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Avvento: tempo di speranza
Messaggio in occasione dell'Avvento 2006
Messaggi
03-12-2006

Introdotto nell’anno liturgico come tempo di preparazione al Natale, l’Avvento è diventato anche il tempo dell’attesa del Regno di Dio, un tempo caratterizzato dalla virtù della speranza. A Verona il Rabbino capo ha ricordato ai convegnisti con la profezia di Zaccaria (9,12) che siamo ‘prigionieri della speranza’. Siamo costretti a sperare, non con senso di angoscia, ma con grande senso di liberazione. E la nostra speranza è in quel Bambino che ci apprestiamo ad accogliere ancora una volta nel prossimo Natale. Vivere l’Avvento come tempo di preparazione, di purificazione e di attesa. Fare l’esperienza di avere bisogno di qualcosa, di non avere sempre tutto, di sapere che anche noi siamo attesi (forse da qualcuno che aspetta da noi un gesto o una parola); superare la pesantezza della assidua sazietà per cui finiamo per non desiderare più nulla; può essere che una qualche rinuncia possa aiutarci; ma soprattutto dobbiamo rifare il cuore puro, per vedere Dio. L’Avvento non è però una attesa infinita di qualcosa che arriverà chissà quando; c’è una venuta quotidiana di Dio nella nostra vita, che va colta con la semplicità del piccoli, che si meravigliano di fronte a tutto. E hanno ragione loro. Ci accompagnano in queste settimane le figure-modello dell’attesa: il profeta Isaia, San Giovanni Battista, la Vergine Maria, San Giuseppe. La Liturgia ce li presenta nelle domeniche che precedono il Natale perché ci lasciamo guidare dal loro esempio, dalla loro fede, dal loro coraggio, dalla loro pazienza. Può essere più facile aspettare quando la stessa attesa si fa presenza, presenza di Colui che stiamo cercando, presenza di Colui che sta cercando noi: chi cerca il Signore lo ha già trovato. Con questo spirito ci incamminiamo nel tempo dell’Avvento, lasciandoci condurre dalla luce che la speranza ci fa intravedere in fondo al tunnel, dove brilla luminosa la stella di Natale

Avvenire, un’occasione da non perdere
Messaggio alla diocesi in occasione della giornata diocesana di Avvenire
Messaggi
12-11-2006

Sono stato al Convegno di Verona, e mi è dispiaciuto vedere che tanti delegati compravano La Repubblica (Avvenire veniva distribuito gratis!), e rimanevano male perché del convegno si parlava solo in una colonna, mentre si sprecava spazio per altri discorsi sciocchi sulla Chiesa. Mi pareva di vedere in piccolo lo spettacolo che avviene ogni giorno: si va a bere il brodo d’oca sui giornali laici (cioè laicisti), e non ci si interessa del giornale dei cattolici. Proprio sul convegno di Verona si è vista la differenza di Avvenire nel trattare le cose della Chiesa, con ampi resoconti, con i testi più importanti riportati integralmente, dando importanza alle cose che la meritavano (anche episodi particolari, piccole interviste per riprodurre il contesto di quelle giornate). La lettura della stampa laicista finisce per trasmettere non tanto il pensiero ‘della gente’, come si vuol dare ad intendere, ma la visione distorta di chi ha interesse a mettere in cattiva luce l’operato dei cattolici. Anche la mancata diffusione di Avvenire nella nostra Diocesi, è segno di una inerzia dei cattolici, che sono più portati a lamentarsi, che a fare qualcosa per cambiare il mondo. Tutti si lamentano che la Televisione fa schifo, ma non danno il minimo appoggio al giornale dei cattolici che puntualmente stigmatizza le cose che non vanno; se invece di avere 100.000 copie ne avesse il doppio, certamente avrebbe un altro peso di fronte ai responsabili dei programmi televisivi. Senza dire delle belle firme di cui è fatto il nostro quotidiano, che sanno dare una visione dei fatti e della politica tenendo conto della dottrina sociale cristiana, pur nella libertà di espressione che va riconosciuta anche ai giornalisti cattolici. La lettura di un giornale come Avvenire diventa una occasione anche di formazione personale, non solo per la visione degli eventi alla luce della dottrina sociale della Chiesa, ma anche per altri aspetti culturali. La formazione dei laici ha certamente bisogno anche di altri strumenti per impostare i fondamenti spirituali, teologici, biblici, morali, ecc. della vita di un cristiano, ma non può fare a meno di un aiuto così utile per una visione corretta del rapporto tra fede e vita. La giornata del 12 novembre per la stampa cattolica è il livello minimo di interessamento che viene promosso, per mantenere viva una sensibilità che merita molto di più. E’ importante che il piccolo fuoco non si spenga, ma è anche necessario che si propaghi ancora.

