[nov 22] Omelia – Solennità di Cristo Re. Ricordo del beato Giacinto Longhin nell’anniversario della nascita

22-11-2025

Fiumicello, 22 novembre 2025.

Sig. Sindaco, Sig. Presidente dell’Associazione Mons. Longhin, caro parroco don Paolo Pegoraro, cari don Bruno Rossi dalla Diocesi di Treviso e don Carlo Vecchiato, cari fratelli e sorelle,

la ricorrenza liturgica di Cristo Re offre alla nostra celebrazione, che vuole ricordare il beato Longhin, vescovo di Treviso, originario di Fiumicello, uno sfondo quanto mai significativo, tratteggiato e illuminato dalle Letture bibliche che abbiamo udito. Ci troviamo come al cospetto di un imponente affresco con tre grandi scene: al centro, la Crocifissione, secondo il racconto dell’evangelista Luca; in un lato l’unzione regale di Davide (cf 2 Sam (5, 1-3); nell’altro, l’inno cristologico con cui san Paolo introduce la Lettera ai Colossesi (cf Col 1, 12-20).

Domina l’insieme la figura di Cristo, l’unico Signore. Nella Chiesa, tutto e tutti sono al servizio della sua Signoria. Di che Signoria si tratta? Non è una Signoria terrena, simile a quella dei regni umani. Alle domande del governatore romano, Ponzio Pilato, Gesù rispose affermando di essere sì re, ma non di questo mondo (cf Gv 18, 36). Egli non è venuto a dominare su popoli e territori, esercitando il potere con eserciti o con la forza. È venuto per servire, per liberare gli uomini dalla schiavitù del peccato e a riconciliarli con Dio, per rendere testimonianza alla verità (cf Gv 18, 37).

Ma qual è la “verità” che Cristo è venuto a testimoniare nel mondo? L’intera sua esistenza rivela che Dio è Amore: è questa, dunque, la verità a cui Egli ha reso piena testimonianza con il sacrificio della sua stessa vita sul Calvario. La Croce è il “trono” dal quale ha manifestato la sublime regalità di Dio Amore: offrendosi in espiazione del peccato del mondo, Egli ha sconfitto il dominio del “principe di questo mondo” (Gv 12, 31) e ha instaurato definitivamente il Regno di Dio. Regno che si manifesterà in pienezza alla fine dei tempi, dopo che tutti i nemici, e per ultimo la morte, saranno stati sottomessi (cf 1 Cor 15, 25-26). Allora il Figlio consegnerà il Regno al Padre e finalmente Dio sarà “tutto in tutti” (1 Cor 15, 28).

L’inno cristologico della Lettera ai Colossesi ci dice che il regno di Cristo è realtà della quale siamo stati chiamati a far parte. È realtà nella quale siamo stati “trasferiti”, grazie all’opera redentrice del Figlio di Dio (cf Col 1,12-14). Siamo così resi partecipi del mistero di Cristo nelle sue due dimensioni principali: la creazione di tutte le cose e la loro riconciliazione. Per il primo aspetto la Signoria di Cristo consiste nel fatto che “tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui … e tutte in lui sussistono” (Col 1,16). La seconda dimensione s’incentra sul mistero pasquale: mediante la morte in croce del Figlio, Dio riconcilia a sé ogni creatura, crea pace tra cielo e terra. Risuscitandolo dai morti lo rende primizia della nuova creazione (cf Col 1,18-20).

La regalità di Gesù ha un’ampiezza cosmica! Riguarda l’umanità e il creato. Essa coinvolge tutti i credenti nel suo amore redimente, rigenerante.

