Subiaco, 26 luglio 2025.
Premessa
Nel contesto del tramonto o declino dell’Occidente,[1] dell’emergere prepotente del capitalismo woke che pare travolgere la democrazia,[2] in un ambiente ecclesiale in cui l’associazionismo cattolico, ma non solo, non sembra diminuire una specie di silenzioso disinteresse nei confronti della proposta socioculturale – peraltro, propositiva e critica rispetto all’esistente – della Dottrina sociale della Chiesa (=DSC), appare provvidenziale l’incoraggiamento di Leone XIV nel considerarne l’importanza per l’annuncio del Vangelo di Gesù Cristo e la realizzazione di una società più fraterna, giusta e pacifica. Purtroppo, per diverse ragioni, una non piccola porzione dell’attuale esperienza sociale e culturale del mondo cattolico ha, immotivatamente, rafforzato nei confronti della Dottrina sociale della Chiesa (=DSC) il convincimento che essa rappresenti un sapere imposto, calato dall’alto e, quindi, un sapere aprioristico, volto a indottrinare le persone, senza consentire a loro un giudizio critico sulla realtà, il libero esercizio della loro coscienza e della ricerca della verità, del bene e di Dio.[3]
In alcuni suoi interventi, papa Leone XIV, ha già provvidenzialmente avuto modo di parlare sulla DSC e di prendere posizione verso sue talune visioni distorte o di quasi indifferenza. Ciò è avvenuto in particolare in uno dei suoi primi pronunciamenti, ovvero nel Discorso ai Membri della Fondazione Centesimus annus Pro Pontifice del 17 maggio 2025.[4] Nelle brevi riflessioni che qui si espongono si cercherà di presentare schematicamente i contenuti essenziali di un tale suo intervento.
- Contesto culturale contemporaneo e natura della Dottrina sociale della Chiesa: una dottrina non aprioristica e non preclusa al dialogo culturale
In un contesto culturale e sociale in cui la realtà e la sua interpretazione sono divenute narrazioni fluide e manipolabili, spesso a favore del potere, vengono meno, ha sottolineato papa Leone XIV, le premesse oggettive e reali della comunicazione.[5] Ciò implica, fra l’altro, sia la messa in discussione dell’interpretazione della persona, ossia dell’antropologia, sia dell’azione, ovvero della morale.
In un simile contesto di relativismo gnoseologico ed etico, la DSC è chiamata, secondo Leone XIV, ad offrire il suo apporto specifico in quanto disciplina, ossia in quanto sapere teorico-pratico sapienziale, che appartiene all’ambito della teologia morale sociale e che si caratterizza, tra le altre scienze, per una propria ministerialità, a servizio del Regno di Dio, implicante la rigenerazione del discorso antropologico ed etico sul piano socioculturale. Essa, in particolare, offre quelle indicazioni che sono necessarie alla costruzione di una vita sociale effettivamente ordinata a Cristo, al compimento umano in Dio, senza nulla togliere alla sua sana autonomia terrena, anzi potenziandola, rendendola più sé stessa nel suo ordine naturale, ossia anche in quell’ordine che è pensato e voluto da Dio stesso creatore.[6]
Dopo queste affermazioni di carattere generale, viene facile precisare, a fronte delle suaccennate obiezioni di apriorismo, il tipo di sapere che la DSC realmente rappresenterebbe. Si tratta, più precisamente, a detta di Leone XIV, di una scienza che fornisce chiavi interpretative che pongono in dialogo varie scienze, molteplici saperi, e la coscienza cristiana, la quale non esclude, anzi include, la coscienza umana, perfezionandola.[7] A quale fine?
Al fine di dare – entro un contesto culturale caratterizzato da linguaggi ambigui e ambivalenti, virtuali –[8] un contributo fondamentale alla conoscenza, alla speranza, alla pace e, in definitiva, come già accennato, alla realizzazione del Regno di Dio.
