazione.

La Pasqua è per la profezia, ci dice il cammino sinodale in cui siamo impegnati da alcuni anni. Essere profeti significa non solo guardare in avanti, fiutare il vento del successo, ma essere soprattutto costruttori, con sollecitudine instancabile, con passione, di una società più fraterna, giusta e pacifica.

In questa Pasqua desidero rivolgere un augurio speciale ai giovani della nostra Diocesi. Voi siete ricchezza per il futuro della Chiesa e del mondo. Portate nel cuore sogni, aspirazioni e anche attese e domande. In un tempo segnato da incertezze e preoccupazioni, il messaggio della Risurrezione vi esorta a non perdere la speranza. Cristo risorto vi invita a guardare a lui, a essere promotori di gioia e costruttori di pace. Lasciatevi guidare dalla luce pasquale e aprite il vostro cuore a Gesù, che vi accompagna sempre, anche nelle difficoltà, incoraggiandovi a vivere con coraggio e profondità di visione. Un abbraccio a tutti, piccoli e grandi, giovani e nonni, con l’amore di Cristo risorto.

                                        + Mario Toso

 


“Chiesa e democrazia” di Mons. Mario Toso: la recensione dal prof. Stefano Zamagni

Il volume che ora viene presentato al giudizio del lettore è un bell’esempio di lavoro intellettuale nel senso attribuito a questa espressione dal card. John Newman. Con non comune maestria, Toso è riuscito a tenere insieme, in armonia, una varietà di prospettive di studio, da quella teologico-morale e quella politico-filosofica, a quella socioeconomica. Scritto in maniera esemplarmente chiara, Chiesa e Democrazia (Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa, Seconda edizione rivista ed ampliata, 2025 Roma) sarà certamente apprezzato da quanti amano essere stimolati a pensare in modo libero senza paraocchi. Il filo rosso che tiene uniti i vari capitoli è la crisi profonda, iniziata mezzo secolo fa, della democrazia quale modello di ordine sociale nei paesi dell’Occidente avanzato e l’apporto decisivo che la Chiesa-popolo di Dio è in grado di offrire per il suo superamento.

In quanto segue, intendo fissare l’attenzione su tre questioni specifiche che questo saggio pone alla nostra responsabile attenzione. Con ammirevole coraggio intellettuale, Toso affronta il dilemma in cui si dibatte la Chiesa di oggi: se vuole restare fedele al suo fondamento deve affermare con forza che il cristianesimo non è riducibile ad un’etica; al tempo stesso però per affermare nel mondo la sua cogente rilevanza, la Chiesa deve saper declinare il suo messaggio sul fronte dell’etica, mostrando quali implicazioni di ordine pratico discendono dall’accoglimento dei principi, sempre gli stessi, del Cristianesimo. Invero, come è stato ribadito più volte, anche alla Settimana Sociale di Trieste del luglio scorso, l’Evangelo è bensì un messaggio di speranza, ma non esclude, anzi esige che ve ne siano altri. Nello svolgere la sua missione, la Chiesa cerca e incontra la risposta di un soggetto tra le onde della storia. Come viva quest’uomo, quali siano le sue possibilità di realizzarsi non sono fatti estranei e indifferenti alla evangelizzazione, poiché da essi dipende la risposta che l’uomo darà. Ecco perché la Chiesa – insiste Toso – non può non interessarsi alla sorte dell’uomo in questo mondo e alla sua piena fioritura. È contro la ricorrente tentazione di un nichilismo generatore della sindrome, oggi dilagante, della solitudine esistenziale che l’Autore di questo libro si scaglia con decisione, riaffermando le ragioni proprie della Dottrina Sociale della Chiesa, che inizia dalla ben nota Lettera a Diogneto (II sec.) e dalla pubblicazione dell’importante saggio di Basilio di Cesarea (Sul buon uso della ricchezza, 370).

Una seconda q uestione, strettamente collegata alla precedente, è quella che concerne l’impegno in politica dei cattolici, un tema al quale tante pagine del libro sono dedicate. (Si badi di non confondere la politica, che secondo Aristotele appartiene alla “ragion pratica”, con la partitica che nasce nel XIX secolo, al seguito dell’Illuminismo, e che appartiene alla ragion tecnica). Distinguendo tra comunità cristiana e comunità civile, in quanto appartenente ad entrambe, il credente non può eludere il problema di come armonizzare le due appartenenze, dal momento che i principi fondativi delle due comunità sono diversi e così pure le loro regole di funzionamento. Per il non credente, un tale problema non esiste. Il fatto – riconosciuto e ribadito più volte da papa Francesco – della fine della cristianità dell’epoca moderna, ci obbliga ad affrontare la questione della armonizzazione nel pieno rispetto del principio di laicità che, come noto, è creazione del Cristianesimo. (L’Illuminismo ha dato vita, d’altro canto, al principio laicista). A scanso di equivoci, conviene sempre ricordare la differenza tra Cristianesimo e cristianità: quest’ultima è l’involucro storico, e dunque transeunte, del primo.

