[set 08] Intervento – Mons. Adriano Vincenzi, geniale interprete della Dottrina sociale della Chiesa

08-09-2025

MONSIGNORE ADRIANO VINCENZI

GENIALE INTERPRETE DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

  1. L’incontro con Mons. Adriano Vincenzi sulla via della evangelizzazione del sociale, come umili servitori del Regno di Dio

Incominciai a conoscere Mons. Adriano Vincenzi allorché come Presidente della Fondazione «Giuseppe Toniolo» assunse anche la responsabilità della Rivista «La Società». Questa, infatti, era passata dalla proprietà e dalla direzione della Cooperativa di lavoro e solidarietà sociale «Cercate» per conto dell’Associazione Culturale “Pier Giorgio Frassati-Per la dottrina sociale cristiana” alla suddetta Fondazione, quanto a edizione, direzione e redazione. Nel primo numero della neonata Rivista facevo parte della Redazione. Nel 1992, nell’anno II / n. 2, accettai di esserne vicedirettore, cosa che è proseguita sino ad oggi. Ho così potuto accompagnare la Rivista «La Società» dalla sua nascita, nel 1991, seguendone sia gli sviluppi, sia il cambio del primo Direttore, prof. Stefano Fontana, nella persona del secondo Direttore, ossia il prof. Claudio Gentili, proveniente dal mondo delle ACLI.[1]

Debbo riconoscere che, in tal modo, mi è stato concesso di essere parte di un’esperienza ecclesiale unica, anche perché la Rivista è stata ed è ancora nel panorama italiano la sola che si è riproposta di compiere studi, ricerche sulla Dottrina sociale della Chiesa (=DSC), alimentando gradualmente un Centro di documentazione su di essa, che a parere del sottoscritto costituisce oramai una ricca miniera per i cultori di una tale disciplina,[2] nei suoi elementi costitutivi e nella sua sperimentazione storica.

Inutile accennare che, nel tempo, prima che Mons. Adriano assumesse la responsabilità della Rivista, si è iniziata una feconda collaborazione, a seguito di colloqui avuti con il cardinale Józef Glemp – il sottoscritto ricorda di averlo incontrato a Roma (precisamente a Palidoro) –, in vista di un’edizione polacca, a cura dell’Associazione “Civitas Christiana” di Varsavia. Il desiderio del cardinale polacco, dopo la caduta del muro di Berlino e l’esperienza degli avvenimenti del 1989, che si sono svolti prevalentemente nei Paesi dell’Europa orientale e centrale, dominati dall’ideologia marxista e collettivista, era quello di poter offrire al mondo cattolico, uno strumento culturale che potesse sostenere il laicato, ma anche il clero, nella missione evangelizzatrice, nel radicale riordinamento delle economie e delle società.

Il primo Direttore Stefano Fontana e la Redazione si sono mossi tempestivamente perché la DSC non fosse solo oggetto di studi e di ricerche storiche ma circolasse, con i suoi contenuti, il suo metodo di discernimento e la sua spiritualità, nella vita e nelle attività formative delle comunità ecclesiali e dei soggetti dell’associazionismo cattolico. Per questo, la Rivista fu corredata da Minidossier per l’animazione, rivolti a veicolare la DSC, nel progetto culturale – promosso in particolare dalla CEI e dal suo Presidente, il cardinale Camillo Ruini –, nei gruppi di catechesi, nelle associazioni, aggregazioni e nei movimenti. L’idea è maturata in seguito alle urgenze dell’evangelizzazione del sociale e anche a un viaggio che il sottoscritto, per motivi di lavoro, aveva compiuto nel Cile. Lì l’esperienza della diffusione della DSC nelle comunità ecclesiali aveva assunto anche la modalità, semplice ed efficace, della preparazione di fichas, ossia di pieghevoli che si trovavano in fondo alle chiese parrocchiali, e che esponevano in modo breve e chiaro, facilmente fruibile, il pensiero della Chiesa sul lavoro, sulla famiglia, sull’impresa, sulla politica, insomma sui vari temi della DSC e sulla spiritualità da essa promossa.