Da queste prospettive, evocate da Leone XIV, viene a noi la conferma che, per il pontefice di origine nordamericana, la DSC non è un sapere dedotto da premesse astratte e, quindi, non è imposto dall’alto, come non pochi oggi finiscono per pensare. Nemmeno è una dottrina elaborata attenendosi unicamente ad una riflessione sul revelatum, su ciò che di fatto è stato rivelato, senza che la ragione partecipi alla ricerca comune della verità, del bene, di Dio. Infatti, è noto ai credenti che la Rivelazione, oltre a contenuti sovrarazionali, non irrazionali, include anche contenuti razionali, ossia accessibili alla ragione umana.
Detto altrimenti, la DSC non è una dottrina compiuta e definita una volta per tutte. Non è una dottrina incompatibile con la ricerca umana della verità. Bensì è «una sapere aperto», che viene precisato e plasmato gradualmente, in vari contesti storici in movimento. È il risultato di una continua ricerca, di ipotesi, di avanzamenti e, talora, di insuccessi.
Proprio per questo, papa Leone XIV affida ai membri della Fondazione Centesimus annus Pro Pontifice – ma per sé a tutti i credenti per i quali la DSC è elemento essenziale dell’evangelizzazione, come ha insegnato Giovanni Paolo II -,[9] alcuni mandati, che si cerca qui di tratteggiare in maniera sintetica.
- Il mandato, anzitutto, di vivere la dottrina sociale della Chiesa non come un approccio prevenuto alle questioni sociali, quanto come un’occasione di realizzare una cultura della ricerca e una “cultura dell’incontro”
Ecco quanto precisamente scrive papa Leone: «Voi avete l’opportunità di mostrare che la Dottrina Sociale della Chiesa, con il suo proprio sguardo antropologico, intende favorire un vero accesso alle questioni sociali: non vuole alzare la bandiera del possesso della verità, né in merito all’analisi dei problemi, né nella loro risoluzione. In tali questioni è più importante saper avvicinarsi, che dare una risposta affrettata sul perché una cosa è successa o su come superarla. L’obiettivo è imparare ad affrontare i problemi, che sono sempre diversi, perché ogni generazione è nuova, con nuove sfide, nuovi sogni, nuove domande».
«Abbiamo qui – conclude papa Leone – un aspetto fondamentale per la costruzione della “cultura dell’incontro” attraverso il dialogo e l’amicizia sociale».
- Il secondo mandato: il compito di mostrare che esiste un significato altro, e promettente, dell’espressione «dottrina», senza il quale anche il dialogo si svuota
Una dottrina intesa in senso classico, ovvero come un semplice insieme di idee proprie di una religione, non lascia liberi di riflettere, di mettere in discussione o di cercare nuove alternative. Quando si parla di DSC si intende qualcosa di diverso. I suoi sinonimi possono essere «scienza», «disciplina», «sapere». Si tratta, dunque, di una dottrina mediante la quale viene trasmessa una conoscenza affidabile, ordinata e sistematica su determinate questioni, cosa ben diversa rispetto ad un sapere meramente opinabile che trascura i fondamenti oggettivi del sapere antropologico ed etico. Essa è frutto di un cammino comune, corale, multidisciplinare verso la verità.
- Un terzo mandato: nel contesto della rivoluzione digitale in corso riscoprire, esplicitare e coltivare l’educazione al senso critico
C’è poco dialogo attorno a noi, e prevalgono le parole gridate, non di rado le fake news e le tesi irrazionali di pochi prepotenti. Fondamentali, dunque, sono l’approfondimento e lo studio.
