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Giornata del Ringraziamento, il vescovo Mario: “Custodi e fratelli della casa comune, il lavoro deve essere improntato su giustizia ed equità”

ringraziamento

Domenica 27 novembre a Solarolo si è celebrata la Giornata provinciale del Ringraziamento per i frutti della terra. Iniziativa che trova in Coldiretti l’associazione promotrice sull’intero territorio nazionale. La celebrazione, nella chiesa Arcipretale è stata presieduta dal vescovo della Diocesi di Faenza-Modigliana, monsignor Mario Toso. Presente anche l’assistente ecclesiastico Coldiretti, don Tiziano Zoli, parroco di Solarolo. I vertici ravennati di Coldiretti e i soci locali sono intervenuti alla giornata in questo tempo di fine raccolta dei vari prodotti agricoli. Di seguito riportiamo l’omelia del vescovo Mario.

L’omelia del vescovo Mario a Solarolo

Cari fratelli e sorelle, responsabili della Coldiretti, caro parroco don Tiziano Zoli, assistente ecclesiastico locale, autorità civili e militari, celebrare la 72.a Giornata Nazionale del Ringraziamento nella prima Domenica di Avvento riempie questo momento liturgico di gratitudine al Signore e di un significato più ricco. Ogni anno celebriamo l’Avvento andando insieme al monte del Signore, per incontrare il Signore che viene. Egli ci insegna le sue vie. Così possiamo camminare lungo i suoi sentieri. Celebrare anche quest’anno l’Avvento non è un tornare indietro. È un rincontrare il Signore per procedere nel nostro cammino, per andare in avanti, per progredire verso il nostro compimento, verso la realizzazione piena del Regno di Dio. Con l’Avvento, il Signore visita l’umanità. La prima visita – lo sappiamo tutti – è avvenuta con l’Incarnazione, con la nascita di Gesù nella grotta di Betlemme. La seconda visita avviene nel presente: il Signore ci visita continuamente, ogni giorno, cammina al nostro fianco ed è una presenza di consolazione. Infine, ci sarà la terza ed ultima visita, che professiamo ogni volta che recitiamo il Credo: «Di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti». Il Signore oggi ci parla di quest’ultima sua visita, quella che avverrà alla fine dei tempi, e ci dice dove approderà il nostro cammino. La nostra vita, dunque, è un pellegrinaggio su questa terra, verso un mondo nuovo, un mondo trascendente, che comprende la realtà presente ma anche la supera. Durante il nostro cammino la terra ci è affidata come un giardinoL’immagine del giardino esprime la bellezza del creato e suggerisce il compito degli uomini: esserne i custodi e i coltivatori. Purtroppo, come stiamo constatando in questi anni di cambiamento del clima, di inquinamento, di uso sconsiderato delle risorse, di lavoro sfruttato, di guerra e di scarsità dei beni primari, tra i quali l’acqua, le relazioni dell’uomo con la terra appaiono segnate da difficoltà non piccole ma anche da fallimenti disastrosi. Non poche volte all’interno dell’attività agricola si infiltra un agire che crea grandi squilibri economici, sociali e ambientali. È ormai ampiamente documentata in alcune regioni italiane l’attività delle agromafie, che fanno scivolare verso l’economia sommersa anche settori e soggetti tradizionalmente sani, coinvolgendoli in reti di relazioni corrotte. Nelle imprese catturate da dinamiche ingiuste si rafforzano comportamenti che minacciano a un tempo la qualità del cibo prodotto e i diritti dei lavoratori coinvolti nella produzione. Si tratta di «strutture di peccato» – affermano i vescovi della Commissione per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace della Cei nel loro Messaggio per la Giornata del ringraziamento – che si infiltrano nella filiera della produzione alimentare. Esistono forme di lavoro che portano a sfruttamento e talvolta alla tratta, le cui vittime sono spesso persone vulnerabili, come i lavoratori e le lavoratrici immigrati o minorenni, costretti a condizioni di lavoro e di vita disumane e senza particolari tutele.

Tutto questo ci fa pensare quanto debba essere il nostro impegno nel migliorare le condizioni dell’agricoltura, affinché essa possa essere sempre più al servizio delle famiglie e del bene comune. Il nostro essere qui a celebrare l’Eucaristia vuol dire non solo offerta di ringraziamento per i doni ricevuti dal lavoro dell’uomo e dalla bontà del Signore, ma anche richiesta di perdono e promessa di mantenerci uniti con il Risorto che, dopo la sua risurrezione, è presente nella storia. Vi continua a lavorare per portare a compimento la nuova creazione da Lui iniziata con la sua incarnazione. Quando i lavoratori mantengono il legame con il Signore Risorto, operante nella storia, e lo mantengono non solo nella fatica, ma anche nella preghiera, ravvivano la loro vocazione di custodi del fratello e della casa comune. Una cura scrupolosa e competente del creato scaturirà dalla comunione con il Signore che si incarna, redime e trasfigura le relazioni.  Queste saranno improntate a giustizia ed equità. Gli uomini e le donne potranno godere dei frutti del loro lavoro appassionato e competente. Sparirà la cultura del profitto iniquo, lo sfruttamento che umilia. Cresceranno la legalità e la trasparenza, la gioia del lavoro libero, creativo, partecipativo, solidale. Le imprese che promuovono lavoro ed ambiente sono garanzia di inclusione sociale, luogo di formazione delle coscienze all’imprendibilità e al servizio della società.

