Author: samuelemarchi

I poveri luogo teologico prima che sociologico. Sulla “Dilexi te”

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Premessa: farsi vicini ai poveri, vero cammino di santificazione

In continuità con l’Enciclica Dilexit nos, papa Francesco stava preparando, negli ultimi mesi della sua vita, un’Esortazione apostolica sulla cura della Chiesa per i poveri e con i poveri, intitolata Dilexi te (= DT),[1] immaginando che Cristo si rivolga ad ognuno di loro dicendo: «Hai poca forza, poco potere, ma “io ti ho amato”» (Ap 3,9). Leone XIV ha ricevuto come in eredità il progetto. L’ha fatto suo, aggiungendo alcune riflessioni e lo ha proposto all’inizio del suo pontificato. In tal modo, ha condiviso il desiderio dell’amato Predecessore che tutti i cristiani possano percepire il forte nesso che esiste tra l’amore di Cristo e la sua chiamata a farci vicini ai poveri. Leone XIV ha ritenuto necessario insistere su questo cammino di santificazione. Infatti, nel «richiamo a riconoscerlo nei poveri e nei sofferenti si rivela il cuore stesso di Cristo, i suoi sentimenti e le sue scelte più profonde, alle quali ogni santo cerca di conformarsi».[2]

1. Non tanto e solo una priorità sociologica quanto, piuttosto, una priorità teologica

È importante evidenziare, sin dall’inizio, come la nuova esortazione apostolica DT, rispetto all’amore verso i poveri, evidenzi un approccio primariamente teologico. Se è indubitabile che i poveri rappresentano ancora, anche nei Paesi ricchi, una questione sociale rilevante,[3] i credenti non possono dimenticare che ciò ha nella loro missione e nella loro attenzione una precedenza teologica. Perché? Esiste un vincolo inseparabile tra la nostra fede e i poveri.[4] I poveri sono un luogo teologico per eccellenza, perché Cristo ha assunto la povertà per essere in mezzo agli uomini. Ha condiviso, in particolare, la nostra radicale povertà, che è la morte. Egli è Messia povero. È Messia dei poveri e per i poveri.[5]

Il mistero di Cristo nella Chiesa, come è stato eloquentemente affermato nel Concilio vaticano II dall’allora card. Giacomo Lercaro, è sempre stato ed è il mistero di Cristo nei poveri.[6]

Proprio per questo, l’esortazione apostolica DT rimarca che la Chiesa, affrontando il problema dei poveri, non si pone innanzitutto «nell’orizzonte della beneficenza, ma della Rivelazione: il contatto con chi non ha potere e grandezza è un modo fondamentale di incontro con il Signore della storia».[7]

L’incontro con i poveri, per la Chiesa, ha una natura cristocentrica. È un evento anzitutto di fede, non solo sociale. In esso la Chiesa vive il mistero di Cristo nel povero.

L’affetto per il Signore si unisce naturalmente a quello per i poveri. La spiritualità del cristiano comprende l’affetto per il Signore vivente nei poveri, riconosciuto ed incontrato in essi.

2. Nell’incontro con i poveri si verifica l’autenticità della fede e del culto cristiano

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Per quanto detto, si capisce che l’attenzione ininterrotta della Chiesa verso i poveri e il suo camminare con essi sono parte essenziale della sua storia bimillenaria. «La cura dei poveri fa parte della grande Tradizione della Chiesa, come un faro di luce che, dal Vangelo in poi, ha illuminato i cuori e i passi dei cristiani di ogni tempo. Pertanto, dobbiamo sentire l’urgenza di invitare tutti a immettersi in questo fiume di luce e di vita che proviene dal riconoscimento di Cristo nel volto dei bisognosi e dei sofferenti. L’amore per i poveri è un elemento essenziale della storia di Dio con noi e, dal cuore stesso della Chiesa, prorompe come un continuo appello ai cuori dei credenti, sia delle comunità che dei singoli fedeli. In quanto è Corpo di Cristo, la Chiesa sente come propria “carne” la vita dei poveri, i quali sono parte privilegiata del popolo in cammino. Per questo l’amore a coloro che sono poveri – in qualunque forma si manifesti tale povertà – è la garanzia evangelica di una Chiesa fedele al cuore di Dio. Infatti, ogni rinnovamento ecclesiale ha sempre avuto fra le sue priorità questa attenzione preferenziale ai poveri, che si differenzia, sia nelle motivazioni sia nello stile, dall’attività di qualunque altra organizzazione umanitaria».[8]

L’amore per il prossimo rappresenta la prova tangibile dell’autenticità dell’amore per Dio. Nella prima comunità cristiana il programma di carità non derivava da analisi o da progetti sociali, ma direttamente dall’esempio di Gesù, dalle parole stesse del Vangelo. La carità verso i bisognosi non era intesa come una semplice virtù morale, ma come espressione concreta della fede nel Verbo incarnato. L’amore verso il povero è il criterio del vero culto.[9] La fede, scriveva san Giacomo, se non è seguita dalle opere, in sé stessa è morta (cf Gc 2, 14-17).

