OMELIA per la SOLENNITA’ della EPIFANIA

Faenza, Basilica Cattedrale - 6 gennaio 2012
06-01-2012


Non è facile entrare nello spirito giusto dell’Epifania, sia perché da sempre prevale la Befana, cioè la festa dei doni per i bambini, sia perché l’Epifania tutte le feste porta via, sia perché quest’anno c’è poco da stare allegri. La fatica che istintivamente verrebbe da proporre, sarebbe proprio quella di superare o demolire queste difficoltà, probabilmente senza riuscirci.


Vediamo allora di lasciarci guidare dalla realtà semplice del mistero della liturgia, che nasce dal racconto del vangelo di Matteo; un racconto che nella sua struttura contiene alcune indicazioni preziose per accogliere il mistero della ‘rivelazione’ di Gesù per noi e per tutti gli uomini.


Anzitutto il segno della stella: ‘Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo’. Era diffusa l’idea che alla nascita di un grande personaggio spuntasse in cielo una nuova stella: lo dice lo storico Svetonio per la nascita di Cesare Augusto. In questa loro affermazione i Magi si presentano come studiosi secondo le scienze del tempo; stanno quindi usando la ragione nella loro ricerca; non sono infatti da confondere con gli astrologi del nostro tempo, costruttori di oroscopi per chi ci crede.


L’uso della ragione, soprattutto nella conoscenza del creato e delle sue leggi, nella contemplazione del mondo piccolissimo e grandissimo rende possibile raggiungere la conoscenza dell’esistenza di Dio. S. Paolo ai Romani scrive: ‘Le sue (di Dio) perfezioni invisibili, ossia la sua eterna potenza e divinità, vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui compiute’ (Rm 1,20).


Ma siccome, dice ancora lo stesso S. Paolo, gli uomini hanno adorato le creature invece del loro Creatore, Dio si è rivelato loro mediante le Scritture. È quanto hanno trovato anche i Magi, incontrando in Israele i custodi della Rivelazione, i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo. Per la verità non è che la profezia di Michea, riportata anche dal Vangelo di Matteo, sia così chiara. È solo la lettura che la comunità di Israele ne ha fatto, e la tradizione che ha custodito questa interpretazione che ha consentito di avere l’aiuto da parte di Dio nella Scrittura. La Parola di Dio deve essere letta nella Chiesa, perché sia al servizio della verità.


Come ci ricorda spesso il nostro Papa, noi abbiamo bisogno sia della ragione, sia della rivelazione divina. La ragione può svolgere una funzione correttiva per evitare il pericolo del fondamentalismo nella religione, e la religione può a sua volta illuminare e correggere la ragione, perché non corra il rischio, come è già successo, di passare dall’ideologia al totalitarismo. Tra ragione e religione non ci deve essere reciproca esclusione, ma rispetto, dialogo e collaborazione.


Ma ciò che ha portato i Magi a questo punto è stata la loro iniziativa di mettersi in cammino: ‘Udito il re essi partirono. Ed ecco la stella”. Il loro viaggio era iniziato molto prima, ma è evidente la loro volontà di fare la propria parte senza indugio. Il loro cammino dall’oriente ha ripercorso le strade che furono di Abramo, nostro padre nella fede. Anche Abramo ‘partì senza sapere dove andava’, dice la lettera agli Ebrei (11,8). E questo è il cammino di ogni sincero ricercatore di Dio.


Con la combinazione di ragione, rivelazione e fede i Magi arrivano a vedere Gesù: ‘Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre’. Al momento dell’incontro abbiamo scoperto un altro aiuto per quell’incontro: la presenza di Maria nostra madre. Quando c’è bisogno Lei c’è: a Cana di Galilea, sotto la Croce, nella Pentecoste. La prima, che ha creduto nel Cristo, è presente dovunque la fede in Cristo fiorisce. È Maria che ha dato Gesù al mondo, è ancora Maria che fa incontrare Gesù con coloro che lo cercano.


‘Si prostrarono e lo adorarono’. Epifania significa ‘rivelazione’ da parte di Dio, manifestazione della sua realtà di uomo-Dio salvatore a tutte le genti; Epifania significa anche manifestazione della nostra fede in Dio. I Magi adorano il Bambino e manifestano la loro fede nel Re d’Israele. Il loro desiderio è stato esaudito; la loro ricerca, premiata; la loro intuizione  ha avuto il riscontro che speravano.


Anche Erode aveva detto: ‘Quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo’. Ma evidentemente la sua non era l’attesa di un incontro libero con il Salvatore, ma era il potere che si sentiva insidiato, e non trovò la strada dell’incontro con Cristo.


 ‘Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra’. Attraverso i doni i Magi manifestarono la loro fede, come dicono i Padri della Chiesa: ‘con l’incenso riconoscono che Gesù è Dio, con l’oro lo accettano come re, con la mirra esprimono la loro fede in colui che doveva morire’.


Il mistero di salvezza che abbiamo celebrato nel Natale del Signore e che vivremo in modo pieno nella Pasqua di cui abbiamo sentito l’annuncio anche per questo anno, è stato consegnato a noi, uomini di questo tempo, non come un privilegio esclusivo, ma come una responsabilità di fronte a tutta l’umanità. L’impegno missionario, come servizio alla verità e risposta al bisogno profondo che ogni uomo ha, è la risposta più bella a quanto abbiamo anche noi visto, toccato ed esperimentato.


I popoli stanno arrivando nei nostri paesi cristiani: riescono a vedere in mezzo alla nebbia, come dice Isaia, la gloria del Signore e la sua luce? O la tenebra ricopre ancora tutta la terra?


Lasciamoci interrogare. Da una ricerca sincera può iniziare il cammino che ci porta al Salvatore, come è stato per i Magi.