Considero la presentazione del volume degli Atti del Convegno (Cesena-21 novembre 2023) sulla significativa figura di Giovanni Maroni (1935-2018) un’importante occasione per riflettere sulla situazione in cui stiamo vivendo e sull’impegno dei credenti nella società contemporanea.
Quanto dirò sulla figura di Giovanni Maroni si fonderà principalmente su quanto ho avuto la fortuna di leggere nel volume sopracitato.[1]
Ho considerato con attenzione le relazioni e le testimonianze su Giovanni Maroni, professore per vocazione, storico, politico, educatore, «cittadino dalla coscienza retta e dall’impegno generoso per il bene di tutti», come lo ha definito il vescovo emerito Douglas.[2]
Personalità eminente nel panorama cesenate, fu anche prima Preside e, poi, Presidente dell’Università della Terza Età.
La sua ricerca storica fu orientata dalla sua scelta politico-culturale. Egli si collocava all’interno della tradizione cattolico-democratica che parte da Romolo Murri, passa per Sturzo, e arriva ad Aldo Moro e a Benigno Zaccagnini.
Egli riteneva che tale tradizione contenesse una solidità di pensiero etico-politico, un vigore spirituale in grado di alimentare e garantire una presenza rilevante – non irrilevante – dei cattolici nel nostro Paese. L’attività politica di Giovanni è stata vissuta quasi totalmente a Cesena, a fianco di personaggi straordinari del mondo cattolico come Dario Sacchetti, Giobbe Gentili, Ercole Acerbi, Nello Vaienti, che appartenevano a quel cattolicesimo politico profondamente sociale che si ispirava alle grandi encicliche sociali e aveva come punto di riferimento la dignità, la parità e l’uguaglianza delle persone.[3]
Secondo Giovanni Maroni le idee guida del cattolicesimo democratico erano in grado di tenere viva e di rinnovare la democrazia anche attraverso le sue molteplici ed inevitabili crisi. E ciò grazie a quell’ispirazione etica che è alimentata dall’esperienza religiosa del cristianesimo.[4]
Ciò, però, è possibile – ecco un pilastro fondamentale, spesso obliato dallo stesso mondo cattolico che vi si ispira – quando l’esperienza religiosa non diviene subalterna al partito, al potere politico, ossia quando non è strumentalizzata o quando di fatto è trascurata o abbandonata. Secondo Luigi Sturzo e, successivamente, Giuseppe Dossetti, il partito deve rimanere sempre uno strumento rispetto ai valori e non assurgere mai a fonte di essi.[5]
Quando il potere politico non strumentalizza la fede, quando non assume il primato rispetto all’esperienza religiosa e all’ispirazione etica, la democrazia può rinnovarsi e continuare il suo percorso entri i vari contesti sociali e culturali.
Il contrario di ciò che sembra avvenire in questi tempi, anche dopo l’esperienza dei cattolici riunitisi a Trieste per ripensare la democrazia, a partire dalla partecipazione.[6]
Nel tentativo di ripensare e di rivitalizzare la democrazia partecipativa non pochi cattolici sembrano rimanere prigionieri del primato assegnato al proprio partito, alla gestione minuta del potere e al suo mantenimento, rispetto al primato che dovrebbe, invece, essere assegnato all’ispirazione cristiana, all’insegnamento sociale della Chiesa, e prima ancora a Gesù Cristo, che soli possono garantire la connessione con l’esperienza religiosa e, quindi, la possibilità della rigenerazione della democrazia e della sua vita sociale, economica, politica, culturale.
Ma oggi l’attacco alla democrazia, la sua decostruzione, avvengono anche a partire dal prevalere del capitalismo woke, dal fenomeno promettente ed impetuoso dell’avvento dell’intelligenza artificiale.
Su questo, però, si ritornerà più avanti.
Prima ci si ferma a considerare il pensiero di papa Francesco rispetto al quale Giovanni ebbe, sin dall’inizio, ossia dalla pubblicazione dell’esortazione apostolica Evangelii gaudium,[7] una profonda ammirazione. In secondo luogo, si prenderà in considerazione il tema del lavoro e della democrazia nell’ultimo periodo di pontificato di papa Francesco, quando ormai Giovanni aveva terminato il suo percorso terreno, ma continua ancora ad essere, mediante i suoi amici, da tramite fra qualcosa che è più importante di noi e le nuove generazioni.[8]
I
Il lavoro antidoto alla povertà e titolo di partecipazione
Ripresentiamo qui, in particolare, la lettura della storia che emerge dalla esortazione apostolica EG per quanto concerne il lavoro, l’economia, lo Stato sociale e la connessa democrazia nel secondo decennio del terzo millennio.
Da tempo la prospettiva sul lavoro come antidoto alla povertà e titolo di partecipazione è presente nell’Insegnamento sociale della Chiesa. La formula adoperata, e posta in cima alla prima parte delle riflessioni pontificie che hanno colpito Giovanni Maroni, può considerarsi la sintesi del magistero precedente, avente le sue radici nella Rerum novarum di Leone XIII. Papa Francesco propone una tale prospettiva nella sua esortazione pastorale Evangelii Gaudium. Nell’esortazione, egli sostiene che i lavoratori, in vista di un decoroso sostentamento devono poter godere di una buona educazione, dell’accesso all’assistenza sanitaria e specialmente di un lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale.[9] È godendo di un tale lavoro che la persona esprime ed accresce la dignità della propria vita e contribuisce alla realizzazione del bene comune.
