[giu 20] Omelia – Santa messa in onore di san Josemarìa Escrivà

20-06-2025

Chiesa del Paradiso, 20 giugno 2025.

Cari fratelli e sorelle, nel ricordo del Pontificato di papa Francesco, quest’anno, all’inizio del pontificato di Leone XIV, si desidera porre al centro della nostra riflessione eucaristica, il tema della cura del Creato, cogliendone le connessioni con gli insegnamenti di san Josemaría, imperniati attorno ai principi della creazione e dell’incarnazione di Gesù Cristo. Negli scritti e nella vita di san Josemaría si possono cogliere cenni significativi circa ciò che può essere definita un’ecologia della vita quotidiana, mossa ed animata dall’amore di Dio, manifestatosi nel Figlio, Verbo fatto carne. L’ecologia integrale e la sostenibilità ecologica di cui parla papa Francesco possono essere concretizzate, per esprimerci con il linguaggio di san Josemaría, mediante «motivazioni adeguate» e «solide virtù». Negli scritti e nella testimonianza di vita di san Josemaría, sono evidenti attitudini ed atteggiamenti di attenzione alle persone e all’ambiente che potrebbero proprio qualificarsi come un’ecologia della vita quotidiana. Per esempio, nel pronunciarsi a favore di uno stile di vita sobrio o della solidarietà fra le generazioni, san Josemaría segnala concretamente alcune virtù che rendono possibile, accanto alla cura delle persone e del pianeta, lo sviluppo della spiritualità ecologica auspicata da papa Francesco nell’enciclica Laudato sì.

La crisi ecologica si risolve a partire da una conversione intellettuale ed etica. Innanzitutto, bisogna cambiare il modello attuale di consumo e di un dominio tecnologico senza limiti. In secondo luogo, urge un cambiamento di valori. È necessario percepire il pianeta come casa comune di tutti, piuttosto che vederlo come semplice scenario della vita.

Solo l’acquisizione di solide virtù rende possibile il passaggio dalla conoscenza dei problemi ecologici all’azione capace di risolverli e di garantire un comportamento sostenibile. L’impegno per la sostenibilità va oltre la proposta di normative legali. Richiede motivazioni adeguate e solide virtù. Al fine di ottenere un comportamento sostenibile individuale e collettivo appaiono insufficienti le raccomandazioni ai cittadini, gli incentivi o le possibilità di scelta nell’acquisto di un prodotto (per esempio, nel comprare gli alimenti o nel consumo energetico). Le persone hanno bisogno di ragioni profonde per le quali prendersi cura del pianeta e sul come farlo. Altrimenti, la scelta si limita ai criteri abituali del rapporto qualità prezzo, senza che si sappia o senza che importi se a fronte di quello che si consuma c’è un costo energetico sproporzionato, lo sfruttamento del lavoro di persone o un contributo all’esaurimento di una risorsa naturale. Vi sono persone che, pur avendo ricevuto una formazione ambientale in vista di un comportamento sostenibile, non sono capaci di metterla in pratica perché vivono in un ambiente molto consumista. Non posseggono, cioè, quelle virtù che danno la possibilità di mettere in pratica nella loro vita quotidiana i valori acquisiti. C’è bisogno di motivazioni profonde che sole consentono di essere persone virtuose.

A proposito di questo, san Josemaría si appella allora alle motivazioni che derivano ai credenti dall’incarnazione, morte risurrezione di Gesù Cristo, più precisamente dalla partecipazione dell’Eucaristia, come quella che stiamo celebriamo, e che è, come lui l’ha definita, una liturgia cosmica. Solo la partecipazione all’Eucaristia ci consente di superare una visione statica ed estranea del creato rispetto alle persone, una visione meramente strumentale, estrinseca, che ne ignora il valore di casa comune, di bene per tutti e non solo per alcuni.

In san Josemaría, la dimensione teologica dell’Eucaristia integra e completa lo sguardo teologico sulla complessa questione ecologica dato dal «vangelo della creazione». Innanzitutto, aiuta a superare l’antropocentrismo dispotico, ovvero la tentazione che ha l’uomo di pensarsi onnipotente e di ridurre tutto a materia manipolabile. In secondo luogo, immette in una prospettiva di fede secondo cui il credente partecipa all’opera ricapitolatrice di Cristo risorto, che redime e trasfigura le relazioni con sé stessi, con il creato e con Dio. In quanto inseriti in Cristo siamo chiamati alla realizzazione di una creazione continua. Perché? Perché non solo la terra ci precede e ci è data,[1] ma «il Risorto avvolge misteriosamente le creature e le orienta ad un destino di pienezza».[2]

L’universo si sviluppa in Cristo, che lo riempie tutto. Di qui derivano le motivazioni o gli orientamenti spirituali necessari per l’azione costruttrice da parte dei cristiani in vista di una ecologia integrale, di uno sviluppo umano pieno, sostenibile ed inclusivo, da viversi da figli nel Figlio di Dio. Sono orientamenti di conversione ecologica, che comportano il lasciar emergere tutte le conseguenze dell’incontro con Gesù nelle relazioni con il mondo che li circonda.[3] Quali conseguenze? Quelle della riconciliazione con il creato, con i fratelli e, quindi, un modo alternativo di intendere la qualità della vita, la scelta di una felice sobrietà, la gioia della gratuità e del dono, della condivisione, la pace interiore, il ringraziamento a Dio per i suoi doni, nuovi stili di vita, una fraternità universale, l’impegno sociale e politico a favore del bene comune e di un’ecologia integrale.

