[ott 04] Intervento – Dal Compendio della Dottrina sociale della Chiesa al Magistero sociale di Leone XIV: Liturgia e Intelligenza artificiale

04-10-2025

Verona, 4 ottobre 2025.

 

Premessa

Da tempo si va ribadendo la necessità dell’aggiornamento del Compendio,[1] che è stato pubblicato nel 2004 e che, pertanto, richiederebbe, in un’eventuale revisione, l’inclusione del magistero sociale seguente, sino agli ultimi interventi di papa Francesco, non esclusi i più rilevanti dell’inizio pontificato di papa Leone XIV. Di questo pontefice è stata annunciata la prossima pubblicazione di una lettera apostolica intitolata Dilexit te. Sull’Amore verso i poveri. La data di presentazione sembra prevista per il prossimo 9 ottobre.

Già si sono avuti degli incontri anche da parte del comitato scientifico della Rivista «La Società» per riflettere sull’adeguamento del Compendio e della stessa Dottrina sociale della Chiesa (=DSC) rispetto alle res novae. In questa occasione del 4 ottobre 2025 mi permetto di segnalare almeno due nuclei tematici, che meritano una particolare attenzione da parte dei cultori della DSC, per renderla meno incompiuta rispetto alla sua missione e alla sua testimonianza, alla sua sperimentazione.

Nel Compendio, ciò che meriterebbe di essere maggiormente lumeggiato e sviluppato, specie dopo il magistero sociale di papa Benedetto XVI e di papa Francesco, è relativo innanzitutto, secondo chi scrive, alla costitutiva dimensione liturgica dell’evangelizzazione del sociale e della vocazione alla secolarità cristiana. Collocata nell’interno della vitalità della Chiesa, connessa alla sua missione, la vocazione al sociale del cristiano – innestato nella vite, Cristo, come il tralcio -, assume la linfa e acquisisce le venature della «liturgia della vita». Anche la nuova evangelizzazione del sociale passa dalla liturgia alla vita. Infatti, essa ha le sue sorgenti nella vita battesimale e nella novità di vita che è Cristo redentore, accolto, vissuto, celebrato, annunciato e testimoniato. Di qui la novità cristiana e il rinnovamento dello slancio missionario, che alimenta la vocazione alla secolarità cristiana. La temperies e il vigore dinamico di questa vocazione si nutrono in particolare nell’Eucaristia, che rassoda la missione e la responsabilità dei laici nella Chiesa e nel mondo.

La liturgia della vita, per natura sua, riallaccia il momento celebrativo all’esistenza del fedele, e viceversa.

La liturgia della vita porta, naturalmente, a un continuo rinnovamento nell’evangelizzare, a seconda dei contesti storici. Di più: il rinnovamento insito nell’evangelizzazione del sociale porta alla conversione sia dei singoli, sia delle comunità, sia delle culture, sia delle istituzioni, non escluse le strutture di peccato.[2]

Il rinnovamento dell’evangelizzazione sfocia nella continua presa di coscienza del proprio stato di vita, del radicamento in Cristo, delle esigenze del Vangelo. La Chiesa evangelizza il sociale a partire dalla conversione della coscienza personale, e insieme collettiva, delle persone. L’evangelizzazione, protesa al rinnovamento del sociale, rende coscienti i soggetti ecclesiali, in particolare i fedeli laici e le loro associazioni ecclesiali, relativamente ai loro munera, ministeria, dona. In breve, è nella partecipazione alla vita di Cristo, che ricapitola in sé tutte le cose, che i laici scoprono lo stato della loro vita, la loro missione. La secolarità della Chiesa e del cristiano continua quella di Cristo, che incarnandosi nell’umanità la protende ad essere un inno di lode, un atto di culto in Spirito e Verità. I cristiani sono chiamati ad incarnarsi nel mondo e, quindi, a non vivere separati da esso, ma a non immischiarsi con il suo male (cf Gv 17,15).

Un altro tema che la DSC di oggi richiede sia ulteriormente evangelizzato ed umanizzato, in modo da proporlo e sperimentarlo come luogo di costruzione del Regno di Dio è senza dubbio quello dell’intelligenza artificiale, che è già stato sottoposto ad un primo discernimento evangelico, ma che necessita di nuovi approcci perché si tratta di una res nova in continua crescita. In queste brevi riflessioni limiteremo l’attenzione sulla intelligenza artificiale con riferimento al mondo del lavoro, evidenziando che, se occorrono leggi, sono più necessari studio e cultura. La sfida rappresentata dall’IA riguarda sì i giovani ma soprattutto gli adulti, che devono essere educati all’IA, perché non basta essere immersi e coinvolti in un nuovo mondo tecnologico per capirlo. Imprenditori e politici spesso non sono preparati.

  1. Aggiornamento del «Compendio» e liturgia

Analizzando il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa pubblicato nel 2004 dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, alcuni studiosi hanno espresso un sostanziale giudizio negativo sulla presentazione, l’uso e l’assenza della liturgia all’interno del testo.[3] Questa presa di posizione, che ritiene il Compendio come un’«occasione perduta», si concentrata su due direttrici di analisi: cogliere le assenze e rimarcare l’insufficienza dei riferimenti alla liturgia all’interno del testo. In poche parole, secondo gli studiosi menzionati, all’interno del Compendio, mancano molti riferimenti alla liturgia e quando sono presenti – è facile documentarli -, sono riduttivi e/o non colgono l’importanza della dimensione liturgica.

Si prenda, come esempio, qualche titolo dell’articolo di Petrà:[4] «la limitatissima presenza del linguaggio liturgico nell’indice analitico»;[5] «le rare citazioni di documenti magisteriali sulla liturgia»;[6] «Compendio ed Eucaristia: un’occasione perduta».[7]

Dello stesso tono è la riflessione affidata all’Editoriale non firmato della «Rivista liturgica» in cui si trovano le affermazioni appena citate:

«Il Compendio – vi si legge – è un esempio eloquente di come la realtà liturgico-sacramentale non sia ritenuta tale da offrire una sintesi costruttiva nell’intimo della persona. I vari riferimenti al culto che il testo offre appaiono più sulla lunghezza d’onda del locus theologicus che non come la prospettiva della dottrina sociale quale locus liturgicus che se, da una parte, rinvia a quella liturgia della vita di cui parla Paolo in Rm 12,1, dall’altra invita a considerare la dimensione cultuale per quello che effettivamente è: l’espressione simbolica di una vita di fede chiamata a operare nel sociale».[8]

Che dire?