L’indottrinamento spiega papa Leone, è immorale, impedisce il giudizio critico, attenta alla sacra libertà della propria coscienza – anche se erronea – e si chiude a nuove riflessioni perché rifiuta il movimento, il cambiamento o l’evoluzione delle idee di fronte a nuovi problemi. Al contrario, la dottrina sociale in quanto riflessione seria, serena e rigorosa, intende insegnarci, in primo luogo, a saperci avvicinare alle situazioni e prima ancora alle persone. Inoltre, ci aiuta nella formulazione del giudizio prudenziale.[10]
Sono la serietà, il rigore, la serenità ciò che dobbiamo imparare da ogni dottrina, anche dalla dottrina sociale.
- Il quarto mandato: approfondimento, studio, e ugualmente l’incontro e l’ascolto dei poveri, tesoro della Chiesa e dell’umanità
Nel quarto mandato papa Leone si richiama esplicitamente a papa Francesco che ha vissuto più incontri con i movimenti popolari, costituiti generalmente dagli ultimi, da gruppi di persone povere, ai margini delle società. L’espressione «movimenti popolari», che nelle differenti aree linguistiche e culturali può avere risonanze molto diverse, indica un variegato insieme di auto-organizzazione a cui danno vita i lavoratori dell’economia informale o popolare per risolvere i problemi fondamentali generati dalla precarietà estrema delle loro condizioni. L’informalità ha come conseguenza l’invisibilità statistica di questi lavoratori, che rischiano di rimanere nascosti anche all’opinione pubblica, alla Chiesa, al mondo politico e allo sguardo di chi elabora le politiche economiche e di welfare.[11] Il pontefice argentino era convinto che il mondo lo si vede più chiaramente dalle periferie. Noi non possediamo il monopolio dell’interpretazione della realtà sociale.[12] I poveri hanno molto da insegnarci in proposito, in particolare nei documenti dei loro movimenti, nella analisi delle situazioni da loro vissute e per le quali propongono soluzioni. Ma anche sul piano spirituale e dell’evangelizzazione del sociale. Essi, oltre a partecipare del sensus fidei, con le proprie sofferenze conoscono il Cristo sofferente. Siamo, allora, chiamati a scoprire Cristo in loro, a prestare ad essi la nostra voce nelle loro cause, ma anche ad essere loro amici, ad ascoltarli, a comprenderli e ad accogliere la misteriosa sapienza che Dio vuole comunicarci attraverso di loro.[13] Noi e i rappresentanti dei popoli abbiamo molto da imparare in vista della costruzione di un mondo più fraterno, giusto e pacifico. Se è importante che la voce dei movimenti si faccia sentire è anche necessario che sia ascoltata in vista della costruzione di cammini concreti di speranza per tutti, in vista della riforma profonda delle Istituzioni internazionali (economiche, giuridiche, politiche), del rovesciamento delle strutture di peccato, della liberalizzazione dei brevetti dei vaccini, della remissione del debito dei Paesi poveri, della cessazione dello sfruttamento della terra e dell’inquinamento dell’ambiente.
- Conclusione: partecipare attivamente e creativamente all’esercizio di discernimento proprio della dottrina sociale della Chiesa: vocazione, dovere e diritto dell’evangelizzazione missionaria nel sociale
Partecipare attivamente e creativamente al discernimento sociale implicato dalla DSC significa divenirne protagonisti: accogliendola, sperimentandola, innovandola, testimoniandola, per servire l’affermazione del Regno di Dio su questa terra.
Così conclude Leone XIV il suo discorso: «Carissimi, come afferma il Concilio Vaticano II, «è dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo, così che, in modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sulle loro relazioni reciproche».[14]
«Vi invito, pertanto, a partecipare attivamente e creativamente a questo esercizio di discernimento, contribuendo a sviluppare la Dottrina Sociale della Chiesa insieme al popolo di Dio, in questo periodo storico di grandi rivolgimenti sociali, ascoltando e dialogando con tutti. C’è oggi un bisogno diffuso di giustizia, una domanda di paternità e di maternità, un profondo desiderio di spiritualità, soprattutto da parte dei giovani, degli emarginati, che non sempre trovano canali efficaci per esprimersi. C’è una domanda crescente di Dottrina Sociale della Chiesa a cui dobbiamo dare risposta».
