[gen 29] Omelia – Solennità di San Giovanni Bosco

29-01-2023

San Marino, solennità di san Giovanni Bosco, 29 gennaio 2023.

Cari fratelli e sorelle, oggi ricordiamo un grande santo, san Giovanni Bosco, sacerdote, suscitato da Dio per i giovani, fondatore dei Salesiani, delle Figlie di Maria Ausiliatrice e dei Cooperatori salesiani. Victor Ugo lo definì un uomo da leggenda. Paul Claudel un volto modellato da Dio per mostrare ai giovani la sua bontà. Agli occhi di Pio IX don Bosco parve, in un tempo in cui si cercava di costruire l’unità nazionale, il tesoro d’Italia. Pio XI, papa Ratti, che da giovane visitò Valdocco, e che lo canonizzò il 1° aprile 1934 nel giorno di Pasqua, lo considerò un colosso di santità. È oggi importante rivivere, alla luce della Parola di Dio e della tradizione salesiana, il carisma di don Bosco, nel contesto del nostro tempo, spesso caratterizzato da «giorni nuvolosi e di caligine» (cf Ez 34, 11-31) per noi e per i nostri giovani. Esso si presenta a noi come attualissimo, indispensabile per continuare il servizio della Congregazione salesiana alla Chiesa e alla società, specie alle nuove generazioni.

In un clima culturale, che esalta la comunicazione e le interconnessioni, e che tuttavia ci porta, ad abitare paradossalmente mondi frammentati, di profonde solitudini – mondi tanto più fluidi e di spaesamento valoriale quanto più le identità sono miscelate, destrutturate -, comprendiamo la rilevanza e l’importanza di ambienti educativi e comunicativi ispirati dalla sapienza cristiana. Don Bosco ne comprese l’essenzialità già due secoli fa. Non a caso è andato incontro ai giovani poveri ed abbandonati, offrendo a loro una casa, un lavoro, una cultura, l’esempio di una fede che si incarna nella vita quotidiana. È stato definito, non paia fuor di luogo, vero intellettuale di massa. Il noto semiologo Umberto Eco, scomparso anni fa, ha letto ed interpretato l’esperienza dell’Oratorio di don Bosco come una macchina perfetta di comunicazione che gestisce in proprio, riutilizza e discute i messaggi provenienti dall’esterno. In tal modo, il progetto educativo dell’Oratorio nasceva stando nel mondo, divenendo però alternativo (rispetto alle categorie dominanti del tempo), e quindi non conformista, apportatore di innovazioni educative, in sintonia con la dignità umana. Alla luce dell’esperienza educativa del santo piemontese, ecco come dovremmo comportarci con riferimento alla cultura digitale, ai nuovi mezzi di comunicazione che ci avvolgono con i loro messaggi troppo semplificati, e quindi poco veritieri, e ci condizionano senza che ce ne accorgiamo, abituandoci ad esserne meri fruitori, quasi spettatori passivi a forma di imbuto: fare delle nostre famiglie, delle nostre scuole, delle nostre associazioni, dei laboratori di una nuova cultura e comunicazione, a servizio della crescita integrale dei giovani. Dovremmo seguire, su un altro piano, ciò che gli Ordini mendicanti del Medioevo, francescani e domenicani, vollero fare con le loro università: istituire centri culturali ove illuminare i grandi problemi del tempo con la luce del Vangelo, coniugando fede e vita, libertà e verità. Certo, per riuscire in questo intento, per ridare giovinezza e vitalità al pensiero cattolico, in una società e in una cultura senescenti dal punto di vista intellettuale e spirituale, dobbiamo essere tutti più reattivi rispetto ai gravi problemi odierni, più solerti nel discernimento. Ma, soprattutto, siamo chiamati ad uscire allo scoperto, a non vivere come ruote di scorta rispetto ad altri, specie di chi organizza la società secondo prospettive lontane dai valori umani e cristiani. Siamo, cioè, chiamati a dare il nostro apporto necessario ed originale di credenti. Siamo chiamati a pronunciarci chiaramente, e ad impegnarci ad inscrivere nelle istituzioni i valori del Vangelo, come hanno saputo fare i cattolici del passato, assieme ad altri uomini di buona volontà. Anche oggi c’è bisogno di persone con schiena eretta, atte a vivere l’Amore della e nella verità, ossia una carità pastorale ed intellettuale che illumina le intelligenze ed accende i cuori di empatia nei confronti della vita buona e del Bello, di Dio. Solo così si potranno forgiare nuove personalità, nuovi protagonisti nella vita sociale e politica. Ovvero cittadini capaci, a fronte di culture intrise di laicismo e di individualismo libertario, di proporre la promozione dei diritti individuali in connessione coi rispettivi doveri, di saper subordinare la ragione calcolante alla ragione pensante, la finanza alla politica.