Pur riconoscendo che i riferimenti alla liturgia non sono molti, ciò non esclude che il Compendio, documento che illustra le linee fondamentali della DSC e la relazione di quest’ultima con la nuova evangelizzazione, non ne presupponga altri e nel suo aggiornamento futuro, connesso con lo sviluppo della missione della Chiesa nei vari contesti storici, non ne possa accogliere altri, con il coinvolgimento di validi liturgisti nella preparazione dei documenti sociali.

Ciò che deve guidare nella valutazione dell’attuale Compendio e, eventualmente, di altri Compendi futuri, richiesti dal susseguirsi dei vari documenti pontifici ed ecclesiali relativamente alle res novae, è che essi sono espressione della missione evangelizzatrice della Chiesa. L’insegnamento e la diffusione della dottrina sociale fanno parte della sua missione.[9] Ne sono un elemento essenziale, non facoltativo. In quanto tali non possono essere considerati staccati dalla comunità ecclesiale, dal suo accogliere Cristo, dal viverlo, dal celebrarlo, dall’annunciarlo e dal testimoniarlo. Il compito di evangelizzare il sociale scaturisce dall’essere in comunione con Cristo e la sua missione.

La Chiesa, che è in relazione col mondo, in un dare e ricevere incessante, afferma la costituzione pastorale Gaudium et spes, «ha di mira un solo fine: che venga il regno di Dio e si realizzi la salvezza dell’intera umanità. Tutto ciò che di bene il popolo di Dio può offrire all’umana famiglia, nel tempo del suo pellegrinaggio terreno, scaturisce dal fatto che la Chiesa è “l’universale sacramento della salvezza” che svela e insieme realizza il mistero dell’amore di Dio verso l’uomo. Infatti, il Verbo di Dio, per mezzo del quale tutto è stato creato, si è fatto egli stesso carne, per operare, lui, l’uomo perfetto, la salvezza di tutti e la ricapitolazione universale. Il Signore è il fine della storia umana, “il punto focale dei desideri della storia e della civiltà”, il centro del genere umano, la gioia d’ogni cuore, la pienezza delle loro aspirazioni. Egli è colui che il Padre ha risuscitato da morte, ha esaltato e collocato alla sua destra, costituendolo giudice dei vivi e dei morti. Vivificati e radunati nel suo Spirito, come pellegrini andiamo incontro alla finale perfezione della storia umana, che corrisponde in pieno al disegno del suo amore: “Ricapitolare tutte le cose in Cristo, quelle del cielo come quelle della terra” (Ef 1,10). Dice il Signore stesso: «Ecco, io vengo presto, e porto con me il premio, per retribuire ciascuno secondo le opere sue. Io sono l’alfa e l’omega, il primo e l’ultimo, il principio e il fine” (Ap 22,12-13)».[10]

Perché si può dire che il Compendio non è stata un’«occasione perduta» nel continuo confronto fra Dottrina sociale della Chiesa e Liturgia? Innanzitutto, perché nel testo vi sono riferimenti ai sacramenti, all’Eucaristia.[11] Sia perché nel proprio stile, rispettando la propria finalità, questo «strumento» di evangelizzazione della Chiesa non mirava a trattare le tematiche sociali con un approccio specificamente ed esclusivamente “liturgico”, ma neanche lo escludeva, come si può evincere dai vari riferimenti ai sacramenti, all’Eucaristia, sebbene limitati. Si tenga, poi, presente che nell’elaborazione del Compendio, si sono fatti, rispetto alla precedente DSC, vari progressi nell’evidenziarne le dimensioni bibliche, teologiche, cristologiche, patristiche, antropologiche, solo per citarne alcune. Nulla, dunque, esclude che in futuro siano possibili ulteriori sviluppi.

Nell’approfondimento delle radici della DSC, con ricadute positive sulla sua dimensione liturgica, spirituale, pastorale, sperimentale, non vi è nulla di precluso. La DSC si presenta come un «cantiere» sempre aperto, in cui la verità perenne penetra e permea la novità contingente.[12]

Infatti, la sintesi di DSC, riscontrabile nel Compendio attuale, elaborata ai tempi di Giovanni Paolo II,[13] e non ancora aggiornata, è stata la base e il punto di avvio dello sviluppo apportato da papa Benedetto XVI e dal suo successore papa Francesco.

 

2.1. Ratzinger e il «fondamento» liturgico della Carità

Prima dell’elezione al soglio petrino, il cardinale Ratzinger, fra i molteplici libri scritti, ha dedicato molto tempo della sua ricerca alla teologia liturgica: ne è espressione il volume XI dell’Opera omnia, Teologia della Liturgia. La fondazione sacramentale dell’esistenza cristiana.[14]

In questa immensa miniera, mi preme evidenziare solo un punto fondamentale sviluppato successivamente a livello magisteriale con l’elezione a Vescovo di Roma.

Nel famoso primo capitolo di Introduzione allo spirito della liturgia[15] l’analisi dell’Esodo e delle motivazioni per cui il Popolo è chiamato ad uscire dall’Egitto, portano Ratzinger a riconoscere una «essenziale connessione interna» fra culto, diritto ed ethos:

«Si vede – egli scrive – che il “culto”, inteso nella sua vera ampiezza e profondità, va ben oltre l’azione liturgica. Esso, in definitiva, abbraccia l’ordinamento dell’intera vita umana, nel senso delle parole di Ireneo: l’uomo diventa glorificazione di Dio, lo mette per così dire in luce (e questo è culto), se vive del guardare verso di Lui. D’altra parte, è vero che diritto ed ethos non restano uniti, se non sono ancorati nella centralità della liturgia e non traggono da essa ispirazione».[16]

Questa unità profonda fra culto, diritto, ethos, porta a riconoscere la centralità della fede e della liturgia come orientamento fondamentale dell’uomo che permette e garantisce una giusta relazione con gli altri uomini (fraternità) e con il creato (ecologia integrale).

