[nov 04] Omelia – Messa ai giovani cresimati ad Assisi

04-11-2025

Cari giovani cresimati,

oggi ci troviamo in un luogo unico, la Chiesa superiore della basilica di san Francesco di Assisi. Qui si può contemplare, in basso, all’altezza dei visitatori, una grandiosa narrazione per immagini della vita di san Francesco. È un immenso racconto che si snoda come fosse un fumetto lungo le pareti. Esso appare diviso in tre gruppi di episodi: i primi sette raccontano la conversione di San Francesco fino all’approvazione della Regola, al centro si trova il gruppo principale di raffigurazioni che illustrano la storia dell’ordine francescano fino alla morte di Francesco, gli ultimi sette riquadri raffigurano i funerali e la canonizzazione del santo, insieme ai miracoli che fece dopo la morte. Contemplando gli affreschi, dipinti sotto la guida del sommo Giotto, cari cresimati siamo sollecitati alla conversione, alla fraternità, alla povertà evangelica, alla gioia di essere di Cristo e di vivere per Lui. Sulle orme della scelta radicale di Francesco, che si sveste dei suoi beni per aiutare i poveri, siamo invitati a farci dono, poveri, per servire Cristo nei poveri. Non solo. Siamo sollecitati a costituire gruppi di amici credenti, che vivono Cristo per costruire assieme una Chiesa, fatta di pietre vive, di credenti che professano la vita cristiana costituendo il lievito del rinnovamento nelle proprie comunità cristiane, stanche, rassegnate, spesso senza voce. In questa città, nella chiesetta di San Damiano, San Francesco ha contemplato Gesù Crocifisso che gli ha rivolto questa esplicita richiesta: «va’, ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina».

Questo invito di Gesù non comprendeva solo la chiesetta fatta di mattoni, ma la Chiesa con la C maiuscola, la Chiesa comunità viva di credenti nel Risorto. Questa comunità andava riparata, restaurata in anni turbolenti, dopo le rovine di tanti scandali e abusi.

In questo luogo santo, risuona alle nostre orecchie questo invito: vescovi, sacerdoti, genitori, educatori, soprattutto voi giovani, andate, senza paura, abbiate il coraggio di guardare con coraggio le rovine del nostro tempo. Abbiate la forza e il coraggio di ripararle con tanto amore pieno di verità (Caritas in veritate).

Ecco l’invito che ci viene donato in Gesù Cristo: dove c’è la morte, la perdita di ogni relazione, la sofferenza, la solitudine – tutte cose che il nostro cuore teme più di ogni altra cosa – dove c’è il male noi possiamo sempre portare una luce, una speranza, un orizzonte nuovo, che è Cristo, il suo Vangelo.

Chi ha fede in Gesù e vive nella Chiesa da battezzato e cresimato, da persona che celebra e vive l’Eucaristia, non solo da spettatore, ma come protagonista, acquisisce uno sguardo nuovo, un cuore nuovo, capaci di riconoscere Dio nei propri amici, specie in quelli meno fortunati. Guadagna relazioni nuove, un nuovo senso per la sua vita, da vivere non ripiegata in sé stessa, ma aperta al dono di sè.

In particolare, in questo tempo, ringraziamo il Signore per il dono di papa Leone XIV che fra le tante cose che ha detto e fatto ci ha consegnato una Esortazione apostolica sulla povertà: Dilexi te – Ti ho amato. Grazie a questo testo siamo invitati a costruire sempre di più una Chiesa che si fa povera con i poveri, che accoglie, che ascolta, che si piega verso il dolore del mondo e con ciò stesso mostra l’autenticità della sua fede.

Ricordiamo le parole del Vangelo: quando riconosciamo Gesù nei poveri, nei sofferenti, quando serviamo i deboli, stiamo incontrando Cristo stesso. Questa è la verità profonda che Dilexi te richiama: l’amore verso i poveri non è secondario, ma essenziale all’esperienza cristiana. È la conferma della sua autenticità.

Oggi, allora, possiamo interpretare quel «ripara la mia casa» come un invito ad abitare con coraggio le sfide delle attuali povertà. Non pensiamo solo alla povertà materiale, dei tanti che non hanno cibo e acqua, ma rivolgiamo il nostro sguardo anche alle povertà culturali, relazionali, spirituali delle persone che ci passano accanto.

La povertà più grande, non dimentichiamolo, è la mancanza di Gesù Cristo e del suo Spirito d’amore nelle nostre vite. Molte volte rischiamo di restringere il nostro sguardo ad un piccolo schermo, di cercare le risposte facili attraverso macchine che pensano per noi (pensiamo all’intelligenza artificiale), fino a quando non saremo più capaci di porre le domande giuste. La realtà è sempre più filtrata da strumenti e strutture che vogliono già darci le risposte, senza aiutarci a coltivare un senso critico, una capacità di risoluzione dei problemi, staccandoci sempre più dalla realtà e rinchiudendoci nei nostri convincimenti.

A tutto questo noi dobbiamo rispondere con Francesco: vedere e riparare. Dobbiamo avere il coraggio di vedere le rovine, nostre e della società, e di ripararle, di affrontarle con gli strumenti del Vangelo.

Abbiamo bisogno di una conversione comunitaria, una conversione ecclesiale che non solo assista, ma “smonti” le strutture che producono emarginazione. E questo può accadere solo se ciascuno di noi si mette in gioco, decide nella propria vita di impegnarsi per qualcosa di più grande.

Pensiamo ad un altro santo qui ad Assisi, San Carlo Acutis: un giovane che ha vissuto la santità nel quotidiano, nella tecnologia, nella passione per l’Eucaristia, e che ha saputo riconoscere che la santità si misura nel servizio agli altri e alla Chiesa.

Carlo ci mostra che non serve andare lontano per incontrare Cristo: lo si può incontrare nella celebrazione dell’Eucaristia, nelle persone che soffrono, nelle periferie digitali, nelle comunità emarginate. La sua vita ci ricorda che riparare la Chiesa, oggi, significa anche usare gli strumenti moderni per evangelizzare, per avvicinare le persone, per servire. Ma soprattutto significa non diminuire la misura evangelica della carità, dell’amore per i più poveri. Gesù Cristo va amato nell’Eucaristia ma anche presente nei più poveri.

Cari giovani, vi ringrazio perché all’invito della Chiesa avete risposto con la vostra presenza gioiosa e libera: siate sempre gioiosi e liberi, come san Francesco, Carlo Acutis e san Carlo Borromeo che amava i più poveri e ha assistito personalmente gli ammalati di peste del 1576 a Milano. Non fatevi restringere lo sguardo dai tanti schermi che vogliono vendervi facili soluzioni, ma allargate il vostro cuore grazie alla amicizia con Gesù. Lui è l’unico che può accompagnarvi nella scoperta di voi stessi, donandovi la vera gioia del servizio che nessuno potrà togliervi.

 

                                                        + Mario Toso