- Sradicamento della povertà e democrazia
Secondo papa Francesco la politica del bene comune è strettamente congiunta con l’ideale di una «democrazia ad alta intensità» che si contrappone a un’idea di «democrazia a bassa intensità».[10] Egli ritiene che, se si intende rimuovere le cause strutturali della povertà (cf EG n. 202) e risolvere radicalmente il problema, superando le risposte provvisorie dei piani meramente assistenziali (cf EG n. 202); se si vuole perseguire l’obiettivo di un lavoro dignitoso, dell’istruzione e assistenza sanitaria per tutti i cittadini (cf EG n. 205); se si pensa, cioè, di perseguire l’obiettivo che i poveri vivano decorosamente e nessuno sia escluso dalla partecipazione alla vita politica (cf EG 207), occorre impegnarsi decisamente per la realizzazione di una democrazia sostanziale, ossia una democrazia che sia, a un tempo, e politica ed economica e sociale, fondata su uno Stato di diritto sociale, inclusiva, rappresentativa e partecipativa, di sviluppo integrale e sostenibile per tutti. Chi è povero e non ha una cultura di base, che lo pone in grado di avere una propria opinione, rimane fuori dal circuito della politica, è emarginato rispetto ai luoghi decisionali, non ha chi lo rappresenti. La povertà, per papa Francesco, viene combattuta soprattutto, anche se non esclusivamente, creando la possibilità di un lavoro per tutti. Il lavoro libero e creativo, partecipativo e solidale, è lo strumento mediante cui il povero può esprimere ed accrescere la sua dignità (cf EG n. 192), essere rappresentato e collaborare alla realizzazione del bene comune. Si tratta di una visione per un verso «classica» e per un altro verso «rivoluzionaria» rispetto alla vulgata odierna, secondo cui il profitto ha un valore assoluto, mentre il lavoro è una variabile dipendente dei meccanismi monetari e finanziari. La democrazia ad alta intensità, in conformità al bene comune che l’ispira, non deve, dunque, puntare allo smantellamento dello Stato sociale, semmai ad una sua estensione e rifondazione in senso societario. Essa, infatti, poggia sul presupposto che i diritti civili e politici non possono essere reali, ovvero usufruibili, senza che siano simultaneamente attuati i diritti sociali, tra i quali il diritto al lavoro. Senza diritti politici, la gente non può essere sicura dei propri diritti personali; ma senza diritti sociali, i diritti politici rimangono un sogno irraggiungibile, un’inutile finzione per tutti coloro ai quali la legge li riconosce su un piano meramente formale.[11] In un pianeta in cui oramai la realizzazione dei diritti appare un problema globale, sarebbe irrazionale pensare che essi possano essere garantiti e promossi senza l’universalizzazione di una democrazia ad alta intensità. Peraltro, non si deve nemmeno ignorare, come suggeriscono le riflessioni dei massimi politologi e sociologi, che la democrazia e la libertà non possono essere completamente e veramente realizzate in un Paese senza che esse non lo siano in tutti i Paesi del mondo. Il futuro della democrazia e della libertà, affermava ad esempio Zygmunt Bauman, o sarà garantito su scala planetaria, o non lo sarà affatto.[12]
Papa Francesco propose, in particolare, che si ristabilisse il primato della politica sulla finanza, che si superassero le dottrine economiche neoliberistiche,[13] che ci si riappropriasse del progetto di una democrazia che, senza cedere all’ideologia dello scarto, tenesse conto ed affrontasse coraggiosamente i problemi dei nuovi poveri: i senza tetto, i tossicodipendenti, i popoli indigeni, i rifugiati, i migranti, gli anziani sempre più deboli ed abbandonati (cf EG n. 210), le persone che subiscono la tratta, i nuovi schiavi che trovano la morte nelle piccole fabbriche clandestine, nella rete della prostituzione o che sono sfruttati nell’accattonaggio o nel lavoro non regolarizzato (cf EG 211); le donne che soffrono situazioni di esclusione, maltrattamento e violenza, i bambini nascituri sul cui diritto alla vita non ci si può attendere che la Chiesa cambi la sua posizione (cf EG n. 214).
Una nuova democrazia deve anche farsi carico dell’insieme della creazione, per contrastare la desertificazione del suolo e l’estinzione delle specie, che hanno forti ripercussioni sulla nostra vita e sulle generazioni future (cf EG n. 215).
- Una riforma finanziaria di stampo etico e una sana economia mondiale
Papa Francesco parlava di quanto esposto nel 2014, dopo la crisi economica del 2008-2010, causata dalle conseguenze di una finanziarizzazione incontrollata dell’economia reale. Tra gli orientamenti pratici offerti da papa Francesco, in vista della realizzazione di una politica al servizio del bene comune e di uno sviluppo integrale per tutti, vi era sia quello di una riforma finanziaria animata da un’etica favorevole all’essere umano (cf EG n. 58),[14] sia quello della realizzazione di una sana economia mondiale (cf EG n. 206), grazie ad una cooperazione internazionale sulla base della solidarietà e della sussidiarietà.