  1. Una fase di intensa collaborazione con Claudio Gentili e con Mons. Adriano Vincenzi

Una volta divenuto Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, la collaborazione con la Rivista e i suoi responsabili, a livello italiano, è divenuta più intensa. Ricordo quando ricevetti presso il Pontificio Consiglio, il nuovo Direttore e Mons. Adriano, Presidente della Fondazione Giuseppe Toniolo, assieme ad altri collaboratori, i quali mi sottoposero il loro proposito di promuovere un Festival della DSC, non perché l’iniziativa dipendesse dal sottoscritto ma per sentire il mio parere assieme ad eventuali suggerimenti. Ne fui positivamente impressionato. Mi parve da subito un’iniziativa provvidenziale. Compresi che, finalmente, si poteva introdurre nel vissuto di vari soggetti del cattolicesimo sociale, frammentato in una specie di diaspora, che li teneva quasi separati e poco influenti, una sperimentazione della DSC in maniera seria, accompagnata da una adeguata riflessione e dalla garanzia rappresentata dalla capacità organizzativa ed animatrice di Mons. Adriano, che aveva alle sue spalle l’esperienza di responsabile della pastorale sociale nella Diocesi di Verona.

Prima e dopo la nascita del Festival, Mons. Adriano fu e continuò ad essere attivo nel far comprendere l’importanza dell’esperienza credente della redenzione integrale del Redentore, che sospinge ad essere missionari e protagonisti nell’evangelizzazione del sociale e nella testimonianza dell’amore di Cristo. Più di una volta mi invitò a parlare delle prospettive della DSC, della sua natura, del suo metodo, dei suoi criteri, della sua dimensione spirituale e progettuale. E questo sia nel gruppo di Retinopera, nell’Alta Scuola di Formazione per la DSC che fece nascere a Roma, sia presso l’Acai, l’UCID, la Confcooperative, la Coldiretti, la Confartigianato e altre realtà.

Per Mons. Adriano, i credenti, radicati e fondati in Cristo, abitano la storia consapevoli di essere lievito – non a caso fondò l’Associazione Il Lievito –,[3] convinti di avere qualcosa di proprio da dare, qualcosa di decisivo per il bene comune della società civile e politica. Qualcosa che è dato dalla fede, dall’esperienza credente del mistero della redenzione integrale realizzata dal Figlio di Dio, Verbo fatto carne. Senza una tale esperienza spirituale, peraltro accessibile dalla ragione pensante di ogni persona, diventa difficile l’incarnazione del Vangelo, la sua fecondità nella storia. Senza la comunione con Cristo è difficile umanizzare, sempre più, l’ordine sociale e civile. «Non si tratta di predicare il Vangelo – scrisse Paolo VI – in fasce geografiche sempre più vaste o a popolazioni sempre più estese, ma anche di raggiungere e quasi sconvolgere mediante la forza del Vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell’umanità, che sono in contrasto con la Parola di Dio e con il disegno della salvezza».[4]

La DSC per essere efficace, dopo essere stata elaborata e promulgata, ha bisogno di essere comunicata, ricevuta, sperimentata, ossia tradotta in buone pratiche e, da ultimo, verificata. Solo così può essere aggiornata e rinnovata.  Solo così può completarsi quel circolo ermeneutico che include sia la formulazione della DSC sia la sua sperimentazione sia il suo ripensarsi e il suo aggiornarsi, indotti dalle res novae, dal mutare delle condizioni storiche. Tutto ciò mediante un incessante nascere e rinascere il cui unico obiettivo rimane quello del bene dell’umanità, della famiglia dei popoli in Dio. È specialmente su questo versante che si colloca e si staglia la personalità e il genio creativo ed operativo di Mons. Adriano. È entro queste coordinate che si può comprendere l’apporto originale del Festival, che coinvolge la Chiesa italiana, l’associazionismo cattolico e no, il ricco mondo dei vari soggetti della famiglia, del volontariato e della cooperazione, del lavoro, dell’economia, della finanza, della sanità, della cultura, dell’ecologia integrale, delle nuove tecnologie comunicative, della politica.

