[apr 06] Omelia – Pellegrinaggio giubilare Vicariato forese est

06-04-2025

Fratelli e sorelle,

l’invito del Signore rivolto alla donna portata in giudizio è particolarmente significativo: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più» (Gv 8, 11). Nell’invito di Gesù possiamo scorgere il filo rosso che percorre tutto il Vangelo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio» (Gv 3, 16-18).

L’amore infinito, senza limiti, di Dio non vuole lasciarci indifferenti. L’amore rivelato in Gesù Cristo, nell’offerta di sé sulla croce, vuole spingerci a fare della nostra vita un’offerta per Dio e per gli altri.

L’incontro con il Signore cambia la vita, la trasforma, la trasfigura, la rende nuova e ci inserisce in un dinamismo ininterrotto di dono e di misericordia. Siamo alle porte della Pasqua che rigenera l’umanità, mediante una Chiesa non ripiegata su sé stessa, bensì rinnovata dallo Spirito, posta in uno stato di permanente missione, perché si affermi una vita secondo il disegno di Dio.

Quali i punti su cui far leva per crescere insieme in un dinamismo missionario incessante?  «Il primato della liturgia come azione del Risorto che convoca ed invia; l’essere relazionale e comunionale della comunità prima ancora che l’essere insieme di strutture – vengono prima l’amicizia con Gesù e la fraternità rispetto agli ambienti, al fare, pur importanti -; vivere l’appartenenza al territorio con l’impegno di incarnarvi uno stile di vita fraterno; il bisogno di riconoscersi in una realtà più grande che è la Diocesi, con le sue proposte e gli orientamenti del suo pastore; e, infine, l’urgenza di una ricca e approfondita catechesi degli adulti: ecco alcuni dei punti su cui far leva nella pastorale quotidiana» (M. Toso, Omelia Visita pastorale UP Russi, 27 gennaio 2024). Essere, dunque, Chiesa non ripiegata su sé stessa, essere Chiesa non rassegnata rispetto al disprezzo dei valori evangelici, essere chiesa sinodale, che sa pensarsi insieme nella difesa e nella promozione della vita, nel cammino per la gioia che raggiunge tutti. Essere insieme per fare di Cristo il cuore del mondo.

In generale si può dire, come ho ripetuto per altri Vicariati, che: «Abbiamo bisogno di investire pastoralmente non tanto sulla quantità delle iniziative, bensì sulla loro profondità spirituale, educatrice, che sospinge i credenti, compresi i giovani, verso l’intimità del “cuore a cuore” con il Figlio celeste, per disseminare il tessuto sociale di reti di fratelli e sorelle che non escludono nessuno ma includono specie chi è più fragile. Maggiore profondità spirituale non importa sentirsi estranei nei confronti del malessere della società contemporanea, più ricca di nuove e meravigliose tecnologie ma più fragile nei legami, nell’ancoraggio a valori di bene, ad un’esistenza che col dono irradia speranza e la Bellezza di Dio. Essere interiormente vivi significa sentirsi maggiormente attivi e responsabili nell’impegno di cambiare la cultura individualista e utilitarista del mondo odierno che ci separa dal bene altrui, dal bene di tutti. La profondità spirituale mobilita nel rispondere alle domande di senso che genitori e figli, iperconnessi ma decentrati da sé stessi, si pongono rispetto a Cristo, Via, Verità e Vita dell’uomo» (M. Toso, Omelia Visita pastorale UP Russi, 27 gennaio 2024).

 

Il bisogno di concentrarci sul primato dello spirituale «ci conduce a rivedere l’insieme delle nostre strutture secondo le esigenze dell’evangelizzazione nella società scristianizzata di oggi. Possiamo usare l’immagine della “dieta”: senza forse, abbiamo bisogno di una Chiesa più snella, più agile, non eccessivamente appesantita dalla gestione di strutture che, rispetto al calo demografico e all’invecchiamento della popolazione, diventano ipertrofiche, eccessive. La Chiesa, sempre più piccolo gregge, sembra essere chiamata ad essenzializzarsi nelle sue istituzioni, che non vanno, però, contrapposte all’impegno di essere profezia, rispetto ai bisogni di una società sempre più povera di pensiero pensante, di cultura, di cause esemplari costituite da molti «noi di persone» in comunione tra loro, quale lievito che fermenta il sociale.

