Omelia per l’ingresso di mons. Pietro Scalini a Russi

30-09-2017

Cari fedeli, autorità militari e civili, Suore di san Giuseppe Cottolengo, presbiteri e diacono, è questo un momento importante per la comunità di Russi. Oggi riceve il suo nuovo parroco nella persona di Mons. Pietro Scalini, già sacerdote fidei donum in Russia, Rettore del Seminario Cattolico di san Pietroburgo. Egli non è molto conosciuto nella Diocesi perché manca da essa da circa un ventennio. Sicuramente è ben conosciuto da S. Ecc. Mons. Paolo Pezzi, vostro compaesano e arcivescovo di Mosca, ma anche da diversi amici di Lugo, Faenza, Cotignola, Bologna, che in questi anni l’hanno sostenuto anche nel lavoro di ristrutturazione della casa per ferie ad uso dei seminaristi e dei sacerdoti. Le belle doti che il Signore gli ha dato, l’esperienza pastorale iniziata tra noi da giovane sacerdote, consolidata poi in posti di responsabilità e di formazione nella grande Russia, garantiscono della sua attitudine pastorale.

L’ingresso e la presa di possesso della parrocchia da parte di Mons. Pietro Scalini, che ha qui i suoi diletti genitori, coincide con l’impegno della nostra Chiesa locale nel recepire l’esortazione apostolica Evangelii gaudium (=EG) e nel preparare il Sinodo dei giovani. L’EG ci invita a rinnovare le nostre comunità, formate da singoli e gruppi, soprattutto sul piano della missionari età e della comunione. Chiede un nuovo assetto, nuove strategie e metodi, nonché un nuovo ardore, nell’annuncio del Vangelo e nell’esercizio della carità a trecentosessanta gradi, non solo sul piano dell’assistenza ma anche nell’impegno politico e culturale. Chiede, in sostanza, una conversione pastorale e una preparazione non comune, perché la società si è maggiormente secolarizzata e la gente, specie i giovani, stentano a capire il nostro linguaggio. Ognuno, poi, tende a costruirsi una religione su propria misura, all’insegna del fai da te. La Chiesa viene facilmente scambiata per una società umana qualsiasi, dedita all’assistenza dei poveri, nella quale le cose si decidono sulla base dei sondaggi e delle statistiche. Crescono i credenti che abbandonano la fede, non si sposano in Chiesa e non coltivano il senso di appartenenza a Cristo.

Due cose ci ricorda, allora, papa Francesco. Innanzitutto, che una vera evangelizzazione è tale se Gesù non è equiparato a un semplice filantropo o a un liberatore politico. Gesù va annunciato come Signore, come Colui che salva e redime, mediante la sua morte e risurrezione. In secondo luogo, che l’evangelizzazione è compito di tutto il popolo di Dio, di tutte le componenti ecclesiali, singole e comunitarie. Tutti hanno il compito di annunciare e testimoniare Gesù Cristo. Non è un compito riservato solo ad alcuni, ai presbiteri, ai diaconi, alle suore, alle mamme. Inoltre, Gesù va annunciato a tutti. Gesù ha dato questo comando: «Andate e fate discepoli tutti i popoli» (Mt 28, 9).

Tutti, dunque, sono discepoli missionari, per evangelizzare tutti. Occorre, in particolare, portare Gesù Cristo alle persone con cui ciascuno ha a che fare, durante anche una conversazione informale, nell’ambito del lavoro, in casa, nel momento del divertimento, nell’oratorio, nella scuola, nell’ambito dello sport. Nell’annuncio di Gesù – non dobbiamo mai dimenticarlo – conta sempre il rapporto personale, la relazione da persona a persona. Quando l’associazionismo tradizionale arranca sia nell’aggregare sia nell’azione propositiva si è chiamati a rivitalizzare il dialogo personale, l’accompagnamento nei processi di crescita, la condivisione della propria fede, con un atteggiamento umile e testimoniale. Ciò che è decisivo e conta è contribuire ad aprire il cuore delle persone e dei giovani all’incontro con Gesù, affinché sia accolto e ci si doni a Lui.

