Dopo aver relazionato sulla situazione della salute dei presbiteri e dei diaconi e della morte improvvisa di don Tarciso Dalle Fabbriche, S.E. Monsignor Mario Toso ha relazionato in merito ai seguenti punti in occasione della prima giornata della Tre giorni del Clero.
- Partenza dei frati conventuali di san Francesco e nomine
Preso atto della partenza dei Frati Minori Conventuali, decisa dal Capitolo generale all’inizio del 2025, volendo provvedere al bene spirituale della comunità parrocchiale di San Francesco a Faenza, il 14 luglio scorso ho nominato don Maria Paulraj Kasparraj, 45 anni, amministratore parrocchiale della Parrocchia di San Francesco, con tutti i diritti e i doveri esclusivamente connessi alla cura animarum, cioè la cura pastorale. Don Paul, religioso guanelliano, ha ricevuto l’indulto di esclaustrazione dal suo Superiore generale per proseguire l’esperienza pastorale in Diocesi. Originario dell’India, è da circa due anni, ossia dal 1° gennaio 2024, in servizio presso la nostra Chiesa.
Inoltre, ho nominato don Stefano Lega amministratore parrocchiale della parrocchia di San Francesco munendolo di tutti i diritti e i doveri previsti dal diritto per la legale rappresentanza. Dal punto di vista pastorale, don Stefano Lega -, che mantiene gli uffici diocesani attualmente ricoperti e la cura pastorale dei giovani dell’Unità Pastorale di Brisighella – per la parrocchia di San Francesco curerà il servizio di assistenza ecclesiale del Gruppo Scout Agesci Faenza 1.
La nomina ha effetto dal 7 settembre 2025 e, per sua natura, è ad nutum Episcopi.
Per spiegare le due suddette nomine ho ritenuto opportuno inviare una Lettera alle comunità di San Francesco e di Brisighella.
Eccone il testo:
Cari don Marco, don Paul, don Stefano e comunità cristiane di S. Francesco d’ Assisi in Faenza, S. Michele Arcangelo in Brisighella, S. Giovanni Battista in Ottavo, S. Pietro in Fognano.
Cari gruppi AGESCI Faenza 1 e Val di Lamone.
Questa settimana, in vista della partenza dei Frati minori conventuali, ho provveduto alle nuove nomine.
La scarsità numerica del clero richiede urgentemente una rinnovata impostazione del ministero presbiterale e, di conseguenza, delle comunità cristiane. Il presbitero si configura sempre di più nel suo ministero di annuncio, di guida della comunità e di presidenza dei i sacramenti, in comunione con il Vescovo. Questo carattere di presidenza non è meramente per l’organizzazione, ma per garantire che quanto si annuncia, si celebra e si decide, sia secondo il Vangelo e la Tradizione degli Apostoli.
In questo senso, i presbiteri non potranno e non dovranno essere ovunque, ma si dovranno occupare soprattutto della formazione dei fratelli adulti e giovani perché possano insieme con loro animare la comunità, far conoscere, amare e celebrare il Signore Gesù. In questo senso si curi particolarmente la formazione culturale e spirituale di ciascuno anche attraverso i colloqui individuali.
- Paul sarà, amministratore cura animarum, di fatto Parroco, della Parrocchia di S. Francesco d’Assisi e don Stefano, che mantiene l’incarico gravoso di Economo diocesano, sarà Legale rappresentante della stessa parrocchia dovendo amministrare, in comunione con il Parroco e coadiuvato concretamente dal Consiglio per gli affari economici i beni della parrocchia. Don Stefano, per quanto concerne la cura pastorale, si occuperà della sola assistenza spirituale del gruppo AGESCI Faenza 1.
Per quanto concerne l’Unità pastorale di Brisighella, don Stefano si occuperà unicamente di animare, insieme al Parroco don Marco, la pastorale dei ragazzi e l’assistenza del Clan del gruppo Val di Lamone.
