[nov 02] Omelia – Commemorazione dei defunti

02-11-2025

Faenza, 2 novembre 2025.

Cari fratelli e sorelle, ieri celebrando la Solennità di tutti i santi abbiamo avuto modo di ricordare quello che siamo: una grande e sconfinata comunione. Formiamo la comunione dei santi del cielo e della terra.  È la comunione di coloro che sono pellegrini sulla terra, dei defunti che compiono la loro purificazione e dei beati del cielo. La formiamo grazie a Colui che si è fatto uomo, ed è morto e risorto. Viviamo in Lui. Incarnandosi si è unito a ciascuno di noi. Risorgendo ci porta con sé e ci fa sedere accanto al Padre, vittoriosi sulla morte, che, come profetizza Isaia, viene eliminata per sempre dal Signore (cf Is 25, 6a.7-9). Nel Battesimo siamo sepolti con Cristo e con Lui risorgiamo. Grazie alla nostra unione a Lui, il nostro morire riceve un significato positivo: «Ai tuoi fedeli, Signore – così preghiamo – la vita non è tolta, ma trasformata, e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata un’abitazione eterna nel cielo» (Messale Romano, Prefazio dei defunti, I).  Con Cristo veniamo sepolti corruttibili, con Lui rinasciamo a vita nuova, incorruttibili.

Cristo è il pontefice massimo, ossia il ponte che unisce, noi che viviamo ancora sulla sponda della mortalità e i nostri cari, che sono già approdati sulla sponda dell’immortalità. Le nostre preghiere, specie mediante la celebrazione eucaristica e la Comunione, passano sul ponte che è Cristo e possono aiutare coloro che hanno bisogno di purificazione o noi che siamo quaggiù. I nostri cari attraverso Cristo, ci aiutano con la loro intercessione e la loro solidarietà.

Nella santa Messa, in cui facciamo memoria della morte e risurrezione di Cristo, assumendo il Corpo di Cristo, medicina di immortalità, viviamo nei confronti dei nostri defunti non solo una tenerezza individuale, personale. Grazie a Cristo, che ci unisce nel suo Corpo, che è la Chiesa, viviamo una tenerezza comunitaria: ossia la tenerezza di un popolo; tenerezza ampliata, senza confini, perché vissuta in quella del Padre, del Figlio e dello Spirito santo.

Celebrando il sacrificio eucaristico onoriamo e suffraghiamo i defunti, dunque, non solo come singoli credenti. Tutta la Chiesa, assieme a noi, fa giungere ai defunti il suo affetto e la sua solidarietà. Che mistero! Che fortuna per noi cristiani. Anche se noi ci dimenticassimo dei nostri defunti, la Madre, che è la Chiesa continuerà, sino alla fine dei tempi, a pregare per coloro che ci hanno preceduti nel segno della fede. In un mondo in cui le persone sono quasi diminuite nella loro dignità, sono scartate e quasi sopraffatte da prepotenti singolarismi esasperati, è davvero consolante pensare che continueremo ad essere ricordati. Saremo tenuti sulle ginocchia della Chiesa, popolo sconfinato, che Dio ha costituito come famiglia, come comunione dei vivi e dei morti.

A ben pensare, l’Eucaristia è un momento unico. Ci fa sperimentare nei confronti dei nostri parenti defunti una tenerezza e un’empatia collettive, senza uguali. Siamo riconoscenti ai nostri defunti, perché grazie ad essi siamo entrati nella comunità cristiana, la comunità che abbraccia tutti i popoli della terra. Lo sappiamo: non possiamo crescere da soli nella fede. La nostra fede cresce nella comunità, con la comunità, ossia grazie al dono di una comunione più ampia di quella semplicemente famigliare. Cresciamo come credenti in una comunione di persone, che è comunione tra noi, grazie alla nostra comunione con Cristo. Assieme a tutta la creazione cresciamo nell’ardente aspettativa di entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio (cf Rom 8, 14-23).

Davanti ai resti mortali dei nostri cari è naturale che ci invada, con le lacrime, un mondo di emozioni, sentimenti d’affetto e di riconoscenza. Ricordiamo il loro amore per noi, le cure di cui ci hanno circondato, il bene che ci hanno voluto, per farci crescere più capaci di vero, di dono e di Dio. Senza i nostri cari non saremmo quello che viviamo con passione e con speranza. Le nostre comunità parrocchiali qui rappresentate, davanti a tutti i defunti, si inteneriscono, provano riconoscenza per coloro che hanno piantato il Vangelo nelle nostre vite e nel nostro territorio. È la loro fede in Cristo che ci sprona a proseguire una vita di perenne cammino sinodale per annunciare il Vangelo e vivere la Carità. Siamo grati a tutti i nostri fratelli defunti per averci aiutati a crescere come popolo, ove la vocazione di servire le persone e Dio è un distintivo che ci rende simili a Cristo, il Figlio, che si è fatto uno di noi per servire, non per essere servito. Alla fine della nostra vita saremo giudicati sul fatto se l’avremo riconosciuto e amato nei nostri fratelli, specie i più poveri (cf Mt 25, 31-46). Le preghiere per i nostri defunti ci restituiscano alle nostre famiglie e alle nostre comunità cristiane orgogliosi e rinfrancati, consapevoli che è nel loro grembo di tenerezza e di dono reciproco che cresciamo nella comunione tra noi e con Cristo, come annunciatori e costruttori di giustizia e di pace.

                                                                               + Mario Toso