Rivolgendosi ai membri del Consiglio dei capi esecutivi per il coordinamento delle Nazioni Unite, papa Francesco, citando l’episodio dell’incontro di Zaccheo con Gesù, ha ricordato che «la promozione di un’apertura generosa, efficace e concreta alle necessità degli altri deve essere sempre al di sopra dei sistemi e delle teorie economiche e sociali». «Gesù – spiega papa Francesco – non chiede a Zaccheo di cambiare il proprio lavoro, né di denunciare la propria attività commerciale; lo induce solo a porre tutto, liberamente ma immediatamente e senza discussione, al servizio degli uomini». Tutto ciò – conclude il pontefice – permette di affermare «che il progresso economico e sociale equo si può ottenere solo congiungendo le capacità scientifiche e tecniche a un impegno di solidarietà costante, accompagnato da una gratuità generosa e disinteressata a tutti i livelli».[15]
Come aveva affermato papa Benedetto XVI, non si tratta di sottodimensionare l’economia e la finanza – il che sarebbe assurdo – bensì di umanizzarle e di finalizzarle al bene comune della famiglia umana. La Chiesa non condanna l’economia di mercato, le Borse, il profitto, la concorrenza e la speculazione in sé. Domanda, piuttosto, che siano tutelati, promossi e posti al servizio dell’uomo e di tutti i popoli (cf CIV n. 65). Lo stesso va pensato nei confronti dell’intelligenza artificiale della quale si dirà subito nella seconda sezione delle nostre riflessioni che si muovono secondo quel cattolicesimo politico profondamente sociale che si ispira all’insegnamento sociale della Chiesa e che per Giovanni Maroni doveva mantenere la priorità rispetto alle letture di parte, sia delle associazioni sia dei partiti, relativamente alla questione sociale
II
Papa Francesco, la terza guerra mondiale a pezzi, l’indizione del Giubileo ordinario dell’anno 2025,[16] l’avvento impetuoso dell’intelligenza artificiale
- Gli ultimi anni di pontificato di Papa Francesco: il declino della globalizzazione liberista, il capitalismo woke e l’intelligenza artificiale, l’approvazione in Italia della legge n. 76 del 15 maggio 2025 sulla partecipazione, proposta dalla CISL
Si presenta qui l’ultima parte dell’insegnamento sociale di papa Francesco, sempre in relazione al lavoro, all’economia, alla democrazia sostanziale, in uno scenario sensibilmente diverso rispetto a quello che caratterizzava l’esortazione apostolica EG. Giovanni Maroni, benché non abbia fatto a tempo a conoscere un simile magistero, lui «uomo di speranza», avrebbe senza dubbio apprezzato quanto papa Francesco ha detto a proposito della nuova rivoluzione tecnologica rappresentata dall’intelligenza artificiale nell’ambito del lavoro, della famiglia, delle imprese, nelle amministrazioni pubbliche, nella scuola, nella sanità, nella democrazia. Una rivoluzione apportatrice di cose meravigliose e nello stesso tempo rischiose per la libertà, la democrazia partecipativa. L’intelligenza artificiale, ha detto papa Francesco, rappresenta uno strumento affascinante e tremendo.[17]
Negli ultimi anni del pontificato di papa Francesco, lo scenario internazionale è caratterizzato da eventi che finiscono per porre in serie difficoltà la democrazia partecipativa e lo Stato sociale: la terza guerra mondiale a pezzi, il declino della globalizzazione liberista con il conseguente accumulo di sbilanciamenti finanziari e il sorgere del protezionismo, il capitalismo woke,[18] l’indebolimento della multilateralità nei rapporti internazionali per privilegiare l’uso della forza da parte dei blocchi regionali, il forte ritardo nella riforma delle istituzioni internazionali – divenute in taluni casi vere e proprie strutture di peccato – a fronte della crisi del debito estero dei Paesi più poveri[19] sulle cui spalle grava talvolta il peso del debito ecologico dei Paesi più sviluppati,[20] l’indebolimento dell’Europa spesso dimentica delle proprie radici,[21] la crescita dell’innovazione tecnologica rappresentata dall’intelligenza artificiale con l’urgenza di una sua regolamentazione. L’orizzonte ideologico che guida la nuova rivoluzione nordamericana – tendenzialmente proteso a dominare il mondo – è quello di uno sviluppo incontenibile, in cui il successo costituisce l’unica misura, in cui si è insofferenti di ogni regolamentazione esigente o che non è proveniente dal proprio interno – è emerso chiaramente anche nel Summit AI Action di Parigi (10-11 febbraio 2025). Un tale Summit aveva come obiettivo di sottoscrivere una dichiarazione congiunta tra gli Stati per garantire un’intelligenza artificiale «sicura, efficiente e trasparente» per tutti. Ma, gli Stati Uniti e il Regno Unito, con la scusa che non potevano accettare una regolamentazione troppo restrittiva, dannosa per la loro autonomia, non hanno firmato la dichiarazione, siglata, invece, da 60 Paesi. Il caso di Gaza e della Palestina sta mettendo in luce che l’ordinamento internazionale sta divenendo, di fronte ai più violenti, carta straccia. Si corre il rischio del tramonto della democrazia e dello Stato di diritto. Sono spalancate le porte ad ogni autoritarismo. Se è sicuro che abbiamo perso la pace, occorre mobilitarsi a costruire un nuovo ordine mondiale.
Ci si ferma qui a considerare il fenomeno dell’innovazione tecnologica dell’intelligenza artificiale, per non ampliare troppo lo scenario da analizzare e perché è più facile coglierne, con una certa immediatezza, gli effetti sul lavoro e sulla democrazia partecipativa e sociale. L’incremento dell’intelligenza artificiale ha effetti sia positivi sia negativi. Come hanno rilevato alcuni studiosi, il progresso tecnologico, rappresentato dall’intelligenza artificiale, può condurre a un reale benessere sociale e democratico solo a certe condizioni. Ossia a patto che le innovazioni incrementino, da un lato, la produttività del lavoro, creando mansioni complementari alle nuove tecnologie (evitando alti tassi di disoccupazione) e, dall’altro lato, esistano istituzioni, leggi e norme sociali che permettano ai lavoratori di appropriarsi di una parte non insignificante del valore aggiunto generato dalle nuove tecnologie.
