Saluto all’assemblea costituente di Confcooperative Ravenna-Rimini

17-09-2018
  1. Il percorso di unione tra Confcooperative Ravenna e Rimini

1.1 Il processo di aggregazione regionale, poi nazionale, tra le cooperative di ispirazione cristiana è stato avviato all’inizio degli anni ’60, proprio qui, in Emilia-Romagna, sviluppandone anche l’organizzazione, prima a livello consortile, poi federale dei settori.

Quello che avviene oggi, l’unificazione organizzativa tra le associazioni cooperative territoriali di Ravenna e Rimini, si inserisce in tale percorso.

1.2. Il processo di aggregazione e di decentramento, da un lato, e quello di collegamento con le imprese cooperative di altra ispirazione, dall’altro, come emerge dalla vostra storia, sono stati avviati, una prima volta a metà degli anni ’70, quindi alla fine degli anni ’90, per ricevere una nuova spinta quando i processi di globalizzazione (economica e sociale, in primo luogo) sono stati costretti a fare i conti con la crisi finanziaria che ha colpito soprattutto l’Occidente e, in particolare, l’Unione Europea e l’Italia.

  1. Le radici

2.1. Alle origini di questi processi, così come nel percorso di nascita e sviluppo delle vostre cooperative, c’è sempre stata e ci deve essere la Dottrina sociale della Chiesa.

Nei cooperatori romagnoli è ancora viva la memoria della visita di Giovanni Paolo II alle Diocesi romagnole nel maggio 1986, in particolare il suo discorso sulla cooperazione durante la visita alla cooperativa Paf (oggi Agrintesa) di Faenza, considerato dai cooperatori una vera e propria “enciclica cooperativa”.

La Confederazione ha altresì un assistente spirituale nazionale, così come è attiva una collaborazione, in alcune province più ampia, in altre meno, con i pastori, vescovi e sacerdoti, e i laici impegnati. A questo proposito, sempre a livello nazionale, si sta rinnovando il vademecum degli assistenti spirituali affinché sia coltivata in modo più incisivo l’ispirazione cristiana e la tensione etica negli amministratori, nei dirigenti, nei soci e nelle cooperative complessivamente intese. Non appena tale vademecum sarà approvato dalla Conferenza Episcopale Italiana sarà mia premura presentarvelo.

2.1. Per stare al tema, a Ravenna la collaborazione è stata molto intensa con il card. Lercaro, prima di essere inviato a Bologna, con mons. Baldassarri e con il card. Tonini; a Rimini con i vescovi Biancheri e Locatelli1.

A Ravenna e a Rimini, dal dopoguerra al periodo del “boom economico”, le realtà laicali (Acli, Cisl, Coldiretti, Ac, Dc, ecc.) hanno coltivato i valori cristiani nel lavoro e, in particolare, nel lavoro cooperativo, grazie alla presenza e all’impegno di uomini importanti, quali: Benigno Zaccagnini, Bartolo Montanari, Giuseppe Albonetti, Giovanni Dalle Fabbriche, Giuseppe Calderoni, a Ravenna, Giuseppe Babbi, Mario Gentilini, a Rimini, Gino Mattarelli, a Forlì, che ha avuto un grande ruolo nella fondazione delle cooperative di solidarietà sociale non solo in Emilia-Romagna, ma in tutto il Paese.

  1. L’azione di Confcooperative Emilia Romagna

3.1. Il recente processo di rinnovamento del gruppo dirigente di Confcooperative Emilia Romagna iniziato nel 2014, nella fedeltà agli ideali statutari e sempre nel solco della Dottrina sociale della Chiesa, costituisce un ulteriore passaggio importate e interessante. La fedeltà alla Dottrina sociale della Chiesa ha motivato e, poi, sostenuto l’impegno per la ricostruzione del nuovo stabilimento della cooperativa Italfrutta di San Felice sul Panaro (12,3 milioni a carico della Regione e del sistema regionale di Confcooperative), inaugurato diciannove mesi dopo il terremoto del maggio 2012 che lo aveva distrutto.

