OMELIA per la MESSA CRISMALE 2009

Faenza, Basilica Cattedrale, 09 aprile 2009
09-04-2009


L’Eucaristia che stiamo celebrando prende nome da ciò che faremo tra poco, la benedizione cioè degli oli santi e in particolare del crisma. Con il sacro crisma vengono consacrati i presbiteri, dai quali viene poi celebrata l’Eucaristia, il mistero centrale di questa giornata che con la Messa ‘in coena Domini’ apre il triduo sacro.


Il sacerdozio ministeriale nasce insieme all’Eucaristia dall’amore di Cristo, che amò i suoi sino alla fine; frutto dell’amore, il nostro ministero è segno dell’amore del Padre che si è manifestato in Cristo e continua ad essere testimoniato nella Chiesa per il bene di tutti gli uomini.


Per ricordarci questa nostra missione, oggi la liturgia ci chiederà di rinnovare le promesse fatte al momento dell’ordinazione presbiterale, non tanto per fare appello alle nostre forze, quanto per affidarci nuovamente alla fedeltà e all’amore di Cristo che ci ha scelti.


Vogliamo farci aiutare nella nostra riflessione dall’apostolo Paolo, incominciando da quello che egli scrisse ad discepolo Timoteo: ‘Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza’ (2Tim 1,6s). Il dono di Dio, ricevuto una volta per sempre nel sacramento, deve essere ravvivato per quanto riguarda la parte che spetta a noi, che non dobbiamo lasciarci vincere né dalla paura né dall’abitudine, ma dobbiamo esprimere la forza della carità, insieme alla prudenza che il ministero richiede.


S. Paolo poi ricorda anche alcune virtù necessarie a chi è chiamato al sacro ministero, tenendo presente che quanto sentiremo dire del vescovo si deve intendere riferito anche al presbitero, non essendoci ancora in quel tempo una chiara distinzione tra i due termini.


‘Bisogna che il vescovo sia irreprensibile, non sposato che una sola volta, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino, non violento ma benevolo, non litigioso, non attaccato al denaro. Sappia dirigere bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi con ogni dignità, perché se uno non sa dirigere la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio? Inoltre non sia un neofita, perché non gli accada di montare in superbia e di cadere nella stessa condanna del diavolo. È necessario che egli goda buona reputazione presso quelli di fuori, per non cadere in discredito e in qualche laccio del diavolo’ (1Tim 3,1-7).


Come si vede sono tutte virtù umane che hanno grande considerazione anche oggi sia presso i fedeli sia presso ‘quelli di fuori’ della comunità. È bene pure notare che quando del presbitero si dice: ‘non sia sposato che una sola volta’ e che ‘sappia dirigere bene la propria famiglia’, non si esclude il celibato dei presbiteri. Infatti  San Paolo stesso non era sposato. E quando dice: ‘Fatevi miei imitatori come io lo sono di Cristo’ (1Cor 11,1), forse non escludeva un riferimento anche a questa sua condizione.


Tra i molti insegnamenti che si potrebbero ricavare dagli scritti di S. Paolo, voglio ricordarne ancora due: ‘Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo, ha affidato a noi il ministero della riconciliazione’. Un compito delicato e prezioso, che ci è chiesto di esercitare con tanta misericordia, sapendo che l’uomo di oggi, quanto più si presenta esteriormente spavaldo e sicuro di sé, tanto più interiormente è insicuro e fragile, bisognoso di sentirsi capito, amato e perdonato da Dio.


L’ultimo riferimento mi piace prenderlo dal saluto che Paolo fa agli anziani di Efeso: ‘Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito santo vi ha costituiti come custodi per essere pastori della Chiesa di Dio, che si è acquistata con il sangue del proprio Figlio’ (Atti 20,28). È un coinvolgimento solidale di noi tutti con il nostro popolo, difendendo e santificando il quale difendiamo e santifichiamo noi stessi. Siamo destinati a condividere le sorti della nostra gente, con una viva partecipazione soprattutto nei momenti difficili come sono quelli odierni, sia per la confusione dottrinale in campo etico, sia per le difficoltà economiche di varie nostre famiglie. Siamo chiamati ad essere accanto per aiutare, illuminare e condividere, perché nessuno deve sentirsi abbandonato.


