[lug 15] Omelia – Esequie di Don Tarcisio Dalle Fabbriche

15-07-2025

Faenza, Chiesa di san Giuseppe 15 luglio 2025.

Celebrare le esequie di don Tarcisio Dalle Fabbriche, che ci ha lasciati improvvisamente – dobbiamo tenerci sempre pronti, ha ricordato Gesù ai suoi discepoli (Lc 12, 35-40) -, è l’occasione per pregare per lui e per riflettere su un aspetto importante della vita dei presbiteri nella Chiesa.

Ai sacerdoti, noi lo sappiamo, è affidato, assieme alle varie componenti ecclesiali, la missione di costruire la Chiesa, il Corpo di Cristo. Compito dei presbiteri è di tener viva, nella comunione e nell’unità, la comunità cristiana a loro affidata, perché essa possa inondare il mondo con l’Amore di Cristo. Ai presbiteri, come ai laici e ai religiosi, è affidato l’intero mistero dell’incarnazione, morte e risurrezione del Signore Gesù, perché venga accolto, celebrato, reso presente nelle arterie del mondo. In questo modo, i sacerdoti contribuiscono alla diffusione del Regno di Dio, che il Verbo fattosi carne è venuto a seminare nell’umanità, tra i popoli, nei solchi della storia.

In vista di ciò, una delle sollecitudini del presbitero è quella di sognare e volere una Chiesa unita (non uniforme), perché solo così può divenire fermento per un mondo riconciliato, segno efficace della vita che si vive nel Regno di Dio.

Anche don Tarcisio, come tutti noi, ha sofferto di fronte ad un cristianesimo tiepido, incostante nell’impegno di trasfigurazione della vita ecclesiale e sociale. Anche nelle comunità in cui egli ha annunciato la Buona Notizia, non sono mancati i cristiani delle occasioni, che ogni tanto hanno dato spazio a qualche buon sentimento religioso e hanno anche partecipato a qualche evento, a cresime, matrimoni e funerali, ma a non molto di più. Per questo amava costruire ponti tra gli stessi credenti e le generazioni, dando vita sullo stesso piano civile alla Festa dell’albicocca (Festa della Mugnega). Più di una volta don Tarcisio mi ha confidato il desiderio che i suoi fedeli fossero pronti a lavorare ogni giorno nel campo di Dio, coltivando nel loro cuore il seme del Vangelo, per poi portarlo nella vita quotidiana: in famiglia, nei luoghi del lavoro, di studio, nei vari ambienti sociali e a chi si trovava nel bisogno. Perché è solo così – egli commentava – che si può contribuire alla crescita del Regno di Dio, ossia ad una esistenza trasfigurata dall’amore di Cristo.

La comunità cristiana, con tutte le sue componenti corresponsabili, esiste per agire, compatta e convergente, in vista dell’affermazione, nelle coscienze e nelle relazioni, della vita nuova del Cristo risorto. In tal modo, insieme ai credenti e attraverso di loro, tutte le creature possono avanzare verso la meta comune, che è Dio, in una pienezza trascendente, ove Cristo risorto abbraccia ed illumina tutto. Il sacerdote, davanti ad un mondo ferito da ingiustizie e diseguaglianze, chiede al Signore di avere compassione della nostra umanità, che Lui ha voluto abitare come uno di noi. Prega perché riversi in noi i tesori della sua luce e del suo amore, affinché il nostro mondo, che sopravvive tra guerre insensate, squilibri socioeconomici, consumismo e uso spesso antiumano della tecnologia, possa recuperare ciò che è importante e necessario: il cuore.[1]

È da pensare che don Tarcisio abbia apprezzato con convinta adesione gli insegnamenti del nuovo pontefice Leone XIV, il quale ha ribadito, già in varie occasioni, l’importanza di una comunione ecclesiale come unità nella diversità. Le nostre comunità contribuiscono maggiormente all’annuncio del Vangelo, all’avvento del Regno di Dio, quanto più le loro componenti vivono la fraternità; quanto più armonizzano le diversità, creando ponti di unità nella varietà dei carismi, dei doni e dei ministeri.

Sono convinto che a don Tarcisio, risultasse più facile connettere i fili della luce – non è un segreto che era un appassionato ed intraprendente elettricista con partita IVA, oltre che un valido radioamatore iscritto all’ARI (Associazione Radioamatori Italiani) – rispetto alla messa in rete dei diversi soggetti ecclesiali. Ciononostante, egli credeva fermamente nell’azione dello Spirito, che solo cambia profondamente i cuori e le relazioni, le istituzioni e il mondo. Le sfide che l’umanità ha di fronte sono meno spaventose se insieme si obbedisce allo Spirito santo, Spirito d’amore.

L’Eucaristia che celebriamo in occasione delle esequie del nostro fratello presbitero don Tarcisio Dalle Fabbriche non solo ci fa rivivere la nostra partecipazione alla vittoria di Cristo sulla morte che apre l’approdo sulla sponda dell’immortalità – nulla potrà separarci dall’amore di Cristo (cf Rm 8, 31b-35.37-39) -, ma ci coinvolge in una liturgia cosmica, in una azione incessante di nuova creazione, che si compirà negli ultimi tempi, quando Egli verrà (cf 1 Cor 11,26).

Ringraziamo Dio per le vocazioni che ha suscitato in questa Diocesi. Ugualmente lo preghiamo perché ci renda disponibili e generosamente dediti all’accompagnamento spirituale e culturale dei giovani e delle giovani. Preghiamo, in particolare, per le comunità che hanno avuto don Tarcisio come loro pastore. Ne ricordino l’esempio e ne vivano l’insegnamento. Il Signore della vita, accolto, celebrato, testimoniato, mantenga in tutti lo spirito missionario e uno stile di vita sinodale, di modo che le nostre comunità, le associazioni, siano più unite tra di loro, in un’umile corresponsabilità, nella gioia della fraternità, per la gloria di Dio.

                                             + Mario Toso

[1] Cf Francesco, Dilexit nos, n. 31.