‘Il Piccolo’, uno strumento prezioso
Messaggio alla diocesi in occasione della giornata del settimanale diocesano
Messaggi
10-11-2006

Ho conosciuto al Convegno di Verona il Presidente nazionale della Federazione dei Settimanali cattolici, che con grande convinzione ci ha trasmesso la sua passione per la stampa cattolica. A ben pensarci questi strumenti che sono presenti in quasi tutte le diocesi italiane, raggiungono più lettori una volta alla settimana dei più diffusi quotidiani. Sono quindi una grande opportunità per le nostre Chiese. La loro forza sta proprio nel nascere vicino ai loro lettori, e nell’essere collegati agli altri settimanali cattolici per una linea condivisa. Anche il nostro Il Piccolo ha già avuto varie occasioni di mostrarlo. Nella Giornata dedicata alla stampa cattolica mi preme richiamare l’attenzione ancora una volta su questo strumento piccolo ma prezioso. Ci siamo accorti che se non lo leggono i cattolici come dovrebbero, lo leggono gli altri, e qualche volta vi danno risonanza. Anche questo va bene, perché la presenza del nostro mondo sulla stampa, come pure nella televisione o nella radio, non ha nulla da nascondere, e può fare del bene a tutti. Dispiace constatare che anche coloro che collaborano da vicino nelle nostre parrocchie non sentono il bisogno di conoscere questo strumento di collegamento con l’intera Diocesi, impoverendo così un aspetto non secondario della loro appartenenza. E’ pigrizia? E’ disattenzione? Troppa roba da leggere? Spero solo che non sia per il costo, che è tenuto basso proprio per favorire la diffusione, impegnando di conseguenza un contributo consistente della Diocesi. Il Piccolo è fatto bene, i collaboratori che vi operano (spesso gratis) sono bravi: non perdete l’occasione per ricuperare uno strumento di collegamento e di formazione prezioso. Sarete contenti.

I giorni di vita
Messaggio in occasione delle Festività dei Santi e della Commemorazione dei defunti
Messaggi
29-10-2006

Il mese dei morti, novembre, inizia con la festa di tutti i Santi. Nella sensibilità della gente c’è l’attenzione ai morti con la visita al cimitero e il riordino delle tombe. Però unito a questo gesto c’è spesso una preghiera o un ricordo affettuoso, che in ogni caso ci porta con il pensiero all’altra vita. I nostri morti ci aiutano a pensare anche al Paradiso, popolato dai Santi che vogliamo venerare il primo di novembre. C’è il rischio di pensare a questi misteri in modo astratto, perché non abbiamo le categorie mentali per immaginarne la realtà. Del resto ci ha detto S. Giovanni: ‘Ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è’ (1Gv 3,2). Il fatto di non poter sapere come saremo, non deve annullare la realtà divina che ci attende; per quanto la pensiamo bella, sarà sempre meglio, più soddisfacente e più felice. Celebrare i Santi è un modo realistico di affermare la nostra fede nella realtà invisibile futura, ed è anche un modo per sostenere il nostro cammino per raggiungere il Paradiso. Il ricordo dei nostri morti, soprattutto se hanno sofferto prima di morire, conferma quanto ci ha detto la Parola rivelata nella lettera ai Romani: ‘Io ritengo che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi’ (Rm 8,18). L’esperienza del dolore in questa vita, invece di diventare una difficoltà per credere nella beatitudine eterna, ne diventa un riscontro. Il tentativo di banalizzare anche queste giornate, deve essere contrastato in tutti i modi, non cedendo alla mania asfissiante di trasformare tutto in occasione di mercato. L’impegno con cui i mezzi di comunicazione ci danno per scontate iniziative che non appartengono alla nostra cultura, non ci deve trarre in inganno. Fa bene anche ai nostri bambini una visita al cimitero e una preghiera per i nonni; sapere che siamo destinati, attraverso la morte, ad una vita eterna è il principio della sapienza anche oggi.