Non si tratta di pensare ad una Chiesa più inconsistente, quasi diafana, appiattita sulle mode passeggere del mondo. Come discepoli del Risorto non siamo del mondo, ma nel mondo. Dobbiamo essere, però, nel mondo non con una logica di semplice conservazione dello stato esistente, con atteggiamenti propri di un cristianesimo devoto e passivo. La logica che ci deve guidare è quella del Signore Risorto che rigenera, fa nuove tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra. I credenti, fieri di appartenere al Risorto, si spendono e si uniscono tra di loro senza esitare per promuovere la vita buona, una cultura di libertà nella verità, una ecologia umana ed ambientale, una società più fraterna, giusta e pacifica, capace di custodire e sviluppare in Dio la casa comune. Ce lo chiede Colui che è venuto per servire, ad insegnarci ad amare come Lui ha amato. Non ignoriamo che viviamo in mezzo ad una società che più di una volta non riconosce la Chiesa come germe di un Regno trascendente. Per coloro che si dichiarano indifferenti o scettici nei confronti di Dio Amore siamo il lievito che gradualmente, silenziosamente, umilmente, fa crescere cuori nuovi nella pasta che è il mondo. La vita e la storia possono cambiare in senso positivo solo se Gesù Cristo è incontrato e adorato, come fecero i magi» (M. Toso, Omelia Visita pastorale UP Cotignola, 23 novembre 2024).

 

«Richiamo qui un mandato forte. Dall’accoglienza sincera ed entusiasta di un tale mandato dipende il futuro delle nostre comunità. Il mandato è contenuto in queste parole di Gesù: “La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!”. Non è, dunque, un mandato del Vescovo, ma un comando di Cristo! Pregate! Con la preghiera costante, però, ci dev’essere da parte dei presbiteri, dei diaconi e delle persone consacrate, l’impegno per una seriacostante, convinta pastorale vocazionale personalizzata. Non stanchiamoci di pregare, di accompagnare i giovani a rispondere con gioia e coraggio alla chiamata del Signore Gesù» (M. Toso, Omelia Visita pastorale UP Solarolo, 10 marzo 2024).

«Cari fratelli e sorelle, avete iniziato da non molto a camminare insieme in nuove unità pastorali, a formare una comunità più articolata. La Visita pastorale del Vescovo penso sia stata una valida opportunità per incontrarsi, per conoscersi di più e per sintonizzarsi maggiormente nella comunione di tutti con Gesù Cristo e nella sua missione. È solo nell’unico amore di Gesù che possiamo conservare le nostre legittime differenze, le nostre identità, ponendole a servizio del bene comune che è il Corpo di Cristo, la sua Chiesa.

L’amore di Gesù Cristo, il suo Spirito ci compatta: non uniformandoci ma facendo dei molti un’unica comunità armonica e articolata nelle sue componenti e nei suoi molteplici poli. L’amore di Gesù Cristo aiuta ad abbattere sterili campanilismi e a condividere una stessa passione per l’annuncio del Vangelo. Tutte le nostre comunità devono essere rivolte a contemplare il volto di Cristo. Solo se noi ci prostriamo e adoriamo Cristo riusciremo a “far vedere” il volto di Cristo agli uomini e alle donne del nostro tempo, in questo territorio, che è coltivato con passione, come un giardino. Gesù è necessario alla Chiesa, a ogni giovane, all’intera società. Solo Lui redime, trasfigura il nostro essere umano nel suo essere divino e ci consente di essere luce, sale, lievito» (M. Toso, Omelia Visita pastorale UP Granarolo, 25 febbraio 2024).

«Le nostre comunità, le nostre Unità pastorali, i nostri Vicariati, non solo devono annunciare a ogni persona la vicinanza di Cristo. Devono renderla presenteattuale, celebrandola, vivendola nella Liturgia, nell’Eucaristia, nella Carità, grazie alla presenza dei presbiteri e dei diaconi, alla testimonianza feconda degli sposi, all’amore per gli ammalati e gli anziani sofferenti e soli, grazie alla gioia dei bambini amati, all’esuberanza dei giovani che non esitano ad essere e a dirsi cristiani, in questo meraviglioso lembo della Romagna, che nonostante tutto – siamo stati raggiunti da una quarta alluvione – già si prepara all’incanto e allo splendore di una nuova primavera». La stagione meteorologica della primavera va accompagnata da una nuova stagione nell’evangelizzazione e nella educazione alla fede, come ho avuto modo di dire in san Pietro, presiedendo l’Eucaristia di 1550 pellegrini di quattro diocesi della Romagna (26 marzo 2025).

«Per noi cristiani nulla di ciò che è umano è estraneo a Cristo, alla Chiesa, perché viviamo dell’amore di Cristo. In Lui siamo, esistiamo e operiamo. A Lui orientiamo ogni nostra azione. Nella celebrazione Eucaristica, al momento della lode alla Trinità – Per Cristo, con Cristo e in Cristo – tutti insieme acclamiamo dicendo Amen. In Lui ci impegniamo a far nuove tutte le cose, costruendo il suo Regno, rendendo così migliore lo stesso mondo che ci accoglie e ci fa vivere dei doni della terra e del lavoro degli uomini e delle donne. Se Dio è in noi nulla ci separerà dal suo amore» (M. Toso, Omelia Visita pastorale UP Reda, 11 febbraio 2024).

                                            + Mario Toso