Faenza, Parrocchia Santa Maria Maddalena, 20 luglio 2025.
Cari fratelli e sorelle, caro don Francesco Cavina, parroco, è bello trovarci insieme a festeggiare la Patrona della vostra comunità parrocchiale: Santa Maria Maddalena. Definita l’apostola degli apostoli – perché ha annunciato a loro la Risurrezione di Gesù Cristo – sollecita tutti noi a vivere un’esistenza da testimoni del Signore Gesù Risorto. Ossia un’esistenza da persone che conducono un’esistenza trasfigurata dallo stesso suo Amore, totale e fedele: quell’Amore che si è mostrato a noi sulla Croce, come la scienza più alta ebbe a dire Edith Stein, santa Teresa Benedetta della Croce. Chiediamoci: davvero tutti noi ci riproponiamo di condurre un’esistenza trasfigurata dall’amore di Cristo, cosicché risulti evidente, a quelli che ci incontrano, che siamo persone luminose, perché ci amiamo tra noi, perché come buoni samaritani, al pari di Gesù Buon samaritano, ci prendiamo cura di chi ha bisogno di misericordia e di aiuto? Nella nostra comunità, nelle nostre associazioni, nelle attività di catechesi esitiamo ad operare come persone che mostrano di avere un cuore appassionato per i ragazzi, per i giovani, per gli adulti e gli anziani? O, al contrario, ci sforziamo, con l’aiuto dello Spirito, a non anteporre nulla all’amore di Dio, per correre con un cuore libero verso i nostri fratelli e sorelle, per essere buoni samaritani come Cristo? Questa comunità, che ho avuto modo di incontrare più di una volta – durante la visita pastorale, durante i CRE, o in altre occasioni come la festa patronale -, grazie a Dio, grazie al lavoro pastorale del suo parroco, di tanti giovani animatori, di tanti laici e laiche, di altri sacerdoti, vive attiva– non penso di ingannarmi – nella gioia e nell’amore di Cristo Risorto. È bello sperimentare che ci si vuole bene nel Signore Gesù e che si lavora per educare alla fraternità e all’amicizia. Il fatto che in questa comunità vi sono parecchi ragazzi e giovani che si incontrano, fraternizzano tra di loro, giocano allegri, capaci di rispettarsi e di aiutarsi, può senz’altro far crescere come famiglia di fratelli e sorelle, sia che si sia piccoli o che si sia più grandi. Ma come ben sapete nella vita ci sono diversi gradi di perfezione. Non siamo sempre al massimo dell’amore, dell’aiuto vicendevole, del perdono, della comprensione, dell’empatia. C’è sempre da crescere come persone capaci di dono, di prendersi cura gli uni degli altri, dello stesso ambiente comunitario in cui si vive. Come è possibile crescere di più? Come è possibile portare tra di noi e nel nostro quartiere, un maggiore amore, la voglia di rendere tutti felici? Penso che uno dei segreti più efficaci sia quello di volerci e di essere tutti – giovani, adulti, nonni – missionari entusiasti del Risorto, non solo tra di noi ma anche tra coloro che non credono o che hanno una fede diversa dalla nostra. Domandiamoci, allora: davvero riteniamo importante essere missionari, ossia portatori convinti e gioiosi di Gesù Risorto, per cui cerchiamo non solo di amarlo di più ma anche di farlo conoscere e amare agli amici, come si è impegnato a farlo il beato Carlo Acutis, che presto sarà proclamato santo? Abbiamo capito che essere missionari del Risorto significa vivere portando ovunque – a casa, a scuola, tra gli amici, nello sport, nello svago – una rivoluzione d’amore, come ha fatto Gesù?
Cosa comporta, all’atto pratico, vivere una rivoluzione d’amore? Vedere la vita, la famiglia, gli amici, gli altri con gli occhi di Gesù e amarli con il suo Cuore. Noi riusciremo a portare una rivoluzione d’amore, anche là dove ci sono incomprensioni, conflitti, odi, emarginazioni, quando vivremo cuore a cuore con Gesù, nella preghiera, nella santa Messa. Il suo amore ci convincerà che non possiamo aspettare a fare del bene, non possiamo tardare a prenderci cura degli altri e del creato. Non abbiamo tempo da perdere. Dobbiamo annunciare, organizzare, costruire la pace! Come pellegrini della speranza, ossia segni efficaci e luminosi di Cristo, Principe di pace, dobbiamo fare delle nostre famiglie, delle nostre comunità delle «case di pace», ove ci si ama. Come ci sta insegnando il Giubileo di quest’anno, tocca a tutti organizzare la speranza e tradurla nella quotidianità come vita di giustizia e di pace nei rapporti umani, nei legami con il pianeta, nell’impegno sociale e politico, nella riforma profonda delle istituzioni internazionali perché siano istituzioni di pace. Tocca, ovviamente, anche alla Chiesa e ai credenti, pena la rinuncia a vivere il sacerdozio, la profezia, la regalità di Cristo, che si è incarnato, è morto e risorto per noi, per l’umanità.
L’Eucaristia, mentre ci accoglie come discepoli che stanno in ascolto della Parola di Dio, e come commensali, che si cibano del suo Corpo dato e del suo Sangue versato, ci invia nel mondo come testimoni e missionari di Cristo risorto.
È importante che noi impariamo a stare con lui, nella preghiera, come Maria. Lo stare con Gesù ci sospinge ad uscire dal tempio per servire come Marta, per animare e trasfigurare le relazioni, il complesso contesto nel quale ci troviamo a vivere, le istituzioni, portando la vita nuova del Signore Gesù, che è venuto tra noi non per essere servito ma per servire. Dall’Eucaristia si è mandati nel mondo. Dal mondo si ritorna ad essa per nutrici ancora. Finché siamo su questa terra, come abbiamo bisogno di essere continuamente alimentati così non possiamo non cibarci di Cristo, per vivere il suo amore trasfigurante ogni giorno, in ogni situazione.
+ Mario Toso