Non solo, ma il lasciarsi orientare dall’azione stessa di Dio (opus Dei) che si attua nella liturgia promuove in maniera unica queste due condizioni dell’esistenza umana (fraternità – ecologia integrale), purificandole dalle pretese individualiste e auto-centrate che vorrebbero appiattire solo (o soprattutto) sulla dimensione orizzontale la vita cristiana:

 

«Questo significa che soltanto se il rapporto con Dio è giusto, anche tutti gli altri rapporti dell’uomo – le sue relazioni con gli altri e il suo comportamento verso il creato – possono essere in ordine».[17]

Questa connessione profonda, seppur in maniera diversa, la troviamo quando nella prima Enciclica da pontefice papa Ratzinger argomenta la sostanziale unità fra annuncio-celebrazione-carità, escludendo che l’azione della Chiesa, a favore del mondo, sia una mera espressione esterna, secondaria, della propria missione:

«L’intima natura della Chiesa si esprime in un triplice compito: annuncio della Parola di Dio (kerygma-martyria), celebrazione dei Sacramenti (leiturgia), servizio della carità (diakonia). Sono compiti che si presuppongono a vicenda e non possono essere separati l’uno dall’altro. La carità non è per la Chiesa una specie di attività di assistenza sociale che si potrebbe anche lasciare ad altri, ma appartiene alla sua natura, è espressione irrinunciabile della sua stessa essenza».[18]

A mio modo di vedere, qui troviamo il grande fulcro teologico che sarà l’asse portante della Caritas in veritate (=CIV),[19] enciclica dedicata dal pontefice allo «sviluppo umano integrale nella carità e nella verità».[20] Ad una lettura non superficiale ed affrettata della CIV emerge una figura di DSC connotata esistenzialmente, quale espressione della comunità ecclesiale, la cui vita credente, mentre è a servizio di Dio, lo è anche del mondo, in termini di amore e di verità (cf CIV n. 11). La DSC si incentra e si specifica, dunque, sull’asse della carità nella verità, incipit dell’enciclica. Detto diversamente, secondo la CIV, la DSC erompe dall’esperienza di una comunione ferma e perseverantecelebrata e testimoniatacon il pensiero e la volontà, con la vita stessa di Gesù, Salvatore e Liberatore, Dio dal volto umano, Dio dell’«amore sino alla croce» che redime ed allarga l’intelletto e il cuore dell’uomo, fonte di libertà e di nuova cultura. Da quanto detto si può facilmente ricavare che per Benedetto XVI, in linea con la sua teologia della liturgia, la figura della DSC nella CIV trova la sua fondazione cristologica, ecclesiologica, pastorale nella esperienza credente del mistero salvifico di Cristo. Ciò mostra il realismo sacramentale della DSC e dell’esistenza cristiana. Un realismo che non separa la DSC – si pensi che il teologo Chenu sosteneva che la DSC era un velo ideologico che nascondeva Cristo –[21] dal mistero dell’incarnazione, morte e risurrezione di Gesù Cristo e, tantomeno, dal mistero della Trinità, che nel Compendio appare il fondamento originario.[22]

Il suddetto fulcro teologico è anche asse portante dello sviluppo magisteriale di papa Francesco, che non farà che esprimere con un linguaggio maggiormente pastorale e sociale (Laudato si’, Fratelli tutti, Laudate Deum) questa intima connessione essenziale fra comunione con Dio, fraternità fra tutti gli uomini, cura del creato.

«Papa Francesco, sulle orme di papa Benedetto XVI, riconosce che la ragione, da sola, è in grado di cogliere l’uguaglianza tra gli uomini, ma non riesce a fondare la fraternità. […] Come ha spiegato Benedetto XVI nella Caritas in veritate, la fraternità trova la sua origine e, quindi, la sua fondazione più che razionale, a partire «da una vocazione trascendente di Dio Padre, che ci ha amati per primo, insegnandoci per mezzo del Figlio che cosa sia la carità fraterna» (CIV 19).[23]

 

 

2.2. Francesco e il nuovo criterio del discernimento sociale: celebrare

Avendo cura di sgombrare il campo da letture improprie che vorrebbero rileggere la storia della teologia e della DSC nell’ottica della discontinuità, fra i tanti contributi elaborati nel magistero di Francesco, merita qualche attenzione, a giudizio di chi scrive, un elemento di novità emerso con forza nella Laudato si’. Come ho avuto già modo di evidenziare, l’elaborazione dell’espressione «ecologia integrale», da parte di papa Francesco nell’enciclica Laudato sì, è il luogo teologico dove sperimentare l’essenziale intersezione fra dimensione trascendente e dimensione immanente, fra culto e giustizia-ethos, fra liturgia e carità.

 

L’originalità della Laudato si’ erompe dall’esperienza cristiana della ricezione, celebrazione e testimonianza del mistero dell’incarnazione, morte e risurrezione di Gesù Cristo, che assume l’umanità e l’universo per trasfigurarli con il suo Amore, al fine di fare di essi una «creazione nuova».[24]

 

In particolare, emerge dalla struttura stessa della Laudato si’ il metodo proprio della Dottrina sociale della Chiesa che, oltre ai tre momenti vedere, giudicare, agire, sulla scia della teologia latino-americana, mostra, a parere del sottoscritto, l’aggiunta di fatto di un quarto momento: il celebrare.[25]

 

«Il momento del celebrare, elencato per ultimo tra i vari momenti del discernimento sociale non è, però, da ritenersi marginale, alla stregua di un fanalino di coda. In realtà, nel corpo dell’enciclica, un tale momento è centrale e, in un certo modo, originario e originante, strutturante gli altri momenti, perché da esso dipendono l’emergenza e l’importanza degli aspetti più specifici ed innovativi di tutto il discorso sull’ecologia integrale. Nella vita del credente, il momento del celebrare non è solo punto di arrivo della vita, ma anche punto di partenza».[26]

 

Sempre basandosi sul paragrafo 236 di Luadato si’, non solo la liturgia in generale, ma anche l’Eucaristia, in particolare, diventa l’esperienza concreta della realizzazione della ricapitolazione di tutte le cose in Dio, per Cristo, nello Spirito Santo.