3. I poveri, dunque, non sono solo un problema sociale, sono la stessa carne di Cristo

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Il cristiano non può considerare i poveri solo come un problema sociale: essi sono una “questione familiare”. Sono “dei nostri”. Il rapporto con loro non può essere ridotto a un’attività o a un ufficio della Chiesa. Come insegna la Conferenza di Aparecida, «ci viene chiesto di dedicare tempo ai poveri, di dare loro un’attenzione amorevole, di ascoltarli con interesse, di accompagnarli nei momenti difficili, scegliendoli per condividere ore, settimane o anni della nostra vita, e cercando, a partire da loro, la trasformazione della loro situazione. Non possiamo dimenticare che Gesù stesso lo ha proposto con il suo modo di agire e con le sue parole».[10]

Una Chiesa povera per i poveri va verso la stessa carne di Cristo. Non è sufficiente enunciare in modo generale la dottrina dell’incarnazione di Dio. Bisogna andare verso la carne di Cristo che ha fame, che ha sete, che è malata, carcerata, emarginata, emigrata, sfruttata, discriminata. Dalla fede in Cristo fattosi povero, e sempre vicino ai poveri e agli esclusi, deriva la preoccupazione per lo sviluppo integrale dei più abbandonati delle società.[11]

4. La religione cristiana non si limita all’intimità e all’ambito privato

Talvolta si riscontra in alcuni movimenti o gruppi cristiani la carenza o addirittura l’assenza dell’impegno per il bene comune della società e, in particolare, per la difesa e la promozione dei più deboli e svantaggiati. A tale proposito, occorre ricordare che la religione, specialmente quella cristiana, non può essere limitata all’ambito privato, come se i fedeli non dovessero aver a cuore anche problemi che riguardano la società civile e gli avvenimenti che interessano i cittadini.  In realtà, qualsiasi comunità della Chiesa, nella misura in cui pretenda di stare tranquilla senza occuparsi creativamente e cooperare con efficacia affinché i poveri vivano con dignità e per l’inclusione di tutti, correrà anche il rischio della dissoluzione, benché parli di temi sociali o critichi i governi.[12]

5. Le cause sociali e strutturali della povertà, strutture d’ingiustizia, vanno riconosciute e distrutte con la forza del bene, vivendo con l’amore di Cristo

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Il vescovo Mario Toso lungo le strade di Traversara

Le strutture d’ingiustizia vanno rimosse attraverso il cambiamento della mentalità ma anche con l’aiuto delle scienze e della tecnica, attraverso lo sviluppo di politiche efficaci nella trasformazione della società. Se si è detto che la fede ha una dimensione pubblica, così va ricordato sempre che la proposta del Vangelo non è soltanto quella di un rapporto individuale ed intimo con il Signore in sé.  La proposta è più ampia. È relativa al Regno di Dio (cf Lc 4,43). Si tratta di amare Dio il cui Figlio si è incarnato nell’umanità e nel cosmo per ricapitolare in sé tutte le cose, quelle della terra e quelle del cielo (cf Col 1, 12-20). Nella misura in cui l’amore di Cristo, che si dona in maniera incondizionata e in piena libertà, regnerà in noi e tra di noi, la vita sociale sarà uno spazio di fraternità, di giustizia, di pace, di dignità per tutti.[13]

I credenti per il loro battesimo sono chiamati non solo a contemplare la regalità di Cristo, ma a partecipare ad essa, ad estenderla. Sono chiamati a servire Cristo Re, a testimoniare con la vita e con la parola la sua Signoria. Sono chiamati ad essere autentici araldi della regalità di Cristo nel mondo contemporaneo. Innanzitutto, vivendo nelle nostre comunità la pace che Cristo dona a tutti i suoi discepoli. In secondo luogo, vivendo non una spiritualità disincarnata ma incarnata, contribuendo a realizzare con Lui il Regno di Dio. Come? Amando Dio: nelle relazioni, nelle istituzioni, nella famiglia, nell’educazione, nel mondo del lavoro, nell’amministrazione pubblica, nella ricerca del bene comune e dei beni collettivi (acqua, terra e cibo,[14] clima, energia rinnovabile), nei socialnell’impiego dell’intelligenza artificiale. Ciò facendo noi vivremo le attività umane, le relazioni interpersonali, gli ambienti sociali con il cuore di Cristo, ordinandoli al loro compimento in Dio. Tutte le cose sono state create per mezzo di Lui e in vista di Lui.