Il Signore accolga il nostro più vivo ringraziamento perché ci ha accompagnati in percorsi ricchi di vita e ha dato vigore al nostro dono. Continui a purificare il nostro cuore di figli che lo amano e lo servono con gioia e con passione. Rafforzi il nostro desiderio di custodire e di coltivare sempre più e meglio il creato che ci è stato dato in affidamento e in amministrazione, per noi e per tutti gli uomini di ogni generazione.  Non dimentichiamo la nostra missione di evangelizzare il mondo rurale, di «socializzare» in esso il Vangelo, perché attraverso la nostra mente e il nostro cuore possa rispondere alla sua vocazione, a lode e gloria di Dio Padre. A fronte di problemi che investono il mondo, l’umanità intera, dobbiamo riconoscere che le nostre associazioni, aggregazioni di ispirazione cristiana, non sempre unite tra loro, appaiono ancora più piccole, sono come tanti nani sproporzionati. È da auspicare che ci sia la nascita di nuovi movimenti sociali cristiani o di ispirazione cristiana. Solo così, mediante il mettersi insieme si potrà essere meno inadeguati nel dare un contributo più consistente alla realizzazione del bene comune.

                                                       Mario Toso, vescovo


Cammino sinodale: il 2° anno di Ascolto. Lunedì 28 novembre incontro con moderatori e segretari in Seminario

cammino sinodale

La Chiesa di Faenza-Modigliana ha partecipato con entusiasmo e impegno al cammino sinodale italiano e universale chiesto da Papa Francesco. La risposta del territorio è stata sorprendente sia per quantità e soprattutto per qualità. Sono state ascoltate più di 2.300 persone di ogni età, genere, condizione sociale e ambito di vita. Nei mesi da gennaio ad aprile si sono formati più di 100 gruppi sinodali. In tal modo sono state raccolte le narrazioni dei malati e degli operatori sanitari, dei credenti di altre religioni, degli artisti e dei musicisti, degli scrittori e dei giornalisti, delle persone che hanno affrontato la tossicodipendenza, dei non credenti, degli universitari e dei giovani, delle persone con disabilità, degli insegnanti, degli operai e dei disoccupati, degli imprenditori e dei cooperatori, dei politici e dei rionali, dei bambini e degli anziani, dei fidanzati e delle famiglie, degli adolescenti e dei loro genitori, dei presbiteri e dei diaconi, delle religiose, dei seminaristi, degli sportivi e dei migranti, dei poveri, dei movimenti, gruppi e associazioni, di tante parrocchie e zone del nostro territorio.

In totale le sintesi arrivate sono state 110, frutto del percorso realizzato dai 2.335 partecipanti (1.133 uomini, 1.202 donne, con una media d’età di 45 anni). Ogni gruppo ha organizzato in media 2,5 incontri. Complessivamente sono state coinvolte 36 parrocchie, 30 organismi diocesani (compresi di movimenti e le associazioni) e 44 diversi “ambienti” di vita. Le sintesi realizzate non sono semplici verbali, ma sono frutto di un cammino sul territorio, a contatto con le persone concrete, e della condivisione di esperienze a partire dalla domanda fondamentale.

I numeri sono chiari. Questa fase di ascolto ha permesso di risvegliare una viva coscienza di comunità. Sono state riallacciate relazioni e legami, rimettendo in dialogo le persone dando uno slancio nuovo ed energico all’evangelizzazione, alle azioni caritative e associative sul nostro territorio. Le persone hanno fatto l’esperienza di essere cercate e hanno sentito che questo è lo stile della Chiesa. Si è toccato con mano che questo cammino non serve per produrre l’ennesimo documento, ma per avviare processi concreti, per potenziare l’annuncio e per riscoprire la celebrazione, la Sua reale presenza in mezzo a noi. Questo stile sinodale della comunità cristiana ha una ricaduta immediata sul mondo sociale: le nostre comunità si rivelano centri creativi di cultura, di nuovo umanesimo propulsive di una progettualità politica con uno sguardo ampio, con uno sguardo sulla persona.

Nel prossimo anno il cammino diocesano si misurerà con il compito dell’approfondimento e la sfida dell’allargamento dell’ascolto. Innanzitutto, approfondire: vogliamo ascoltare con più attenzione la voce del Popolo di Dio che è emersa nel primo anno. Per questo l’équipe ha personalizzato i “cantieri di Betania” proposti dalla Cei, intrecciandoli con le parole più rappresentative della Sintesi diocesana del primo anno di ascolto. Frutto di questa sintesi sono il cantiere dell’annuncio, il cantiere delle relazioni, il cantiere dei ministeri e il cantiere (scelto dalla diocesi) sulla liturgia.

Poi, dovremo misurarci con l’allargamento dell’ascolto: verranno proposte diverse iniziative per essere presenti sul web, negli ospedali, nei mercati, nelle scuole per incontrare e ascoltare il maggior numero di persone possibili.