Noi Chiesa siamo depositari dell’intero mistero di Cristo, costituito Re dell’universo. Come battezzati siamo chiamati non solo a contemplare questa realtà, ma a partecipare ad essa, ad ampliarla nella storia. Siamo chiamati a servire e a testimoniare con la vita e con la parola la sua Signoria nel mondo contemporaneo. Innanzitutto, vivendo nelle nostre comunità la pace che Cristo dona a tutti i suoi discepoli. In secondo luogo, vivendo non solo un rapporto individuale ed intimo col Signore ma anche contribuendo a realizzare con Lui il Regno di Dio. Come? Vivendo l’amore di Cristo: nelle relazioni, nelle istituzioni, nella famiglia, nell’educazione, nel mondo del lavoro, nell’amministrazione pubblica, nella ricerca del bene comune, nei social, nell’impiego dell’intelligenza artificiale. Ciò facendo i discepoli vivono le attività umane, le relazioni interpersonali, gli ambienti sociali ove operano con lo stesso cuore di Cristo, ordinandoli al loro compimento in Dio. Nella misura in cui l’amore di Cristo riuscirà a regnare tra noi e in noi, la vita sociale diviene uno spazio di fraternità, di giustizia e di pace, di dignità per tutti. In tal maniera, tanto l’annuncio dell’amore di Cristo e la sua incarnazione nella nostra vita, provocheranno conseguenze sociali positive.[1]

Se quanto detto è ciò che ci chiama a vivere la Solennità di Cristo Re, non possiamo non riconoscere che il vescovo beato Longhin, mediante il suo ministero episcopale, ha sollecitato la Diocesi di Treviso, in un periodo non facile, specie quello della guerra del 1915-1918, a rafforzare il laicato associato, al fine di incarnare negli ambienti sociali l’amore di Cristo. Per questo egli ha lavorato intensamente alla ricostruzione materiale e spirituale della sua Diocesi. Con coraggio e fortezza evangelica indicò che la giustizia e la pace sociale esigevano la via stretta della non violenza e dell’unione dei cattolici.

In un contesto di terza guerra mondiale a pezzi, Longhin appare per noi un vescovo antesignano.

Il mondo cattolico vive in un’epoca che fatica, a fronte delle grandi sfide,[2] a vivere in rete, per poter meglio incidere sugli eventi negativi, offrendo proposte culturali e sociali significative, di rinascita.

È nata, in questi mesi, la proposta di istituire un Ministero della pace, cosa senza dubbio encomiabile. Una tale proposta appare bella, ma di difficile realizzazione. Dove sono, infatti, le rappresentanze e le maggioranze coese che potrebbero riuscirci?

È sempre, comunque, incoraggiante incontrare, nella storia del cattolicesimo, vescovi e laici che hanno saputo affrontare le sfide del loro tempo con creatività e speranza, avvalendosi dell’apporto e dell’ispirazione del Vangelo e della Dottrina sociale della Chiesa.[3] In vista di ciò, come ha insegnato il Cammino sinodale delle Chiese in Italia, è fondamentale la formazione sinodale e missionaria dei battezzati. Tutti sono chiamati a ravvivare quella corresponsabilità che li rende partecipi, mediante la diversità dei carismi, dell’unica missione a servizio del Regno di Dio. Solo camminando insieme si riuscirà ad essere lievito di pace e di speranza.

                                               + Mario Toso

 

[1] Cf Dilexi te, n. 97.

[2] Si pensi al tramonto o declino dell’Occidente, al riassetto del potere internazionale tra Cina e Stati Uniti, all’ascesa di nuove potenze globali, al crescente ruolo economico-politico delle multinazionali tecnologiche, ai 35 conflitti sulla faccia della terra, alle minacce del riscaldamento globale, all’emergere prepotente del capitalismo woke che pare travolgere la democrazia, a un associazionismo cattolico che, in gran parte, non sembra diminuire una specie di silenzioso disinteresse nei confronti della proposta socioculturale, peraltro, propositiva e critica rispetto all’esistente, della Dottrina sociale della Chiesa (=DSC).

[3] Papa Leone XIV, divenuto pontefice dopo la morte di Francesco, ci ha sollecitati a riscoprire la DSC, per sperimentarla ed aggiornarla (cf Leone xiv, Discorso ai Membri della Fondazione Centesimus annus Pro Pontifice del 17 maggio 2025).