Per quanto detto, il compito dei cristiani non è solo quello di pregare e di insegnare la vera dottrina. Esso include la promozione integrale dei poveri.[15]

Peraltro, in una visione di promozione integrale dei poveri, come conseguenza di essa, non si può ignorare che la peggiore discriminazione di cui possono soffrire i poveri è la mancanza di attenzione spirituale.[16]

6. Conclusione

La condizione dei poveri rappresenta un grido che, nella storia dell’umanità, interpella costantemente la nostra vita, le nostre società, i sistemi politici ed economici e, non da ultimo, anche la Chiesa. Sul volto ferito dei poveri troviamo impressa la sofferenza degli innocenti e, perciò, la stessa sofferenza del Cristo. Allo stesso tempo, dovremmo parlare forse più correttamente dei numerosi volti dei poveri e della povertà, poiché si tratta di un fenomeno variegato; infatti, esistono molte forme di povertà: quella di chi non ha mezzi di sostentamento materiale, la povertà di chi è emarginato socialmente e non ha strumenti per dare voce alla propria dignità e alle proprie capacità, la povertà morale e spirituale, la povertà culturale, quella di chi si trova in una condizione di debolezza o fragilità personale o sociale, la povertà di chi non ha diritti, non ha spazio, non ha libertà.[17]

Una Chiesa che non mette limiti all’amore, che non conosce nemici da combattere, ma solo uomini e donne da amare, è la Chiesa di cui oggi il mondo ha bisogno. Sia attraverso il lavoro, sia attraverso l’impegno per cambiare le strutture sociali ingiuste, sia attraverso un gesto di aiuto semplice, molto personale e ravvicinato, sarà possibile per ogni povero sentire che le parole di Gesù sono per lui: «Io ti ho amato» (Ap 3,9).

                                                Mario Toso, vescovo


[1] Cf LEONE XIV, Dilexi te, Dicastero per la Comunicazione-Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2025.

[2] DT n. 3.

[3] Cf DT nn. 9-12.

[4] Cf Francesco, Evangelii gaudium, n. 36.

[5] Cf DT n. 19.

[6] Cf DT n. 84.

[7] DT n. 5.

[8]DT n. 103.

[9] Cf DT n. 42.

[10] DT n. 104.

[11] Cf DT n. 111.

[12] Cf DT nn. 111-112.

[13] Cf DT n. 97.

[14] Cf DT n. 12.

[15] Cf DT n. 114.

[16] Ib.

[17] Cf DT n. 9.


I Domenica di Avvento: la Diocesi celebra la giornata per la Casa del clero

Ci ritroviamo in questa prima domenica di Avvento per ricordare la Casa del Clero, struttura eretta per accogliere sacerdoti “fisicamente non più giovani”. Al momento sono ospitati e custoditi tredici sacerdoti, assistiti secondo le condizioni di ciascuno. Particolarmente importanti sono i momenti di vita comunitaria: la condivisione dei pasti in refettorio e soprattutto la celebrazione della Messa ogni mattina alle 10. Questo momento è davvero il più importante perché lì ci si sente veramente famiglia, tutti assieme al Signore, e lì si portano e si accettano i problemi della salute, delle sofferenze fisiche, e non solo, da sopportare… Nella celebrazione Eucaristica si ricarica ogni mattina la batteria del nostro cuore.

In questo ultimo anno sono tornati alla casa del Padre don Pietro Magnanini e don Giuseppe Gallazzi, due sacerdoti molto stimati e amati, che nel loro ministero hanno trasmesso bontà d’animo, una fede grande e saggia, cultura umana e religiosa e sempre totale disponibilità verso tutti.

Una casa di relazioni

Ognuno dei sacerdoti presenti porta con sé un vissuto di relazioni, situazioni, problemi affrontati che difficilmente sono paragonabili alla vita dei nostri giorni; eppure quanta saggezza esce da questi ricordi e memorie. Proprio per questo è sempre auspicabile che i sacerdoti ospiti alla Casa del clero abbiano la possibilità di incontrare qualcuno dalle parrocchie dove hanno vissuto il loro ministero, per fare memoria e rivivere tanti momenti della vita umana e religiosa… di altri tempi.

Questa casa vuole essere anche punto di riferimento per i sacerdoti ancora in piena attività pastorale, anche per i più giovani. È vero che idee, proposte pastorali, tecnologie e metodi di lavoro sono oggi molto diversi da quelli di un tempo, ma tutti abbiamo in comune un obiettivo da proporre e raggiungere: conoscere sempre meglio e più il Signore per volergli bene e in questo trovare felicità. La gestione di questa struttura con tutti i servizi connessi richiede un impegno economico notevole, per la maggior parte coperto dalle rette dei sacerdoti accolti, ma anche la Diocesi deve intervenire per chiudere il bilancio.

Come donare

Il nostro vescovo monsignor Mario Toso ha voluto che, nella nostra Diocesi, ogni anno la I domenica di Avvento fosse riservata alla conoscenza di questa realtà ed anche poter dare un aiuto economico sia attraverso le proprie parrocchie o direttamente con l’Iban della Casa del clero: IT36 G085 4223 7000 0000 0035 922. Un aiuto altrettanto gradito e utile è sempre ben accetto per coloro che volontariamente mettono qualche ora a disposizione per i tanti servizi necessari in questa struttura.