  1. Adriano educatore delle coscienze sociali, amico, pastore che accompagna

Mons. Adriano aveva il tratto del buon pastore che non alza la voce ma accompagna personalmente, in maniera suadente, i suoi amici con amabilità e tenerezza. Egli sapeva coinvolgere imprenditori, sindacalisti, professionisti, presbiteri, vescovi, religiosi, laici, giovani, nell’annuncio e nella testimonianza della DSC. Questo lo faceva mediante l’incontro, il dialogo, la spiegazione e la proposta del suo progetto, la sollecitazione all’impegno entusiasta, l’incoraggiamento nel dono di sé per Dio, per la Chiesa, per la gente. Non per niente era laureato in psicologia. Lui era seminatore perché buon pastore. Invitava molti ad essere, nella propria regione, nelle proprie associazioni, seminatori colmi di gioia e di speranza,[5] solleciti nell’essere veri e liberi, segni nuovi. Di qui l’idea stessa della costituzione dei Gruppi di DSC, sparsi in tutta Italia. Nelle varie città.

Presbitero veronese operava, per i suoi incarichi, anche a Roma, spesso a contatto con il Vaticano. Ciò gli permise di conoscere e di collaborare con varie personalità ecclesiastiche e laiche, non ultimo il suo Vescovo di Verona, che ivi aveva assunto nuove e alte responsabilità, ovvero S. Ecc. Mons. Attilio Nicora, poi creato cardinale. Fu Presidente sia dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica sia, in seguito, Presidente dell’Autorità di Informazione Finanziaria (A.I.F.).

Personalmente ho avuto l’occasione di approfondire la conoscenza di Mons. Adriano, come appassionato di Cristo, e quindi come testimone attivo e solerte dell’evangelizzazione del sociale, allorché ebbi l’opportunità di affrontare, in quanto Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, un tema complesso e delicato, quello della finanziarizzazione dell’economia reale. Ciò avvenne mediante il lavoro di coordinamento di esperti di alto profilo, al fine di preparare una Nota (dottrinale e pastorale), in stretto contatto con i Superiori della Segreteria di Stato, dal titolo Per una riforma del sistema finanziario e monetario internazionale nella prospettiva di un’autorità pubblica a competenza universale.[6]

Si tratta di un testo che raccolse l’appello di papa Benedetto XVI, il quale a fronte della crisi economica e finanziaria, nell’enciclica Caritas in veritate, sollecitava a riprogettare il cammino, a darsi nuove regole e a trovare nuove forme di impegno, a puntare sulle esperienze positive e a rigettare quelle negative. Le difficoltà del momento presente, secondo il pontefice, diventavano occasione di discernimento e di nuova progettualità. Esse andavano affrontate in modo fiducioso piuttosto che rassegnato.[7]

D’altra parte, i responsabili del Pontificio Consiglio della Giustizia e della pace erano convinti che il loro compito non fosse semplicemente quello di ripetere pedissequamente il magistero ma specialmente quello di spiegarlo e di coniugarlo dandogli una forma progettuale più concreta in risposta ai problemi che la crisi finanziaria del 2007-2008 aveva creato al mondo, all’economia stessa, agli imprenditori e, soprattutto, alla povera gente. Vennero coinvolti alcuni ex governatori delle Banche di Francia, d’Italia, come l’economista Michel Camdessus, l’economista Antonio Fazio, nonché diversi esperti della materia in questione, come alcuni consultori dello stesso Pontificio Consiglio, tra i quali Ignazio Musu.