Chiedo a tutti, una decisa conversione pastorale, adeguata alle forze che ci sono, ma non per questo meno evangelica e ad accogliere le inevitabili diminuzioni del numero delle S. Messe fin troppo abbondanti data la partecipazione e la capienza delle Chiese.
Infine, non dimentichiamo, di curare il discernimento vocazionale dei giovani perché rispondano con prontezza alla chiamata per il ministero ordinato a servizio della nostra Chiesa.
Faenza, 16 luglio 2025
+ Mario Toso, Vescovo
- Nomina del salesiano don Roberto Cornacchia a parroco in solido non moderatore dellaParrocchia di San Lorenzo in Marradi
Volendo assicurare la presenza di un altro presbitero che provveda alla cura pastorale delle parrocchie dell’Unità pastorale Marradi, il 26 agosto scorso ho nominato don Roberto Cornacchia parroco in solido non moderatore della Parrocchia di San Lorenzo in Marradi. Per essere accolto nella nostra Diocesi Don Roberto ha ricevuto dal Dicastero per gli istituti di Vita Consacrata l’indulto di lasciare liberamente l’Istituto salesiano. Affiancherà il parroco don Mirko Santandrea nella cura pastorale della comunità. Salesiano, originario della nostra Diocesi, don Roberto rappresenta un arricchimento prezioso per tutta la comunità diocesana, che lo accoglie con gioia.
Don Roberto Cornacchia, nasce a Faenza il 1° novembre 1968 da Graziella e Vittorio, secondo di quattro figli, unico maschio. All’età di nove anni perde prematuramente la sorella maggiore a causa di un tragico incidente, ma la successiva nascita di due sorelle gemelle, Marina e Monica – ora sposate – riporta vita e serenità in famiglia. Partecipa assiduamente fin da piccolo alle attività della parrocchia di S. Stefano; qui riceve i sacramenti e matura nella fede, grazie anche all’amicizia con l’anziano parroco.
Frequentando la scuola media presso l’istituto delle Benedettine Vallombrosane di S. Umiltà, viene avviato allo studio della musica che culminerà con il diploma di clarinetto al Conservatorio di Pesaro. La passione per il ciclismo, ereditata dal papà, lo porterà a praticare questo sport anche a livello agonistico. Dopo il servizio militare, la ricerca di un lavoro stabile lo riconduce provvidenzialmente all’istituto di S. Umiltà come insegnante di Educazione Musicale nella scuola media e canto corale nell’istituto magistrale. Contemporaneamente inizia a frequentare l’Oratorio Salesiano. La familiarità con i Salesiani, il contatto con i giovani della scuola e dell’Oratorio lo confermano nel pensiero che il Signore gli chiede di donare la vita per il bene dei giovani. Così a 25 anni entra nel noviziato salesiano di Lanuvio presso Roma e l’8 settembre 1994 emette la prima professione religiosa come Salesiano di don Bosco. Riceve l’Ordinazione sacerdotale il 22 giugno del 2002 nella cattedrale di Faenza. Nel 2003 consegue alla Lateranense (Roma) la Licenza in Teologia della Vita Consacrata.
I primi anni di ministero sacerdotale lo portano a Macerata (2003-2005) come animatore vocazionale dell’Ispettoria Adriatica e catechista della scuola media. Inviato in Abruzzo vi trascorre un anno a Vasto, collaborando nelle varie attività di quella Parrocchia-Oratorio, e quattro anni (2006-2010) come incaricato dell’oratorio di Sulmona.
Dopo la nascita dell’attuale Circoscrizione Salesiana dell’Italia Centrale per tre anni è chiamato ad occuparsi della formazione dei futuri salesiani, come Socio del maestro, al Noviziato Salesiano di Genzano (2010-2013).
Ultimamente dopo una breve esperienza a Frascati come insegnante di religione, giunge a Terni dove gli viene affidata la conduzione dell’Oratorio. Invitato poi a collaborare nella parrocchia-Oratorio di Livorno, nel settembre 2016 è entrato a far parte della comunità di Macerata.
Dal 2020 al 2023 è stato nell’opera Salesiana di Latina, presso la Cattedrale di San Marco, come collaboratore in parrocchia e nelle varie attività dell’oratorio centro giovanile.