 

Nell’Eucaristia sono presenti, grazie a Gesù Cristo e alla sua offerta sacrificale – rinnovata e non reiterata –, un’umanità e un cosmo nei quali Dio è già tutto in essi. […] L’Eucaristia, nella quale il pane e il vino divengono Corpo e Sangue del Signore Gesù Cristo, indica, infatti, la vocazione della materia, dei beni di questo mondo, e dell’opera delle mani dell’uomo, ad essere «transustanziate», ossia la vocazione a servire alla venuta del Regno definitivo, alla comunione totale e compiuta dell’umanità con Dio. Così, l’Eucaristia cuore della Chiesa, nella quale si partecipa al sacrificio di Gesù Cristo, indica la vocazione dell’uomo: «transustanziare», trasformare sé stesso e le realtà terrene, ricapitolando tutto in Cristo; ricondurre l’umanità divisa e dispersa nell’unità della famiglia di Dio; riportare il cosmo alla sua finalità originaria, per cui anch’esso possa rendere lode a Dio.[27]

 

Ancora una volta, emerge la capacità unica dell’atto liturgico di essere una vera sinassi, un’azione capace di ricapitolare (fons et culmen) l’essenza, la vita, l’agire della Chiesa, dei discepoli del Risorto.

 

2.3. Leone XIV: un pontificato all’insegna della Dottrina sociale

Spiegando la scelta del nome, Leone XIV diceva al Collegio cardinalizio:

«Ho pensato di prendere il nome di Leone XIV. Diverse sono le ragioni, però principalmente perché il Papa Leone XIII, con la storica Enciclica Rerum novarum, affrontò la questione sociale nel contesto della prima grande rivoluzione industriale; e oggi la Chiesa offre a tutti il suo patrimonio di dottrina sociale per rispondere a un’altra rivoluzione industriale e agli sviluppi dell’intelligenza artificiale, che comportano nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro».[28]

 

Lasciando da parte i primi studi che analizzano in dettaglio questa continuità significativa, soprattutto nell’approccio dell’attuale magistero pontificio alla questione sociale,[29] qui si vorrebbe prendere in considerazione uno degli ultimi atti di magistero di papa Leone XIV, ovvero l’approvazione del nuovo formulario della Missa pro custodia creationis.[30]

In particolare, colpisce la rinnovata centralità cristologica e pasquale del formulario, che richiamandosi alla liturgia della Veglia pasquale, coglie il nesso inscindibile fra creazione e redenzione:

 

Oremus.

 

Omnípotens sempitérne Deus,

qui in ómnium óperum tuórum

dispensatióne mirábilis,

intéllegant redémpti tui,

non fuísse excelléntius,

quod inítio factus est mundus,

quam quod in fine sæculórum Pascha nostrum

immolátus est Christus.

Qui vivit.[31]

 

 

Collecta

 

Pater,

qui in Christo,

primogénito omnis creatúræ,

univérsa ad exsisténtiam vocásti,

præsta, quǽsumus, ut,

dóciles Spíritus tui spiráculo vitæ,

ópera mánuum tuárum

in caritáte custodiámus.

Per Dóminum.[32]

 

Il nuovo formulario, grazie alla centralità della fede nel primogenito della creazione, per mezzo del quale sono state create tutte le cose, riconosce nella custodia in caritate dell’opera delle mani di Dio (e non dell’uomo), il prolungamento dell’opera redentiva di Cristo.

Per tornare ad un’immagine cara alla spiritualità domenicana, potremmo vedere in questa Colletta l’espressione eucologica del Noli me tangere, del Risorto dipinto dal Beato Angelico nel convento di San Marco a Firenze con la zappa sulle spalle.

Il Risorto continua a lavorare, ovvero continua la creazione.

 

  1. Gli ultimi anni di pontificato di Papa Francesco: il declino della globalizzazione liberista, il capitalismo woke e l’intelligenza artificiale, l’approvazione in Italia della legge n. 76 del 15 maggio 2025 sulla partecipazione, proposta dalla CISL

Negli ultimi anni del pontificato di papa Francesco, lo scenario internazionale è caratterizzato da eventi che finiscono per porre in serie difficoltà la democrazia partecipativa e lo Stato sociale: la terza guerra mondiale a pezzi, il declino della globalizzazione liberista con il conseguente accumulo di sbilanciamenti finanziari e il sorgere del protezionismo, il capitalismo woke,[33] l’indebolimento della multilateralità nei rapporti internazionali per privilegiare l’uso della forza da parte dei blocchi regionali, il forte ritardo nella riforma delle istituzioni internazionali – divenute in taluni casi vere e proprie strutture di peccato – a fronte della crisi del debito estero dei Paesi più poveri[34] sulle cui spalle grava talvolta il peso del debito ecologico dei Paesi più sviluppati,[35] l’indebolimento dell’Europa,[36] la crescita dell’innovazione tecnologica rappresentata dall’intelligenza artificiale con l’urgenza di una sua regolamentazione. L’orizzonte ideologico che guida la nuova rivoluzione nordamericana – tendenzialmente proteso a dominare il mondo – è quello di uno sviluppo incontenibile, in cui il successo costituisce l’unica misura, in cui si è insofferenti di ogni regolamentazione esigente o che non è proveniente dal proprio interno – è emerso chiaramente anche nel Summit AI Action di Parigi (10-11 febbraio 2025). Un tale Summit aveva come obiettivo di sottoscrivere una dichiarazione congiunta tra gli Stati per garantire un’intelligenza artificiale «sicura, efficiente e trasparente» per tutti. Ma, gli Stati Uniti e il Regno Unito, con la scusa che non potevano accettare una regolamentazione troppo restrittiva, dannosa per la loro autonomia, non hanno firmato la dichiarazione, siglata, invece, da 60 Paesi.