La Nota, avute più redazioni, ricevuti i nulla osta necessari dalle Autorità competenti, venne presentata in Sala Stampa della Santa Sede in Via della Conciliazione. Moderava il direttore padre Federico Lombardi, ora Presidente della Fondazione vaticana «Joseph Ratzinger-Benedetto XVI». Creò un po’ di disorientamento nel pubblico il fatto che, quando un giornalista pose la domanda se le riflessioni pubblicate rappresentassero l’equivalente di un magistero papale, si rispose che il documento non aveva l’autorevolezza del magistero papale ma, invece, l’autorevolezza tipica di un documento di un Dicastero pontificio. Ma a parte questo, che necessitava di un approfondimento ad hoc, ciò che colpì maggiormente furono le vivaci reazioni di alcune ambasciate, tra le quali quella americana. In Vaticano, poi, alcune personalità con responsabilità economiche apicali, fecero rimostranze presso Benedetto XVI con interventi o lettere che tendevano a sminuirne l’importanza, la pertinenza o a mettere in cattiva luce chi vi aveva lavorato.[8] Per il sottoscritto fu un momento particolarmente istruttivo, tant’è che dopo questo episodio un ambasciatore latino-americano, somigliante al grande tenore italiano Luciano Pavarotti, incontrandomi presso l’Università Pontificia Salesiana, in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico, scherzando amichevolmente, mi chiese se fossi ancora Segretario del Pontificio Consiglio. Debbo confidare che fu una di quelle occasioni che servono a conoscere meglio il mondo in cui si lavora e a temprarsi nello spirito mentre si cerca di spendersi per diffondere ed aggiornare la DSC.

Il tempo che passa, però, aiuta a sedimentare i clamori e a riportare cose e fatti, gli stessi documenti ecclesiali o dicasteriali, alla loro più giusta dimensione.[9]

Ricevetti l’ambasciatore americano che presentò cortesemente il suo punto di vista e alla fine mi salutò cordialmente, lasciandomi in dono una bella medaglia d’argento con sopra raffigurata in oro la Casa Bianca. Reagirono anche alcuni valenti studiosi francesi che concentrarono le loro riflessioni e osservazioni sul principio di sussidiarietà e sull’espressione «autorità pubblica a competenza universale». Con loro ho avuto modo di dialogare presentando il punto di vista del Pontificio Consiglio su riviste straniere, per l’appunto francesi o spagnole, oltre che su quelle italiane.[10]

Il dott. Piero Schiavazzi, vaticanista presente in Sala Stampa, come direttore eventi di ELEA – ora egli è anche professore presso l’Università Link di Roma – il 9 marzo 2012, nella Sala San Pio X, in via della Conciliazione n. 5, organizzò un confronto tra il Viceministro dell’Economia e delle Finanze, professor Vittorio Grilli e il sottoscritto, Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, per far conoscere meglio e per mostrare ad un pubblico selezionato di personalità ecclesiastiche e laicali la pertinenza e l’attualità dei contenuti delle riflessioni del Pontificio Consiglio.

Il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, compiendo la sua missione, intercettò le esigenze e le proposte di non poche realtà della società civile, con le quali Mons. Adriano era a contatto e che lottavano da tempo per vedere regolamentato il capitalismo finanziario in vista della realizzazione del bene comune. Tra i vari soggetti che proponevano un progetto di riforma dei mercati finanziari e monetari, oltre alle Acli, ad Azione Cattolica. Legambiente, Banca etica, Fondazione responsabilità etica, Agesci, Libera, Mani tese, Campagna per la riforma della Banca mondiale, ci fu anche la Fiba-Cisl, il cui segretario generale era Giuseppe Gallo, laureato in filosofia, persona colta e saggia, Presidente della Fondazione Tarantelli e prima Direttore del Centro Studi della CISL a Firenze. Assieme al benemerito ed instancabile Giuseppe Gallo ci si impegnò a presentare la Nota presso il sindacato e varie categorie professionali. Nel settembre 2012, grazie anche ai contatti di Mons. Adriano con il sindacato della CISL, mi vidi attribuito il Premio Aquila d’Oro per la sezione “Solidarietà”, assieme al grande Ennio Morricone, per la sezione “Musica”, a Raffaele Bonanni per la sezione “Attività sindacali”.