Nel medesimo spirito Confcooperative Emilia Romagna ha partecipato attivamente ad altri progetti di ricostruzione, tramite la propria federazione Federlavoro e Servizi. Così come, in tale contesto non ha mai dimenticato l’impegno solidale che fin dalla nascita ha caratterizzato e caratterizza l’azione di Confcooperative Emilia Romagna, delle Unioni territoriali (dunque anche di Ravenna e Rimini, che oggi celebrano l’atto della loro fusione, primo atto del processo di unificazione delle coop bianche romagnole) e del sistema delle Bcc, come era accaduto, ad esempio, nel 2009 per il terremoto dell’Aquila e come è accaduto nel 2016 quando ad essere colpite sono state vaste aree di quattro regioni del centro Italia. Con lo stesso spirito solidaristico le Unioni territoriali intervengono e devono intervenire per salvaguardare il lavoro dei soci, dei soci-lavoratori e dei dipendenti, oltre alle attività, di cooperative in difficoltà. È un ulteriore esempio di spirito cooperativistico il recente salvataggio della cooperativa ravennate Cesac, grazie alla solidarietà delle Unioni di Ravenna, Bologna e Ferrara.

3.2. L’Emilia-Romagna è considerata da tutti la culla della cooperazione italiana. Circa il 30% del fatturato complessivo di essa si sviluppa in questa regione. Inevitabilmente, ciò consente di influenzare il percorso complessivo del sistema cooperativo italiano.

In questa regione gli anni della crisi hanno particolarmente dimostrato che la cooperazione è e resta uno strumento utile ad affrontare e a risolvere le varie problematiche con una modalità e un approccio diversi.

Il sistema cooperativo ha dato un impulso forte alla crescita sociale ed economica. Ha fatto prendere coscienza che la cooperazione è un esercizio quotidiano di democrazia e di confronto e ciò, soprattutto, stando in mezzo alla gente e promuovendo un modello d’impresa che, senza negare il profitto, lo utilizza per un fine più ampio: la risposta ai bisogni delle comunità facendo delle persone i veri protagonisti di essa oltre che dell’impresa.

3.3. Il modello cooperativo permette alle persone di affrontare i problemi salvaguardando anche la propria dignità personale e, a volte, di realizzare i propri sogni, promuovendo lo sviluppo del territorio. Non a caso si afferma: “Le cooperative non delocalizzano”. Le cooperative non delocalizzano perché ogni cooperativa è costituita per sua natura da persone che vogliono realizzare un obiettivo, un sogno, una risposta ai bisogni del territorio. La risposta si dà in quel territorio, con quelle persone, in quel determinato contesto. Il fine non è fare solo ed esclusivamente maggiori profitti, ma dare una risposta adeguata al contesto nel quale si è impegnati. La cooperazione, più di altri modelli d’impresa, è ancorata ad un territorio che è un obiettivo intrinseco del suo servizio.

  1. Le sfide

4.1. In un contesto in cui la disoccupazione, anche giovanile, resta alta, il sistema cooperativo deve affrontare una grande sfida: creare nuove opportunità di lavoro, in rete con altri soggetti della società civile ed economica, soprattutto per i giovani, le donne e, più in generale, per quanti non trovano collocazione, perdono il lavoro o si trovano in condizioni svantaggiate.

Come negli anni della forte crisi la cooperazione è riuscita a dare occupazione e maggiori risposte alle persone, anche nei prossimi anni dovrà esercitare un ruolo ancora più incisivo nella crescita non solo di carattere economico, ma soprattutto in quella dell’equità sociale del nostro Paese.

  1. Quale futuro?

5.1. Il futuro di Confcooperative e, più in generale, del movimento cooperativo del nostro Paese va sviluppandosi attraverso l’Alleanza delle Cooperative Italiane, il cui coordinamento nazionale è stato istituito nel gennaio 2011 da Agci, Confcooperative e Legacoop.

L’Alleanza, con le sue 39.000 imprese associate rappresenta oltre il 90% della realtà cooperativa italiana per quanto riguarda i soci – oltre 12 milioni –, gli occupati – oltre 1.150.000 persone –, e il fatturato complessivo realizzato, superiore a 140 miliardi di euro.

Si tratta di numeri importanti che consentono alla cooperazione di incidere sul Pil per circa l’8%. A ciò va aggiunta la raccolta – superiore ai 157 miliardi – delle oltre duecento banche di credito cooperativo, che stanno attuando la loro riforma incentrata anche sulla nascita delle loro capogruppo.