Nell’estate del 2023 viene inviato nella comunità della Parrocchia – Oratorio di Civitavecchia. Dal 2020 ad oggi (2025) è segretario della Regione Mediterranea dei Salesiani di Don Bosco.
- Ordinazioni
Sabato 15 novembre, alle ore 18, nella Cattedrale di Faenza, ordinerò presbitero il Diacono Rosario Oddo, che fa parte dell’Opera Santa Maria della Luce, incardinandolo nell’Arcidiocesi di Bertoua (Cameroun). Nato ad Hagen (Germania) il 25.07.1977, è stato ordinato Diacono lo scorso 26 aprile.
- Alcuni orientamenti pastorali dal magistero di papa Leone XIV
A fronte dei cambiamenti epocali, come la terza guerra mondiale a pezzi, l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, la guerra tra Israele e Palestina, il capitalismo woke degli Stati Uniti, che pare travolgere la democrazia,[1] con la scomparsa di papa Francesco (21 aprile 2025) e l’inizio del nuovo pontificato di papa Leone XIV,[2] non finisce per la Chiesa il tempo dell’evangelizzazione e della speranza. Semmai continua e si intensifica. È il momento in cui è richiesto, più di prima, di non rinchiudersi in sé stessi e di non rallentare il passo.
Occorre guardare agli orizzonti che Dio tiene sempre aperti dinnanzi a noi. Va colta la presenza del Figlio che ci è sempre vicino, opera nella storia e non ci abbandona. Egli ci sollecita, a guardare in avanti, alzando gli occhi verso il luogo ove siede glorioso, accanto al Padre.
Cristo ci spinge da dentro alla Chiesa che formiamo in Lui, con Lui, il missionario per eccellenza. Ci sollecita ad uscire,[3] ad evangelizzare ogni uomo, tutto l’uomo. E ciò perché la salvezza che porta il Signore Gesù all’umanità è integrale, riguarda tutta la persona nella sua interezza, tutto il creato.
Nell’anno pastorale che sta di fronte è senz’altro da confermare, muovendo da un’ecclesiologia della comunione e della missione, l’orientamento che il pontefice ha offerto ai vari soggetti ecclesiali che hanno avuto modo di incontrarlo e di sentire la sua parola, ossia la prospettiva di un’umile corresponsabilità nell’annuncio del Vangelo, della testimonianza della carità, della realizzazione del Regno di Dio. Tutti sono missionari. Tutti sono chiamati a contribuire all’animazione delle varie attività umane e dei vari ambienti sociali mediante l’amore trasfigurante di Gesù Cristo. Il Regno di Dio è sostenuto dallo Spirito d’Amore.
Per noi, che siamo parte della Chiesa che è in Italia, assume senz’altro un notevole significato quanto Leone XIV ha detto ai Vescovi della Conferenza Episcopale Italiana, ricevendoli nell’Aula delle Benedizioni il 17 giugno scorso.
Fatte alcune premesse circa la condizione della Chiesa che vive in Italia – caratterizzata dalle sfide legate al secolarismo, a una certa disaffezione nei confronti della fede, alla crisi demografica, al fenomeno delle migrazioni e della multireligiosità, al problema della pace, all’intelligenza artificiale, alle biotecnologie, all’economia dei dati, alla pervasività della comunicazione digitale e dei social che mutano la nostra percezione ed esperienza della vita: in questo scenario la dignità dell’umano rischia di venire appiattita o dimenticata, sostituita da funzioni, automatismi, simulazioni; la persona non è un sistema di algoritmi: è creatura, relazione, mistero; caratterizzata, inoltre, dal diventare «piccolo gregge», che si riorganizza a livello diocesano in «unità pastorali», in attività e aree pastorali sempre più integrate tra di loro, in rinnovamento della pastorale vocazionale e giovanile, in nuove istituzioni-comunità formative e di accompagnamento, in collaborazioni e condivisioni sul piano economico ed amministrativo, ecc. – papa Leone XIV indica alcune attenzioni pastorali e offre alcune esortazioni per il prossimo futuro.
