Faenza, Cattedrale 24 dicembre 2024
Cari fratelli e sorelle, in questa Messa di mezzanotte, per noi spesso sconsolati e demotivati sono state proclamate parole confortanti, che suscitano un nuovo modo di pensare, che portano speranza. La nostra vita quotidiana ci appare lontana da ciò che ci propone l’incontro con il Signore Gesù. Talvolta trascuriamo o addirittura abbandoniamo la nostra fede, la partecipazione alla santa Messa e ai sacramenti, perché ci consideriamo persone sufficienti a noi stessi: non abbiamo bisogno di Dio! La nostra comunità cristiana appare luogo di perdita di tempo, distante dal ritmo delle urgenze incalzanti della vita vera. Rispetto alla proposta di vita che viene dal Vangelo, dalla Chiesa fondata da Gesù Cristo, cresce la distanza della nostra quotidianità. Prevalgono gli imperativi utilitaristi e consumisti dettati dalla nostra società, sempre più scristianizzata. Se facciamo un serio esame di coscienza, l’allontanamento dalle esigenze del cristianesimo dipende spesso da come in realtà ci comportiamo. Cresce la divaricazione tra la nostra fede e la vita. Non poche volte, forse con troppa superficialità, rinunciamo a fare delle nostre famiglie il luogo di un amore fedele. Con la nostra condotta o, meglio, con il nostro stile di vita, non sappiamo più proporre alle nuove generazioni la bellezza e la «gratificazione» dei valori alti. La nostra professione è principalmente vissuta per arricchirsi, non tanto come mezzo per sostenersi con dignità e per servire la società. Non sappiamo più pregare ed alimentare la nostra vita spirituale, perché intendiamo l’esistenza come un vivere per la semplice soddisfazione delle pulsioni e dei bisogni più immediati, importanti sì, ma non sempre in linea col nostro essere trascendente. Più che l’essere è importante l’avere, il possedere egoisticamente. Più che il bene è essenziale rincorrere il nostro successo personale. Riaccogliere sul serio il Signore Gesù, il suo Vangelo, creerebbe troppo scompiglio nelle nostre abitudini e, quindi, diventa più tranquillizzante essere indifferenti nei confronti della religione.
Il Natale, invece, ritorna anche quest’anno per aiutarci a porre al centro della nostra vita Gesù Cristo, il respiro del suo Spirito d’amore, la bellezza del crescere insieme, con i nostri fratelli e sorelle, abitando il creato, custodito e coltivato a vantaggio di tutti, specie dei più poveri.
L’incarnazione del Figlio di Dio – «un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio» ci dice Isaia (Is 9, 6) – consente a noi, di vedere una grande luce e di non camminare nelle tenebre del male, dell’utilitarismo, che porta a distruggere noi stessi e la casa comune che condividiamo. Se accettiamo la venuta e la presenza del Figlio di Dio in noi viene moltiplicata la gioia, è aumentata la letizia, è accresciuta la speranza. Ritroviamo la fraternità, ragione fondamentale per vivere costruendo incessantemente la pace. Diventerebbe davvero possibile che le armi non fossero più strumento di morte. Potrebbero, invece, essere trasformate in aratri, in risorse per lo sviluppo globale, sostenibile per tutti.
Con il Natale Dio, il Cielo, diventa umanità, terra. Il cuore di Gesù, Verbo incarnato, diventa il nostro cuore. Noi diventiamo suoi. Vivendo Cristo, la sua incarnazione, la sua Pasqua e la sua risurrezione siamo in grado di incrementare la nuova creazione che Egli ha iniziato. Apriamo, dunque, il nostro cuore alla sua luce e al suo amore. Solo così, il mondo, sopravvivendo tra le guerre, gli squilibri socioeconomici, il consumismo e l’uso antiumano della tecnologia, può diventare casa ove regnano verità, amore, giustizia e pace.
Alla forza del Natale del Bambino Gesù che divinizza e trasfigura l’umanità, papa Francesco connette il Grande Giubileo 2025 che inizieremo in Diocesi il prossimo 29 dicembre, partendo da san Francesco, subito dopo le 17,30, per giungere sin qui in cattedrale, ove celebreremo l’Eucaristia. Il Giubileo per gli ebrei cadeva ogni 50 anni. Con esso si doveva restituire l’uguaglianza a tutti i figli d’Israele, offrendo nuove possibilità alle famiglie che avevano perso le loro proprietà e la libertà personale. Una tale tradizione è stata ripresa dalla Chiesa cattolica con Bonifacio VIII nel 1300. Innestando la tradizione del Giubileo ebraico nel mistero dell’incarnazione, morte e risurrezione di Gesù Cristo, la Chiesa cattolica ne dà un significato più spirituale, universale, cosmico. Lo fa divenire anno della conversione, della remissione dei peccati e delle pene dei peccati, della riconciliazione, dell’instaurazione di tutte le cose in Cristo. Consiste in un perdono generale, in un’indulgenza aperta a tutti, che si può ottenere adempiendo alcuni atti religiosi. Nel Messaggio per la Giornata mondiale della Pace 2025 papa Francesco propone, con la conversione dai propri peccati, diversi cambiamenti culturali e strutturali per affrontare le condizioni di ingiustizia e diseguaglianza della famiglia umana. In particolare, sollecita al condono del debito estero spesso collegato col debito ecologico, all’eliminazione della pena della morte, sostituita dall’ergastolo; alla costituzione di un Fondo mondiale che elimini definitivamente la fame e faciliti attività educative, utilizzando una percentuale fissa del denaro impiegato negli armamenti. Vivendo con gioia il Natale di Gesù, e il connesso Giubileo 2025, rinnoviamo la nostra esistenza, la nostra società. «Che il 2025 – si augura papa Francesco – sia un anno in cui cresca la pace! Quella pace vera e duratura, che non si ferma ai cavilli dei contratti o ai tavoli dei compromessi umani. Cerchiamo la pace vera, che viene donata da Dio a un cuore disarmato – aggiunge il pontefice -: un cuore che non si impunta a calcolare ciò che è mio e ciò che è tuo; un cuore che scioglie l’egoismo nella prontezza ad andare incontro agli altri; un cuore che non esita a riconoscersi debitore nei confronti di Dio e per questo è pronto a rimettere i debiti che opprimono il prossimo; un cuore che supera lo sconforto per il futuro con la speranza che ogni persona è una risorsa per questo mondo».
Buon Natale e buon Anno Giubilare a tutti, piccoli e grandi.
+ Mario Toso