Tutti gli orientamenti e gli strumenti saranno pubblicati sul sito diocesano e presentati ai moderatori e segretari dei gruppi sinodali lunedì 28 novembre alle 20:30 in Seminario.

cammino sinodale


Dal 27 novembre partono i “Vespri d’Avvento” in Seminario

Momenti di preghiera per prepararsi a gioire del Natale. Un’occasione da cogliere per incontrare Dio in uno dei suoi concreti segni d’amore. La riflessione avrà come filo conduttore il perdono e il sacramento della riconciliazione.

vespri sono in programma tutte le domeniche d’Avvento dalle 19 alle 20 nel Seminario vescovile di Faenza (via degli Insorti 56). Info Luca Ghirotti 333 4122749; luca.6ghirotti@gmail.com


Schede bibliche d’Avvento 2022 per i bambini

Le Schede saranno disponibili in forma cartacea (presso la libreria Cultura Nuova, le Parrocchie…) e sul sito dell’Apostolato Biblico (www.abdiocesifaenza.altervista.org). Per chi (singoli e gruppi) nonostante tutto volesse meditare sui Vangeli festivi, le Schede saranno provviste anche di quei testi. Visto il gradimento riscontrato, mettiamo a disposizione anche le Schede bibliche per bambini. Quest’anno è stato scelto il testo Le Avventure di Pinocchio per accompagnare i vangeli della domenica di Avvento. Le schede sono state pensate per offrire un supporto, un ausilio per la catechesi. Ciò che viene offerto è una traccia che può essere adattata in base all’età e al gruppo dei bambini a cui si rivolgono. L’ascolto è coadiuvato dall’inserimento di brevi sintesi dei testi in Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA) a cui fanno seguito momenti di espressione individuale e di condivisione.

Ci auguriamo che questi sussidi possano sostenere la fede e la preghiera di tutta la comunità, nello scorrere lieto del nuovo Anno liturgico.

L’équipe di Apostolato Biblico diocesano

Le schede da scaricare

copertina schede per bambini avvento

I domenica avvento Pinocchio

II domenica avvento Pinocchio

III domenica avvento Pinocchio

IV domenica di avvento Pinocchio


Schede bibliche online per il tempo d’Avvento 2022

Dopo aver a lungo meditato e pregato sopra le Letture festive dei Tempi forti di Avvento, Quaresima e Pasqua, quest’anno 2022/23 abbiamo pensato di proporre le Schede sui Salmi responsoriali, a partire dal prossimo Avvento.

Di solito abbastanza trascurati nella predicazione e nella cura celebrativa, i Salmi responsoriali sono un intermezzo “artistico” (infatti sono nati in Israele per essere cantati) tra le letture, in cui l’Assemblea partecipa rivolgendo la sua preghiera a Dio con le sue stesse Parole. Si tratta di una preghiera che restituisce al Cuore del Padre la vastissima gamma dei sentimenti umani (lode, supplica, lamento…), voce di singoli e di comunità; voce rivolta a Dio oppure condivisa gli uni con gli altri. I Salmi sono quindi una esperienza di dialogo con Dio e di relazione nella assemblea del suo popolo. Sono “preghiera in situazione”: nascono dai momenti che il popolo si trova a vivere. All’inizio le vicende personali e comunitarie nell’antico Israele, che però scopriamo comuni alle condizioni storiche di tutti i singoli e di tutti i popoli: quando va bene e quando va male, nel dubbio e nella speranza… Infine, sono la preghiera che l’umanità di Gesù ha fatto sua e che la Chiesa sua Sposa ha fatto propria fin dall’inizio.

Le Schede saranno disponibili in forma cartacea (presso la libreria Cultura Nuova, le Parrocchie…) e sul sito dell’Apostolato Biblico (www.abdiocesifaenza.altervista.org). Per chi (singoli e gruppi) nonostante tutto volesse meditare sui Vangeli festivi, le Schede saranno provviste anche di quei testi. Visto il gradimento riscontrato, mettiamo a disposizione anche le Schede bibliche per bambini. Quest’anno è stato scelto il testo Le Avventure di Pinocchio per accompagnare i vangeli della domenica di Avvento. Le schede sono state pensate per offrire un supporto, un ausilio per la catechesi. Ciò che viene offerto è una traccia che può essere adattata in base all’età e al gruppo dei bambini a cui si rivolgono. L’ascolto è coadiuvato dall’inserimento di brevi sintesi dei testi in Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA) a cui fanno seguito momenti di espressione individuale e di condivisione.

Ci auguriamo che questi sussidi possano sostenere la fede e la preghiera di tutta la comunità, nello scorrere lieto del nuovo Anno liturgico.

Ricordiamo inoltre l’appuntamento con la Parola venerdì 25 novembre alle 20.45 in Seminario, in cui verrà presentato il vangelo di Matteo che accompagnerà questo anno liturgico.

L’équipe di Apostolato Biblico diocesano

Le schede da scaricare

Schede Avvento 2022 – Testi dei Vangeli

Scheda Avvento I – 27 novembre

Scheda Avvento II – 4 dicembre

Scheda Avvento III – 11 dicembre

Scheda Avvento IV – 18 dicembre

copertina schede avvento 2022

CARTOLINE Avvento


Giornata mondiale dei poveri – 13 novembre – Il messaggio del Papa “Gesù Cristo si è fatto povero per voi”

Domenica 13 novembre si celebra la VI Giornata mondiale dei poveri. Di seguito riportiamo il messaggio di papa Francesco.