Si potrebbe dire che si tratta di una quisquiglia. Ma ho desiderato segnalare qui, in un contesto particolare, la finezza delle relazioni poste in atto da Mons. Adriano con i suoi amici e collaboratori. Egli riconosceva la fatica e l’impegno anche dei vescovi e desiderava incoraggiarli con piccoli segni di affetto e di vicinanza.

Ma ciò che confortò gli ormai ex responsabili del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace – infatti questo è stato soppresso e assorbito in un Nuovo Dicastero, quello per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale – fu che la Nota trovò riscontro nei successivi documenti che affrontarono il tema della finanza, come in Oeconomicae et pecuniariae quaestiones. Considerazioni per un discernimento etico circa alcuni aspetti dell’attuale sistema economico-finanziario e in Mensuram Bonam.[11]

Ciò che ha, poi, posto fine di fatto ai dubbi sulla natura o no di magistero pontificio della Nota è stato il fatto che sia l’enciclica Laudato sì’ sia l’enciclica Fratelli tutti hanno praticamente assunto le riflessioni del Pontificio Consiglio facendole diventare chiaramente magistero papale.[12]

  1. A mo’ di conclusione: movimento cattolico politico sì o no?

Ancora oggi, tra gli stessi ecclesiastici si è divisi sull’opportunità che i cattolici, per poter meglio offrire il proprio contributo alla società civile e alla politica, sul piano nazionale o sul piano internazionale, possano costituire dei partiti o no. Vi è, ad esempio, il presidente emerito della CEI, card. Camillo Ruini, il quale ha chiaramente sostenuto che in questo momento storico non serve un partito cattolico, anche perché la Meloni governa bene e rivendica per il suo partito le radici cristiane. E, poi, dopo che è finita la DC e l’unità politica dei cattolici ci si può impegnare in qualunque partito e testimoniare la propria identità cristiana (sic!).[13] L’arcivescovo Vincenzo Paglia si mostra, invece, propenso a che vi siano alleanze tra cattolici e laici, uomini e donne di buona volontà, perché occorre essere insieme: per poter meglio far avanzare nelle società e nella politica, i valori del cristianesimo, per promuovere quella democrazia di cui si ha bisogno e che appare a rischio; per una visione comune del futuro, per contrastare meglio le guerre e la corsa alle armi, per ravvivare la passione per una fraternità universale, per rafforzare un umanesimo che superi gli estremismi del fondamentalismo religioso e del materialismo tecnocratico, per avere finalmente una legge sul fine vita.[14] A parte la posizione particolare e discutibile dell’arcivescovo Paglia sulla “figura” di legge – ossia una legge che non riconosca il diritto alla morte, ma che circoscriva i casi in cui assistere al suicidio non più punibile – sembra che egli non neghi la possibilità, non di un partito cattolico, ma di un partito in cui i cattolici, assieme ad altri uomini di buona volontà, credenti e non credenti, ma convergenti su beni-valori comuni condivisi, possano operare con più efficacia nel contesto socio-culturale odierno.

Diversi anni prima, alcuni cattolici, come Giuseppe Pisanu – ex democristiano e già Ministro dell’Interno nel secondo e terzo governo Berlusconi dal 2002 al 2006, Presidente dell’Antimafia, Senatore della Repubblica Italiana (2003-2008) -, dando per scontato che un partito consistente, pluralista, di ispirazione cristiana, non era al momento nelle corde della storia, confidavano nella creazione di soggetti culturali e sociali in grado di interloquire efficacemente con la politica. Era importante che tramite questi nuovi soggetti la DSC e le idee dei cattolici riuscissero a permeare e a orientare la politica italiana.