Abbiamo bisogno di essere sempre più all’altezza della nostra missione, per cui ringraziamo il Santo Padre per averci donato l’ ‘Anno sacerdotale’ in occasione dei 150 anni dalla morte del Santo Curato d’Ars, ‘per favorire la tensione dei sacerdoti verso la perfezione spirituale dalla quale soprattutto dipende l’efficacia del loro ministero’ (16/03/09).


In questa Eucaristia, che assume i connotati di una santa convocazione del presbiterio diocesano, vogliamo ricordare tutti i nostri confratelli, cominciando dai missionari, inviati ad annunciare il vangelo in condizioni difficili. La colletta che faremo per loro sia il segno della nostra solidale fraternità.


Ricordiamo i nostri sacerdoti anziani e ammalati, che stanno offrendo il sacrificio di Cristo partecipandovi personalmente con la loro sofferenza, e così adempiono in modo prezioso e misterioso al loro ministero.


Vogliamo pregare per i sacerdoti della nostra Diocesi che in questo anno il Signore ha chiamato a Sé per il premio eterno: Mons. Veraldo Fiorini, Don Luigi Orsoni, Mons. Mario Babini, il Card. Pio Laghi, Don Carlo Marangoni, Mons. Giuseppe Ferretti. Fra tutti, lasciate che ricordi in modo particolare don Mario Babini, la cui scomparsa ha lasciato tanti orfani della sua paternità spirituale. Siamo grati al Signore per averlo donato alla nostra Chiesa, alla quale ha insegnato uno stile di vita e di ministero presbiterale, continuando la tradizione di santi sacerdoti faentini. Infine ricordo il Card. Pio Laghi, le cui spoglie mortali riposano in questa cattedrale. Siamo grati a lui che lasciando questo mondo ha voluto affidarsi alla nostra memoria e alla nostra preghiera.


Oggi poi vogliamo gioire con i confratelli che in questo anno ricordano date significative della loro ordinazione presbiterale: Mons. Angelo Melandri 70 anni, don Oreste Molignoni 65 anni, don Carlo Matulli e P. Albino Varotti 60 anni, Mons. Ivo Guerra e Mons. Romano Ricci 50 anni. Li ringraziamo per la donazione generosa e fedele alla nostra Chiesa e preghiamo il Signore perché li benedica sempre.


Rivolgo un saluto cordiale anche ai ministranti che sono presenti a questa Eucaristia, e li esorto a rendere decorosa la santa liturgia con il loro servizio e una crescente conoscenza dei misteri ai quali partecipano.


Il pensiero rivolto ai giovani mi porta a concludere la mia riflessione con alcune parole di don Primo Mazzolari, a 50 anni dalla morte, di cui il Papa ha additato ‘il profilo sacerdotale limpido e di alta umanità e filiale fedeltà al messaggio cristiano e alla Chiesa’. Ha scritto don Primo ad un seminarista: ‘Un giovane è sempre una promessa e un impegno per un domani che sappiamo durissimo per tutti, ma particolarmente per chi avrà la grazia e la fede di una vocazione come la nostra. Non ci sarà più posto per i ‘piccoli’ cristiani e per i ‘sacerdoti funzionari’. Questo ti rianimi e dia le ali (ali serie, non retoriche) alla tua preparazione. Si avvicina l’ora in cui ci sarà ancora gusto a fare il prete. Il Signore saldi sulla sua Croce il tuo slancio’.


Infine è doveroso un ricordo nella preghiera per i nostri confratelli della terra d’Abruzzo con le loro comunità, uniti in modo così drammatico alla passione del Signore. Insieme alla preghiera esprimeremo nei prossimi giorni la nostra fraterna solidarietà. La fede che li ha sostenuti nella prova li confermi anche nella speranza della risurrezione del loro popolo.