Non solo la Chiesa ha bisogno di giovani attivi e protagonisti, ma anche la società, la città, la cultura, la scienza, l’economia e la politica. I giovani costituiscono un potenziale di energie spirituali, umane e morali, davvero enorme, ma purtroppo sottovalutato e inutilizzato. Senza di essi è difficile la rinascita, non si può sperare in un futuro di speranza per la Chiesa e per la società. Essi non debbono essere considerati buoni solo per il consumo, e non per una crescita sostenibile, che deve avvenire secondo una logica del dono e della gratuità. Ai tempi della prima rivoluzione industriale don Bosco mal sopportava città e quartieri popolati da giovani allo sbando, a rischio, senza un’occupazione, istruzione, senza Dio. Ancora oggi abbiamo giovani che né studiano né lavorano. Imprese, cooperative non trovano persone preparate professionalmente.

Ragione, religione ed amorevolezza era il trinomio su cui don Bosco imperniava la sua sapiente azione educatrice, liberatrice ed umanizzante del mondo giovanile. Cari confratelli salesiani, cari fratelli e sorelle un tale trinomio va rivalutato e reinterpretato proprio nell’attuale contesto socioculturale ove si realizzano l’agricoltura e l’industria 4.0. Oggi domina la ragione calcolante, strumentale, digitale, mentre dovrebbe vigoreggiare una ragione riflessiva, sapienziale. Oggi, i nostri giovani, sentono poco l’appartenenza a Cristo e alla Chiesa. Dovrebbero, invece, sperimentare un incontro filiale col Padre, disponibili ad andare ove Lui manda a servire, sapendo vivere un amore per sempre. I giovani hanno bisogno di incontri veri, ricchi di empatia e di convivialità, che dimostrino quanto la loro persona è importante per gli altri, per la società, per Dio.

Preghiamo per i giovani di questa parrocchia affinché, guardando ai salesiani e a don Bosco, si appassionino nell’impegno di far crescere i loro coetanei: siano giovani con i giovani per i giovani. Sulle orme di don Bosco operino per un rinascimento educativo della nostra società e per una civiltà che ponga il digitale e le nuove tecnologie a servizio della comunione delle persone reali e concrete. «In conclusione, fratelli – come scrive san Paolo ai Filippesi – tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto» dei nostri pensieri e delle nostre sollecitudini (Fil 4, 4-9).

Con don Bosco viviamo nella gioia di essere di Dio e di donarlo ai giovani. Tutta l’attività educativa di don Bosco era animata da una concezione trascendente della vita, dal primato dell’amore per Dio. Basti questa testimonianza di uno dei più illustri ex-allievi dell’Oratorio di Torino: don Orione. Quando don Bosco venne dichiarato santo, don Orione scrive ai suoi chierici nel 1934: «Ora vi dirò la ragione, il motivo, la causa per cui don Bosco si è fatto santo. Don Bosco si è fatto santo perché nutrì la sua vita di Dio. Alla sua scuola imparai che quel santo non ci riempiva la testa di sciocchezze, o di altro, ma ci nutriva di Dio, e nutriva sé stesso di Dio, dello Spirito di Dio. Come la madre nutre sé stessa per poi nutrire il proprio figliolo, così don Bosco nutrì sé stesso di Dio per nutrire di Dio anche noi».

In questa Eucaristia, che costruisce il corpo di Cristo, la Chiesa, ringraziamo il Signore per aver suscitato don Bosco, pastore secondo il suo cuore (cf Ez 34), padre e maestro della gioventù. Siamo anche noi come don Bosco persone che formano Cristo nei giovani.

                                                  + Mario Toso