Ci si ferma qui a considerare il fenomeno dell’innovazione tecnologica dell’intelligenza artificiale, per non ampliare troppo lo scenario da analizzare e perché è più facile coglierne, con una certa immediatezza, gli effetti sul lavoro e sulla democrazia partecipativa e sociale. L’incremento dell’intelligenza artificiale ha effetti sia positivi sia negativi. Come hanno rilevato alcuni studiosi, il progresso tecnologico, rappresentato dall’intelligenza artificiale, può condurre a un reale benessere sociale e democratico solo a certe condizioni. Ossia a patto che le innovazioni incrementino, da un lato, la produttività del lavoro, creando mansioni complementari alle nuove tecnologie (evitando alti tassi di disoccupazione) e, dall’altro lato, esistano istituzioni, leggi e norme sociali che permettano ai lavoratori di appropriarsi di una parte non insignificante del valore aggiunto generato dalle nuove tecnologie.

Come ha suggerito Alberto Berrini, sulle orme di Daron Acemoglu e Simon Johnson, [37] bisogna che pensiamo il progresso tecnologico come ad un fiume. Non ha alcun senso tentare di bloccarlo per mezzo di dighe: è necessario, piuttosto, indirizzarlo in rotte che favoriscano la collettività, la comunicazione, i vari soggetti sociali (famiglie, imprese, scuola, sindacati, sevizi sociali, sanità, sistema bancario), la partecipazione correttamente informata nei vari organismi, il bene comune e, soprattutto, evitino di danneggiarli.

Le innovazioni tecnologiche creano naturalmente un potere monopolistico difficilmente arginabile dalla sola “mano invisibile” del mercato. Non bisogna dunque avere una fiducia cieca nel progresso tecnico. Su tale progresso, ossia sui proprietari intellettuali, sui gestori dei sistemi e delle forme di intelligenza artificiale, sull’uso dei dati è necessaria una sorveglianza attenta e sapiente. Nella regolamentazione dell’uso dell’intelligenza artificiale è anche decisivo il protagonismo dei parlamenti, dei governi – non a caso, il 17 settembre 2025, il Senato italiano ha approvato, in via definitiva, la legge quadro sullIntelligenza artificiale -,[38] delle organizzazioni politiche e sociali, ma anche di quelle culturali, ai fini dell’orientamento dello sviluppo tecnologico in senso umanista.

A livello macro, è necessario un riequilibrio della tassazione tra capitale e lavoro, attualmente decisamente favorevole al primo, e una maggiore regolamentazione, in particolare sulla proprietà dei dati.

A livello micro è indispensabile dare un qualche potere di intervento dei lavoratori all’interno delle imprese.[39]

Il tema affrontato non concerne solo l’economia. L’impatto delle tecnologie digitali influisce parimenti – e ciò sia in senso positivo sia in senso negativo – sulla qualità della democrazia politica, che presuppone la democrazia sociale ed economica di un Paese. I notevoli progressi delle nuove tecnologie dell’informazione, specie nella sfera digitale, presentano entusiasmanti opportunità e gravi rischi.[40] Basti pensare che i progressi esponenziali della ricerca scientifica sull’IA possono portare con sé, tra l’altro, una più grande ingiustizia fra nazioni avanzate e nazioni in via di sviluppo, fra ceti dominanti e ceti sociali oppressi.[41] Analogamente, non si può ignorare che l’uso dei social media che diffondono fake news ai fini elettorali possono rappresentare l’esempio di un uso deleterio delle nuove tecnologie digitali a scapito della libertà democratica sul piano della società civile e sul piano politico.

È proprio in un contesto socioculturale simile a quello tratteggiato che è stata pensata e promossa dalla CISL, con la sottoscrizione di oltre 400 mila firme depositate presso la Corte di cassazione, la proposta di iniziativa popolare sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione, al capitale e agli utili delle imprese. Tale proposta di legge è stata concepita in attuazione dell’articolo 46 della Costituzione, secondo la quale «ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende».

Il testo della nuova legge, n. 76, del 15 maggio 2025 è il seguente: «La  presente  legge  disciplina  la  partecipazione  gestionale, economica e finanziaria, organizzativa e  consultiva  dei  lavoratori alla gestione, all’organizzazione, ai profitti e ai risultati nonché alla proprietà delle aziende e individua le modalità di  promozione e  incentivazione  delle  suddette  forme   di   partecipazione,   in attuazione dell’articolo 46 della Costituzione  e  nel  rispetto  dei principi e dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea e internazionale, al fine  di  rafforzare  la  collaborazione  tra  i datori di lavoro e i  lavoratori,  di  preservare  e  incrementare  i livelli occupazionali e di valorizzare il lavoro sul piano  economico e sociale. Introduce altresì norme finalizzate all’allargamento e al consolidamento   di   processi   di   democrazia   economica   e   di sostenibilità delle imprese».

Una legge «storica», che non mortifica la contrattazione, bensì ne esalta il ruolo, come ha precisato la Segretaria generale della CISL Daniela Fumarola. Sulla base di una tale legge, la stessa CISL si è mossa a stringere accordi in tutte le aziende disponibili. Le modifiche apportate dal Parlamento rispetto al testo originario della proposta CISL non ne hanno stravolta la fisionomia di base. Restano integri i capisaldi originali, con il riconoscimento delle quattro forme di partecipazione: organizzativa, gestionale, economico-finanziaria e consultiva. Si valorizza la contrattazione collettiva come leva fondamentale per accordi partecipativi costruiti dal basso, nei luoghi di lavoro, incoraggiati da incentivi economici alimentati da un Fondo dedicato alla partecipazione. La legge si applicherà a tutte le aziende anche quelle partecipate. È stato preservato il diritto soggettivo alla formazione per i lavoratori con il forte coinvolgimento degli enti bilaterali, dei fondi interprofessionali e del Fondo Nuove Competenze per diffondere la partecipazione nelle piccole e medie imprese.[42]

A riguardo rimane per i sindacati e le varie agenzie educative e sociali, compresi gli Uffici di Pastorale sociale delle Diocesi, un notevole impegno nell’informazione, nella formazione dei quadri e nell’accompagnamento della promettente sperimentazione della partecipazione in un conteso in cui si è chiamati a valorizzare gli aspetti meravigliosi dell’intelligenza artificiale, che diventerà sempre più importante, senza però che le persone siano considerate degli algoritmi.[43] Le persone non sono algoritmi. Perciò si ha il dovere di orientare la ricerca tecnico-scientifica e la sua applicazione al servizio dello sviluppo integrale dell’uomo e del bene comune.