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

VI GIORNATA MONDIALE DEI POVERI

Domenica XXXIII del Tempo Ordinario
13 novembre 2022

Gesù Cristo si è fatto povero per voi (cfr 2 Cor 8,9)

1. «Gesù Cristo […] si è fatto povero per voi» (cfr 2 Cor 8,9). Con queste parole l’apostolo Paolo si rivolge ai primi cristiani di Corinto, per dare fondamento al loro impegno di solidarietà con i fratelli bisognosi. La Giornata Mondiale dei Poveri torna anche quest’anno come sana provocazione per aiutarci a riflettere sul nostro stile di vita e sulle tante povertà del momento presente.

Qualche mese fa, il mondo stava uscendo dalla tempesta della pandemia, mostrando segni di recupero economico che avrebbe restituito sollievo a milioni di persone impoverite dalla perdita del lavoro. Si apriva uno squarcio di sereno che, senza far dimenticare il dolore per la perdita dei propri cari, prometteva di poter tornare finalmente alle relazioni interpersonali dirette, a incontrarsi di nuovo senza più vincoli o restrizioni. Ed ecco che una nuova sciagura si è affacciata all’orizzonte, destinata ad imporre al mondo un scenario diverso.

La guerra in Ucraina è venuta ad aggiungersi alle guerre regionali che in questi anni stanno mietendo morte e distruzione. Ma qui il quadro si presenta più complesso per il diretto intervento di una “superpotenza”, che intende imporre la sua volontà contro il principio dell’autodeterminazione dei popoli. Si ripetono scene di tragica memoria e ancora una volta i ricatti reciproci di alcuni potenti coprono la voce dell’umanità che invoca la pace.

2. Quanti poveri genera l’insensatezza della guerra! Dovunque si volga lo sguardo, si constata come la violenza colpisca le persone indifese e più deboli. Deportazione di migliaia di persone, soprattutto bambini e bambine, per sradicarle e imporre loro un’altra identità. Ritornano attuali le parole del Salmista di fronte alla distruzione di Gerusalemme e all’esilio dei giovani ebrei: «Lungo i fiumi di Babilonia / là sedevamo e piangevamo / ricordandoci di Sion. / Ai salici di quella terra / appendemmo le nostre cetre, / perché là ci chiedevano parole di canto, / coloro che ci avevano deportato, / allegre canzoni i nostri oppressori. / […] Come cantare i canti del Signore / in terra straniera?» (Sal 137,1-4).

Sono milioni le donne, i bambini, gli anziani costretti a sfidare il pericolo delle bombe pur di mettersi in salvo cercando rifugio come profughi nei Paesi confinanti. Quanti poi rimangono nelle zone di conflitto, ogni giorno convivono con la paura e la mancanza di cibo, acqua, cure mediche e soprattutto degli affetti. In questi frangenti la ragione si oscura e chi ne subisce le conseguenze sono tante persone comuni, che vengono ad aggiungersi al già elevato numero di indigenti. Come dare una risposta adeguata che porti sollievo e pace a tanta gente, lasciata in balia dell’incertezza e della precarietà?

3. In questo contesto così contraddittorio viene a porsi la VI Giornata Mondiale dei Poveri, con l’invito – ripreso dall’apostolo Paolo – a tenere lo sguardo fisso su Gesù, il quale «da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2 Cor 8,9). Nella sua visita a Gerusalemme, Paolo aveva incontrato Pietro, Giacomo e Giovanni i quali gli avevano chiesto di non dimenticare i poveri. La comunità di Gerusalemme, in effetti, si trovava in gravi difficoltà per la carestia che aveva colpito il Paese. E l’Apostolo si era subito preoccupato di organizzare una grande colletta a favore di quei poveri. I cristiani di Corinto si mostrarono molto sensibili e disponibili. Su indicazione di Paolo, ogni primo giorno della settimana raccolsero quanto erano riusciti a risparmiare e tutti furono molto generosi.

Come se il tempo non fosse mai trascorso da quel momento, anche noi ogni domenica, durante la celebrazione della santa Eucaristia, compiamo il medesimo gesto, mettendo in comune le nostre offerte perché la comunità possa provvedere alle esigenze dei più poveri. È un segno che i cristiani hanno sempre compiuto con gioia e senso di responsabilità, perché nessun fratello e sorella debba mancare del necessario. Lo attestava già il resoconto di San Giustino, che, nel secondo secolo, descrivendo all’imperatore Antonino Pio la celebrazione domenicale dei cristiani, scriveva così: «Nel giorno chiamato “del Sole” ci si raduna tutti insieme, abitanti delle città o delle campagne e si leggono le memorie degli Apostoli o gli scritti dei profeti finché il tempo lo consente. […] Si fa quindi la spartizione e la distribuzione a ciascuno degli elementi consacrati e attraverso i diaconi se ne manda agli assenti. I facoltosi e quelli che lo desiderano danno liberamente, ciascuno quello che vuole, e ciò che si raccoglie viene depositato presso il sacerdote. Questi soccorre gli orfani, le vedove, e chi è indigente per malattia o per qualche altra causa, i carcerati, gli stranieri che si trovano presso di noi: insomma, si prende cura di chiunque sia nel bisogno» (Prima Apologia, LXVII, 1-6).

4. Tornando alla comunità di Corinto, dopo l’entusiasmo iniziale il loro impegno cominciò a venire meno e l’iniziativa proposta dall’Apostolo perse di slancio. È questo il motivo che spinge Paolo a scrivere in maniera appassionata rilanciando la colletta, «perché, come vi fu la prontezza del volere, così vi sia anche il compimento, secondo i vostri mezzi» (2 Cor 8,11).