A) Attenzioni pastorali, relative all’annuncio del Vangelo, alla pace, alla dignità umana, al dialogo.
+) Slancio rinnovato nell’annuncio e nella trasmissione della fede
«Innanzitutto, è necessario uno slancio rinnovato nell’annuncio e nella trasmissione della fede. Si tratta di porre Gesù Cristo al centro e, sulla strada indicata da Evangelii gaudium, aiutare le persone a vivere una relazione personale con Lui, per scoprire la gioia del Vangelo. In un tempo di grande frammentarietà è necessario tornare alle fondamenta della nostra fede, al kerygma. Questo è il primo grande impegno che motiva tutti gli altri: portare Cristo “nelle vene” dell’umanità (cfr Cost. ap. Humanae salutis, 3), rinnovando e condividendo la missione apostolica: «Ciò che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi» (1Gv 1,3). E si tratta di discernere i modi in cui far giungere a tutti la Buona Notizia, con azioni pastorali capaci di intercettare chi è più lontano e con strumenti idonei al rinnovamento della catechesi e dei linguaggi dell’annuncio».
+) La relazione con Cristo ci chiama a sviluppare un’attenzione pastorale sul tema della pace.
Il Signore, infatti, ci invia al mondo a portare il suo stesso dono: “La pace sia con voi!”, e a diventarne artigiani nei luoghi della vita quotidiana. Penso alle parrocchie, ai quartieri, alle aree interne del Paese, alle periferie urbane ed esistenziali. Lì dove le relazioni umane e sociali si fanno difficili e il conflitto prende forma, magari in modo sottile, deve farsi visibile una Chiesa capace di riconciliazione. L’apostolo Paolo ci esorta così: «Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti» (Rm 12,18); è un invito che affida a ciascuno una porzione concreta di responsabilità. Auspico, allora, che ogni Diocesi possa promuovere percorsi di educazione alla nonviolenza, iniziative di mediazione nei conflitti locali, progetti di accoglienza che trasformino la paura dell’altro in opportunità di incontro. Ogni comunità diventi una “casa della pace”, dove si impara a disinnescare l’ostilità attraverso il dialogo, dove si pratica la giustizia e si custodisce il perdono. La pace non è un’utopia spirituale: è una via umile, fatta di gesti quotidiani, che intreccia pazienza e coraggio, ascolto e azione. E che chiede oggi, più che mai, la nostra presenza vigile e generativa.
+) Ci sono poi le sfide che interpellano il rispetto per la dignità della persona umana.
L’intelligenza artificiale, le biotecnologie, l’economia dei dati e i social media stanno trasformando profondamente la nostra percezione e la nostra esperienza della vita. In questo scenario, la dignità dell’umano rischia di venire appiattita o dimenticata, sostituita da funzioni, automatismi, simulazioni. Ma la persona non è un sistema di algoritmi: è creatura, relazione, mistero. Mi permetto allora di esprimere un auspicio: che il cammino delle Chiese in Italia includa, in coerente simbiosi con la centralità di Gesù, la visione antropologica come strumento essenziale del discernimento pastorale. Senza una riflessione viva sull’umano – nella sua corporeità, nella sua vulnerabilità, nella sua sete d’infinito e capacità di legame – l’etica si riduce a codice e la fede rischia di diventare disincarnata.
+) Raccomando, in particolare, di coltivare la cultura del dialogo
È bello che tutte le realtà ecclesiali – parrocchie, associazioni e movimenti – siano spazi di ascolto intergenerazionale, di confronto con mondi diversi, di cura delle parole e delle relazioni. Perché solo dove c’è ascolto può nascere comunione, e solo dove c’è comunione la verità diventa credibile. Vi incoraggio a continuare su questa strada!
Annuncio del Vangelo, pace, dignità umana, dialogo: sono queste le coordinate attraverso cui potrete essere Chiesa che incarna il Vangelo ed è segno del Regno di Dio.
B) Alcune esortazioni per il prossimo futuro.