 

  1. Per una conclusione: la Nota «Antiqua et nova»

Al fine di rendere più pregnante e performante, nel contesto delle nuove tecnologie dell’intelligenza artificiale, il significato dell’espressione «il lavoro è partecipazione»,[44] sono certamente essenziali le riflessioni di papa Francesco, espresse sia in vari interventi ma specialmente nel Messaggio per la 57.a Giornata Mondiale per la pace 1° gennaio 2024.

In vista di un contributo benefico al futuro dell’umanità e alla pace tra i popoli, al mondo del lavoro, da parte dello sviluppo dell’intelligenza artificiale occorre sì: a) che chi progetta algoritmi e tecnologie digitali si impegni ad agire in modo etico e responsabile; b) inoltre, che siano istituiti organismi incaricati di esaminare le questioni etiche emergenti e di tutelare i diritti di quanti utilizzano forme di intelligenza artificiale o ne sono influenzati; c) ma, soprattutto, è imprescindibile un’adeguata formazione morale alla responsabilità per il suo sviluppo; d) nonché la promozione di un pensiero critico.[45]

I criteri fondamentali che devono stare alla base dello sviluppo di nuove tecnologie e che ne valutano la bontà dell’impiego sono, secondo papa Francesco: la dignità intrinseca di ogni persona,[46] la fraternità, la giustizia sociale, il bene comune, la pace: «La dignità intrinseca di ogni persona e la fraternità che ci lega come membri dell’unica famiglia umana – scrive il pontefice – devono stare alla base dello sviluppo di nuove tecnologie e servire come criteri indiscutibili per valutarle prima del loro impiego, in modo che il progresso digitale possa avvenire nel rispetto della giustizia e contribuire alla causa della pace. Gli sviluppi tecnologici che non portano a un miglioramento della qualità di vita di tutta l’umanità, ma al contrario aggravano le disuguaglianze e i conflitti, non potranno mai essere considerati vero progresso».[47]

Ecco alcuni tratti significativi del pensiero sociale di papa Francesco sullo sviluppo dell’intelligenza artificiale, sui criteri per valutarne i progressi, gli impieghi ed anche le manipolazioni o le strumentalizzazioni. Essi sono particolarmente utili per istituire un approccio cognitivo, interpretativo, valutativo, pratico-progettuale rispetto allo sviluppo delle nuove tecnologie. Il suddetto approccio esige un dialogo interdisciplinare. Nelle riflessioni del magistero sociale del pontefice si viene sollecitati a guardare all’intelligenza artificiale con l’utilizzo di più scienze ma non in maniera meramente eclettica, bensì riconducendo ad unità i vari saperi entro l’orizzonte di uno sguardo più che razionale, teologico. A questo tipo di sapere teorico-pratico, ossia un sapere sapienziale, ci introduce anche l’importante Nota che papa Francesco ha approvato nell’ultimo tratto della sua esistenza terrena, il 14 gennaio 2025, poco prima di lasciare questa terra. Si tratta di Antiqua et Nova: sul rapporto tra intelligenza artificiale e intelligenza umana, frutto della collaborazione di due Dicasteri: il Dicastero per la Dottrina della Fede e il Dicastero per la Cultura e l’Educazione. La Nota sopracitata, ad una prima lettura, appare ben articolata. Dopo l’Introduzione e la spiegazione dell’espressione «intelligenza artificiale», si trova un capitolo sull’intelligenza nella tradizione filosofica e teologica. Spiegato il ruolo dell’etica nel guidare lo sviluppo e l’uso dell’IA vengono affrontate, in una utile scaletta, alcune questioni specifiche come: l’IA e le relazioni umane, IA economia e lavoro, IA e sanità, IA ed educazione, IA disinformazione deepfake e abusi; IA, privacy e controllo; IA e protezione della casa comune; IA e guerra, IA e rapporto dell’umanità con Dio. Importante la riflessione finale e il rimando alla vera sapienza. «Solo dotandoci di uno sguardo spirituale, solo recuperando una sapienza del cuore, possiamo leggere e interpretare la novità del nostro tempo» (n. 114).

Il nuovo pontefice Leone XIV, nel suo Discorso al Collegio Cardinalizio del 10 maggio 2025, ringraziando e spiegando il motivo della scelta del nome del pontefice, che ha scritto la nota enciclica Rerum novarum, ha accennato al fatto che la Chiesa è oggi chiamata ad offrire, al pari del suo illustre predecessore, il suo patrimonio di dottrina sociale, per rispondere agli sviluppi  dell’intelligenza artificiale, che comportano nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro. Una simile affermazione ha fatto dire ad alcuni osservatori che, con molta probabilità, Leone XIV affronterà la nuova questione sociale, relativa all’intelligenza artificiale, con qualche suo importante pronunciamento. Evidentemente, il nuovo pontefice, com’è abitudine dei suoi predecessori, si riallaccerà all’insegnamento del suo immediato predecessore papa Francesco.

                                                               + Mario Toso

 

[1] Pontificio consiglio della giustizia e della pace, Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2004.

[2] Cf Giovanni paolo ii, Sollicitudo rei socialis, nn. 36-38.

[3] «Rivista Liturgica», 1 (2007): in particolare, si prenda l’Editoriale (non firmato) alle pp. 9-18, l’articolo di B. Petrà, Il Compendio e la liturgia, pp. 19-32, l’articolo di I. Schinella, Battesimo, Confermazione ed Eucaristia. L’identità e la missione messianica e sacerdotale del cristiano nel mondo e nel creato, pp. 48-74.

[4] B. Petrà, Il Compendio e la liturgia, in «Rivista Liturgica», 1 (2007), p. 19-32.

[5] Ivi, p. 21.

[6] Ivi, p. 22.

[7] Ivi, p. 26.

[8] Editoriale, in «Rivista Liturgica», 1 (2007), p. 13.

[9] Cf Giovanni paolo ii, Sollicitudo rei socialis, n. 41.

[10] GS 45.