Penso in questo momento alla disponibilità che, negli ultimi anni, ha mosso intere popolazioni ad aprire le porte per accogliere milioni di profughi delle guerre in Medio Oriente, in Africa centrale e ora in Ucraina. Le famiglie hanno spalancato le loro case per fare spazio ad altre famiglie, e le comunità hanno accolto con generosità tante donne e bambini per offrire loro la dovuta dignità. Tuttavia, più si protrae il conflitto, più si aggravano le sue conseguenze. I popoli che accolgono fanno sempre più fatica a dare continuità al soccorso; le famiglie e le comunità iniziano a sentire il peso di una situazione che va oltre l’emergenza. È questo il momento di non cedere e di rinnovare la motivazione iniziale. Ciò che abbiamo iniziato ha bisogno di essere portato a compimento con la stessa responsabilità.

5. La solidarietà, in effetti, è proprio questo: condividere il poco che abbiamo con quanti non hanno nulla, perché nessuno soffra. Più cresce il senso della comunità e della comunione come stile di vita e maggiormente si sviluppa la solidarietà. D’altronde, bisogna considerare che ci sono Paesi dove, in questi decenni, si è attuata una crescita di benessere significativo per tante famiglie, che hanno raggiunto uno stato di vita sicuro. Si tratta di un frutto positivo dell’iniziativa privata e di leggi che hanno sostenuto la crescita economica congiunta a un concreto incentivo alle politiche familiari e alla responsabilità sociale. Il patrimonio di sicurezza e stabilità raggiunto possa ora essere condiviso con quanti sono stati costretti a lasciare le loro case e il loro Paese per salvarsi e sopravvivere. Come membri della società civile, manteniamo vivo il richiamo ai valori di libertà, responsabilità, fratellanza e solidarietà. E come cristiani, ritroviamo sempre nella carità, nella fede e nella speranza il fondamento del nostro essere e del nostro agire.

6. È interessante osservare che l’Apostolo non vuole obbligare i cristiani costringendoli a un’opera di carità. Scrive infatti: «Non dico questo per darvi un comando» (2 Cor 8,8); piuttosto, egli intende «mettere alla prova la sincerità» del loro amore nell’attenzione e premura verso i poveri (cfr ibid.). A fondamento della richiesta di Paolo sta certamente la necessità di aiuto concreto, tuttavia la sua intenzione va oltre. Egli invita a realizzare la colletta perché sia segno dell’amore così come è stato testimoniato da Gesù stesso. Insomma, la generosità nei confronti dei poveri trova la sua motivazione più forte nella scelta del Figlio di Dio che ha voluto farsi povero Lui stesso.

L’Apostolo, infatti, non teme di affermare che questa scelta di Cristo, questa sua “spogliazione”, è una «grazia», anzi, «la grazia del Signore nostro Gesù Cristo» (2 Cor 8,9), e solo accogliendola noi possiamo dare espressione concreta e coerente alla nostra fede. L’insegnamento di tutto il Nuovo Testamento ha una sua unità intorno a questo tema, che trova riscontro anche nelle parole dell’apostolo Giacomo: «Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi; perché, se uno ascolta la Parola e non la mette in pratica, costui somiglia a un uomo che guarda il proprio volto allo specchio: appena si è guardato, se ne va, e subito dimentica come era. Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla» (Gc 1,22-25).

7. Davanti ai poveri non si fa retorica, ma ci si rimbocca le maniche e si mette in pratica la fede attraverso il coinvolgimento diretto, che non può essere delegato a nessuno. A volte, invece, può subentrare una forma di rilassatezza, che porta ad assumere comportamenti non coerenti, quale è l’indifferenza nei confronti dei poveri. Succede inoltre che alcuni cristiani, per un eccessivo attaccamento al denaro, restino impantanati nel cattivo uso dei beni e del patrimonio. Sono situazioni che manifestano una fede debole e una speranza fiacca e miope.

Sappiamo che il problema non è il denaro in sé, perché esso fa parte della vita quotidiana delle persone e dei rapporti sociali. Ciò su cui dobbiamo riflettere è, piuttosto, il valore che il denaro possiede per noi: non può diventare un assoluto, come se fosse lo scopo principale. Un simile attaccamento impedisce di guardare con realismo alla vita di tutti i giorni e offusca lo sguardo, impedendo di vedere le esigenze degli altri. Nulla di più nocivo potrebbe accadere a un cristiano e a una comunità dell’essere abbagliati dall’idolo della ricchezza, che finisce per incatenare a una visione della vita effimera e fallimentare.