Come ha suggerito Alberto Berrini, sulle orme di Daron Acemoglu e Simon Johnson, [22] bisogna che pensiamo il progresso tecnologico come ad un fiume. Non ha alcun senso tentare di bloccarlo per mezzo di dighe: è necessario, piuttosto, indirizzarlo in rotte che favoriscano la collettività, la comunicazione, i vari soggetti sociali (famiglie, imprese, scuola, sindacati, sevizi sociali, sanità, sistema bancario), la partecipazione correttamente informata nei vari organismi, il bene comune e, soprattutto, evitino di danneggiarli.
Le innovazioni tecnologiche creano naturalmente un potere monopolistico difficilmente arginabile dalla sola “mano invisibile” del mercato. Non bisogna dunque avere una fiducia cieca nel progresso tecnico. Su tale progresso, ossia sui proprietari intellettuali, sui gestori dei sistemi e delle forme di intelligenza artificiale, sull’uso dei dati è necessaria una sorveglianza attenta e sapiente. Nella regolamentazione dell’uso dell’intelligenza artificiale è anche decisivo il protagonismo dei parlamenti, dei governi – non a caso, il 17 settembre 2025, il Senato italiano ha approvato, in via definitiva, la legge quadro sull‘Intelligenza artificiale -,[23] delle organizzazioni politiche e sociali, ma anche di quelle culturali, ai fini dell’orientamento dello sviluppo tecnologico in senso umanista.
A livello macro, è necessario un riequilibrio della tassazione tra capitale e lavoro, attualmente decisamente favorevole al primo, e una maggiore regolamentazione, in particolare sulla proprietà dei dati.
A livello micro è indispensabile dare un qualche potere di intervento dei lavoratori all’interno delle imprese.[24]
Il tema affrontato non concerne solo l’economia. L’impatto delle tecnologie digitali influisce parimenti – e ciò sia in senso positivo sia in senso negativo – sulla qualità della democrazia politica, che presuppone la democrazia sociale ed economica di un Paese. I notevoli progressi delle nuove tecnologie dell’informazione, specie nella sfera digitale, presentano entusiasmanti opportunità e gravi rischi.[25] Basti pensare che i progressi esponenziali della ricerca scientifica sull’IA possono portare con sé, tra l’altro, una più grande ingiustizia fra nazioni avanzate e nazioni in via di sviluppo, fra ceti dominanti e ceti sociali oppressi.[26] Analogamente, non si può ignorare che l’uso dei social media che diffondono fake news ai fini elettorali possono rappresentare l’esempio di un uso deleterio delle nuove tecnologie digitali a scapito della libertà democratica sul piano della società civile e sul piano politico.
È proprio in un contesto socioculturale simile a quello tratteggiato che è stata pensata e promossa dalla CISL, con la sottoscrizione di oltre 400 mila firme depositate presso la Corte di cassazione, la proposta di iniziativa popolare sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione, al capitale e agli utili delle imprese. Tale proposta di legge è stata concepita in attuazione dell’articolo 46 della Costituzione, secondo la quale «ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende».
Il testo della nuova legge, n. 76, del 15 maggio 2025 è il seguente: «La presente legge disciplina la partecipazione gestionale, economica e finanziaria, organizzativa e consultiva dei lavoratori alla gestione, all’organizzazione, ai profitti e ai risultati nonché alla proprietà delle aziende e individua le modalità di promozione e incentivazione delle suddette forme di partecipazione, in attuazione dell’articolo 46 della Costituzione e nel rispetto dei principi e dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea e internazionale, al fine di rafforzare la collaborazione tra i datori di lavoro e i lavoratori, di preservare e incrementare i livelli occupazionali e di valorizzare il lavoro sul piano economico e sociale. Introduce altresì norme finalizzate all’allargamento e al consolidamento di processi di democrazia economica e di sostenibilità delle imprese».
Una legge «storica», che non mortifica la contrattazione, bensì ne esalta il ruolo, come ha precisato la Segretaria generale della CISL Daniela Fumarola. Sulla base di una tale legge, la stessa CISL si è mossa a stringere accordi in tutte le aziende disponibili. Le modifiche apportate dal Parlamento rispetto al testo originario della proposta CISL non ne hanno stravolta la fisionomia di base. Restano integri i capisaldi originali, con il riconoscimento delle quattro forme di partecipazione: organizzativa, gestionale, economico-finanziaria e consultiva. Si valorizza la contrattazione collettiva come leva fondamentale per accordi partecipativi costruiti dal basso, nei luoghi di lavoro, incoraggiati da incentivi economici alimentati da un Fondo dedicato alla partecipazione. La legge si applicherà a tutte le aziende anche quelle partecipate. È stato preservato il diritto soggettivo alla formazione per i lavoratori con il forte coinvolgimento degli enti bilaterali, dei fondi interprofessionali e del Fondo Nuove Competenze per diffondere la partecipazione nelle piccole e medie imprese.[27]
A riguardo rimane per i sindacati e le varie agenzie educative e sociali, compresi gli Uffici di Pastorale sociale delle Diocesi, un notevole impegno nell’informazione, nella formazione dei quadri e nell’accompagnamento della promettente sperimentazione della partecipazione in un conteso in cui si è chiamati a valorizzare gli aspetti meravigliosi dell’intelligenza artificiale, che diventerà sempre più importante, senza però che le persone siano considerate degli algoritmi.[28] Le persone non sono algoritmi. Perciò si ha il dovere di orientare la ricerca tecnico-scientifica e la sua applicazione al servizio dello sviluppo integrale dell’uomo e del bene comune.
