[dic 21] Omelia – IV Domenica di Avvento

21-12-2025

Faenza, 21dicembre 2025.

Con la quarta domenica di Avvento siamo di fronte agli ultimi giorni del nostro cammino verso Natale. Dobbiamo intensificare la nostra preparazione per fare davvero Natale, non in maniera abitudinaria, bensì più convinta e partecipata. Chiediamoci: dall’inizio dell’Avvento sino ad oggi, ci siamo realmente preparati? È cambiato qualcosa nella nostra vita personale, famigliare e comunitaria? Forse, dobbiamo riconoscere che la preparazione del Natale o, meglio, l’annuncio del Natale è stato fatto maggiormente dai negozi, dai supermercati. Forse, il Natale dei negozi ci ha anticipati e superati anche quest’anno. Il Natale di Gesù non ha ancora avuto la centralità che meritava nei nostri cuori, nelle nostre scelte, nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità?

Siamo ancora in tempo. Cosa dobbiamo fare? Guardiamo a Maria e a Giuseppe, alla proposta che è stata fatta a loro e riflettiamo sulla loro reazione rispetto al compito che si sono assunti. All’annuncio dell’arcangelo Gabriele, Maria, che non capisce tutto e si pone alcuni interrogativi – come sarà possibile, non conoscendo uomo, si domanda – risponde senza indugio: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga per me secondo la tua parola». A Giuseppe, che era stato informato dalla sua promessa sposa che sarebbe divenuta madre, apparve in sogno un angelo del Signore per dirgli: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti, il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli salverà il suo popolo dai peccati».

Noi potremmo continuare a pensare al loro sgomento, alle loro legittime perplessità, ma a noi importa soprattutto che entrambi si sono fidati dei messaggeri di Dio. Entrambi hanno acconsentito e si sono resi disponibili perché avvenisse quanto aveva profetizzato Isaia: «la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa: «Dio con noi» (Mt 1, 18-24).

È per la loro fede che noi oggi celebriamo il Natale. Dal loro è scaturita la nostra Speranza, che è Cristo risorto. Attraverso il loro sì a Dio si è compiuta l’Incarnazione del Figlio di Dio, che ha generato la Chiesa, che tutti ci unisce e ci accorpa a Lui e in Lui, fra di noi.

Il sì di Maria e di Giuseppe ha spalancato per l’umanità scenari impensati, una moltitudine sterminata di uomini e donne, di giovani e nonni, che sono santi, perché sono vissuti nel Signore Gesù, nel suo Amore, col suo Amore, per il Padre. Pur con i loro limiti ed incostanze hanno arrecato, come un fiume in piena, liberazione, umanizzazione, civiltà. Quanta tenerezza misericordiosa è venuta a noi da Dio. Quante consolazioni sono giunte a noi pur in mezzo alle prove, alle fragilità, alle povertà della nostra umanità.

Se ci fermiamo a pensare a Gesù, il Verbo che si è fatto carne, che viene sempre e verrà alla fine dei tempi, non possiamo non riflettere sulla missione della Chiesa, sul suo compito oggi, nell’annuncio e nella testimonianza, mediante un cammino sinodale. I cristiani non sono pochi, sebbene in taluni Paesi europei diminuiscono rispetto al passato. Papa Leone XIV durante il suo viaggio a Nicea, là ove ha rinnovato, anche per noi, la professione di fede nell’incarnazione di Gesù, vero Figlio di Dio e vero Uomo, ha menzionato, in un contesto in cui appare evidente la fine di una cristianità, che sono due miliardi nel mondo, nonostante siano divisi. Ma rispetto all’evangelizzazione, alla sperata pace, delle quali c’è bisogno, ciò che conta non è tanto la quantità dei credenti, bensì la qualità della loro comunione con Cristo e la loro convinta disponibilità, come fu quella di Maria e di Giuseppe.

È importante per noi credenti non ridurre i festeggiamenti del Natale a momenti di folklore, di sole luminarie, di ulteriori consumi, di riunioni familiari ove, però, manca il Festeggiato principale. Ma è più importante non vanificare per noi il Natale di Gesù Cristo. Detto diversamente, noi possiamo neutralizzare, con la nostra libertà, con le nostre scelte, la forza rinnovatrice della sua presenza in noi, tenendolo fuori dal cuore, dando un’eccessiva importanza al nostro io. Alla fine di una cristianità, della quale parlano i sociologi e anche i teologi, ciò che conta di più è che, pur vivendo in comunità meno numerose, impoverite anche dall’inverno demografico, dalla perdita di qualche istituzione o involucro storico del seme cristiano, teniamo vivo il nostro ardore per Gesù, la nostra comunione con Lui e tra di noi. Facciamo un passo avanti, verso Gesù Cristo. Se lo facciamo, come Maria e Giuseppe, la nostra famiglia non cadrà. Le nostre comunità saranno meno incolori, più fraterne. Cari giovani se farete un passo in avanti verso il Dio con noi, e lo pregherete ogni giorno, la vostra vita sarà più gioiosa, colma di significato. Maria e Giuseppe ci aiutino a mettere Gesù Cristo al centro del nostro cuore, ad amarlo sopra ogni cosa. Solo così potremo fare Natale: condividendo il suo Amore, la sua divinità, che ci rendono luce del mondo.

 

+ Mario Toso