5.2. Le cooperative italiane sono una realtà imprenditoriale importante che nel quinquennio 2012-2017, momento acuto della crisi, ha registrato non soltanto un aumento occupazionale pari all’8%, ma anche una grande capacità di inclusione socio-economica, come confermano due importanti dati: il 52,8% delle persone occupate nelle imprese cooperative è donna e il 22% immigrato. I cooperatori e le cooperative dell’Alleanza rappresentano anche il 14,8% degli sportelli bancari del Paese; il 34% della distribuzione e del consumo al dettaglio; oltre 35 miliardi di produzione agroalimentare Made in Italy, oltre il 90% della cooperazione impegnata nel welfare, con imprese cooperative, dove lavorano 355.000 persone, che erogano servizi socio-sanitari a più di 7 milioni di italiani.

  1. Necessità di rinnovamento

6.1. Il sistema di Confcooperative deve proseguire il processo di rinnovamento. Il ruolo di Confcooperative regionale e nei territori non deve limitarsi ad un’intermediazione tra il livello nazionale e quello locale o di aggregazione in funzione del mercato, ma deve promuovere ulteriormente il suo servizio a favore delle persone, delle famiglie e delle comunità.

A questo proposito, i temi da tenere presenti sono molti: la rappresentanza politico-sindacale; la formazione di dirigenti, amministratori, soci, dipendenti e dei giovani; la comunicazione, alla luce dei cambiamenti avvenuti e in essere negli strumenti e nei nuovi modelli di comunicazione; la promozione cooperativa. È vero che nei dieci anni di crisi le cooperative hanno dato una risposta importante in termini di numeri, come afferma un recente studio di Infocamere, registrando un +40%, in termini di personale impiegato nelle proprie cooperative e un +32%, in termini di fatturato. Si tratta di numeri davvero importanti, ma ciò non basta. Occorre, infatti, dare risposte ai nuovi bisogni che emergono. Per questo vanno bene i percorsi per promuovere le cooperative tra giovani – da circa un anno in ogni vostra sede provinciale è stato aperto uno sportello per costituire cooperative tra i giovani – e per favorire la nascita di cooperative di lavoratori che rilevano aziende in crisi o senza futuro.

6.2 C’è poi il tema cruciali degli strumenti finanziari. Molto spesso una delle difficoltà delle cooperative, che nella maggior parte dei casi hanno dimensioni medio-piccole, è quella di non avere la conoscenza necessaria per accedere agli strumenti finanziari. Anche in questo caso è fondamentale la formazione, sia a livello regionale e provinciale, che di base. Inoltre, spesso il problema, comune alle piccole imprese artigianali e commerciali, è proprio quello di riuscire ad ottenere il credito.

6.3 Un altro tema è la «politica» verso i soci. Essi sono tanti e costituiscono una risorsa fondamentale per la cooperazione e per il paese. Proprio per questo motivo occorre rispondere ai loro bisogni con servizi adeguati. Una migliore relazionalità tra cooperativa e socio viene garantita non solo da servizi commisurati alle esigenze personali, ma anche alla predisposizione di strumenti operativi che consentano la sua effettiva partecipazione alla vita della cooperativa.

  1. Una nuova alleanza

7.1. In merito all’Alleanza delle Cooperative Italiane, avviato nel 2011, sono significative le parole di papa Francesco nel Discorso ai rappresentanti della Confederazione Cooperative Italiane del 28 febbraio 2015: “So che da alcuni anni voi state collaborando con altre associazioni cooperativistiche – anche se non legate alla nostra storia e alle nostre tradizioni – per creare un’Alleanza delle cooperative e dei cooperatori italiani. Per ora è un’Alleanza in divenire, ma voi confidate di giungere ad una Associazione unica, ad un’Alleanza sempre più vasta fra cooperatori e cooperative. Il movimento cooperativo italiano ha una grande tradizione, rispettata nel mondo cooperativistico internazionale. La missione cooperativa in Italia è stata molto legata fin dalle origini alle identità, ai valori e alle forze sociali presenti nel paese. Questa identità, per favore, rispettatela!”.