+) In primo luogo: andate avanti nell’unità, specialmente pensando al Cammino sinodale.
Il Signore – scrive Sant’Agostino – «per mantenere ben compaginato e in pace il suo corpo, così apostrofa la Chiesa per bocca dell’Apostolo: Non può dire l’occhio alla mano: non ho bisogno di te; o similmente la testa ai piedi: non ho bisogno di voi. Se il corpo fosse tutto occhio, dove l’udito? Se il corpo fosse tutto udito, dove l’odorato?» (Esposizione sul Salmo 130, 6). Restate uniti e non difendetevi dalle provocazioni dello Spirito. La sinodalità diventi mentalità, nel cuore, nei processi decisionali e nei modi di agire.
+) In secondo luogo, guardate al domani con serenità e non abbiate timore di scelte coraggiose!
Nessuno potrà impedirvi di stare vicino alla gente, di condividere la vita, di camminare con gli ultimi, di servire i poveri. Nessuno potrà impedirvi di annunciare il Vangelo, ed è il Vangelo che siamo inviati a portare, perché è di questo che tutti, noi per primi, abbiamo bisogno per vivere bene ed essere felici.
+) In terzo luogo, abbiate cura che i fedeli laici, nutriti della Parola di Dio e formati nella dottrina sociale della Chiesa
Siano protagonisti dell’evangelizzazione nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli ospedali, negli ambienti sociali e culturali, nell’economia, nella politica.
In vista della formazione in ambito dell’evangelizzazione sociale, a cui ha fatto riferimento Leone XIV potrebbe tornare utile il volume pubblicato dal sottoscritto, che omaggio a chi lo desidera: M. TOSO, Gioia e Speranza. Evangelizzazione, catechesi e insegnamento sociale, Edizione Delle Grazie, Faenza 2025.
- Il cammino sinodale
Con la Costituzione Apostolica Episcopalis Communio Papa Francesco ha disposto che il Sinodo non si fermi alla sola produzione di un testo conclusivo, ma sia integrato da altre due fasi. La prima l’abbiamo vissuta abbondantemente in questi cinque anni: la fase preparatoria, di ascolto e di discernimento del Popolo di Dio. Ad essa è seguita la fase celebrativa delle due Assemblee generali presiedute dal papa che sono sfociate in un Documento finale proposto a tutta la Chiesa (Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione). Il papa ha precisato che esso «fa parte del magistero ordinario del Successore di Pietro» e come tale richiede di essere accolto. Esso non è strettamente normativo, ma impegna comunque le Chiese a compiere scelte coerenti. In particolare, «le Chiese locali e i raggruppamenti di Chiese sono ora chiamati a dare attuazione, nei diversi contesti, alle autorevoli indicazioni contenute nel Documento, attraverso i processi di discernimento e di decisione previsti dal diritto e dal Documento stesso» (Papa Francesco, Nota di accompagnamento).
Alla fase preparatoria e alla fase celebrativa, segue la fase attuativa. Ovvero, parte integrante del cammino sinodale è la concretizzazione, l’incarnazione del discernimento e delle scelte prese in azioni, orientamenti, rinnovamenti che chiamano in causa ciascuno di noi.
Contemporaneamente a questa fase attuativa che coinvolge il livello universale della Chiesa, siamo inseriti anche nell’ultima fase del cammino sinodale nazionale delle Chiese in Italia: dopo due Assemblee al quale hanno partecipato anche i nostri delegati diocesani, ad ottobre verrà votato un nuovo documento che possa aiutare tutte le Diocesi su alcune scelte prioritarie.
E la nostra Diocesi come si sta muovendo? Innanzitutto, su richiesta del Card. Grech che ha scritto a tutti i Vescovi che per sostenere questa fase attuativa «le équipe esistenti andranno valorizzate ed eventualmente rinnovate» (Card. Grech, Lettera, 15 marzo 2025) ho provveduto ad un decisivo potenziamento della nostra Equipe diocesana. Oltre ai Referenti don Michele Morandi e Cristina Dalmonte, ho confermato e nominato Maria Elena Cembali
don Marco Corradini, il diac. Giulio Donati, Vincenza Morini, Susanna Rondinini, Alessandra Scalini, Benedetta Scocca, Massimiliano Spata, sr. Maria Elisa Visani, Francesca Zinzani e Marino Angelocola come segretario.
