Commemorazione dei defunti

Faenza, Osservanza 2 novembre 2019

Cari fratelli e sorelle, è questo un momento di ricordo dei nostri defunti ma è anche occasione di riflessione sulla nostra vita. La parola di Dio ci fornisce punti di riferimento fondamentali. Ne abbiamo bisogno perché, oltre che sprofondare talora nel dolore, rimaniamo con tanti interrogativi sul nostro destino, sul senso della sofferenza, della morte, delle tragedie naturali. Ma ecco la visione offerta dal profeta Isaia. Dio, a fronte della fame, delle sconfitte, della morte, del buio che avvolge i popoli, risponde in maniera insperata, incredibile. Per l’umanità che cammina nella caligine, che soffre miseria, che patisce fame, malattia e guerre, terremoti, inondazioni, Dio prepara un banchetto di grasse vivande, elimina la morte per sempre, asciuga le lacrime su ogni volto, fa scomparire l’ignominia di ogni popolo povero e schiavo. Tutto ciò sta a significare che Dio procurerà la salvezza. Come? Costituendo ciò che noi sperimentiamo e viviamo oggi, ossia la Chiesa, comunione e missione. Cari fratelli e sorelle, seppur con un linguaggio da profezia, che mostra ma non svela completamente la realtà detta, siamo ricondotti a pensare a quella realtà meravigliosa che è la Chiesa, ove noi battezzati e cresimati, costituiamo una immensa comunione, un popolo nuovo, che grazie alla Parola di Dio è liberato dal buio. Nella Chiesa non solo vediamo più luce e troviamo risposte alle nostre angosce, grazie a Cristo, ma come ci comunica la lettera di san Paolo apostolo ai Romani, siamo guidati dallo Spirito di Dio e di Cristo stesso. Un tale Spirito ci rende figli del Padre, per cui siamo eredi di Dio e coeredi Cristo; ci rende comunione con Dio e tra di noi, ci fa partecipare al grande impegno di Cristo venuto per realizzare, dopo il peccato di Adamo e di Eva, la seconda creazione. Grazie allo Spirito, maturiamo tra le sofferenze – non ci sono mai tolte del tutto – del tempo presente, un nuovo essere in noi, cristoconforme, ossia somigliante a Cristo; collaboriamo a liberare il creato dalla sua caducità, a coltivarlo affinché serva a tutte le generazioni. In quanto inseriti in Cristo siamo chiamati, dunque, alla realizzazione di una seconda creazione: dopo la prima creazione, che è stata deturpata dal peccato di Adamo ed Eva, Egli inaugura una seconda creazione, liberando l’umanità dal peccato e dalla morte. Secondo la visione cristiana della realtà, il Risorto, a partire dall’incarnazione, avvolge misteriosamente tutte le creature e le orienta ad un destino di pienezza. Perché? Perché tutte le cose, sono state create per mezzo di Lui e in vista della pienezza di vita che esiste in Lui. In breve, l’universo in cui ci troviamo si sviluppa in Cristo risorto, che lo riempie tutto, e lo sottopone a trasfigurazione. Per questo, come dice san Paolo, tutta insieme la creazione geme e soffre nelle doglie del parto fino ad oggi, come anche l’uomo che, possedendo le primizie dello Spirito, geme interiormente aspettando la completa adozione a figlio, ed anche la redenzione del suo corpo mortale (cf Rm 8, 14-23).

Se come semplici uomini non sappiamo dove il mondo, martoriato da conflitti e cataclismi, possa andare o finire, come credenti sappiamo, invece, verso dove è incamminato, come anche l’uomo. Siamo chiamati a partecipare al destino del Risorto, a partecipare alla sua pienezza di vita in Dio Padre. Di qui la nostra consolazione: anche nelle tragedie più gravi di questo mondo il cristiano porta in sé la speranza della risurrezione e di una pienezza di vita in Cristo.

Partecipando a Cristo risorto condividiamo il suo disegno di salvezza, che consiste nel ricapitolare tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra, sotto un solo Signore (cf Ef 1,10). La ricapitolazione significa, precisamente, nuova creazione, significa redenzione di tutte le realtà, delle nostre relazioni sociali, significa vivere un’attenzione d’amore, non solo proclamata ma concreta, nei confronti dei poveri, degli affamati, degli stranieri, degli assetati, dei carcerati, degli ammalati, degli schiavi. Saremo giudicati proprio su questo, come ci ha detto il Vangelo secondo Matteo (Mt 25, 31-46). Saremo valutati sul nostro partecipare o no alla seconda creazione di Cristo, che implica impegno per uno sviluppo integrale, sociale, sostenibile ed inclusivo, universale, aperto alla Trascendenza.

Ecco quanto ci deve accompagnare nella riflessione sulla commemorazione dei fedeli defunti e dei nostri cari. A noi spesso sconfortati, scettici è affidata una visione diversa del mondo e della morte. Al centro di tutto c’è Cristo risorto. Egli cammina con noi e ci conduce verso la nuova città di Gerusalemme, verso una nuova creazione. In questo scenario della redenzione di Cristo preghiamo con fiducia per i nostri fratelli defunti. Guardiamo a Cristo pontefice massimo che si rende presente nella nostra Eucaristia. Attraverso Cristo, costituito ponte tra noi, che viviamo sulla sponda della mortalità, e i nostri cari, che sono già approdati sulla sponda dell’immortalità, facciamo giungere a loro le nostre preghiere. Facendo passare le nostre preghiere sul ponte che è Cristo esse giungono ai nostri cari. Sono a loro di aiuto nel bisogno di purificazione. Peraltro, sempre attraverso Cristo, dai nostri defunti che sono presso Dio, stabilizzati nella sua vita, ci arrivano grazie, sovrabbondanza di doni, intercessione.

Quale mistero di solidarietà! Viviamo e celebriamo una sconfinata tenerezza, che travalica  i confini dello spazio e del tempo e ci dà conforto. Nella comunione dei santi con Cristo, l’amore per i nostri cari defunti continua. Il loro affetto per noi non cessa mai. Il Signore tiene vivo e rende eterno il legame d’amore che ci unisce. Mentre facciamo visita alle loro spoglie nel cimitero compiamo un atto di fede. Grazie a Cristo glorioso cresca la nostra speranza nella risurrezione.

+Mario Toso