[nov 30] Omelia – I Domenica di Avvento con rito di ammissione al catecumenato

30-11-2025

Cari fratelli e sorelle,

cari Valeria, Alket, Nashifer, Sindi,

in questa prima Domenica di Avvento, la Chiesa si rimette in cammino: oggi inizia per tutti noi il Tempo in cui riorientare la nostra vita al Signore. Ripercorrendo, infatti, l’attesa dei profeti e del popolo di Israele che contraddistingue questo Tempo, anche il nostro cuore ha l’opportunità di ri-convertirsi a Dio. Perché abbiamo bisogno dell’Avvento? Perché molte volte siamo tentati di ridurre Dio ad un’idea generica di bene, al nostro io. In tal modo, il nostro cuore si indurisce e diviene arido. La vita si chiude nell’utile e nell’immediato. La preghiera si spegne, lo slancio missionario svanisce. Chi non è innamorato si lascia prendere dalla tiepidezza spirituale. E la vita si trasforma in un’esistenza grigia.

«Il grande problema del nostro tempo – diceva Benedetto XVI – è proprio l’analfabetismo religioso, la non conoscenza di Dio, l’assenza di Dio. […] La conoscenza di Dio non è una conoscenza come, per esempio, quella di un numero di telefono, ma è conoscenza come io conosco una persona che amo, e che conosco realmente solo nell’amore».[1] Abbiamo bisogno di contrastare l’analfabetismo religioso e l’indifferenza del nostro tempo. Come? Riaccendendo il nostro amore per il Signore. Cercandolo e ascoltandolo nelle Scritture, parlandogli – cuore a cuore – nella preghiera personale, celebrandolo nella liturgia, riconoscendolo nei poveri. Papa Leone ci ricorda: «la Chiesa può essere una forza per la conversione, la trasformazione delle culture, secondo i valori del Vangelo. Purtroppo, molte volte la forma in cui viviamo la fede è più determinata dalla nostra cultura e meno dai nostri valori evangelici».[2]

 

L’Avvento, al contrario, è un grido che ci chiama a svegliarci, a scuotere la piatta ordinarietà della nostra vita spirituale, perché il nostro Sposo è venuto. «Si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo». Ma non solo: il nostro Sposo viene oggi. È qui presente mentre siamo convocati nel suo nome, mentre lo riconosciamo negli ultimi, nei poveri. Lo Sposo di cui la Chiesa non smette di invocare la venuta, ha un volto preciso. Ha un nome «che è al di sopra di ogni altro nome» (Fil 2,9). È una Persona viva che ci convoca. Ha un invito da farci: essere suoi amici.

 

Cari catecumeni, voi questa sera ci aiutate a destarci dal sonno spirituale. Il cammino che iniziate e che, con l’aiuto di Dio, vi porterà a «rivestirvi di Cristo» (Rm 13,14) nei sacramenti pasquali, ricorda a tutti noi che il nostro rapporto con Dio ci fa vivere di Lui e ci invia. Ci chiede di rispondere al dono che Lui vuole farci di sé, perché, a nostra volta diventiamo dono, con slancio ed entusiasmo, per i nostri fratelli e i più poveri. Amare come ama Lui è bello e colma il cuore di gioiosa esultanza.

«Che cosa domandi alla Chiesa di Dio?» «La fede». «La fede che cosa ti dona?» «La vita eterna». Nelle vostre risposte decise riconosciamo che non siamo singoli individui. Non siamo soli. Siamo un «noi», una comunione-comunità che vive, custodisce e trasmette la presenza luminosa e trasfigurante di Cristo risorto. Attraverso la fede, trasmessa e ricevuta dagli apostoli, le nostre comunità si pongono in marcia e percorrono le vie del mondo per annunciarlo e testimoniarlo con coraggio. Noi Chiesa accogliamo, celebriamo il Signore Gesù, lievito di pace e di speranza, per il genere umano. Continuamente lo riceviamo, lo ridoniamo, lo riannunciamo nei tornanti della storia, per una nuova seminagione e la nascita di nuove incarnazioni del cristianesimo.

Cari Valeria, Alket, Nashifer, Sindi, «la notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce» (Rm 13,12). «Camminiamo nella luce del Signore» (Is 2,5). Abbandoniamo le tenebre e le false convinzioni che vorrebbero farci credere che la giustizia è nelle mani del più forte, che il senso della vita è in ciò che possiedi, che la gioia è nella soddisfazione di ogni nostra volontà. Ricordatevi che con la Croce, con la sua morte e risurrezione, Cristo, il nostro Pastore, ha vinto la morte, ci ha salvati perché possiamo riconoscere la sua voce e seguirlo nei pascoli della vita eterna.

 

Noi Chiesa di Faenza-Modigliana non dobbiamo avere paura della luce del Signore Gesù. Non esitiamo a svegliarci dal sonno. Lasciamoci scuotere dal suo Vangelo. Rimettiamoci in cammino. Nell’attesa impaziente e amorosa del nostro Sposo, riconosciamolo già operante nella nostra vita, presente in modo particolare nei poveri. Adoriamo Cristo sull’altare e nei poveri. Vogliamo onorare davvero il corpo di Cristo sull’altare? Amiamolo nei poveri. Chi non incontra e non ama Cristo nei poveri non potrà adorarlo nemmeno sull’Altare, ripeteva san Giovanni Crisostomo, arcivescovo di Costantinopoli, ardente predicatore del vero culto e della giustizia sociale.[3]

 

                                            + Mario Toso

[1] Benedetto XVI, Il Signore ci tiene per mano, LEV, Città del Vaticano2025, pp. 25-26.

[2] Leone XIV, Discorso alle Équipe sinodali e organismi di partecipazione, 24 ottobre 2025.

[3] Cf Dilexi te, nn. 41-42.