Questa Equipe e gli altri Settori pastorali si stanno già muovendo secondo gli orientamenti emersi in Diocesi e che ritroviamo nel Documento finale del Sinodo universale. Solo per citare alcune tematiche fondamentali:
A) Gli organi di partecipazione
«Gli organismi di partecipazione costituiscono uno degli ambiti più promettenti su cui agire per una rapida attuazione degli orientamenti sinodali, che conduca a cambiamenti percepibili in breve tempo. Una Chiesa sinodale si basa sull’esistenza, sull’efficienza e sulla vitalità effettiva, e non solo nominale, di questi organismi di partecipazione, nonché sul loro funzionamento in conformità alle disposizioni canoniche o alle legittime consuetudini e sul rispetto degli statuti e dei regolamenti che li disciplinano» (Documento finale, 103-104).
L’Equipe sta organizzando un incontro, all’interno della Scuola diocesana di formazione teologica, proprio per iniziare un dialogo e una formazione per i Consigli pastorali. Devono funzionare, avere una «vitalità effettiva», per poter stimolare la corresponsabilità dei laici, la partecipazione sinodale ai processi decisionali (in ordine all’annuncio del Vangelo), l’etica della trasparenza, del rendiconto e della valutazione di quanto amministriamo come Chiesa.
B) La Scuola diocesana di formazione teologica
Sempre sulla scia dell’ascolto sinodale, emerge un bisogno di formazione adeguata degli operatori pastorali e dei laici, al quale la nostra Scuola diocesana sta cercando di rispondere sia con un rinnovato impegno negli strumenti di comunicazione, sia con l’arricchimento della proposta culturale. Senza dimenticare che la nostra Scuola non può sostituire l’ISSR di Forlì, da quest’anno, con la nomina del nuovo Direttore, il prof. Riccardo Drei che ha appena concluso la Licenza in Teologia dell’Evangelizzazione alla Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna, abbiamo scelto di metterne in luce l’indole pastorale, rendendola a tutti gli effetti un Settore pastorale all’interno dell’Area Annuncio e Catechesi.
C) Catechesi dei bambini e degli adulti, liturgia
Oltre ad un rinnovato impegno nella Catechesi ordinaria delle nostre parrocchie, ho promulgato un nuovo Direttorio per l’Iniziazione cristiana degli adulti (1° marzo 2025), nel quale, oltre a ribadire l’importanza del cammino catecumenale richiesto dalla Chiesa, emerge la necessità di pensare cammini ecclesiali di accompagnamento nella fede per quanti chiedono i Sacramenti.
Altro tema emerso in Diocesi è l’importanza della Liturgia, della celebrazione della domenica come giorno del Signore. L’attuazione dell’ascolto sinodale in questo ambito è esplicita nel nuovo Direttorio per la celebrazione della domenica e della Liturgia della Parola con comunione eucaristica che ho promulgato il 18 luglio. Allo stesso tempo, il Settore Liturgia sta continuando a proporre una formazione specifica all’interno della Scuola di teologia, al quale quest’anno si aggiunge un ulteriore impegno verso i gruppi liturgici parrocchiali.