- La Nota «Antiqua et nova»
Al fine di rendere più pregnante e performante, nel contesto delle nuove tecnologie dell’intelligenza artificiale, il significato dell’espressione «il lavoro è partecipazione»,[29] sono certamente essenziali le riflessioni di papa Francesco, espresse sia in vari interventi ma specialmente nel Messaggio per la 57.a Giornata Mondiale per la pace 1° gennaio 2024.
In vista di un contributo benefico al futuro dell’umanità e alla pace tra i popoli, al mondo del lavoro, da parte dello sviluppo dell’intelligenza artificiale occorre sì: a) che chi progetta algoritmi e tecnologie digitali si impegni ad agire in modo etico e responsabile; b) inoltre, che siano istituiti organismi incaricati di esaminare le questioni etiche emergenti e di tutelare i diritti di quanti utilizzano forme di intelligenza artificiale o ne sono influenzati; c) ma, soprattutto, è imprescindibile un’adeguata formazione morale alla responsabilità per il suo sviluppo; d) nonché la promozione di un pensiero critico.[30]
I criteri fondamentali che devono stare alla base dello sviluppo di nuove tecnologie e che ne valutano la bontà dell’impiego sono, secondo papa Francesco: la dignità intrinseca di ogni persona,[31] la fraternità, la giustizia sociale, il bene comune, la pace: «La dignità intrinseca di ogni persona e la fraternità che ci lega come membri dell’unica famiglia umana – scrive il pontefice – devono stare alla base dello sviluppo di nuove tecnologie e servire come criteri indiscutibili per valutarle prima del loro impiego, in modo che il progresso digitale possa avvenire nel rispetto della giustizia e contribuire alla causa della pace. Gli sviluppi tecnologici che non portano a un miglioramento della qualità di vita di tutta l’umanità, ma al contrario aggravano le disuguaglianze e i conflitti, non potranno mai essere considerati vero progresso».[32]
Ecco alcuni tratti significativi del pensiero sociale di papa Francesco sullo sviluppo dell’intelligenza artificiale, sui criteri per valutarne i progressi, gli impieghi ed anche le manipolazioni o le strumentalizzazioni. Essi sono particolarmente utili per istituire un approccio cognitivo, interpretativo, valutativo, pratico-progettuale rispetto allo sviluppo delle nuove tecnologie. Il suddetto approccio esige un dialogo interdisciplinare. Nelle riflessioni del magistero sociale del pontefice si viene sollecitati a guardare all’intelligenza artificiale con l’utilizzo di più scienze ma non in maniera meramente eclettica, bensì riconducendo ad unità i vari saperi entro l’orizzonte di uno sguardo più che razionale, teologico. A questo tipo di sapere teorico-pratico, ossia un sapere sapienziale, ci introduce anche l’importante Nota che papa Francesco ha approvato nell’ultimo tratto della sua esistenza terrena, il 14 gennaio 2025, poco prima di lasciare questa terra. Si tratta di Antiqua et Nova: sul rapporto tra intelligenza artificiale e intelligenza umana, frutto della collaborazione di due Dicasteri: il Dicastero per la Dottrina della Fede e il Dicastero per la Cultura e l’Educazione. La Nota sopracitata, ad una prima lettura, appare ben articolata. Dopo l’Introduzione e la spiegazione dell’espressione «intelligenza artificiale», si trova un capitolo sull’intelligenza nella tradizione filosofica e teologica. Spiegato il ruolo dell’etica nel guidare lo sviluppo e l’uso dell’IA vengono affrontate, in una utile scaletta, alcune questioni specifiche come: l’IA e le relazioni umane, IA economia e lavoro, IA e sanità, IA e educazione, IA disinformazione deepfake e abusi; IA, privacy e controllo; IA e protezione della casa comune; IA e guerra, IA e rapporto dell’umanità con Dio. Importante la riflessione finale e il rimando alla vera sapienza. «Solo dotandoci di uno sguardo spirituale, solo recuperando una sapienza del cuore, possiamo leggere e interpretare la novità del nostro tempo» (n. 114).
- Leone XIV
Il nuovo pontefice Leone XIV, nel suo Discorso al Collegio Cardinalizio del 10 maggio 2025, ringraziando e spiegando il motivo della scelta del nome del pontefice, che ha scritto la nota enciclica Rerum novarum, ha accennato al fatto che la Chiesa è oggi chiamata ad offrire, al pari del suo illustre predecessore, il suo patrimonio di dottrina sociale, per rispondere agli sviluppi dell’intelligenza artificiale, che comportano nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro. Una simile affermazione ha fatto dire ad alcuni osservatori che, con molta probabilità, Leone XIV affronterà la nuova questione sociale, relativa all’intelligenza artificiale, con qualche suo importante pronunciamento. Evidentemente, il nuovo pontefice, com’è abitudine dei suoi predecessori, si riallaccerà all’insegnamento del suo immediato predecessore papa Francesco.
In breve, l’intelligenza artificiale costituirà, di qui in avanti, una delle frontiere che richiederà costante attenzione e impegno. Non serviranno solo leggi di regolamentazione, ma in particolare lo studio dei problemi, formazione dei quadri dell’associazionismo, dei lavoratori oltre che degli imprenditori, cultura umanista e sapienziale, che presuppone l’unità tra fede e ragione. Occorrono, pertanto, un nuovo pensiero e una nuova progettualità. Come ha informato recentemente Confartigianato Cesena (20 settembre 2025), il lavoro c’è, ma mancano i lavoratori. È un paradosso che sta diventando emergenza nazionale. Nel 2024, infatti, il 59,2% dei lavoratori artigiani richiesti è risultato introvabile, con difficoltà crescenti per le micro e piccole imprese. A mancare sono soprattutto le competenze per affrontare le nuove sfide tecnologiche e ambientali. L’artigianato è il motore del Made in Italy, aggiunge la comunicazione della Confartigianato Cesena e, quindi, serve un investimento serio nella formazione, nell’orientamento dei giovani e nelle politiche attive del lavoro, per non sprecare un patrimonio economico e culturale che tutto il mondo ci invidia.[33]
+ Mario Toso
[1] Università della terza età di cesana aps- Associazione “benigno zaccagnini di cesena aps, Giovanni Maroni (1935-2018), Atti del Convegno (Cesena- 21 novembre 2023), Editrice Stilgraf, Cesena 2025.