Per Josemaria, fonte e culmine di un’azione redentrice e trasfiguratrice del cosmo creato è l’esperienza di un impegno ecologico vissuto nella liturgia, nei sacramenti, nel mistero pasquale. Per l’esperienza della fede cristiana, tutte le creature trovano il loro vero senso nel Verbo incarnato, perché il Figlio di Dio, facendosi uomo in tutto simile a noi, ha incorporato nella sua persona parte dell’universo materiale, e vi ha introdotto, con la sua morte e risurrezione, un germe di trasformazione definitiva. Nel Pane eucaristico, la creazione è protesa verso la divinizzazione, verso le sante nozze, verso l’unificazione con il Creatore stesso.[4] La partecipazione all’Eucaristia consente di risanare le relazioni degli esseri umani con Dio, con sé stessi, con ogni altro tu, con il creato. Con la celebrazione dell’Eucaristia – la nuova Alleanza –, l’impronta trinitaria disseminata nell’universo con la creazione e deturpata dal peccato, viene ristabilita ed irrobustita.[5]

Il modo specifico che hanno i laici di contribuire alla santità e all’apostolato della Chiesa è la loro libera e responsabile azione all’intero delle strutture temporali, nelle quali essi infondono il lievito del messaggio cristiano. Il loro amore appassionato per il mondo può aiutare e contribuire a che i beni naturali come l’acqua, i prodotti alimentari e l’energia abbiano una destinazione universale, realizzando un loro uso sostenibile. Ciò è possibile mediante la pratica di alcune virtù come la povertà cristiana e la laboriosità, vissute, secondo san Josemaria con il pensiero aperto al futuro e al bene altrui. Le virtù da coltivare richiedono capacità di autosuperarsi, di non rimanere centrati sul beneficio personale, cambiando il proprio stile di vita, mediante piccole scelte volte a non distruggere i grandi ecosistemi (boschi, fiumi, oceani) e a monitorare il consumo di energia, di prodotti alimentari, di beni e di servizi relativamente al loro impatto ambientale. Il creato viene curato attraverso anche piccoli atti quotidiani. San Josemaría era attento, ad esempio, al modo di ammobiliare, di mantenere e arredare i centri dell’Opus Dei, puntando sempre alla loro accoglienza familiare e alla loro durata. Seguiva lo stesso orientamento in materia di alimentazione: menù variati, sani, con l’accorgimento di utilizzare il cibo che avanzava.

In definitiva, si può influire positivamente sull’ambiente, con piccole azioni quotidiane. Papa Francesco nella LS ne ha suggerite alcune molto concrete: «evitare l’uso di materiale plastico o di carta, ridurre il consumo di acqua, differenziare i rifiuti, cucinare solo quanto ragionevolmente si potrà mangiare, trattare con cura gli altri esseri viventi, utilizzare il trasporto pubblico o condividere un medesimo veicolo tra varie persone, piantare alberi, spegnere le luci inutili» (LS n. 211).

Per la cura del creato, sin nella scelta dei piccoli gesti, è fondamentale, secondo la spiritualità dell’Opus Dei, il superamento di una coscienza isolata, dell’autoreferenzialità che non sospinge a prendersi cura per gli altri e per l’ambiente. Di fronte alla crisi ecologica dei nostri giorni, crisi anche climatica, bisogna vincere la tentazione di isolarsi e di estraniarsi rispetto alla responsabilità personale e comunitaria, per fuggire o rimanerne fuori, come se il mondo non fosse qualcosa di proprio. Ci si salva tutti insieme.

Le stesse parole del fondatore dell’Opus Dei così ci sollecitano: «Questo, figli miei, è ciò che a nome vostro e mio chiedo molte volte al Signore. Che questo mondo che Egli ha fatto, e che noi uomini stiamo rovinando, torni ad essere uguale a quando è uscito dalle sue mani: bello, senza corruzione, un’anticamera del Paradiso».

Gesù Cristo ci aiuti a essere persone nuove, figli e figlie di Dio, fratelli di tutta la famiglia umana, capaci di una cultura nuova.

                                                            + Mario Toso

[1] Cf LS n. 67.

[2] LS n. 100.

[3] Cf LS n. 217.

[4] Cf LS n. 236.

[5] Cf LS 239-240.