Ma come dicevo poco fa, abbiamo anche l’impegno diocesano di preparazione del Sinodo dei giovani. Già è stata costituita una consulta giovanile e già è stato consegnato il vademecum per la fase iniziale. Si tratta di un evento che è nella linea di quanto detto a proposito della nostra chiamata ad incontrare Gesù Cristo e ad essere suoi annunciatori e testimoni, mediante un discernimento vocazionale e un accompagnamento comunitario. Mediante il Sinodo si vorrebbe non solo aiutare i giovani a scorgere la loro vocazione fondamentale di persone chiamate alla Gioia ma anche a viverla come costruttori sia dell’edificio spirituale che è la Chiesa sia della civiltà dell’amore. Negli incontri con i giovani, specie a Gamogna, essi sono stati invitati a rendersene protagonisti e ad incoraggiare i propri parroci e i responsabili delle varie realtà ecclesiali a divenirne promotori convinti. Il Sinodo avrà un esito positivo se sarà realizzato, come dice la parola, camminando insieme, non andando ognuno per proprio conto. Occorre, a tal fine, porre dei segni concreti che mostrino a tutti che si è e si diventa sempre più Chiesa sinodale. I giovani di AC, ad esempio, hanno accettato di buon grado di camminare insieme ai giovani di Gonfie vele per offrire a se stessi e ad altri giovani un percorso di formazione all’impegno sociale e politico, anticipando così in parte la realizzazione di una delle mete del Sinodo diocesano, e cioè l’educazione alla vita politica, richiesta dalla dimensione sociale della fede di ognuno. Conforta il fatto che durante la preparazione del Sinodo i giovani informati e coinvolti manifestano soddisfazione ed entusiasmo. Apprezzano di essere inseriti nel processo come protagonisti. Debbo dire che i giovani di Russi, accompagnati da don Claudio Bolognesi e, in particolare, da don Francesco Cavina, hanno risposto con generosità e creatività. Il cuore non può che aprirsi alla speranza.

Caro Mons. Pietro, la sollecitudine pastorale di un parroco, come ben sai, si estende a tutte le persone, dai più piccoli agli anziani, senza tralasciare gli ammalati, coloro che sono soli e poveri. È necessario dispiegare una cura che fa perno sull’annuncio della Parola di Dio, sulla celebrazione dell’Eucaristia, sugli altri sacramenti, ma in particolare sul sacramento della Riconciliazione, come sulla catechesi. La comunità che presiederai nella carità sia lievito nel territorio, fontana di acqua viva a cui possono dissetarsi tutti coloro che cercano Dio. Sia testimonianza di un nuovo umanesimo. Sorreggi i fedeli laici a vivere nella comunione con Cristo e tra di loro, a coltivare uno spazio interiore che conferisca senso cristiano all’impegno e alle molteplici attività. Aiutali a comunicare il Vangelo con la vita, a scorgere in tutti gli uomini, compresi gli stranieri che popolano il nostro territorio, l’anelito ad incontrare e a conoscere Gesù Cristo. Sviluppa una nuova evangelizzazione del sociale e un catecumenato, se è il caso, per coloro che hanno abbandonato la loro fede o non conoscono ancora Gesù di Nazareth. Non è una estemporaneità se, per venire incontro alle esigenza della crescita cristiana di diversi immigrati, alcune delle nostre parrocchie si sono già mobilitate e organizzate per momenti di cammino ad hoc. Ti auguro, allora, di essere coadiuvato da fedeli laici, convinti, lavoratori della vigna solerti, con senso di responsabilità nei confronti della Chiesa. Come sollecita la parabola odierna, che parla dei due figli invitati dal padre ad andare a lavorare nella vigna (cf Mt, 21, 28-32), possa tu disporre di collaboratori che non sono formali, di facciata ma sono di sostanza.

Sant’Apollinare, patrono di questa comunità parrocchiale, intrepido evangelizzatore di queste terre, sia la tua guida. Maria santissima, Madre della Chiesa e Madre dei dolori, interceda per te e per questa bella comunità.