Per questo e per qualsiasi necessità di informazioni o altro contattare il coordinatore Danilo Cicognani: 0546 661396 oppure 347 7108552.


Diocesi in lutto per don Giuseppe Gallazzi. Il 3 novembre le esequie in Cattedrale presiedute dal Vescovo

Comunità diocesana in lutto per la morte di don Giuseppe Gallazzi, nella serata del 29 ottobre 2025. La santa messa esequiale, presieduta dal vescovo monsignor Mario Toso, sarà celebrata lunedì 3 novembre alle 10 in Cattedrale a Faenza. La salma sarà esposta all’obitorio dell’ospedale di Faenza domenica 2 novembre, dalle 7.30 alle 18 e lunedì 3 novembre dalle 7.30 alle 9.30.

Don Giuseppe Gallazzi nacque a Sant’Ilario d’Enza (Reggio Emilia) il 30 marzo 1946. Venne ordinato presbitero il 4 ottobre 1969. È stato vicario cooperatore a Granarolo fino al 1982 quando diviene parroco di Villa Prati. Nel 1995 è nominato parroco di Santo Stefano in Cotignola e arciprete del capitolo Collegiato. Negli anni 1975-80 è stato addetto alla cassa diocesana. Nel 1998 viene nominato amministratore parrocchiale di S. Severo in Serraglio. È stato vicario foraneo di Bagnacavallo–Cotignola e membro di diritto del Consiglio Presbiterale.

Nel novembre del 2009 venne nominato parroco in solido non moderatore di S. Maria in Alfonsine, Ss. Cuore in Alfonsine e S. Giuseppe in Fiumazzo e successivamente amministratore parrocchiale di Madonna del Bosco (5 novembre 2013) e di Taglio Corelli (31 maggio 2014). Dal 18 gennaio 2014 al 9 dicembre 2015 è stato membro del Consiglio di amministrazione della Casa del Clero “Cardinale Amleto G. Cicognani”. Dal 24 luglio 2021 è stato nominato parroco in solido non moderatore della Parrocchia di S Giovanni Battista in Fusignano. Dopo breve malattia si è addormentato nel Signore, il 29 ottobre 2025.


Abbiamo energia da condividere: a Faenza un corso per diventare animatori della Comunità Energetica Rinnovabile “Ecologia integrale”

Promuovere uno stile di vita sostenibile e solidale è possibile, a partire dalla propria comunità. È questo lo spirito dell’iniziativa “Abbiamo energia da condividere”, proposta nell’ambito del progetto Comunità Energetica Rinnovabile – Ecologia Integrale, sostenuta dalla Diocesi di Faenza-Modigliana, che invita i cittadini a mettersi in gioco per costruire insieme un nuovo modello di energia condivisa.

L’obiettivo è formare nuovi animatori della CER – Ecologia Integrale, persone capaci di diffondere la cultura delle comunità energetiche e di accompagnare la transizione verso un uso più consapevole delle risorse. Il percorso prevede un corso di due serate supportato da materiale video disponibile online, per apprendere in modo semplice e concreto come funziona una Comunità Energetica, come presentarla in contesti pubblici e come attivare nuovi soci.

I prossimi appuntamenti si terranno il 10 e 17 novembre a Faenza, presso il Seminario Diocesano di viale Stradone 30, dalle 20 alle 22:30. Le iscrizioni sono aperte fino al 5 novembre tramite il QR code presente nella locandina o attraverso i canali social di CER Ecologia Integrale. Un’occasione preziosa per chi desidera impegnarsi nel costruire comunità più solidali, attente all’ambiente e al bene comune, nella prospettiva dell’ecologia integrale promossa dalla Chiesa.


Il Vescovo Mario nomina Don Roberto Cornacchia parroco in solido non moderatore della Parrocchia di San Lorenzo in Marradi

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Il Vescovo Mons. Mario Toso, volendo assicurare la presenza di un altro presbitero che provveda alla cura pastorale delle parrocchie dell’Unità pastorale Marradi, ha nominato il 26 agosto scorso Don Roberto Cornacchia parroco in solido non moderatore della Parrocchia di San Lorenzo in Marradi. Affiancherà il parroco Don Mirko Santandrea nella cura pastorale della comunità. Salesiano, originario della nostra Diocesi, Don Roberto rappresenta un arricchimento prezioso per tutta la comunità diocesana che lo accoglie con gioia.

Don Roberto Cornacchia, la biografia

Nasce a Faenza il 1° novembre 1968 da Graziella e Vittorio, secondo di quattro figli, unico maschio. All’età di nove anni perde prematuramente la sorella maggiore a causa di un tragico incidente, ma la successiva nascita di due sorelle gemelle, Marina e Monica – ora sposate – riporta vita e serenità in famiglia. Partecipa assiduamente fin da piccolo alle attività della parrocchia di S. Stefano; qui riceve i sacramenti e matura nella fede, grazie anche all’amicizia con l’anziano parroco.