Tuttavia, spesso le scelte che distinguevano e dividevano sono state a lungo più forti delle scelte che, invece, accomunavano e univano gli sforzi di tutti. Ora voi pensate di poter mettere al primo posto ciò che invece vi unisce. E proprio intorno a quello che vi unisce, che è la parte più autentica, più profonda e più vitale delle cooperative italiane, volete costruire la vostra nuova forma associativa”.

Fate bene a progettare così, e così fate un passo avanti! Certo, vi sono cooperative cattoliche e cooperative non cattoliche. Ma la fede si salva rimanendo chiusi in se stessi? Domando: la fede si salva rimanendo chiusi in se stessi? Rimanendo solo tra di noi? Vivete la vostra Alleanza da cristiani, come risposta alla vostra fede e alla vostra identità senza paura! Fede e identità sono la base. Andate avanti, dunque, e camminate insieme con tutte le persone di buona volontà! E questa anche è una chiamata cristiana, una chiamata cristiana a tutti. I valori cristiani non sono soltanto per noi, sono per condividerli! E condividerli con gli altri, con quelli che non pensano come noi ma vogliono le stesse cose che noi vogliamo. Andate avanti, coraggio! Siate creatori, “poeti”, avanti!”.

  1. Domande aperte

8.1. Tre domande aperte per concludere questo mio intervento sollecitando a proseguire il cammino di rinnovamento.

La prima: la formazione, che è un impegno costante sul quale può fondarsi un vero rinnovamento, può ridursi soltanto alla trasmissione delle competenze tecniche e della mission della cooperazione? Non deve avere anche una carica morale e spirituale che abbia il suo punto di riferimento nel Vangelo e nella Dottrina sociale della Chiesa e che si traduca in un percorso di formazione alla fede, ma anche sociale e politica? Soltanto questo può salvaguardare voi e tutti i cooperatori da comportamenti fondati sull’assolutizzazione della carriera e del denaro. La formazione può aiutarvi a superare la deriva della corruzione e, inoltre, ad essere difensori della vera cooperazione e a contrastare e a combattere le false cooperative2.

La seconda domanda concerne la formazione dei dirigenti. Non è forse necessaria una nuova classe dirigente cooperativa caratterizzata da una forte identità cristiana? Non occorrono forse nuovi testimoni, di cui anche oggi abbiamo più bisogno che di maestri, come ci ha insegnato Paolo VI che sarà canonizzato a breve?

La terza domanda, infine. Il 18 aprile scorso, in occasione del 50° della vostra Associazione regionale, il mio caro confratello, S.E. Mons. Tommaso Ghirelli, vescovo di Imola, nella sua riflessione di saluto, vi ha invitati ad istituire una “stanza del silenzio” quale luogo per una pausa, per un momento di preghiera giornaliera che sia di sostegno alla vostra azione. Siete riusciti a realizzare questo suo invito? La fede non è un optional, qualcosa di consolatorio, ma il riconoscimento che la vita e il lavoro non dipendono soltanto da noi, ma da Qualcuno che viene prima di noi! Coraggio e grazie per l’attenzione. Buon lavoro.

1 Cfr. ELIO PEZZI, Probi pionieri dell’Emilia Romagna. Confcooperative. Una storia di cinquant’anni 1968-2018, Edizioni Homeless Book, 2018, cc. 3 e 10, pp. 93-96.

2 Cfr. FRANCESCO, Discorso ai rappresentanti della Confederazione Cooperative Italiane, 28 febbraio 2015: «Per questo vi dico che fate bene – e vi dico anche di farlo sempre più – a contrastare e combattere le false cooperative, quelle che prostituiscono il proprio nome di cooperativa, cioè di una realtà assai buona, per ingannare la gente con scopi di lucro contrari a quelli della vera e autentica cooperazione. Fate bene, vi dico, perché, nel campo in cui operate, assumere una facciata onorata e perseguire invece finalità disonorevoli e immorali, spesso rivolte allo sfruttamento del lavoro, oppure alle manipolazioni di mercato, e persino a scandalosi traffici di corruzione, è una vergognosa e gravissima menzogna che non si può assolutamente accettare. Lottate contro questo! Ma come lottare? Con le parole, solo? Con le idee? Lottate con la cooperazione giusta, quella vera, quella che sempre vince».