- Aree interne: Lettera aperta al Governo e al Parlamento
Ho sottoscritto, assieme ad oltre 140 tra Cardinali, Arcivescovi, Vescovi e Abati, la “Lettera aperta al Governo e al Parlamento”, redatta a conclusione dell’annuale convegno dei Vescovi delle Aree interne. Il documento è stato consegnato all’Intergruppo Parlamentare “Sviluppo Sud, Isole e Aree Fragili”. Ecco il testo:
Nella difficile fase in cui siamo immersi è indubbio che nel Paese si stia allargando la forbice delle disuguaglianze e dei divari, mentre le differenze non riescono a diventare risorse, tanto da lasciare le società locali – e in particolare i piccoli centri periferici – alle prese con nuove solitudini e dolorosi abbandoni. Sullo sfondo, assistiamo alla più grave eclissi partecipativa mai vissuta. S’impone, dunque, una diversa narrazione della realtà, capace nel contempo di manifestare una chiara volontà di collaborazione e di sostegno autentico ed equilibrato, al fine di favorire le resistenze virtuose in atto nelle cosiddette Aree Interne, dove purtroppo anche il senso di comunità è messo a rischio dalle continue emergenze, dalla scarsa consapevolezza e dalla rassegnazione.
La recente pubblicazione del Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne, che aggiorna la Strategia Nazionale per questi territori, delinea per l’ennesima volta il quadro di una situazione allarmante, soprattutto per il calo demografico e lo spopolamento, ritenuti nella sostanza una condanna definitiva, tale da far scrivere agli esperti che «la popolazione può crescere solo in alcune grandi città e in specifiche località particolarmente attrattive» (p. 45). Nel testo, vengono a un certo punto indicati alcuni obiettivi che, però, per la stragrande maggioranza delle aree interne, risultano irraggiungibili per mancanza di «combinazione tra attrattività verso le nuove generazioni e condizioni favorevoli alle scelte di genitorialità» (ivi). Sono molti gli indicatori che fanno prevedere all’ISTAT un destino delle aree interne che, sotto tanti aspetti, sarebbe definitivamente segnato, al punto che l’Obiettivo 4 della Strategia nazionale s’intitola: «Accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile». In definitiva, un invito a mettersi al servizio di un “suicidio assistito” di questi territori. Si parla, infatti, di struttura demografica ormai compromessa, «con basse prospettive di sviluppo economico e deboli condizioni di attrattività. Queste aree non possono porsi alcun obiettivo di inversione di tendenza ma non possono nemmeno essere abbandonate a sé stesse». In sintesi, il sostegno per una morte felice.
In questo quadro complesso – e preoccupante! –, la comunità ecclesiale resta una delle poche realtà presenti ancora in modo capillare sul territorio nazionale. Già nel maggio 2019 i vescovi della Metropolia beneventana sottoscrissero un documento (Mezzanotte del Mezzogiorno? Lettera agli Amministratori) che metteva a fuoco il persistente e grave ritardo nello sviluppo delle cosiddette “aree interne”. Prese avvio allora un percorso che ha avuto i suoi sviluppi. Via via s’è andata difatti manifestando in maniera crescente anche l’esigenza di mettere a fuoco la questione da un punto di vista più strettamente pastorale: è per questo che, dal 2021 ogni anno, a Benevento, s’incontrano vescovi provenienti da tutte le regioni d’Italia al fine di avviare un confronto con l’obiettivo, se non di enucleare una pastorale per le aree interne, almeno di abbozzarne qualche linea.
Va, inoltre, precisato che la stessa Caritas italiana, facendo seguito alle richieste delle Caritas diocesane, sta avviando un coordinamento nazionale per le aree interne, pure con l’intento di sostenere le realtà territoriali nell’elaborazione di progetti che promuovano la coesione sociale e favoriscano la “restanza”, ovvero la possibilità concreta per le persone, soprattutto i giovani, di scegliere di rimanere e costruire il proprio futuro nei luoghi in cui sono nati: un lavoro frutto di un processo dal basso, fondato sull’ascolto dei bisogni e sulla mappatura partecipata delle risorse locali. Anche diversi interventi promossi con i fondi dell’8xmille testimoniano questa attenzione concreta: attivazione di una rete d’infermieri e operatori sociosanitari di comunità, servizi di taxi sociale, valorizzazione delle risorse esistenti per favorire occupazione e imprenditorialità locale.