Non si tratta, quindi, di avere verso i poveri un comportamento assistenzialistico, come spesso accade; è necessario invece impegnarsi perché nessuno manchi del necessario. Non è l’attivismo che salva, ma l’attenzione sincera e generosa che permette di avvicinarsi a un povero come a un fratello che tende la mano perché io mi riscuota dal torpore in cui sono caduto. Pertanto, «nessuno dovrebbe dire che si mantiene lontano dai poveri perché le sue scelte di vita comportano di prestare più attenzione ad altre incombenze. Questa è una scusa frequente negli ambienti accademici, imprenditoriali o professionali, e persino ecclesiali. […] Nessuno può sentirsi esonerato dalla preoccupazione per i poveri e per la giustizia sociale» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 201). È urgente trovare nuove strade che possano andare oltre l’impostazione di quelle politiche sociali «concepite come una politica verso i poveri, ma mai con i poveri, mai dei poveri e tanto meno inserita in un progetto che unisca i popoli» (Enc. Fratelli tutti, 169). Bisogna tendere invece ad assumere l’atteggiamento dell’Apostolo che poteva scrivere ai Corinzi: «Non si tratta di mettere in difficoltà voi per sollevare gli altri, ma che vi sia uguaglianza» (2 Cor 8,13).

8. C’è un paradosso che oggi come nel passato è difficile da accettare, perché si scontra con la logica umana: c’è una povertà che rende ricchi. Richiamando la “grazia” di Gesù Cristo, Paolo vuole confermare quello che Lui stesso ha predicato, cioè che la vera ricchezza non consiste nell’accumulare «tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano» (Mt 6,19), ma piuttosto nell’amore vicendevole che ci fa portare i pesi gli uni degli altri così che nessuno sia abbandonato o escluso. L’esperienza di debolezza e del limite che abbiamo vissuto in questi ultimi anni, e ora la tragedia di una guerra con ripercussioni globali, devono insegnare qualcosa di decisivo: non siamo al mondo per sopravvivere, ma perché a tutti sia consentita una vita degna e felice. Il messaggio di Gesù ci mostra la via e ci fa scoprire che c’è una povertà che umilia e uccide, e c’è un’altra povertà, la sua, che libera e rende sereni.

La povertà che uccide è la miseria, figlia dell’ingiustizia, dello sfruttamento, della violenza e della distribuzione ingiusta delle risorse. È la povertà disperata, priva di futuro, perché imposta dalla cultura dello scarto che non concede prospettive né vie d’uscita. È la miseria che, mentre costringe nella condizione di indigenza estrema, intacca anche la dimensione spirituale, che, anche se spesso è trascurata, non per questo non esiste o non conta. Quando l’unica legge diventa il calcolo del guadagno a fine giornata, allora non si hanno più freni ad adottare la logica dello sfruttamento delle persone: gli altri sono solo dei mezzi. Non esistono più giusto salario, giusto orario lavorativo, e si creano nuove forme di schiavitù, subite da persone che non hanno alternativa e devono accettare questa velenosa ingiustizia pur di racimolare il minimo per il sostentamento.

La povertà che libera, al contrario, è quella che si pone dinanzi a noi come una scelta responsabile per alleggerirsi della zavorra e puntare sull’essenziale. In effetti, si può facilmente riscontrare quel senso di insoddisfazione che molti sperimentano, perché sentono che manca loro qualcosa di importante e ne vanno alla ricerca come erranti senza meta. Desiderosi di trovare ciò che possa appagarli, hanno bisogno di essere indirizzati verso i piccoli, i deboli, i poveri per comprendere finalmente quello di cui avevano veramente necessità. Incontrare i poveri permette di mettere fine a tante ansie e paure inconsistenti, per approdare a ciò che veramente conta nella vita e che nessuno può rubarci: l’amore vero e gratuito. I poveri, in realtà, prima di essere oggetto della nostra elemosina, sono soggetti che aiutano a liberarci dai lacci dell’inquietudine e della superficialità.

Un padre e dottore della Chiesa, San Giovanni Crisostomo, nei cui scritti si incontrano forti denunce contro il comportamento dei cristiani verso i più poveri, scriveva: «Se non puoi credere che la povertà ti faccia diventare ricco, pensa al Signore tuo e smetti di dubitare di questo. Se egli non fosse stato povero, tu non saresti ricco; questo è straordinario, che dalla povertà derivò abbondante ricchezza. Paolo intende qui con “ricchezze” la conoscenza della pietà, la purificazione dai peccati, la giustizia, la santificazione e altre mille cose buone che ci sono state date ora e sempre. Tutto ciò lo abbiamo grazie alla povertà» (Omelie sulla II Lettera ai Corinzi, 17,1).

9. Il testo dell’Apostolo a cui si riferisce questa VI Giornata Mondiale dei Poveri presenta il grande paradosso della vita di fede: la povertà di Cristo ci rende ricchi. Se Paolo ha potuto dare questo insegnamento – e la Chiesa diffonderlo e testimoniarlo nei secoli – è perché Dio, nel suo Figlio Gesù, ha scelto e percorso questa strada. Se Lui si è fatto povero per noi, allora la nostra stessa vita viene illuminata e trasformata, e acquista un valore che il mondo non conosce e non può dare. La ricchezza di Gesù è il suo amore, che non si chiude a nessuno e a tutti va incontro, soprattutto a quanti sono emarginati e privi del necessario. Per amore ha spogliato sé stesso e ha assunto la condizione umana. Per amore si è fatto servo obbediente, fino a morire e a morire in croce (cfr Fil 2,6-8). Per amore si è fatto «pane di vita» (Gv 6,35), perché nessuno manchi del necessario e possa trovare il cibo che nutre per la vita eterna. Anche ai nostri giorni sembra difficile, come lo fu allora per i discepoli del Signore, accettare questo insegnamento (cfr Gv 6,60); ma la parola di Gesù è netta. Se vogliamo che la vita vinca sulla morte e la dignità sia riscattata dall’ingiustizia, la strada è la sua: è seguire la povertà di Gesù Cristo, condividendo la vita per amore, spezzando il pane della propria esistenza con i fratelli e le sorelle, a partire dagli ultimi, da quanti mancano del necessario, perché sia fatta uguaglianza, i poveri siano liberati dalla miseria e i ricchi dalla vanità, entrambe senza speranza.