Frequentando la scuola media presso l’istituto delle Benedettine Vallombrosane di S. Umiltà, viene avviato allo studio della musica che culminerà con il diploma di clarinetto al Conservatorio di Pesaro. La passione per il ciclismo, ereditata dal papà, lo porterà a praticare questo sport anche a livello agonistico. Dopo il servizio militare, la ricerca di un lavoro stabile lo riconduce provvidenzialmente all’istituto di S. Umiltà come insegnante di Educazione Musicale nella scuola media e canto corale nell’istituto magistrale. Contemporaneamente inizia a frequentare l’Oratorio Salesiano. La familiarità con i Salesiani, il contatto con i giovani della scuola e dell’Oratorio lo confermano nel pensiero che il Signore gli chiede di donare la vita per il bene dei giovani. Così a 25 anni entra nel noviziato salesiano di Lanuvio presso Roma e l’8 settembre 1994 emette la prima professione religiosa come Salesiano di Don Bosco. Riceve l’Ordinazione sacerdotale il 22 giugno del 2002 nella cattedrale di Faenza. Nel 2003 consegue alla Lateranense (Roma) la Licenza in Teologia della Vita Consacrata.

I primi anni di ministero sacerdotale lo portano a Macerata (2003-2005) come animatore vocazionale dell’Ispettoria Adriatica e catechista della scuola media. Inviato in Abruzzo vi trascorre un anno a Vasto, collaborando nelle varie attività di quella Parrocchia-Oratorio, e quattro anni (2006-2010) come incaricato dell’oratorio di Sulmona.

Dopo la nascita dell’attuale Circoscrizione Salesiana dell’Italia Centrale per tre anni è chiamato ad occuparsi della formazione dei futuri salesiani, come Socio del maestro, al Noviziato Salesiano di Genzano (2010-2013).

Ultimamente dopo una breve esperienza a Frascati come insegnante di religione, giunge a Terni dove gli viene affidata la conduzione dell’Oratorio. Invitato poi a collaborare nella parrocchia-Oratorio di Livorno, nel settembre 2016 è entrato a far parte della comunità di Macerata.

Dal 2020 al 2023 è stato nell’opera Salesiana di Latina, presso la Cattedrale di San Marco, come collaboratore in parrocchia e nelle varie attività dell’oratorio centro giovanile.

Nell’estate del 2023 viene inviato nella comunità della Parrocchia – Oratorio di Civitavecchia.  Dal 2020 ad oggi (2025) è segretario della Regione Mediterranea dei Salesiani di Don Bosco.


Il 27 settembre in Seminario incontro sulla Comunità energetica “Ecologia Integrale”

Un’occasione di riflessione e di impegno concreto attende la comunità diocesana di Faenza-Modigliana. Sabato 27 settembre, dalle 10 alle 11.30, presso il refettorio del Seminario diocesano in via degli Insorti 56, si terrà un incontro dedicato alla scoperta delle Comunità Energetiche Rinnovabili, promosso da Caritas diocesana, Anspi e Azione Cattolica.

L’appuntamento si inserisce nel solco della cura del creato e dell’ecologia integrale, temi cari alla Chiesa e centrali nell’enciclica Laudato si’. Sarà un momento per comprendere che cosa sono le Comunità Energetiche Rinnovabili, come funzionano e soprattutto come possono diventare un aiuto concreto per le famiglie in difficoltà, per le parrocchie e per i circoli del territorio.

Non si tratterà soltanto di una spiegazione tecnica, ma di un invito a guardare insieme alle possibilità di azione, di condivisione e di solidarietà che queste realtà possono generare. L’incontro rappresenta dunque un’occasione preziosa per capire, agire e coinvolgere la propria comunità in un progetto che coniuga sostenibilità e testimonianza cristiana.


TreSere catechisti: ecco il programma. Si parte lunedì 13 ottobre

Il refettorio del Seminario diocesano di Faenza ospiterà, nel corso dell’autunno, tre incontri di approfondimento e riflessione dedicati ai catechisti, organizzati dalla Scuola di formazione teologica “San Pier Damiani” in collaborazione con i settori Catechesi, Apostolato biblico e Pastorale vocazionale.

Il ciclo, intitolato “TreSere Catechisti”, si aprirà lunedì 13 ottobre con l’intervento di don Giacomo Violi, biblista di Modena, sul tema “Accompagnare per ri-accendere la speranza”. Una settimana più tardi, lunedì 20 ottobre, sarà la volta di Mons. Nicolò Anselmi, vescovo di Rimini, che proporrà una riflessione su “La catechesi per una vita nella gioia piena”.

Sempre nelle stesse date di ottobre si terrà un percorso parallelo rivolto agli Under 20, guidato da don Paulraj Kasparraj, per offrire ai più giovani uno spazio di confronto e formazione.

