MARIA COLEI CHE FA RINVERDIRE LA COMUNIONE MISSIONARIA, IL CRISTIANESIMO, L’UMANITA’
Filetto, 14 agosto 2025.
Cari fratelli e sorelle, sono davvero lieto di essere qui con voi anche quest’anno per festeggiare la Madonna di Sulo, assieme al coro Laudate Dominum, proveniente dalla Diocesi di Faenza-Modigliana. È un appuntamento che in questo territorio ci convoca in coincidenza con la solennità dell’Assunzione, la Pasqua dell’estate.
La vita di Maria santissima che diviene Madre del Figlio di Dio – e, pertanto, è sempre unita al Figlio che si incarna, muore e risorge – si conclude su questa terra in una maniera straordinaria, impensata: con la sua assunzione alla gloria celeste, in anima e corpo. Quest’ultimo non subisce corruzione. In Maria contempliamo gli effetti della Pasqua del Figlio che porta all’umanità: divinità, incorruttibilità e trasfigurazione. La Madre del Figlio di Dio, come ha partecipato alla Passione, partecipa al destino del Risorto.
La Madre di Gesù, Figlio di Dio e Figlio dell’uomo, Verbo fatto carne, nonpoteva non condividere il destino glorioso di Colui che Ella, in modo ineffabile, ha intessuto come essere umano sotto il suo cuore. Come ogni bimbo e ogni bimba crescono e sono alimentati dalla propria madre, con il suo sangue, con la sua vita, così il Bambino Gesù è stato sviluppato e partorito prima dalla mente e poi dal ventre di Maria.[1]
La solennità dell’Assunta ci annuncia quanto condivideremo con la Beata Vergine. Al pari di Lei saremo trasfigurati e resi incorruttibili. Ecco perché Lei costituisce per noi un segno di sicura speranza e di consolazione.
Dobbiamo, allora, pensare alla nostra vita terrena come a un cammino che giunge ad una vita in pienezza, in maniera definitiva. Non finiremo nel nulla, bensì nell’abbraccio di Dio. Tutto questo ci riempie di gioia, benché sulla nostra strada incontreremo malattie, sconfitte morali, limiti che ci condizionano e ci fanno soffrire. Se Lei oggi, davanti ai nostri occhi, è innalzata verso il Cielo, come l’ha rappresentata il pittore Tiziano, noi crediamo che la nostra comunione con il Risorto ci innalzerà accanto al Figlio e a Lei, ove siamo tutti attesi.
Il tempo che ci resta, che ci separa ancora da quel momento di risurrezione, non è frattura profonda, insuperabile. Non dobbiamo viverlo con un dubbio che ci squassa nell’angoscia su questa terra, sino a considerare civiltà, pietà, libertà, la morte dolce, il suicidio solitario o assistito. Viviamo, piuttosto, nel desiderio struggente di un compimento che, seppure passi attraverso il dramma della morte, sfocerà in un approdo certo. Saremo accolti dal Pastore dagli occhi grandi, Gesù, che ci ha preceduti nel tunnel buio della morte. Confidiamo in Maria addolorata, nei nostri cari, nell’amore e nella pietà delle cure dei nostri fratelli e sorelle medici, la cui missione è di servire la vita, finché umanamente possibile.
Noi, che aspettiamo la risurrezione della carne, giungeremo nel Cielo, in Paradiso, tra le braccia dell’Amore eternamente vivificante, del Signore della vita.
Mentre siamo quaggiù siamo chiamati a partecipare alla missione del Verbo che si incarna e arricchisce ogni uomo e ogni donna della sua capacità di amare, di trasfigurare anche le croci, per realizzare il Regno di Dio, iniziato con la sua incarnazione.
Lavoriamo alla diffusione del Regno di Dio, che è diverso da tutti i regni di questa terra. Si tratta di un Regno che li supera e si distingue da essi. Avrà compimento alla fine dei tempi. Come la Madonna di Sulo, che ha fatto rinverdire un albero secco, siamo chiamati a ringiovanire l’umanità, le persone, le istituzioni, la stessa nostra comunità ecclesiale. E questo tutti insieme, nella comunione e nella missione, vivendo un’umile corresponsabilità. La via da percorrere è vivere e donare Colui che fa nuove tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra. Rigeneriamo l’umanità donando al mondo Gesù Cristo. Diventiamo protagonisti di una nuova creazione. Vivendo uniti a Lui ci rinnoviamo spiritualmente, moralmente, culturalmente. Diventiamo così, tutti insieme, artigiani di pace e di giustizia, per sbaragliare la cultura della guerra, che non costruisce istituzioni di pace, ma prepara nuove guerre.
Con Maria, camminiamo come Cristo nella Carità. Amiamo come Lui ha amato e come ha dato sé stesso all’umanità (cf Ef 4, 30-5,2). Doniamolo attraverso l’impegno dell’educazione alla fede, con una rinnovata evangelizzazione, non vivendo in modo autoreferenziale, andando ognuno per conto proprio. Se viviamo in maniera autoreferenziale il grande pericolo è che ci separiamo dalla comunità, da Gesù missionario! L’autoreferenzialità spegne il fuoco dello spirito missionario.[2] Se noi con le nostre associazioni, aggregazioni e movimenti camminiamo con deboli legami rispetto alla comunità parrocchiale, al Corpo di Cristo, ai pastori, rischiamo di perdere l’impulso missionario, di diventare di fatto indifferenti nei confronti delle esigenze del Vangelo. L’autoreferenzialità può portare addirittura a sostituirci allo stesso Gesù, a scavalcarlo.
Insegniamo e viviamo una spiritualità immersiva – così traduceva l’incarnazione sant’Ignazio di Loyola -, in noi stessi, in tutte le attività che compiamo, in tutti gli ambienti di vita. In un contesto di cultura fluida, diventiamo cultori di un pensiero nuovo, aperto a Dio. Come Gesù Cristo ha costituito i suoi discepoli in una comunità-comunione di apostoli missionari coraggiosi, così noi rivitalizziamo, rigeneriamo le nostre comunità stanche. C’è bisogno di laici e laiche che propongono la redenzione di tutta la persona, non solo dello spirito, come se Dio non avesse redento tutto l’uomo, le relazioni sociali, il creato.
Impariamo da Maria santissima a stare ai piedi della croce per far crescere famiglie, comunità ecclesiali che apprendono la vera scienza e sapienza dell’amore crocifisso. Con Gesù sulla croce effondiamo il suo Spirito d’amore, pieno di verità. Siamo missionari, attivi nella contemplazione. Saremo rivoluzionari come Cristo. Preghiamo il Signore della messe perché mandi operai nella sua vigna. Il popolo cristiano che non prega per le vocazioni e non le coltiva è un popolo destinato a perdere la propria missionarietà e la sua incidenza nelle coscienze e nella cultura.
La Madona di Sulo interceda per tutti noi.
+ Mario Toso
[1] Cf Agostino, Sermo 215, 4. PL 38, 1074.
[2] LEONE XIV, Omelia, sabato 31 maggio 2025.