Come vescovi e pastori di moltissime comunità fragili e abbandonate, quindi, non possiamo e non vogliamo rassegnarci alla prospettiva adombrata dal Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne; risuonano anzi ancor più forti, dentro di noi, le parole del profeta: «Figlio dell’uomo, ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele» (Ez 3,17). Non possiamo del resto non considerare come, nel corso degli anni, documenti e decreti governativi e regionali siano finiti in un ingorgo di dispositivi legislativi per lo più inapplicati, non di rado utili soltanto a consolidare la distribuzione di finanziamenti secondo logiche politico-elettorali, mettendo spesso le piccole realtà in contrasto tra loro e finendo per considerare come progetti strutturali piccoli interventi stagionali.
Chiediamo perciò che venga esplorata con realismo e senso del bene comune ogni ipotesi d’invertire l’attuale narrazione delle aree interne. Sollecitiamo le forze politiche e i soggetti coinvolti a incoraggiare e sostenere, responsabilmente e con maggiore ottimismo politico e sociale, le buone prassi e le risorse sul campo, valorizzando un sistema di competenze convergenti, utilizzate non più per marcare differenze, ma per accorciare le distanze tra le diverse realtà nel Paese.
Chiediamo altresì di avviare un percorso plurale e condiviso in cui gli attori contribuiscano a costruire partecipazione e confronto così da generare un ripopolamento delle idee ancor prima di quello demografico.
Riteniamo, inoltre, che si debba ribaltare la definizione delle aree interne, passando da un’esclusiva visione quantitativa dello spazio e del tempo – in cui è ancora il concetto di lontananza centro-periferia a creare subalternità – a una narrazione che lasci emergere una visione qualitativa delle storie, della cultura e della vita di certi luoghi: si favoriscano esperienze di rigenerazione coerenti con le originalità locali e in grado di rilanciare l’identità rispetto alla frammentazione sociale; s’incoraggi il controesodo con incentivi economici e riduzione delle imposte, soluzioni di smart working e co working, innovazione agricola, turismo sostenibile, valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici, piani specifici di trasporto, recupero dei borghi abbandonati, co-housing, estensione della banda larga, servizi sanitari di comunità, telemedicina. In questi luoghi in cui la vita rischia di finire, essa può invece assumere una qualità superiore: guardarli con lo stesso spirito con cui ci si pone al capezzale di un morente sarebbe – oltre che segno di grave miopia politica – un torto fatto alla Nazione intera, poiché un territorio non presidiato dall’uomo è sottoposto a una pressione maggiore delle forze della natura, con il rischio – per nulla ipotetico – di favorire nuovi e sempre più vasti disastri ambientali, senza contare il rischio della perdita di parte di quell’immenso patrimonio artistico-architettonico che fa dell’Italia intera un museo a cielo aperto.
Ci auguriamo che queste nostre riflessioni, frutto di esperienze maturate sul campo, che offriamo in spirito di serena collaborazione, siano fatte oggetto di attenta riflessione da parte del Governo e del Parlamento. Per questo, saremmo lieti di poter esporre le nostre riflessioni in un dialogo sereno e costruttivo, qualora ciò si ritenesse opportuno.
Con vivissima cordialità.
+ Mario Toso, Vescovo
[1] Cf C. Rhodes, Il capitalismo Woke. Come la moralità aziendale minaccia la democrazia, Fazi Editore, Torino 2023. S. Rizzo, 2027. Fuga dalla democrazia, Solferino, Milano 2025; F. Fornaro, Una democrazia senza popolo. Astensionismo e deriva plebiscitaria, Bollati Boringhieri, Torino 2025. Sul tema democrazia e DSC si veda M. Toso, Chiesa e democrazia, Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa, Roma 20252
[2] Leone xiv, E pace sia! Parole alla Chiesa e al mondo, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2025.
[3] [3] «La Chiesa – scrive papa Francesco nella sua autobiografia – è chiamata a uscire da sé stessa e ad andare verso le periferie, non solo quelle geografiche, ma anche quelle esistenziali; quelle del mistero del peccato, del dolore, dell’ingiustizia, quelle dell’ignoranza e dell’assenza di fede, quelle del pensiero, quelle di ogni forma di miseria» (Francesco, Spera. L’autobiografia, Mondadori, Milano 2025, p. 244).