[11] Cf ad es. Compendio, n. 41, n. 51, n. 52. Si legga in particolare il n. 542: «L’identità del fedele laico nasce e trae alimento dai sacramenti: dal Battesimo, dalla Cresima e dall’Eucaristia. Il Battesimo conforma a Cristo, Figlio del Padre, primogenito di ogni creatura, inviato come Maestro e Redentore a tutti gli uomini. La Cresima o Confermazione configura a Cristo, inviato per vivificare il creato e ogni essere con l’effusione del Suo Spirito. L’Eucaristia rende il credente partecipe dell’unico e perfetto sacrificio che Cristo ha offerto al Padre, nella propria carne, per la salvezza del mondo. Il fedele laico è discepolo di Cristo a partire dai sacramenti e in forza di essi, in virtù, cioè, di quanto Dio ha operato in lui imprimendogli l’immagine stessa del Figlio Suo, Gesù Cristo. Da questo dono divino di grazia, e non da concessioni umane, nasce il triplice «munus» (dono e compito), che qualifica il laico come profeta, sacerdote e re, secondo la sua indole secolare». Vi sono, inoltre, numerosi passi ove si pongono la Trinità, il mistero della redenzione integrale di Cristo, la sua Incarnazione, morte e risurrezione, il dono dello Spirito santo all’origine della missione ecclesiale e dell’evangelizzazione del sociale. Eventi tutti che rimandano, ineluttabilmente, ai fondamenti sacramentali della Chiesa e della vita cristiana.

 

[12] Cf Compendio, n. 86.

[13] Hanno fatto parte della Commissione di preparazione: S. Ecc. Mons. William Murphy, vescovo ausiliare di Boston; Mons. Roland Minnerath, professore presso l’Università di Straburgo; Rev. P. Mario Toso, SDB, già Decano della Facoltà di Filosofia dell’Università Salesiana; Rev. P. Enrique Colom. Opus Dei, professore presso la Facoltà di Teologia dell’Ateneo “Santa Croce”, Mons. Giampaolo Crepaldi, sottosegretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace; S. Ecc. Mons. Diarmuid Martin, segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace; S. Ecc. Mons. François-Xavier Nguyyen Van Thuan, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace.

[14] Joseph Ratzinger, Opera omnia, volume XI, Teologia della Liturgia. La fondazione sacramentale dell’esistenza cristiana [abb. OOJR XI].

[15] OOJR XI, pp. 27-36.

[16] OOJR XI, p. 34.

[17] Ibidem.

[18] Benedetto XVI, Deus caritas est, n. 25.

[19] Cf M. Toso, Il realismo dell’amore di Cristo. La «Caritas in veritate»: prospettive pastorali e impegno del laicato, Studium, Roma 2010. Sull’enciclica di Benedetto XVI, Caritas in veritate (=CIV), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2009 si legga anche: P. Carlotti, Carità, persona e sviluppo, La novità della Caritas in Veritate, LAS, Roma 2011.

[20] Cf M. Toso, La speranza dei popoli. Lo sviluppo nella carità e nella verità. Commento all’enciclica «Caritas in veritate» di Benedetto XVI, LAS, Roma 2009.

[21] Cf M. D. Chenu, La doctrine social de l’Église comme idéologie, Éditions du Cerf, Paris 1979.

[22] Cf M. Toso, Un evento ecclesiale, in AA.VV., Per un umanesimo degno dell’amore. Il «Compendio della Dottrina sociale della Chiesa», a cura di P. Carlotti e M. Toso, LAS, Roma 2005, pp. 35-42.

 

[23] M. Toso, Fratellanza o fraternità? Introduzione alla lettura dell’Enciclica Fratelli tutti, pp. 31-32.

[24] M. Toso, Ecologia integrale dopo il coronavirus, Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa, Roma 2020, p. 25.

[25] M. Toso, Ecologia integrale dopo il coronavirus, pp. 23-25.

[26] M. Toso, Ecologia integrale dopo il coronavirus, p. 25.

[27] M. Toso, Gioia e speranza. Evangelizzazione, catechesi e insegnamento sociale, Edizioni delle Grazie, Faenza 2025, pp. 171-173. In particolare, si veda tutto il capitolo Spiritualità eucaristica: un impegno di crescita spirituale e di rinnovamento del mondo «finché Egli venga» (1 Cor 11, 26), pp. 168-175.

[28] Cf Leone xiv, Discorso al Collegio cardinalizio, sabato 10 maggio 2025.

[29] Si veda M. Toso, Gioia e speranza, in particolare l’Appendice Leone XIV e la Dottrina sociale della Chiesa, pp. 215-218, con l’aggiunta dei primi testi significativi del papa sull’argomento.

[30] Si veda la conferenza stampa di presentazione del nuovo formulario con gli interventi di Mons. Viola e del Card. Czerny: https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2025/07/03/0470/00857.html (consultato 01/09/25)

[31] Missale Romanum, Lectio prima, Oratio.

[32] Missale Romanum, Missa pro custodia creationis, Collecta.

[33]  Cf C. Rhodes, Il capitalismo Woke. Come la moralità aziendale minaccia la democrazia, Fazi Editore, Torino 2023. Questo è un testo fondamentale per comprendere una delle tendenze politiche ed economiche più rilevanti dei nostri tempi. Secondo l’Autore il suo libro è un invito ad opporre resistenza al capitalismo woke e a non farsi ingannare.

[34] Il problema del debito affligge in particolare molti Paesi del sud globale. Affligge milioni di famiglie e di persone nel mondo. Parlando della crisi del debito, papa Francesco, il 5 giugno 2024 ebbe a dire: «Ai popoli non serve un finanziamento qualsiasi, ma quello che implica una responsabilità condivisa tra chi lo riceve e chi lo concede. Il beneficio che questo può apportare a una società dipende dalle sue condizioni, da come viene usato e dagli ambiti in cui si risolvono le crisi dei debiti che possono prodursi. Dopo una globalizzazione mal gestita, dopo la pandemia e le guerre, ci troviamo di fronte a una crisi del debito che colpisce soprattutto i Paesi del sud del mondo, generando miseria e angoscia, e privando milioni di persone della possibilità di un futuro dignitoso. Di conseguenza, nessun governo può esigere moralmente dal suo popolo che subisca privazioni incompatibili con la dignità umana. Per cercare di rompere il circolo finanziamento-debito sarebbe necessaria la creazione di un meccanismo multinazionale, basato sulla solidarietà e sull’armonia tra i popoli, che tenga conto del significato globale del problema e delle sue implicazioni economiche, finanziarie e sociali. L’assenza di tale meccanismo favorisce il “si salvi chi può”, dove a perdere sono sempre i più deboli» (Francesco, Discorso ai partecipanti all’Incontro “Debt Crisis in the Global South”, 5 giugno 2024).