Il teologo Henry De Lubac ha scritto che il cristiano che non si interessa di politica – non di partitica – non è fedele al Vangelo. A tale proposizione mi piace affiancare tre dichiarazioni recenti di altrettanti Pontefici. “La politica come servizio è una via della Carità: volete amare gli altri? Fate politica” (Paolo VI). “Sogno il ritorno diretto in politica dei laici cattolici”. (Benedetto XVI, corsivo aggiunto). “Un buon cattolico si immischia in politica, offrendo il meglio di sé”. (Francesco). Non v’è bisogno di commenti, se non per suggerire due conseguenze derivanti dalla non presa in considerazione di tali autorevoli ammonimenti. Per un verso, il babelismo (per usare la felice espressione di J. Maritain) del mondo cattolico; per l’altro verso, il fatto che i cattolici sono spesso percepiti come una sorta di lobby a difesa di determinati obiettivi, e non invece come una comunità di persone portatrici di un progetto di trasformazione della società che trae il suo slancio vitale dai principi della Dottrina Sociale della Chiesa. Le lobby – di “destra”, di “sinistra” o di altro ancora – se possono ottenere vantaggi nella anticamera della partitica, sono sempre perdenti a lungo termine per la semplice ragione che non sono in grado di organizzare, o non vogliono organizzare,   i canali di trasformazione degli interessi della cittadinanza verso le forze partitiche in quanto esse non perseguono l’interesse generale. Un caso di studio interessante ci viene dal nostro mondo cattolico che si è autoinflitto, nell’ultimo quarantennio, una duplice illusione: quella di poter essere il lievito che entra nella pasta delle diverse formazioni partitiche per condizionarne, almeno in parte, i programmi, pur non superando la soglia critica oltre la quale si può, essere efficaci; quella di poter esercitare con successo il potere come influenza, a prescindere dal potere come potenza. Davvero pie illusioni, come i fatti si sono poi incaricati di dimostrare.

Chiudo il punto con un esempio chiarificatore. Il Cristianesimo non può considerare la democrazia liberale come l’unico ordine politico definitivo da incoraggiare, perché tale ordine contiene il rifiuto della politica delle virtù. In altro modo, le strutture della democrazia liberale sono basate sull’idea che le virtù e il dono come gratuità possono essere considerati politicamente e socialmente ridondanti. Avallare un’economia del dono significa affermare l’esigenza che la fraternità sia il test della legittimità politica e la carità il criterio della cittadinanza. Non è sostenibile la società in cui si estingue la fraternità e non c’è pubblica felicità in quella società in cui esiste solamente il “dare per avere” oppure il “dare per dovere”. Ecco perché né la visione liberal-individualista del mondo, né la visione statocentrica della società sono guide sicure per farci uscire dalle secche dell’epoca presente. È d’interesse far presente che J. Habermas, nel suo saggio del 2024, ha insistito sul fatto che le democrazie contemporanee hanno eroso il loro fondamento etico, suggerendo come cosa inevitabile il ritorno al pensiero religioso. “Il Cristianesimo, e nient’altro – ha scritto il filosofo tedesco – è l’ultimo baluardo della libertà, della coscienza dei diritti umani e della democrazia. Continuiamo ad abbeverarci a questa fonte”.