[2] Cf ib., p. 73.
[3] Cf R. Pinza, Uomo di speranza, in Giovanni Maroni (1935-2018), p. 23. P. Grassi, Tra storia e politica, p. 19.
[4] Cf P. Grassi, Tra storia e politica, p. 19.
[5] Cf ib., 18-19.
[6] Cf su questo: Documento preparatorio della 50asettimana sociale dei cattolici in italia. Al cuore della democrazia#PartecipareTraStoriaeFuturo, Trieste (3-7 luglio 2024); Comitato scientifico e organizzatore delle settimane sociali dei cattolici in italia (a cura), Al cuore della democrazia, Atti della 50.a Settimana sociale dei cattolici in Italia, Il Mulino, Bologna 2025.
[7] Cf Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2013, (=EG)
[8] Cf G. Venturi, «Saper fare da tramite», in Giovanni Maroni (1935-2018), Atti del Convegno (Cesena- 21 novembre 2023), Editrice Stilgraf, Cesena 2025, pp. 5357.
[9] Cf Francesco, Evangelii gaudium, n. 192. Gli aggettivi adoperati da papa Francesco sono diventati i fulcri generatori della riflessione della 48aSettimana sociale dei Cattolici italiani (Cagliari, 26-29 0tt0bre 2017. Il saggio di F. Occhetta, Il lavoro promesso: libero, creativo, partecipativo e solidale, Àncora/La Civiltà Cattolica, Milano 2017, con i suoi approfondimenti, aiuta a compiere un cammino nel complesso mondo del lavoro di un decennio fa, per ripensare la formazione del lavoratore e aiutarlo a trovare lavoro.
[10] Quest’ultima espressione si incontra nel volume: J. M. Bergoglio, Noi come cittadini. Noi come popolo. Verso un bicentenario in giustizia e solidarietà. 2010-2016, con presentazione di M. Toso, Libreria Editrice Vaticana-Jaca Book, Città del Vaticano-Milano 2013, p. 31. Per una visione più aggiornata sul pensiero di papa Francesco sulla democrazia si legga: M. Toso, Chiesa e democrazia, Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa, Roma 20252.
[11] Per una visione unitaria dei diritti, nonché per una riflessione articolata sull’importanza dei diritti sociali, si veda L. Ferrajoli, Dei diritti e delle garanzie. Conversazione con M. Barberis, Il Mulino 2013.
[12] Cf, ad esempio, Z. Bauman, Il demone della paura, Editori Laterza-Gruppo Editoriale L’Espresso Spa, Roma-Bari-Roma 2014, p. 48. Sul rapporto tra democrazia e libertà si veda: M. TOSO, Democrazia e libertà. Laicità oltre il neoilluminismo postmoderno, LAS, Roma 2006.
[13] Secondo papa Francesco, affinché il primato della politica sia ristabilito, è necessario il superamento delle dottrine economiche neoliberiste, che conferiscono ai mercati e, di conseguenza, alla speculazione finanziaria un’autonomia assoluta, che li rende indipendenti dai controlli statali. Tali dottrine, che godono di grande popolarità, affermano che i mercati e la speculazione produrrebbero automaticamente la ricchezza delle Nazioni, ricchezza per tutti, con il funzionamento spontaneo delle loro regole, quando non vengono intralciati da interventi regolatori e «sussidiari» da parte degli Stati e degli altri soggetti sociali, volti a orientarli al bene comune (cf EG n. 56). [13]Secondo papa Francesco le cose non stanno in questi termini. Le teorie della “ricaduta favorevole”, che presuppongono che ogni crescita economica, favorita dal libero mercato, riesce a produrre di per sé una maggiore equità e inclusione sociale nel mondo, non sono mai state confermate dai fatti, ed esprimono una fiducia grossolana e ingenua nella bontà di coloro che detengono il potere economico e nei meccanismi sacralizzati del sistema economico imperante (cf EG n. 54).[13] Occorre abbandonare definitivamente la teoria economica della «mano invisibile»: «Non possiamo più confidare nelle forze cieche e nella mano invisibile del mercato. La crescita in equità (ecco ciò a cui bisogna puntare) esige qualcosa di più della crescita economica, benché la presupponga, richiede decisioni, programmi, meccanismi e processi specificamente orientati a una migliore distribuzione delle entrate, alla creazione di opportunità di lavoro, a una promozione integrale dei poveri che superi il mero assistenzialismo» (EG n. 204).