La missione, atto di amore per l’umanità
Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale
Messaggi
24-10-2006

La Giornata missionaria mondiale è l’occasione per riflettere sul significato e il valore della missione nella Chiesa, perché a volte la si confonde con l’aiuto di promozione umana o con una attività di proselitismo. La missione della Chiesa è sostanzialmente un atto di amore verso l’umanità, sia per quanto riguarda l’annuncio evangelico, perché risponde ad un diritto che gli uomini hanno di conoscere un eventuale loro salvatore, sia per i gesti di carità che vengono fatti per sollevare le principali sofferenze. “La carità, anima della missione” è il messaggio per la giornata di quest’anno che il Papa ha indirizzato ai fedeli, dopo la sua enciclica sulla carità, per applicarne i principi all’attività missionaria. E’ infatti diffondendo l’amore come fondamento del rapporto con Dio e tra tutti gli uomini che si mette il seme per un cambiamento radicale della vita umana. Infatti il vero disastro che rovina il mondo è il peccato, l’egoismo, la violenza; tutte cose che devono essere vinte con il messaggio dell’amore e con l’aiuto della grazia attraverso la vita della Chiesa. A volte si è tentati di vedere la necessità di aiutare le missioni partendo dalla miseria della gente, per risolvere situazioni di evidente ingiustizia. Questo è piuttosto il compito della politica, che ci vuole, ma non è proprio della Chiesa. L’annuncio del Vangelo invece arriva alle coscienze, cambia il modo di pensare e influisce sull’agire; e l’opera di carità è anzitutto condivisione della situazione degli uomini perché sono tutti fratelli. E’ proprio partendo da questi principi che l’opera dei missionari continua, a cambiare il mondo, come quella dei nostri padri Giovanni Querzani e Giuliano Gorini, che vogliamo ricordare anche in questa occasione. Il padre Giovanni Querzani il 21 ottobre a Brescia riceve il premio “Cuore amico”, perché, dice la motivazione, “nei 36 anni di vita missionaria nella repubblica democratica del Congo egli ha unito all’intensa attività sacerdotale un costante impegno umanitario, soprattutto nell’assistenza sanitaria e nell’azione sociale a favore dei più poveri”. E’ un riconoscimento che premia anche la generosità di quanti gli hanno aiutato a fare tanto bene, e attesta che senza una motivazione profonda non è possibile fare tutto questo. Anche padre Gorini con le sue scuole sta facendo un’opera meravigliosa, soprattutto in questo tempo che la sua missione è insidiata e aggredita. La conoscenza di alcune missionari ci deve però far pensare anche a coloro che non hanno nessuno che li sostiene, e possono confidare solo negli aiuti della Santa Sede. La Giornata missionaria vuole pensare a tutti, e le offerte raccolte devono essere versate all’Ufficio missionario della Diocesi per essere inoltrate a Roma; anche in questo modo si vive la Chiesa cattolica, che significa universale, perché si ricorda di tutti.

A dieci anni dalla scomparsa del vescovo mons. Tarcisio Bertozzi
Messaggi
16-05-2006

A dieci anni dalla scomparsa del vescovo Francesco Tarcisio Bertozzi, dopo aver vissuto con viva partecipazione la sua fine prematura nella sofferenza portata con lucida consapevolezza, la nostra Chiesa diocesana comincia a riflettere sul dono che è stato il vescovo Tarcisio. Lo aveva capito subito il Card. Biffi, che durante l omelia della Messa esequiale ebbe a dire che a suo tempo si dovrà mettere in luce la rilevanza che hanno avuto nella storia di questa diocesi i quasi quattordici anni dell episcopato di Monsignor Bertozzi, anni pervasi dal desiderio di rinnovare tutto nell autenticità, e di ringiovanire in ogni struttura e in ogni cuore la vita ecclesiale .Come succede spesso, subito si è portati a ricordare un particolare, un gesto, una parola soprattutto se c è stata una conoscenza personale; poi con il tempo ci si rende conto che c è un lavoro ampio e profondo che ha gettato dei semi che vanno coltivati e fatti fruttificare. Se il libro del Sinodo diocesano può essere il monumento più organico del desiderio di rinnovare la vita della Chiesa di Faenza-Modigliana, c è anche una partecipazione diffusa alla vita delle comunità parrocchiali per condividere, sostenere, favorire un cammino nuovo, che non va dimenticata. E può essere proprio la carità, che ispirò alcune scelte importanti del vescovo Tarcisio, la forza che può ringiovanire ancora la vita ecclesiale in ogni struttura e in ogni cuore. Mentre preghiamo ancora per lui in questo decimo anniversario, chiediamoci che cosa ancora egli direbbe nella situazione concreta personale e comunitaria in cui ognuno si può trovare, per non trascurare le opportunità di rinnovare noi nella Chiesa, per rinnovare il mondo.