OMELIA SACRO CUORE
Vercelli, Salesiani 27 giugno 2025
Nella solennità del Sacratissimo Cuore, la Chiesa ci propone un brano del profeta Ezechiele per farci capire l’Amore di Cristo nei nostri confronti. Noi siamo amati da Dio come il pastore ama le sue pecore (cf Ez 34, 11-16). Il Cuore di Gesù, che oggi adoriamo, incarna tutta la passione d’amore che ha Dio, il Grande Pastore, per l’umanità e il creato. Cristo viene su questa terra per realizzare la cura di Dio Padre per tutte le pecore, specie nei confronti di quelle che si perdono. Dio dimostra il suo amore verso di noi, ci spiega san Paolo, nel fatto che il suo Figlio muore per noi (cf Rm 5, 5b-11). Si incarna in noi, dona a noi tutta la sua vita di amore, per riconciliarci col Padre e tra di noi, col creato, sfruttato in maniera dissennata. Cristo realizza tutto questo come il pastore, che ha perduto la sua pecora, si pone alla sua ricerca. Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: «Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione (cf Lc 15, 3-7).
La Chiesa, tutti noi, uniti a Gesù Cristo, siamo invitati ad essere come Lui, il Buon Pastore che va in cerca della pecora perduta. Forse, più di una volta, siamo sprovvisti della cura che ha Gesù per la pecora che si perde. Dobbiamo essere sinceri: nei confronti di coloro che abbandonano la comunità, Gesù Cristo, una fede testimoniata, oggigiorno sono pochi coloro – presbiteri, diaconi, laici, religiosi, comunità o monasteri – che si pongono il problema di ricercare i propri fratelli e sorelle che si sono smarriti o allontanati, per pregare per loro, per farli tornare nell’amore e nella comunione con Gesù Cristo, nell’abbraccio della comunità cristiana. La solennità odierna del Sacro Cuore ci sollecita, invece, ad accrescere la nostra sensibilità, a moltiplicare gli sforzi, a compiere una svolta ad U. Tutte le componenti della comunità sono chiamate a considerarsi come quel pastore che si prende cura sì del gregge – accrescendo il loro senso di appartenenza, superando le autoreferenzialità che li separano dall’amore di Cristo -, ma fa di tutto perché nessuna pecora vada perduta o sia sbranata dai lupi. Sappiamo che in tutti i battezzati, dal primo all’ultimo, opera la forza santificatrice dello Spirito che sospinge ad evangelizzare o, se è il caso, a rievangelizzare. Perché tutti siamo costituiti da Cristo suoi discepoli missionari, la nuova evangelizzazione di cui c’è urgenza oggi non può essere priva del protagonismo di ciascuno dei battezzati. Tutti siamo discepoli missionari. Tutti dobbiamo sentirci pastori che si prendono cura, nella corresponsabilità, della propria comunità, dell’annuncio di Gesù Cristo e del suo Amore. Tutti dobbiamo sentirci impegnati nell’amarci gli e gli altri, nel sollevare e nel guarire qualcuno, nel sostenere i nostri fratelli e sorelle che si sono intiepiditi, nell’aiutarli a rispondere finalmente con amore all’amore di Gesù. È Gesù stesso, che agisce sempre con noi, che ci sollecita a rigenerare il cuore dei nostri fratelli e sorelle. Egli è in noi, con noi, lavora, lotta e fa del bene con noi. Lo sappiamo: non dobbiamo essere e sentirci solo pastori responsabili nei confronti della nostra comunità, delle nostre associazioni, aggregazioni, dei nostri movimenti cattolici. Dobbiamo sentirci pastori solleciti anche rispetto a coloro che sono usciti dalla comunità, dal nostro gruppo o non ne fanno parte. Non possiamo considerarli, per ciò che dipende da noi, come eterni estranei o avversari o nemici. Poiché tutti i credenti sentono in sé la spinta a ricambiare l’amore di Cristo con amore, ugualmente nutrono l’impulso ad aiutare i propri fratelli e sorelle a ricambiare e a rispondere con amore a Cristo, assetato del nostro amore, come ci insegnano i mistici.