[35] In generale, il debito ecologico fa riferimento, in termini di obbligazione e responsabilità, a quanto i Paesi industrializzati, o Nord del mondo, hanno accumulato nei confronti dei Paesi in via di sviluppo, o Sud del mondo, per aver sfruttato le loro risorse naturali e aver contribuito in modo determinante al loro degrado ambientale e sociale. Su questo ha scritto l’enciclica Laudato sì’ (cf nn. 51-52) come anche l’esortazione apostolica Laudate Deum (4 ottobre 2023), che ha evidenziato sia la debolezza della politica internazionale sia i progressi e i fallimenti delle Conferenze sul clima.

 

[36] E, in tutto questo, l’Europa, impegnata a sostenere l’Ucraina nella guerra contro la Russia, popolata dalla rinascita di nazionalismi esasperati, e incapace di costituire un’entità autonoma e politicamente unita, che ruolo svolge? Secondo lo storico francese Emmanuel Todd, essa si presenta, di fronte ai cambiamenti globali in atto, come un continente che non è più in grado di reggere le sfide e di esprimere un ruolo importante. Sta andando alla deriva. L’Occidente – che è stato culla di una grande civiltà – appare indebolito, avviato all’autodistruzione, a causa del declino demografico, delle strutture familiari, della scomparsa della religione e del trionfo del nichilismo in ogni aspetto della vita sociale. Dopo l’eventuale pace che sarà siglata tra Ucraina e Russia, l’Europa vedrà più lucidamente lo stato del proprio sfacelo, la sconfitta della propria civiltà in frantumi (cf La sconfitta dell’Occidente, Fazi Editore, Roma 2024). Tutto questo avverrà, a patto che non vi sia un sussulto dei popoli europei, una loro mobilitazione più convinta, più seria, e, quindi, più pensata, più preparata anche dal basso, con la partecipazione delle società civili, delle comunità religiose, della cultura, dei parlamenti.

[37] Cf D. Acemoglu-S. Johnson, Potere e progresso. La nostra lotta millenaria per la tecnologia e la prosperità, Il Saggiatore, Milano 2023.

[38] La legge approvata si propone di creare un sistema di governance per l’intelligenza artificiale basato su principi antropocentrici (dignità umana), trasparenza e responsabilità. La disciplina persegue una duplice finalità: da un lato promuove un utilizzo corretto e trasparente delle tecnologie IA, dall’altro garantisce vigilanza sui rischi economici e sociali e sull’impatto sui diritti fondamentali. Le norme si applicano conformemente al Regolamento UE 2024/1689 (AI Act), inserendosi negli aspetti non espressamente coperti dalla normativa europea o rimessi alla disciplina dei singoli Stati membri. Il provvedimento si articola in sei capitoli principali. Il primo stabilisce principi fondamentali come il rispetto dei diritti fondamentali, trasparenza, non discriminazione e sicurezza. Il secondo disciplina l’applicazione dell’IA in settori specifici: sanità, lavoro, pubblica amministrazione e attività giudiziaria. Particolare rilevanza assume la governance nazionale: l’Agenzia per l’Italia digitale (AgID) e l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (ACN) sono designate come autorità nazionali per l’intelligenza artificiale, con competenze rispettivamente di notifica e promozione dell’innovazione la prima, di vigilanza del mercato e cybersicurezza la seconda.

[39] Cf A. Berrini, L’odierno scenario economico internazionale: non solo dazi, dispense del maggio 2025.

[40] Cf Francesco, Intelligenza artificiale e pace. Messaggio per la 57aGiornata Mondiale della Pace (1° gennaio 2024), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2023

[41] Cf Francesco, Discorso alla Sessione del G7 sull’intelligenza artificiale (14 giugno 2024).

[42] Cf Francesco Riccardi, Intervista alla Segretaria Generale Daniela Fumarola, in «Avvenire», giovedì 15 maggio 2025, p. 10.

[43] Su questo si legga P. Benanti, Tecnologia per l’uomo. Cura e innovazione, Edizioni san Paolo, Milano 2021; ID., L’uomo è un algoritmo? Edizioni Castelvecchi, Roma 2025.

[44] Su questo può tornare utile la lettura del volumetto collettaneo Lavoro è partecipazione. Il contributo dei cattolici alla democrazia, a cura del Settore pastorale Sociale della Diocesi di Faenza-Modigliana, Edizioni delle Grazie, Faenza 2024.

[45] Papa Francesco afferma: «L’educazione all’uso di forme di intelligenza artificiale dovrebbe mirare soprattutto a promuovere il pensiero critico. È necessario che gli utenti di ogni età, ma soprattutto i giovani, sviluppino una capacità di discernimento nell’uso di dati e contenuti raccolti sul web o prodotti da sistemi di intelligenza artificiale. Le scuole, le università e le società scientifiche sono chiamate ad aiutare gli studenti e i professionisti a fare propri gli aspetti sociali ed etici dello sviluppo e dell’utilizzo della tecnologia» (n.7).

[46] «Il rispetto fondamentale per la dignità umana – si legge nel Messaggio – postula di rifiutare che l’unicità della persona venga identificata con un insieme di dati. Non si deve permettere agli algoritmi di determinare il modo in cui intendiamo i diritti umani, di mettere da parte i valori essenziali della compassione, della misericordia e del perdono o di eliminare la possibilità che un individuo cambi e si lasci alle spalle il passato» (n. 5).

[47] Francesco, Intelligenza artificiale e pace. Messaggio per la 57aGiornata Mondiale della Pace (1° gennaio 2024), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2023, n.2.