Passo, infine, alla questione che occupa un posto centrale nell’analisi del Nostro: la crisi della democrazia quale si è venuta manifestando nel corso dell’ultimo mezzo secolo. Tre le patologie all’origine del triste fenomeno: la ipertrofia della finanza globale; la concentrazione di ricchezza mai registrata nei secoli passati; il disallineamento tra mercato capitalistico e principio democratico.  A proposito del primo fattore causale, Toso non manca di sottolineare il processo di crescente finanziarizzazione dell’economia, un processo che si è imposto all’attenzione dei più, facendo credere – senza alcuna prova – che i mercati finanziari sarebbero assetti istituzionali in grado di autoregolarsi e ciò nel duplice senso di assetti capaci di darsi da sé le regole del proprio funzionamento e di farle rispettare. Il punto che merita una sottolineatura è che nelle economie di mercato di tipo capitalistico vi sono soggetti che creano valore e altri che non lo creano, ma se ne appropriano oppure si limitano a trasferirlo da un soggetto all’altro. Soprattutto la grande finanza (grandi banche, hedge funds, fondi di private equity, ecc.) mentre crea poco valore nuovo, ha la potente capacità di appropriarsi del surplus che altri agenti hanno generato: è questo il nucleo duro del rent-seeking finanziario, della ricerca della rendita che caratterizza l’attività di buona parte degli intermediari finanziari. Questo stato d’animo pressoché generalizzato ha fornito il carburante al meccanismo speculativo, il quale si è potuto avvalere di strumenti e tecniche con una “potenza di fuoco” mai vista in precedenza. Ma è evidente che una bolla speculativa dalle proporzioni di quella scoppiata nel 2007-2008 mai si sarebbe potuta verificare senza quella “bolla mentale” che ha fatto credere che fosse possibile separare la creazione di valore dal lavoro produttivo. Donde il vergognoso aumento delle diseguaglianze sociali sia tra paesi sia tra gruppi di cittadini entro un medesimo paese. Eppure, il pensiero liberale classico, (si pensi a A. Smith, A. Tocqueville, J.S. Mill, F. Hayek) sin dai suoi albori, aveva avvertito la preoccupazione che una smodata concentrazione di potere economico avrebbe finito col sottomettere al proprio volere il potere politico e dunque la democrazia.

Ciò ci introduce immediatamente al disallineamento di cui sopra. È il capitalismo oligarchico, non più quello democratico, a permettere il progresso socio-economico e la liberazione della società, perché quella democratica è una pratica politica troppo dispendiosa e troppo “wokista”. Si leggano documenti recenti quali il “Manifesto del Capitalismo Oligarchico” scritto da P. Theil nel 2009, in California, e firmato da una potente pattuglia di super ricchi quali Vance, Bezos, Musk e altri; il Programma Scientifico del Claremont Institute, uno dei più efficaci “think tank” dell’ultraconservatorismo americano; il farneticante “Manifesto Tecno-Ottimista” di M. Andreessen, co-fondatore di Netscape, dell’ottobre 2023, per rendersi conto di quanto sta accadendo in questo tempo. Il linguaggio della liberazione è divenuto preda da parte di poteri che si ammantano per l’appunto di quel linguaggio. Corruptio optimi pessima: siamo di fronte a un sistema che riproduce le parole, i propositi dei liberatori, ma in verità schiaccia le realtà percepite come fragili e vulnerabili in nome di un privilegio di “scorciatoia” in ossequio all’ideologia prestazionale.

Restituire un’anima alla politica: è questo l’invito accorato che si trae dalla lettura di Chiesa e democrazia. Ci vogliono grandi cause, ancorché talvolta deviate dal loro alveo originale, per mobilitare le persone in gran numero. Non esiste forza politica, degna di questo nome, che non si rifaccia ad un’ispirazione. Perché mai l’ispirazione cristiana non dovrebbe avere cittadinanza nell’odierno spazio politico, al pari delle altre matrici culturali? Nella sfera della politica, la sfida per il cristiano è accorciare le distanze tra radicalità evangelica e azione pubblica.

È culturalmente attrezzato e spiritualmente preparato il nostro mondo cattolico per una tale missione? Ritengo proprio di sì, purché lo si voglia e si abbia l’onestà intellettuale di ammetterlo. Non posso terminare senza esprimere, ancora una volta, gratitudine profonda a mons. Toso per il dono di queste pagine, il cui senso ultimo è quello di contrastare la credenza, oggi di moda, secondo cui non ci si sarebbe bisogno di pensare, perché ciò che conta è fare, funzionare. Ma se l’esistenza è solo funzionamento, tanto vale affidarsi alla “macchina”, che lo farà certamente meglio. Di qui il suggerimento del Nostro rivolto al mondo cattolico a riprendere la via del pensiero pensante, considerato che di pensiero calcolante ce ne è già troppo. Ha scritto Antoine de Saint Exupery: “La perfezione non si ottiene quando non c’è più nulla da aggiungere; ma quando non c’è più nulla da togliere”.

In Chiesa e Democrazia non c’è nulla da togliere.

Stefano Zamagni