Cari fratelli e sorelle,
l’annuncio del giorno della Pasqua che abbiamo appena ascoltato è un annuncio di speranza. La celebrazione dell’Epifania, della manifestazione del Signore nel tempo e nella storia, è pure un annuncio di speranza perché tutto in questo giorno vuole portarci al vero centro della vita, al vero senso dello scorrere degli anni: «Cristo, che era, che è e che viene, Signore del tempo e della storia».
«Nei ritmi e nelle vicende del tempo», negli sconvolgimenti del tempo presente – guerre, alluvioni, pandemie – l’unico punto fermo per noi è la Pasqua di Cristo, la sua croce, la sua morte e risurrezione. Questo evento è la rivelazione piena e completa di Dio, dell’amore del Figlio suo mediante il quale salva e trasfigura il mondo. Questo evento, del quale facciamo memoria ogni domenica, è per noi la Speranza che non tramonta.
Anche il vangelo dei Magi, attraverso i doni nei quali il Risorto «è significato», spinge il nostro sguardo al Re a cui si offre l’oro, al vero Dio a cui si brucia l’incenso, al Vivente unto di mirra e degli altri olii.
In questo modo, la stella luminosa, visibile a tutti, l’Epifania dell’amore di Dio spingono la nostra attenzione verso il Signore, ci conducono a contemplare l’amore sconfinato con cui Dio si è reso presente nella nostra vita. Ci rendono pellegrini di speranza, come lo sono i Magi. Ogni domenica abbiamo bisogno di rivivere l’Incarnazione, morte risurrezione di Cristo, la sua Pasqua, di rendere contemporaneo alla nostra vita l’amore di Cristo che ama con tutto sé stesso sino alla morte in Croce. Senza il Signore Gesù, il nostro tempo diventa semplice rincorsa di beni che non saziano e ci lasciano vuoti.
Come i Magi, siamo chiamati a seguire la stella che indica un cammino, a farci pellegrini della speranza che non tramonta.
Come la stella, col suo brillare, ha guidato i Magi a Betlemme, così anche noi, col nostro amore, possiamo portare a Gesù le persone che incontriamo. Solo se amiamo come Gesù che ci ha mostrato l’amore del Padre noi, spendendoci gli uni per gli altri, tracciando sentieri di speranza, diventiamo un segno di speranza.
Chiediamo al Signore di essere luci che portano all’incontro con Lui (cf Mt 5, 14-16). Come la stella era visibile a tutti, era un segno di speranza per tutti, anche se non tutti l’hanno notata – Erode e gli scribi non si sono accorti nemmeno della sua presenza – con la nostra vita, piena di un amore che si dona totalmente, andiamo incontro a tutti, piccoli e grandi, di ogni ceto e di ogni etnia, di ogni lingua e popolo (cf At 10, 34-35). Con il suo amore infinito, Dio non si nega a nessuno.
Il Signore Gesù infiammi il nostro cuore con il suo amore. Ci renda luci che indicano Lui, generosi nel donarci, aperti nell’accoglienza, umili nel camminare insieme. Maria, Madre di Dio e della Chiesa ci aiuti ad accoglierlo, riconoscerlo e adorarlo, e ripartire da Lui rinnovati, portando nel mondo la luce del suo amore.
Papa Benedetto ai giovani radunati per la GMG di Colonia (20 agosto 2005) scriveva: «Il nuovo Re, davanti al quale [i Magi] si erano prostrati in adorazione, si differenziava molto dalla loro attesa. Così dovevano imparare che Dio è diverso da come lo si immagina di solito. Qui cominciò il loro cammino interiore. Cominciò nello stesso momento in cui si prostrarono davanti al Bambino e lo riconobbero come il Re promesso».
Papa Benedetto con queste parole voleva spiegare che la grandezza dei Magi non è tanto nelle loro capacità o nelle loro ricchezze, ma nel riconoscere che il Re che cercavano è diverso da come lo pensavano. Il nostro Dio è diverso, è unico, e se non avesse preso l’iniziativa di illuminarci con l’incarnazione del Verbo, non avremmo mai capito che chiede di incontrarlo in un cammino interiore e allo stesso tempo comunitario che è la Chiesa.
«Il modo di agire di Dio è diverso da come noi lo immaginiamo e da come vorremmo imporlo anche a Lui. Dio in questo mondo non entra in concorrenza con le forme terrene del potere. Non contrappone le sue divisioni ad altre divisioni. […] Egli contrappone al potere rumoroso e prepotente di questo mondo il potere inerme dell’amore, che sulla Croce – e poi sempre di nuovo nel corso della storia – soccombe, e tuttavia costituisce la cosa nuova, divina, che poi si oppone all’ingiustizia e instaura il Regno di Dio. Dio è diverso» (Ibidem). E ciò significa che anche noi dobbiamo divenire diversi, dobbiamo apprendere lo stile di Dio
Fratelli e sorelle, siamo noi quei Magi – continuava papa Benedetto XVI – che raggiunta la culla, scoperto l’inimmaginabile disegno di Dio per l’umanità, siamo chiamati a prendere «un’altra strada», una strada diversa. Ecco lo stile di Dio che dobbiamo assumere: accogliere la piccolezza della culla, della croce, per lasciarci risollevare dalla sua grazia. Ecco l’annuncio centrale della nostra fede, la gioia che spalanca le porte della speranza. Mentre il mondo ci offre il vano potere del dominio e della forza, la luce della fede ci spinge a diventare costruttori di pace; mentre il mondo ci offre il vuoto desiderio di successo e di autorealizzazione, il Signore continua a offrirsi a noi come pane spezzato per la salvezza di ogni uomo; mentre il mondo vuole scambiare la libertà con il cieco appagamento dei nostri capricci, l’annuncio del Vangelo ci rende liberi, responsabili, attenti alle necessità dei più piccoli.
Nel tempo dell’Anno Giubilare, oltre ai Magi, abbiamo i santi della Chiesa universale, ma anche i santi della nostra Chiesa locale, che sono per noi non una, ma molteplici stelle, che orientano il nostro cammino verso Gesù Cristo.
Essi ci insegnano che l’amore è un’azione concreta, fatta di fatica e sofferenza, ma che mai è dimenticata da Dio. I loro volti, che abbiamo presentati nel vademecum diocesano Pellegrini di speranza, sono da riscoprire, da contemplare, da imitare e proporre, specie alle nuove generazioni, in questo Anno Santo. I nostri santi, beati, venerabili, servi di Dio, se pregati ed amati, ci sostengono nell’essere discepoli missionari di Cristo Signore.
«A Cristo, che era, che è e che viene,
Signore del tempo e della storia,
lode perenne nei secoli dei secoli.
Amen».
+ Mario Toso