L’ultimo appuntamento è in programma venerdì 28 novembre con don Paolo Bovina, biblista di Ferrara, che condurrà i presenti all’approfondimento di “Il Vangelo di Matteo”. Gli incontri avranno inizio alle ore 20.30 e rappresentano un’occasione preziosa di formazione e condivisione per tutti coloro che sono impegnati nell’annuncio e nell’educazione alla fede.


Al via i corsi della Scuola di formazione teologica

La fede non è mai un capitolo chiuso, e la formazione cristiana non può esaurirsi nei pochi anni del catechismo o nelle lezioni seguite da ragazzi. «La nostra conoscenza di Gesù non può rimanere ferma all’infanzia o alla giovinezza – spiega Riccardo Drei, nuovo direttore della Scuola di formazione teologica San Pier Damiani –. La vita ci porta a crescere, a fare incontri, esperienze, scelte. Gesù desidera entrare in questo processo, accompagnarci fino all’ultimo giorno. Lo studio della teologia ci aiuta ad affinare l’orecchio, ad ascoltare Dio che ci parla attraverso la Scrittura, la liturgia, le relazioni e persino il lavoro quotidiano». Con questo spirito si apre il nuovo anno 2025-26 della Scuola diocesana, un percorso pensato per tutti: laici, catechisti, operatori pastorali, insegnanti di religione, consacrati, ma anche semplici credenti desiderosi di approfondire la propria fede e persone in ricerca.

Tutte le info su corsi, orari e varie sul nuovo sito della Scuola.

Il ciclo istituzionale

L’offerta formativa si articola in due grandi filoni. Il ciclo istituzionale propone un percorso strutturato di quattro anni: un anno base seguito da tre cicli di corsi che si alternano. Chi si iscrive al primo anno avrà lezioni di Introduzione alla teologia, Introduzione alla Sacra Scrittura, Ecclesiologia, Teologia morale, Teologia spirituale e Introduzione alla liturgia. Negli anni successivi si affrontano materie quali Cristologia, Antropologia filosofica e teologica, Morale sociale, Sacramenti, Liturgia delle Ore e lo studio di testi biblici come i Libri sapienziali e il Vangelo di Giovanni.

I corsi del ciclo pastorale

Accanto a questo, il ciclo pastorale offre una serie di corsi singoli e tematici, pensati per affrontare le sfide più attuali della Chiesa e della società. Per il nuovo anno spiccano titoli come Le sfide dell’intelligenza artificiale, Ero malato e mi avete visitato, Occasioni missionarie nella parrocchia, Vivere secondo la domenica, Chiesa, famiglia educante, Introduzione all’ecumenismo e al dialogo interreligioso. Un’occasione per riflettere insieme su pastorale, catechesi, impegno sociale, dialogo e missione, con uno sguardo attento al mondo contemporaneo.

 

 

Ecco alcuni dei corsi in partenza nei prossimi giorni. Tra i corsi della Scuola di formazione teologica, figura anche quello in collaborazione con la Pastorale della salute, Ero malato e mi avete visitato. Il primo incontro sarà lunedì 27 ottobre Il malato nel nuovo testamento con don Luca Ravaglia. A seguire, il 3 novembre, La speranza nella relazione di cura, con la dottoressa Stefania Fabbri, psicologa e psicoterapeuta. Infine lunedì 10 novembre don Alberto Luccaroni tratterà de I sacramenti nella consolazione.

Il settore Ministeri istituiti propone invece il percorso Occasioni missionarie nelle parrocchie. Il primo incontro sarà mercoledì 29 ottobre La parrocchia missionaria con il vicario generale don Michele Morandi. Il successivo incontro sarà il 5 novembre con don Stefano Vecchi e l’équipe della Pastorale familiare, Incontrando le famiglie. Il terzo incontro è il 12 novembre con suor Nadia Pompili Quali esperienze proporre ai giovani “lontani”. Il 19 novembre Accoglienza e ri-accoglienza nella Chiesa con don Matteo Babini e l’équipe Catecumenato. Il 26 novembre Il tempo del creato con don Mirko Santandrea e infine il 3 dicembre Il consiglio pastorale con l’équipe del Cammino sinodale.

Un’ulteriore occasione di formazione è il percorso Temi di Pastorale sociale. Il primo incontro sarà lunedì 17 novembre con Giampaolo Venturi su Encicliche sociali tra Ottocento e Novecento. Seguiranno ulteriori incontri il 24 novembre e il 1 dicembre. Tutti gli incontri si svolgono in Seminario nella sala San Pier Damiani alle 20.30 (viale Stradone 30, contributo serata 5 euro).

La Scuola non rilascia titoli di studio accademici, ma un attestato diocesano che certifica i corsi frequentati e gli esami sostenuti. I contributi sono 90 euro l’anno per il ciclo istituzionale (o 30 euro a corso) e 5 euro a serata per i corsi pastorali. «L’intento – sottolinea Drei – è quello di proporre a tutti un cammino sostenibile, senza barriere economiche, ma con serietà e impegno».