10. Il 15 maggio scorso ho canonizzato Fratel Charles de Foucauld, un uomo che, nato ricco, rinunciò a tutto per seguire Gesù e diventare con Lui povero e fratello di tutti. La sua vita eremitica, prima a Nazaret e poi nel deserto sahariano, fatta di silenzio, preghiera e condivisione, è una testimonianza esemplare di povertà cristiana. Ci farà bene meditare su queste sue parole: «Non disprezziamo i poveri, i piccoli, gli operai; non solo essi sono i nostri fratelli in Dio, ma sono anche quelli che nel modo più perfetto imitano Gesù nella sua vita esteriore. Essi ci rappresentano perfettamente Gesù, l’Operaio di Nazaret. Sono primogeniti tra gli eletti, i primi chiamati alla culla del Salvatore. Furono la compagnia abituale di Gesù, dalla sua nascita alla sua morte […]. Onoriamoli, onoriamo in essi le immagini di Gesù e dei suoi santi genitori […]. Prendiamo per noi [la condizione] che egli ha preso per sé […]. Non cessiamo mai di essere in tutto poveri, fratelli dei poveri, compagni dei poveri, siamo i più poveri dei poveri come Gesù, e come lui amiamo i poveri e circondiamoci di loro» ( Commenti al Vangelo di Luca, Meditazione 263). [1] Per Fratel Charles queste non furono solo parole, ma stile concreto di vita, che lo portò a condividere con Gesù il dono della vita stessa.

Questa VI Giornata Mondiale dei Poveri diventi un’opportunità di grazia, per fare un esame di coscienza personale e comunitario e domandarci se la povertà di Gesù Cristo è la nostra fedele compagna di vita.

Roma, San Giovanni in Laterano, 13 giugno 2022, Memoria di Sant’Antonio di Padova.

Domenica 20 novembre in Seminario a Faenza, la preghiera per le vittime di abusi

Il prossimo 18 novembre ricorre la seconda Giornata nazionale di preghiera per le vittime di abusi. In questo modo, ci viene data occasione per la riflessione e la preghiera su una piaga mondiale che purtroppo non ha risparmiato le comunità cristiane.

Papa Francesco, continuando un percorso già in atto, nel 2019 ha dato un impulso molto forte all’impegno della Chiesa su questo fronte. Anche nella nostra diocesi è stato istituito un servizio per la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili.  Il servizio ha como scopo principale la formazione degli operatori pastorali. Si avvale anche di una persona addetta all’ascolto di segnalazioni (contattabile al 388 9724935 nei seguenti orari: il lunedì dalle 8.30 alle 12.30; il giovedì dalle 8.30 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 17.30).

In questo 2022, si terrà anche un momento di preghiera aperto a tutta la diocesi. Si è deciso di caratterizzare in tal senso l’Adorazione eucaristica e la celebrazione dei Vespri ordinariamente in programma la domenica sera in Seminario. L’appuntamento è per domenica 20 novembre alle ore 19 (ingresso da via insorti 56).


Arciconfraternita della Beata Vergine delle Grazie: l’assemblea annuale. Confermato rettore don Francesco Cavina

Arciconfraternita IBeata Vergine Grazie

Sabato 24 settembre si è tenuta l’assemblea annuale della Arciconfraternita della Beata Vergine delle Grazie. L’assemblea è stata preceduta dalla Santa Messa nella cappella maggiore del Seminario. Al suo termine, ai confratelli e alle consorelle sono state consegnate le nuove medaglie con il simbolo dell’Arciconfraternita.

Gli aderenti all’Arciconfraternita sono circa novanta e si impegnano a far conoscere la figura di Maria, madre di Dio e di tutti gli uomini (madre anche di chi non la considera o non l’ama), che anche oggi ci aiuta a camminare verso Gesù. Testimoniano la loro devozione alla Madonna un martedì di ogni mese ritrovandosi alle 18 in Duomo davanti all’immagine della Beata Vergine delle Grazie per celebrare la Santa Messa e recitare il rosario. La Beata Vergine delle Grazie è la patrona di tutta la Diocesi e il culmine della sua devozione si ha con i festeggiamenti in suo onore il sabato precedente la seconda domenica di maggio.

All’inizio dell’assemblea sono stati presentati i nuovi confratelli e le nuove consorelle e don Francesco Cavina è stato confermato rettore per i prossimi tre anni. Si è quindi proceduto con la verifica della situazione economica e con le proposte di iniziative per l’anno corrente e per il 2023. Si è poi presa in esame la situazione dell’oratorio “San Pietro in Vincoli”, sede storica dell’Arciconfraternita. Situato al primo piano di un edificio prospicente piazza XI Febbraio, l’oratorio risulta fatiscente e inagibile. Richiederebbe un primo intervento di consolidamento strutturale dei piani e successivamente, nell’ordine, un restauro della facciata, un rifacimento interno degli intonaci e dell’impianto elettrico, un restauro di tutti i mobili. Il costo complessivo degli eventuali lavori è molto alto e si sta studiando se e come sia il caso di realizzarli.
Ma al di là di questo la vita della Confraternita prosegue con l’intento di affidare a Maria le tante necessità della nostra Chiesa e del nostro mondo.