Con queste affermazioni, il pontefice si oppone ai sostenitori della bontà automatica della globalizzazione sregolata dell’economia e della finanza, secondo i quali essa avrebbe di fatto favorito la crescita economica di diversi Paesi, ad esempio dei BRICS.[13] Egli ritiene di dover dissentire non con tutti i neoliberisti, ma con quelli più radicali, perché non tengono in conto che lo sviluppo di un Paese non dev’essere solo economico e ottenuto in qualsiasi maniera, anche a costo della giustizia, senza rispettare i diritti dei lavoratori e senza promuovere il progresso sociale. Se la globalizzazione dell’economia ha prodotto ricchezza e crescita economica per alcuni, bisogna sempre domandarsi se ciò è avvenuto secondo giustizia e non abbia causato nuove sacche di povertà e di diseguaglianza. La ricchezza non va solo prodotta. Occorre sia anche equamente redistribuita. L’istruzione e il lavoro sono elementi chiave sia per lo sviluppo e la giusta distribuzione dei beni sia per il raggiungimento della giustizia sociale. Visioni che pretendono di aumentare la redditività, a costo della restrizione del mercato del lavoro che crea nuovi esclusi, non sono conformi ad una economia a servizio dell’uomo e del bene comune, ossia del bene di tutti! Non ci può essere vera crescita senza lavoro per tutti. Secondo papa Francesco, la dignità di ogni persona e il bene comune sono questioni che devono strutturare tutta la politica economica e non essere considerate come mere appendici. Essi debbono costituire la base dei programmi che mirano a un autentico sviluppo integrale (cf EG n. 203).
In sostanza, per il pontefice, non si tratta di sottodimensionare l’economia e la finanza – il che sarebbe assurdo – bensì di umanizzarle e di finalizzarle al bene comune della famiglia umana. La Chiesa non condanna l’economia di mercato, le Borse, il profitto, la concorrenza e la speculazione in sé. Domanda, piuttosto, che siano tutelati, promossi e posti al servizio dell’uomo e di tutti i popoli (cf CIV n. 65).
[14] Con questo orientamento, il pontefice si pone chiaramente in continuità con il magistero di Benedetto XVI, il quale, proprio agli inizi della grande crisi finanziaria ed economica che, a partire dal 2008, colpì molti Stati, aveva ripetutamente sollecitato la riforma dell’architettura economica e finanziaria internazionale, congiuntamente a quella dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, perché si potesse dare reale concretezza al concetto di famiglia di Nazioni. Papa Ratzinger, a fronte di problemi globali, sollecitava istituzioni globali, ovvero l’adeguazione delle istituzioni internazionali e, più precisamente, la presenza di una vera Autorità politica mondiale, quale era stata già tratteggiata dal suo predecessore Giovanni XXIII, ora santo. «Una simile Autorità – scriveva Benedetto XVI − dovrà essere regolata dal diritto, attenersi in modo coerente ai principi di sussidiarietà e di solidarietà, essere ordinata alla realizzazione del bene comune, impegnarsi nella realizzazione di un autentico sviluppo umano integrale ispirato ai valori della carità nella verità. Tale Autorità, inoltre, dovrà essere da tutti riconosciuta, godere di potere effettivo per garantire a ciascuno la sicurezza, l’osservanza della giustizia, il rispetto dei diritti. Ovviamente, essa deve godere della facoltà di far rispettare dalle parti le proprie decisioni, come pure le misure coordinate adottate nei vari fori internazionali. In mancanza di ciò, infatti, il diritto internazionale, nonostante i grandi progressi compiuti nei vari campi, rischierebbe di essere condizionato dagli equilibri di potere tra i più forti. Lo sviluppo integrale dei popoli e la collaborazione internazionale esigono che venga istituito un grado superiore di ordinamento internazionale di tipo sussidiario per il governo della globalizzazione e che si dia finalmente attuazione ad un ordine sociale conforme all’ordine morale e a quel raccordo tra sfera morale e sociale, tra politica e sfera economica e civile che è già prospettato nello Statuto delle Nazioni Unite» (Caritas in veritate [=CIV] n. 67).
[15] Francesco, Discorso ai membri del Consiglio dei capi esecutivi per il coordinamento delle Nazioni Unite, in «L’Osservatore romano» (sabato 10 maggio 2014), p. 7.
[16] Francesco, Spes non confundit, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2024.
[17] Cf Francesco, Discorso alla Sessione del G7 sull’intelligenza artificiale (14 giugno 2024).
[18] Cf C. Rhodes, Il capitalismo Woke. Come la moralità aziendale minaccia la democrazia, Fazi Editore, Torino 2023. Questo è un testo fondamentale per comprendere una delle tendenze politiche ed economiche più rilevanti dei nostri tempi. Secondo l’Autore il suo libro è un invito ad opporre resistenza al capitalismo woke e a non farsi ingannare.
[19] Il problema del debito affligge in particolare molti Paesi del sud globale. Affligge milioni di famiglie e di persone nel mondo. Parlando della crisi del debito, papa Francesco, il 5 giugno 2024 ebbe a dire: «Ai popoli non serve un finanziamento qualsiasi, ma quello che implica una responsabilità condivisa tra chi lo riceve e chi lo concede. Il beneficio che questo può apportare a una società dipende dalle sue condizioni, da come viene usato e dagli ambiti in cui si risolvono le crisi dei debiti che possono prodursi. Dopo una globalizzazione mal gestita, dopo la pandemia e le guerre, ci troviamo di fronte a una crisi del debito che colpisce soprattutto i Paesi del sud del mondo, generando miseria e angoscia, e privando milioni di persone della possibilità di un futuro dignitoso. Di conseguenza, nessun governo può esigere moralmente dal suo popolo che subisca privazioni incompatibili con la dignità umana. Per cercare di rompere il circolo finanziamento-debito sarebbe necessaria la creazione di un meccanismo multinazionale, basato sulla solidarietà e sull’armonia tra i popoli, che tenga conto del significato globale del problema e delle sue implicazioni economiche, finanziarie e sociali. L’assenza di tale meccanismo favorisce il “si salvi chi può”, dove a perdere sono sempre i più deboli» (Francesco, Discorso ai partecipanti all’Incontro “Debt Crisis in the Global South”, 5 giugno 2024).
