OMELIA per le ESEQUIE di mons. MARIO BABINI

Faenza, Basilica Cattedrale, 18 ottobre 2008
18-10-2008


Lo sapevamo che il male che aveva colpito don Mario non lasciava via di scampo; ma ora che don Mario ha concluso la sua vita terrena, avvertiamo un senso di vuoto, con la percezione che qualcosa di grande è finito. Sono tanti oggi a sentirsi un po’ orfani.


Per non lasciarci prendere da considerazioni troppo umane, che pure sarebbero legittime da parte dei familiari e di quanti gli hanno voluto bene, penso in particolare alla sorella Domenica, che ha condiviso con lui una vita intera, vogliamo farci guidare dalla parola di Dio, perché è questa che ci rivela la pienezza della nostra umanità ed è capace di farci entrare anche nel mistero della morte.


‘Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: ‘Abbà, Padre”. Riconoscere la paternità di Dio è indubbiamente un dono dello Spirito Santo, ma abbiamo anche bisogno di avvertirne la presenza, di riconoscerlo nella quotidianità, di esperimentarne la tenerezza. La vita a volte è dura e difficile, e incontrare qualcuno che dia un aiuto vero, che sia capace di soffrire con chi soffre e gioire con chi gioisce, che condivida sinceramente le situazioni, che sappia portare i pesi degli altri, che stia accanto anche in silenzio o con una parola vera: quando questo accade è segno che abbiamo incontrato uno che sa trasmettere l’amore del Padre. Quanti in questi giorni mi hanno detto: in un momento difficile della mia vita, don Mario mi è stato vicino e mi è stato di grande aiuto.


Il sacerdote è sacramento di Cristo capo e pastore in mezzo agli uomini: don Mario è stato soprattutto segno e strumento della misericordia di Dio, attraverso la confessione e la direzione spirituale. In questo ministero ha rivelato una grande sapienza, raggiunta soprattutto attraverso la conoscenza dei santi nella loro vita e nei loro insegnamenti; ha trasmesso la sua profonda spiritualità, maturata nella preghiera e nella sofferenza; ha comunicato la dolcezza del suo animo e insieme la forza, quando il vero bene delle anime lo richiedeva. Nessuno tornava da un incontro con lui senza la percezione di avere trovato un uomo di Dio che aveva preso a cuore la sua situazione.


Nella storia della nostra Chiesa sono tante le realtà ecclesiali che lo hanno visto sostenitore, animatore e anche assistente spirituale, sempre con l’intento di suscitare vocazioni laicali, e di aiutare a camminare verso Cristo, senza legare a sé nessuno. Un sacerdote mi ha scritto: ‘Aveva il dono di ‘scrutare’ le anime, che poi lasciava consolate, fortificate, mai, assolutamente mai plagiate’.


Ha amato la sua Chiesa, questa Chiesa di Faenza-Modigliana, con i suoi doni e le sue povertà; l’ha amata fino al punto di sentire il bisogno di dirlo; è la Chiesa per la quale ha speso tutta la vita, ha dato tutto il suo tempo, ha donato tutte le sue energie, anche quando non ne aveva quasi più e non potendo uscire a causa del freddo per venire in Duomo riceveva nella sua casa. 


Perché un grande contributo alla vita della nostra Chiesa don Mario lo ha dato attraverso la sofferenza, dovuta ad una salute malferma fin dall’inizio della sua vita presbiterale. ‘Se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria’. È attraverso la sofferenza che accompagna il ministero che il prete partecipa alla vittoria di Cristo sul male, quando assolve i peccati, quando conduce sulla via del bene, quando innamora alla Parola di Dio, quando riconduce alla Chiesa le pecore smarrite. È difficile separare il ministero presbiterale di don Mario dalla sofferenza o dalla poca salute; eppure quale efficacia ha avuto ciò che egli ha fatto in tanti ambiti della vita della nostra Chiesa, tra i giovani, gli sposi, le persone consacrate, i sacerdoti, e quanti incontrava per la confessione.


Anche la malattia finale, accettata con piena disponibilità alla volontà di Dio e con edificazione di quanti lo hanno visto sempre con il sorriso, è stata un’offerta quotidiana sull’altare della croce, in attesa del Signore che viene.


Se si vuole trovare un aspetto prevalente nella vita sacerdotale di don Mario Babini, penso che si possa vedere nella sua sensibilità missionaria. ‘Andate’e fate discepoli tutti i popoli’ Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo’. Il segno più evidente di questo lo possiamo vedere nella promozione dell’Associazione Missionaria Internazionale, per la quale ha aiutato la formazione di laici generosi che poi sono andate in varie parti del mondo; ma lo vediamo anche nell’importanza che egli ha sempre dato all’evangelizzazione nell’impegno dei presbiteri e dei laici. Siamo alla vigilia della Giornata missionaria mondiale, e la vita di don Mario ci insegna come si può essere veramente missionari sempre e dovunque, con la fiducia nel Signore, che ha promesso di essere con noi tutti i giorni.


Ora che la tribolata vicenda terrena di don Maro si è conclusa, siamo convinti ancora di più di ciò che S. Paolo ci ha ricordato: ‘Io ritengo che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi’. 


Accompagniamo con questa Eucaristia insieme a Cristo morto e risorto la vita e la morte di don Mario davanti al Padre delle misericordie, per accolga nella sua pace questo suo sacerdote fedele, e gli dia il premio delle sue fatiche apostoliche. Quanti abbiamo un dovere di riconoscenza verso don Mario Babini, non facciamogli mancare la nostra preghiera e il nostro sacrificio di suffragio, perché il Signore perdoni le sue colpe e lo accolga con tutti i Santi in Paradiso.


Beata Vergine delle Grazie, che tante volte don Mario ti ha pregato per l’ora della sua morte, mostra anche a lui dopo questo esilio Gesù, il frutto benedetto del tuo seno, o clemente, o pia, o dolce vergine Maria.