Il sottoscritto venne contattato dagli amici di Giuseppe Pisanu, tra i quali don Sandro Fadda, anch’egli sardo. Mi fu chiesto se, come Segretario del Pontificio Consiglio, potevo accompagnare, dal punto di vista culturale (!), personalità politiche di estrazione cattolica, interessate a costituire un gruppo di politici e di responsabili dell’associazionismo cattolico o di ispirazione cristiana, in ordine a compattare le forze e a coagulare un progetto di aggiornamento della politica alla luce della DSC, per formare, come andava ripetendo in vari interventi Benedetto XVI,[15] una nuova generazione di politici cattolici, cosa estremamente necessaria ancora oggi. Mi consigliai e, soprattutto, informai il Segretario di Stato, il card. Tarcisio Bertone, che aveva, essendo il pontefice Benedetto XVI primate d’Italia, anche una qualche competenza relativa alla CEI. Data la natura e la finalità del gruppo, che non era partitica, non ci furono difficoltà. Queste sorsero, invece, cammin facendo. Alcuni, che avevano in mente di costituire un partito per sostenere l’economista Mario Monti, che di lì a breve, nel mese di novembre, ricevette l’incarico di formare un governo tecnico, misero in cattiva luce presso la CEI l’iniziativa, verso cui mostrava un appoggio convinto Mons. Adriano. Ciò diventò evidente quando Mons. Adriano, che aveva aderito al progetto formativo e politico, per darne una più chiara impostazione e organizzazione, convocò un evento in via Torino, n. 146, a Roma, presso l’Auditorium della Confederazione Cooperative Italiane il 14 luglio del 2011. Ci fu una vasta partecipazione. Intervenne, oltre al sottoscritto,[16] e ad altri, anche Salvatore Martinez. Quest’ultimo, che aveva prima parlato con il cardinale Bagnasco, Presidente della CEI, riferì agli organizzatori il consenso dell’alto prelato. Cosa molto importante, perché alcuni responsabili della CEI, ad un livello inferiore rispetto al Presidente, avevano scoraggiato Mons. Adriano di promuovere l’iniziativa dell’incontro, senza il permesso esplicito dei Superiori, in quanto egli era assistente UCID e della Confederazione cooperative italiane. Dopo questo episodio, il gruppo di politici che aveva proposto di lavorare alla formazione di una nuova generazione di politici cattolici si sciolse. Dopo pochi mesi dalla costituzione del governo tecnico, il Presidente Mario Monti si dimise e scese in campo per formare, lui, un partito il 4 gennaio 2013, quando presentò la lista politica Scelta Civica (SC). Il sottoscritto e Mons. Adriano, anche per la reazione non proprio benevola della stampa e la scarsa convinzione di alcuni del mondo cattolico, senza medaglie o aquile dorate, tornammo a lavorare ognuno nel nostro campo, senza perderci di vista, coltivando sempre nel nostro cuore la passione per la DSC.

                                                     + Mario Toso

[1] Per uno sguardo storico sulla Rivista si leggano almeno: C. Gentili, Editoriale: La Società compie trent’anni, in «La Società», n. 4, luglio-agosto 2021, pp. 14-19; R. Beghini, 1991-2021. Trent’anni di storia della Rivista, in «La Società», n. 4, luglio-agosto 2021, pp. 22-25; M. Toso, Trentesimo anniversario de «La Società». Una rivista ancora indispensabile, in «La società», XXXI (2022), n. 3, pp. 142-156.

[2] Papa Leone XIV l’ha chiamata «disciplina» nel suo Discorso ai Membri della Fondazione Centesimus annus Pro Pontifice del 17 maggio 2025.

[3] L’Associazione privata di fedeli, Il lievito, per desiderio di Mons. Adriano, con il consenso del vescovo di Verona Mons. Giuseppe Zenti, nacque a Faenza nel maggio 2018. L’Associazione, il cui Statuto era stato da me approvato, ferma restando la sua natura privata, aveva e ha come compiti primari la formazione spirituale dei soci e il sostegno all’impegno dei singoli nel ricercare sempre nuove forme di evangelizzazione del sociale. Dopo la scomparsa di Mons. Adriano, tenuto conto che Il lievito ha sempre operato al di fuori dei confini della Diocesi di Faenza-Modigliana, ho ritenuto più opportuno che trovasse la sua sede legale proprio a Verona, per mano del nuovo vescovo Pompili, per consentire l’effettiva corrispondenza tra gli aspetti formali (autorità che opera il riconoscimento dell’Associazione e sede ufficiale della stessa) e quelli sostanziali (con particolare riferimento al territorio in cui Il lievito svolge prevalentemente la propria attività).