Per accogliere con più frutto i mandati indicati da papa Leone XIV mi sembra che siano senza dubbio indispensabili: il superamento della visione secondo cui la DSC è facoltativa e non essenziale per l’evangelizzazione; la decostruzione dell’indottrinamento individualista ed utilitarista, lo smantellamento del sospetto dell’irrilevanza dei contenuti della DSC rispetto alla preponderanza fattuale dei dogmi del capitalismo woke; la «cura» sul piano identitario delle motivazioni profonde e dei beni-valori, per vincere lo scoramento e l’affaticamento dell’associazionismo cattolico, nonché la diaspora; la costante esperienza della preghiera, della meditazione della Parola di Dio, della vita Eucaristica, l’assidua immersione spirituale e contemplativa nel mistero totale dell’incarnazione, morte e risurrezione di Cristo per sanare la frattura tra fede e vita; una catechesi che educa ad una fede adulta, ad una spiritualità incarnata; un’intensa partecipazione alla vita ecclesiale, strutturata sinodalmente,[15] animata da un’umile e convinta corresponsabilità nell’evangelizzazione del sociale[16] e nella pratica della pastorale sociale, integrata con le altre pastorali, intese soprattutto come espressione della comunità ecclesiale e non solo delle singole componenti.
+ Mario Toso
[1] Cf E. Todd, La sconfitta dell’Occidente, Fazi Editore, Roma 2024.
[2] Cf C. Rhodes, Il capitalismo Woke. Come la moralità aziendale minaccia la democrazia, Fazi Editore, Torino 2023.
[3] Cf M. Toso, Gioia e speranza. Evangelizzazione, catechesi e insegnamento sociale, Edizioni delle Grazie, Faenza 2025, p. 21.
[4] Cf Leone xiv, Discorso ai Membri della Fondazione Centesimus annus Pro Pontifice, 17 maggio 2025.
[5] Cf Leone xiv, Discorso al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 16 maggio 2025.
[6] Cf M. Toso, La dimensione sociale della fede. Sintesi aggiornata della dottrina sociale della Chiesa, LAS, Roma 2023, p. 71.
[7] Cf Leone xiv, Discorso ai Membri della Fondazione Centesimus annus Pro Pontifice, 17 maggio 2025.
[8] Sull’intelligenza artificiale e l’intelligenza umana si legga Dicastero per la dottrina della fede-dicastero per la cultura e l’educazione, Antiqua et nova, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2025; P. Benanti, L’uomo è un algoritmo? Libri Castelvecchi 2025.
[9] Cf ad es. Centesimus annus, 5.
[10] Per comprendere cosa si intenda per giudizio prudenziale si rimanda al volume di G. ABBÀ, Le virtù per la felicità, LAS, Roma 2018, specie pp. 499-506.
[11] Cf M. Czerny-P. Foglizzo, Il mondo si vede meglio dalle periferie. Il quarto Incontro mondiale dei movimenti popolari, in Aggiornamenti sociali, fascicolo gennaio 2022.
[12] Cf Francesco, Discorso ai movimenti popolari promosso dal Dicastero per lo sviluppo umano integrale, 20 settembre 2024.
[13] Cf Francesco, Evangelii gaudium, n. 198.
[14] Gaudium et spes, n. 4.
[15] Cf Leone xiv, Omelia nella Veglia di Pentecoste con i Movimenti, le Associazioni e le nuove Comunità, 7 giugno 2025.
[16] Ai vescovi della Conferenza Episcopale italiana il 17 giugno 2025, nell’Aula delle benedizioni, papa Leone XIV ha detto: «Abbiate cura che i fedeli laici, nutriti della Parola di Dio e formati nella dottrina sociale della Chiesa, siano protagonisti dell’evangelizzazione nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli ospedali, negli ambienti sociali e culturali, nell’economia, nella politica».