Flavio Babini


Dal 6 novembre in Seminario riparte “Edu-care”, percorso per educatori, catechisti e capi scout

Dal 6 novembre riparte Edu-care, un cammino formativo per educatori, catechisti e capi scout che seguono gruppi di ragazzi di età maggiore di 14 anni. Ritrovo alle 16.30 in Seminario a Faenza. A seguire, ci sarà l’incontro con don Eugenio che ci aiuterà a scoprire le serie TV che seguono i nostri ragazzi come modo per conoscerli e parlare con loro e a loro della vita di fede. Alle 19 vespri e e a seguire pizza. Info: Anna Taroni al 334 7782471.


“Questi sanno far rumore eh… sono bravi!” I nostri 750 cresimati in pellegrinaggio a Roma

Questi sanno far rumore eh… Sono bravi!” Con queste parole papa Francesco ha salutato i nostri 750 cresimati della Diocesi di Faenza-Modigliana arrivati in piazza San Pietro accompagnati dal vescovo, monsignor Mario Toso, dal vicario generale monsignor Michele Morandi, dall’incaricato alla Pastorale Giovanile don Massimo Geminiani e da tanti altri sacerdoti e catechisti. Una marea di giovani arrivati da Marradi, Modigliana, Brisighella, Russi, Alfonsine, Reda, Solarolo e tante parrocchie di Faenza. Un Pellegrinaggio a Roma sulla tomba di San Pietro, il 18 e 19 ottobre scorsi, che segna l’inizio del cammino per questi giovani dopo aver ricevuto il sacramento. Dopo la bella esperienza di Giovani a Gamogna, a inizio ottobre, un altro momento significativo vissuto da “una Chiesa giovane e che esce”.

Nella giornata di martedì è stata celebrata la messa nella basilica di San Giovanni in Laterano a Roma, dove ragazze e ragazzi di terza media hanno ricevuto dal vescovo Mario il Credo Apostolico, simbolo della professione di fede. Il giorno dopo, l’emozionante incontro con papa Francesco. Dove i giovani della diocesi, chiamati dal Pontefice, sono esplosi in un fragoroso boato, sottolineato positivamente dallo stesso Bergoglio. Il Papa ha poi espresso il proprio apprezzamento per questa capacità di esprimere la gioia, l’entusiasmo, in un incontro privato con Monsignor Toso. La catechesi del pontefice nell’udienza generale ha trattato il tema di saper leggere la propria vita, adatta ai giovani, con lo stimolo di guardare non solo alle cose negative che ci circondano oggi, ma anche alle cose positive, “segnale dell’operato del Signore”.

Le parole del Papa: “Chiediamoci alla fine della giornata cosa è successo oggi nel mio cuore”

papa udienza

“Molte volte abbiamo fatto anche noi l’esperienza di Agostino, di ritrovarci imprigionati da pensieri che ci allontanano da noi stessi, messaggi stereotipati che ci fanno del male: ‘io non valgo niente’, ‘a me tutto va male’, e tu vai giù, ‘non realizzerò mai nulla di buono’, e tu vai giù… E così è la vita: queste frasi pessimistiche che ti buttano giù”, ha osservato il Papa, secondo il quale “leggere la propria storia significa anche riconoscere la presenza di questi elementi ‘tossici’, ma per poi allargare la trama del nostro racconto, imparando a notare altre cose, rendendolo più ricco, più rispettoso della complessità, riuscendo anche a cogliere i modi discreti con cui Dio agisce nella nostra vita”. “Lo stile di Dio è discreto” l’indicazione per un sano discernimento: “a Dio piace andare nascosto, con discrezione. Non si impone, è come l’aria che respiriamo, non la vediamo ma ci fa vivere, e ce ne accorgiamo solo quando ci viene a mancare”. Il discernimento, in altre parole, “ha un approccio narrativo”, ha spiegato Francesco: “non si sofferma sull’azione puntuale, la inserisce in un contesto: da dove viene questo pensiero? Dove mi porta questo che sto pensando adesso? Quando ho avuto modo di incontrarlo in precedenza? E’ una cosa nuova o altre volte l’ho trovato? Perché è più insistente di altri? Cosa mi vuol dire la vita von questo?”. “Il racconto delle vicende della nostra vita consente anche di cogliere sfumature e dettagli importanti, che possono rivelarsi aiuti preziosi fino a quel momento rimasti nascosti”, ha assicurato il Papa: “Una lettura, un servizio, un incontro, a prima vista ritenuti cose di poca importanza, nel tempo successivo trasmettono una pace interiore, trasmettono la gioia di vivere e suggeriscono ulteriori iniziative di bene. Fermarsi e riconoscere questo è indispensabile, è importante per il discernimento, è un lavoro di raccolta di quelle perle preziose e nascoste che il Signore ha disseminato nel nostro terreno”. “Il bene è nascosto, sempre, perché ha pudore, si nasconde”, la descrizione di Francesco: “è silenzioso, richiede uno scavo lento e continuo”. “Chiediamoci alla fine della giornata cosa è successo oggi nel mio cuore”.