Il vescovo Mario: “Contrastare il divorzio tra fede e vita”

La missione della Scuola, come ricorda il vescovo Mario nel documento di presentazione, è quella di «contrastare il divorzio tra teologia e pastorale, tra fede e vita». Non uno studio astratto, dunque, ma un’occasione per leggere la realtà alla luce del Vangelo al servizio della Chiesa (Lumen Gentium). I riferimenti sono quelli del Concilio Vaticano II: la Scrittura come “anima di tutta la teologia” (Dei Verbum), la liturgia come “sorgente del vero spirito cristiano” (Sacrosanctum Concilium), la Dottrina sociale come via di dialogo con i problemi e le ferite del nostro tempo (Gaudium et spes).

«La teologia – spiega Drei – non serve a riempire la testa di concetti, ma ad allargare lo sguardo. Ci aiuta a vedere Dio all’opera non solo nei luoghi sacri, ma anche nella quotidianità: nello studio, nel lavoro, nelle relazioni. Può darci le parole giuste per rendere ragione della nostra fede, ma anche, semplicemente, può insegnarci a porci le domande giuste, quelle che fanno crescere». L’obiettivo è creare una «mentalità teologale», cioè un modo di pensare che unisca ragione e fede, capace di illuminare la vita personale e comunitaria. «La formazione teologica – conclude Drei – non è solo un arricchimento individuale: porta frutto nelle nostre comunità. Un catechista formato, un insegnante preparato, un laico consapevole diventano risorsa preziosa per tutta la Chiesa». La scuola vuole così essere un servizio alla diocesi e al territorio, perché la fede cresca matura e capace di dialogare con la storia e con il mondo di oggi.

Il nuovo anno è alle porte. Le iscrizioni sono aperte, i programmi dettagliati sono consultabili sul sito della diocesi. Non occorrono prerequisiti particolari, se non il desiderio di mettersi in gioco e di approfondire la fede. L’invito è chiaro: varcare la soglia della Scuola di formazione teologica non significa intraprendere un percorso “per specialisti”, ma accogliere un dono che può cambiare lo sguardo sulla vita e rendere più feconda la nostra appartenenza alla Chiesa.

La lezione inaugurale sarà mercoledì 1 ottobre alle 20.30 nel refettorio del Seminario diocesano con un incontro sull’Intelligenza artificiale: ospite sarà don Luca Peyron, uno dei massimi esperti italiani in materia, che tratterà di Vivere e sperare nel tempo delle macchine intelligenti.


Giornata diocesana del Creato a Traversara, il vescovo Mario: “Sulla questione ambientale, alle parole seguano i fatti”

Di seguito riportiamo il Messaggio del vescovo, monsignor Mario Toso, pronunciato in occasione delle Giornata di preghiera per la custodia del Creato, la cui celebrazione si è svolta il 12 settembre a Traversara, paese ferito dall’alluvione del 2024.