[4] Cf Paolo vi, Evangelii nuntiandi, n. 19.

[5] Per il mio ultimo volume ho scelto come titolo proprio il binomio gioia e speranza: cf M. Toso, Gioia e speranza. Evangelizzazione, catechesi e insegnamento sociale, Edizioni delle Grazie, Faenza 2025.

[6] Cf Pontificio consiglio della giustizia e della pace, Per una riforma del sistema finanziario e monetario internazionale nella prospettiva di un’autorità pubblica a competenza universale, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2011 (3.a ristampa).

[7] Cf Benedetto xvi, Caritas in veritate, n.21.

[8] Del lavoro del sottoscritto e del Pontifico Consiglio si possono trovare alcuni echi nel volume di G. Galeazzi-A. Tornielli, Papa Francesco. Questa economia uccide, Piemme, Milano 2015, pp. 105-115, pp. 132-133.

[9] Mi ha confortato constatare che nell’ultimo Messaggio del Santo Padre in occasione della Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato (2025) è stato citato lo studio-documento del Pontificio consiglio della giustizia e della pace, Terra e cibo, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2015. pp. 53-56. Posso tranquillamente scrivere che un tale studio è frutto di un lavoro coordinato dal sottoscritto e dall’allora ufficiale (del Pontificio Consiglio) Tebaldo Vinciguerra, persona veramente preparata e attiva.

[10] Cf M. Toso, Réflexions sur la réforme du système monétaire et financier, in «Liberté politique», juin 2012, n. 57, pp. 99-116; ID., Réflexions sur la Réforme du Système Monétaire et Financier, in «The European Union Review», vol. 17, (march-july 2012), n. 1-2, pp. 17-36; ID., Por una reforma del sistema financiero. El aporte de la doctrina social de la Iglesia, en «La Cuestión Social» 20 (2012) 4, 320-350; ID., Riflessioni sulla riforma del sistema monetario e finanziario, in F. Felice- J. Spitzer (ed.), Il ruolo delle istituzioni alla luce dei principi di sussidiarietà, di poliarchia e di solidarietà, Atti del Colloquio Internazionale di dottrina sociale della Chiesa (Pontificia Università Lateranense, 17-18 novembre 2011), Lateran University Press, Città del Vaticano 2012, pp. 215-238; ID., L’attuale crisi economico-finanziaria e la proposta del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, in «Marcianum» VIII (2012), n. 1, pp. 153-174.

[11] Nella linea della Nota del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace si è posto il più recente documento della Congregazione per la Dottrina della Fede-Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, Oeconomicae et pecuniariae quaestiones. Considerazioni per un discernimento etico circa alcuni aspetti dell’attuale sistema economico-finanziario (=OEPQ), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2018, anche se appare un po’sfuocata l’urgenza della riforma dell’architettura economica e finanziaria internazionale, congiuntamente a quella dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Ma si veda anche quanto La Pontificia Accademia delle Scienze sociali ha elaborato in vista di una formazione ispirata alla DSC: Mensuram Bonam. Misure coerenti con la fede per investitori cattolici: Un punto di partenza e un invito ad agire.

[12] Cf Francesco, Laudato sì, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2015, n. 175; ID., Fratelli tutti, Libreria Editrice Vaticana Città del Vaticano 2020, nn. 170-179.

[13] Cf L’intervista di Giacomo Galeazzi in «La Stampa», sabato 2 agosto 2025, p. 12.

[14] Cf L’intervista di Giacomo Galeazzi in «La Stampa», lunedì 11 agosto 2025, p. 15.

[15] Cf, ad es., a Cagliari nel settembre 2008 e nel maggio 2011 nel Triveneto.

[16]  L’intervento del sottoscritto è stato pubblicato sulla Rivista «La Società»: cf M. Toso, Le condizioni per la formazione di una nuova generazione di politici cattolici, in «La Società» XXI (2011), n. 4, pp. 689-696.