Vorrei qui mettere in luce un altro aspetto del nostro essere tutti pastori. E ciò nei confronti delle realtà temporali, dei vari ambienti di vita, del mondo intero. Tutti, ma specialmente i laici, come ci ha insegnato il Concilio vaticano II, sono chiamati a sentirsi pastori nell’esercizio delle attività umane, nei diversi luoghi sociali, nei confronti delle istituzioni, del creato. Detto diversamente, tutti siamo chiamati ad essere protagonisti dell’evangelizzazione del sociale, ad essere pastori che, con il Cuore di Gesù – questo è il tratto che ci deve animare -, si prendono «cura» del mondo del lavoro, della famiglia, dell’economia, della finanza, dei social, dell’intelligenza artificiale, della politica, della cultura, della casa comune.[1] Cristo manda a diffondere il bene e a costruire il Regno di Dio. Spinge dal di dentro ad andare verso il sociale, verso i più poveri, verso il creato per custodirlo e coltivarlo a favore di tutti. Il Signore Gesù, la cui redenzione è di ogni uomo, di tutto l’uomo, del cosmo stesso, chiama tutti i credenti ad operare con una vocazione di servizio d’amore, a essere, cioè, pastori della famiglia umana e del pianeta in cui viviamo: a fare del bene con il Cuore di Cristo compiendolo come padri e madri, come insegnanti, come medici, come ricercatori, come presbiteri, come volontari, come amministratori, come politici, come artigiani di pace, combattendo le povertà e le diseguaglianze. Ovunque noi siamo, potremo sentire che Lui ci chiama e ci manda come pastori, a vivere una missione sulla terra cuore a cuore con Lui. Ricordiamo, allora, che il Signore Gesù, come ha ricordato papa Leone ricevendo recentemente i politici italiani, ci manda a compiere una missione nel mondo,[2] con fiducia, con generosità, con libertà, senza paura. Chi non compie la propria missione cristiana ed umana su questa terra non può essere felice. Sarà una persona libera e responsabile sì, ma mancata, frustrata. Le rovine che abbiamo attorno, frutto di guerre fratricide, di incuria, di rapina nei confronti del creato, di sprechi insensati, di ingiustizie, resteranno rovine. Il loro cumulo si accrescerà. Il Signore si aspetta dai suoi che essi, tenendo il proprio cuore vicino al suo, nel Suo, sappiano costruire civiltà pervase dall’amore, abbattere le strutture di peccato, aprire sentieri di speranza, come ci invita a fare l’anno giubilare in cui viviamo.[3]
Al cuore di Gesù, ma anche alla casa comune, non basta una riparazione meramente esteriore. Per riparare i danni compiuti nel creato c’è bisogno di guarire i cuori feriti. Una riparazione completa anche delle nostre famiglie ferite sembra impossibile, quando beni e persone care vengono definitivamente persi o quando certe situazioni sono diventate irreversibili. Ma l’intenzione di riparare e di farlo concretamente è essenziale per la riconciliazione e il ritorno della pace nel cuore.[4]
Dobbiamo avere il coraggio di chiedere perdono al Signore e ai fratelli. Non si deve pensare che riconoscere il proprio peccato davanti agli altri e a Dio sia qualcosa di degradante o dannoso per la nostra dignità umana e cristiana. Tutto il contrario. È smettere di mentire a sé stessi. È riconoscere la propria storia così com’è. Ciò fa parte della saggezza cristiana. È la premessa per ricominciare e per ricostruire i legami della fraternità, per gustare la gioia di vivere ed amare.
Sacro Cuore di Gesù confidiamo in te. Sorreggici. Aiutaci a rigenerare i nostri cuori e a costruire il tuo Regno. Fai germogliare in noi la carità per la vita del mondo. Fai sbocciare nelle nostre parrocchie ed associazioni un’umile complementarità nel servizio di trasfigurazione della vita del mondo. Rendici costruttori di istituzioni di pace. Facci abitare nella tua casa, nella comunione-comunità della Trinità.
+ Mario Toso
[1] Cf Leone xiv, Discorso ai Vescovi della Conferenza episcopale italiana, martedì 17 giugno 2025. Papa Leone, parlando ai vescovi italiani ha detto: «Abbiate cura che i fedeli laici, nutriti della Parola di Dio e formati nella dottrina sociale della Chiesa, siano protagonisti dell’evangelizzazione nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli ospedali, negli ambienti sociali e culturali, nell’economia, nella politica».
[2] Cf Leone xiv, Discorso ai parlamentari in occasione del Giubileo dei governanti, sabato 21 giugno 2025.
[3] Cf Francesco, Spes non confundit.
[4] Cf Francesco, Dilexit nos, n.186.