Il messaggio del vescovo

Saluto, in particolare, l’arcivescovo di Ravenna-Cervia S. Ecc. Mons. Lorenzo Ghizzoni, i rappresentanti delle Chiese ortodosse sempre fedeli a questa iniziativa interdiocesana, la Coldiretti Ravenna, i Carabinieri-Comando Gruppo Nucleo Forestale Ravenna, Confcooperative Ravenna, il MCL Ravenna e le ACLI di Ravenna, tutti coloro che hanno promosso e realizzato la celebrazione della Giornata del Creato, che ricorre il 1° settembre e che si svolge oggi qui a Traversara. Al termine della preghiera, i partecipanti saranno invitati a condividere la cena comunitaria. Il ricavato delle libere offerte sarà destinato a sostenere la comunità di Traversara, in un gesto concreto di solidarietà. Il tema per la Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato è stato scelto da papa Francesco: Essere semi di Pace e di Speranza. Nel contesto del Giubileo «Pellegrini di Speranza» acquista il suo pieno significato. Ma il contesto più vasto, in cui tutti noi siamo chiamati a celebrare la Giornata di preghiera per la Cura del creato, è la realizzazione del Regno di Dio. Una tale celebrazione, che sollecita a essere semi di pace e di speranza, a compiere, cioè, azioni di giustizia, che non considerano il creato o i popoli una merce di scambio, un bene da negoziare, ma li custodiscono e li aiutano a svilupparsi nel rispetto del diritto internazionale, ha come obiettivo di costituirci realizzatori del Regno di Dio. Riusciremo ad essere costruttori del Regno di Dio – ovviamente da non intendersi come un regno terreno, cioè come una monarchia o comunque un’altra forma di governo come quelle che reggono gli Stati moderni – se vivremo l’Amore di Cristo, se moriremo in Cristo (cf Gv 12,24). Saremo veri semi di pace e di speranza, saremo efficaci costruttori del Regno di Dio – il che importa che tutti noi viviamo ordinando il creato, le istituzioni, le organizzazioni e le relazioni secondo il fine voluto dal Padre -, se saremo come il Seme, che è Cristo, se vivremo uniti a Lui, che si è consegnato interamente alla terra-umanità e morendo in questa, per Dio, con la forza dirompente del suo Dono, l’ha redenta, trasfigurata, facendo germogliare cieli nuovi e terra nuova. Per trasformare i deserti in giardini e proseguire in questo mondo la realizzazione del Regno di Dio, siamo chiamati, all’atto pratico, a prevenire anche le alluvioni – ben cinque nel nostro territorio e qui a Traversara, purtroppo, sono ancora visibili le terribili devastazioni –; a prevenirle, per quanto umanamente possibile. Ossia effettuando la messa in sicurezza dei fiumi e dei territori. Evitando la cementificazione selvaggia, l’incuria dei beni collettivi, tutelando le coltivazioni e le imprese, promuovendo l’educazione all’ecologia integrale, allo sviluppo sostenibile ed inclusivo. Il creato può cadere in rovina e trasformarsi in una trappola mortale, specie per i più poveri e gli emarginati, quando la stessa corsa alle armi – malauguratamente ripresa nel contesto della terza guerra mondiale a pezzi –, gli stessi conflitti, più di 32 nel mondo, giungono ad avere la priorità rispetto alla sicurezza alimentare, alla sconfitta della piaga della povertà, della fame nel mondo e delle carestie, provocate dalle stesse guerre, dalla volontà e dell’azione umana. Bene ha fatto il pontefice Leone XIV a citare nel Messaggioper la cura del Creato, il volume Terra e cibo, preparato, a suo tempo, dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, che stigmatizzò,  circa quindici anni fa, la cosiddetta politica della «terra bruciata», ossia quell’insieme di azioni volute dai politici e dai comandi militari che con incendi delle messi, delle fattorie, con il collocamento delle mine in zone agricole o di transito, con la distruzione di materiale agricolo e di infrastrutture idriche, di depositi di combustibili e altro ancora, intendono danneggiare le popolazioni, causando spostamenti massici, concentrazioni di rifugiati in zone non accoglienti o straniere.[1] Distruggere il Creato, per questo o quel motivo, finisce per causare la rivincita della stessa natura trascurata o depredata. Il fatto si è che non abbiamo un pianeta di riserva. Occorre cambiare mentalità, stili di vita. Soprattutto, occorre prendere seriamente in considerazione la giustizia ambientale che, in realtà, è questione di giustizia sociale, economica e antropologica. Per noi credenti è pure un’esigenza eminentemente teologica, che richiede, al fine di non contrastare la redenzione e la trasfigurazione di Cristo, la conversione della mente e del cuore. Facciamo seguire, dunque, i fatti alle parole. Non contrastiamo l’opera di ricapitolazione di tutte le cose in Cristo. Non rinunciamo a compiere la missione dei costruttori del Regno di Dio. Apriamo e aumentiamo sentieri di speranza, con le buone pratiche, là ove ci attende Cristo redentore già presente e operante a nostro favore. Diamo gloria a Lui con le nostre molteplici opere, non esclusa la Comunità energetica che la Diocesi di Faenza-Modigliana ha fondato.

+ Mario Toso


Il 6 settembre la Festa diocesana dei nonni a San Biagio

La comunità diocesana, alla parrocchia di San Biagio a Faenza, si prepara a vivere un momento di gioia e di condivisione con la festa dedicata ai nonni, in programma sabato 6 settembre 2025. L’iniziativa, promossa dalla Diocesi di Faenza-Modigliana e diverse realtà associative del territorio (Pastorale Salute, Caritas, Unitalsi, Avulss, Anteas, Centro sociale Laderchi, Auser, Centro sociale Amici dell’Abbondanza, Centro sociale Granarolo, Centro sociale Porta Nuova Russi) si terrà dalle 15.30 alle 18.30 presso la parrocchia di via Strocchi di San Biagio, 27.

Il pomeriggio sarà un’occasione speciale per celebrare la presenza e l’importanza dei nonni nella vita delle famiglie e delle comunità. Tra musica, intrattenimento e convivialità, il programma prevede anche un momento di preghiera comunitaria: alle ore 17 verrà celebrata la Santa Messa, fulcro dell’incontro.

L’iniziativa, che si svolgerà anche in caso di maltempo negli spazi interni della parrocchia, intende essere non solo una festa, ma anche un segno concreto di vicinanza e gratitudine verso le persone anziane. Per chi avesse necessità di un passaggio o desiderasse ulteriori informazioni, è possibile rivolgersi ai referenti parrocchiali, alle associazioni o ai centri sociali coinvolti.

Un appuntamento che vuole mettere al centro il valore della memoria, dell’esperienza e dell’amore dei nonni, in una giornata di fraternità e di incontro.