[20] In generale, il debito ecologico fa riferimento, in termini di obbligazione e responsabilità, a quanto i Paesi industrializzati, o Nord del mondo, hanno accumulato nei confronti dei Paesi in via di sviluppo, o Sud del mondo, per aver sfruttato le loro risorse naturali e aver contribuito in modo determinante al loro degrado ambientale e sociale. Su questo ha scritto l’enciclica Laudato sì’ (cf nn. 51-52) come anche l’esortazione apostolica Laudate Deum (4 ottobre 2023), che ha evidenziato sia la debolezza della politica internazionale sia i progressi e i fallimenti delle Conferenze sul clima.
[21] E, in tutto questo, l’Europa, impegnata a sostenere l’Ucraina nella guerra contro la Russia, popolata dalla rinascita di nazionalismi esasperati, e incapace di costituire un’entità autonoma e politicamente unita, che ruolo svolge? Secondo lo storico francese Emmanuel Todd, essa si presenta, di fronte ai cambiamenti globali in atto, come un continente che non è più in grado di reggere le sfide e di esprimere un ruolo importante. Sta andando alla deriva. L’Occidente – che è stato culla di una grande civiltà – appare indebolito, avviato all’autodistruzione, a causa del declino demografico, delle strutture familiari, della scomparsa della religione e del trionfo del nichilismo in ogni aspetto della vita sociale. Dopo l’eventuale pace che sarà siglata tra Ucraina e Russia, l’Europa vedrà più lucidamente lo stato del proprio sfacelo, la sconfitta della propria civiltà in frantumi (cf La sconfitta dell’Occidente, Fazi Editore, Roma 2024). Tutto questo avverrà, a patto che non vi sia un sussulto dei popoli europei, una loro mobilitazione più convinta, più seria, e, quindi, più pensata, più preparata anche dal basso, con la partecipazione delle società civili, delle comunità religiose, della cultura, dei parlamenti.
[22] Cf D. Acemoglu-S. Johnson, Potere e progresso. La nostra lotta millenaria per la tecnologia e la prosperità, Il Saggiatore, Milano 2023.
[23] La legge approvata si propone di creare un sistema di governance per l’intelligenza artificiale basato su principi antropocentrici (dignità umana), trasparenza e responsabilità. La disciplina persegue una duplice finalità: da un lato promuove un utilizzo corretto e trasparente delle tecnologie IA, dall’altro garantisce vigilanza sui rischi economici e sociali e sull’impatto sui diritti fondamentali. Le norme si applicano conformemente al Regolamento UE 2024/1689 (AI Act), inserendosi negli aspetti non espressamente coperti dalla normativa europea o rimessi alla disciplina dei singoli Stati membri. Il provvedimento si articola in sei capitoli principali. Il primo stabilisce principi fondamentali come il rispetto dei diritti fondamentali, trasparenza, non discriminazione e sicurezza. Il secondo disciplina l’applicazione dell’IA in settori specifici: sanità, lavoro, pubblica amministrazione e attività giudiziaria. Particolare rilevanza assume la governance nazionale: l’Agenzia per l’Italia digitale (AgID) e l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (ACN) sono designate come autorità nazionali per l’intelligenza artificiale, con competenze rispettivamente di notifica e promozione dell’innovazione la prima, di vigilanza del mercato e cybersicurezza la seconda.
[24] Cf A. Berrini, L’odierno scenario economico internazionale: non solo dazi, saggio del maggio 2025.
[25] Cf Francesco, Intelligenza artificiale e pace. Messaggio per la 57aGiornata Mondiale della Pace (1° gennaio 2024), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2023
[26] Cf Francesco, Discorso alla Sessione del G7 sull’intelligenza artificiale (14 giugno 2024).
[27] Cf Francesco Riccardi, Intervista alla Segretaria Generale Daniela Fumarola, in «Avvenire», giovedì 15 maggio 2025, p. 10.
[28] Su questo si legga P. Benanti, Tecnologia per l’uomo. Cura e innovazione, Edizioni san Paolo, Milano 2021; ID., L’uomo è un algoritmo? Edizioni Castelvecchi, Roma 2025.
[29] Su questo può tornare utile la lettura del volumetto collettaneo Lavoro è partecipazione. Il contributo dei cattolici alla democrazia, a cura del Settore pastorale Sociale della Diocesi di Faenza-Modigliana, Edizioni delle Grazie, Faenza 2024.
[30] Papa Francesco afferma: «L’educazione all’uso di forme di intelligenza artificiale dovrebbe mirare soprattutto a promuovere il pensiero critico. È necessario che gli utenti di ogni età, ma soprattutto i giovani, sviluppino una capacità di discernimento nell’uso di dati e contenuti raccolti sul web o prodotti da sistemi di intelligenza artificiale. Le scuole, le università e le società scientifiche sono chiamate ad aiutare gli studenti e i professionisti a fare propri gli aspetti sociali ed etici dello sviluppo e dell’utilizzo della tecnologia» (n.7).
[31] «Il rispetto fondamentale per la dignità umana – si legge nel Messaggio – postula di rifiutare che l’unicità della persona venga identificata con un insieme di dati. Non si deve permettere agli algoritmi di determinare il modo in cui intendiamo i diritti umani, di mettere da parte i valori essenziali della compassione, della misericordia e del perdono o di eliminare la possibilità che un individuo cambi e si lasci alle spalle il passato» (n. 5).
[32] Francesco, Intelligenza artificiale e pace. Messaggio per la 57aGiornata Mondiale della Pace (1° gennaio 2024), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2023, n.2.
[33] Cf https://www.cesenatoday.it/economia/confartigianato-manca-lavoro.html
