OMELIA per la II domenica di PASQUA (Domenica della Divina Misericordia)

Faenza, Basilica Cattedrale, 3 aprile 2016
03-04-2016

Abbiamo portato il Crocifisso della Chiesa dei Cappuccini sin qui, in cattedrale, con grande concorso di popolo. Questa processione è avvenuta per vivere come parrocchie della città il Giubileo della Misericordia nel contesto della Pasqua.

La risurrezione non annulla la croce, vertice dell’amore misericordioso.

Un tempo ai piedi del Crocifisso dei Cappuccini, incarnazione e visibilizzazione della misericordia divina, accorreva tutta la Diocesi, con flussi continui di persone, di famiglie, di associazioni. Il Crocifisso era considerato polo di attrazione e di rigenerazione della vita cristiana, professata e testimoniata nel territorio. Diversi frati confessavano senza soste, accompagnavano spiritualmente il popolo, contribuivano a corroborarlo e a trasfigurarlo mediante soprattutto il sacramento della riconciliazione e la ricchezza umana e cristiana delle loro persone. Tant’è che alcuni di essi sono morti in concetto di santità e sono avviati i processi per il riconoscimento delle loro virtù eroiche.

Vivere il Giubileo cittadino della misericordia, proprio nella II domenica di Pasqua, dedicata da san Giovanni Paolo II alla celebrazione della misericordia, assume per le nostre comunità parrocchiali in significato del tutto particolare. Riunite attorno al Crocifisso intendono rinnovare il loro impegno di essere missionarie della misericordia, mediante una nuova evangelizzazione che consente il reincontro o l’incontro con Gesù; mediante una conversione spirituale e pastorale; mediante una testimonianza credibile, ponendo dei segni di misericordia. Quali segni? Abbiamo ascoltato dagli Atti degli apostoli il fervore e l’impegno apostolico della prima comunità dei credenti (cf At 5, 12-16). Per opera degli apostoli avvenivano fra il popolo «molti segni e prodigi», così che la gente li esaltava. Crescevano i credenti: una moltitudine di uomini e donne si aggregano alla piccola comunità degli apostoli. Ad essi erano portati ammalati, persone tormentate da spiriti impuri e venivano guariti. Domandiamoci: le nostre comunità sono oggi, nel tessuto cittadino ed extra urbano centri di guarigione per gli uomini e le donne di oggi, spesso disorientate e scoraggiate nel compiere il bene, nell’annunciare Gesù Cristo? Noi siamo individuabili e apprezzati attraverso segni e prodigi compiuti con l’aiuto del Signore? Oppure siamo comunità stanche, scolorite, incapaci di guarire e rigenerare le persone, poco significative per la gente, per la cultura? Il Crocifisso è additato ancora nelle nostre famiglie come segno di vita nuova e di vittoria sul peccato, su una vita disimpegnata, piegata verso il consumismo materialista o vittima dei nuovi idoli come la tecnocrazia, il profitto a breve termine?

La sera di Pasqua – come narra il Vangelo odierno (Gv 20, 19-31) – il Crocifisso-Risorto – Gesù portava su di sé i segni della sua Passione – entrò nella stanza chiusa ove si trovano sbarrati i discepoli per timore dei Giudei. Stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Aggiunse: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Ma non li invia da soli. Infatti, soffiò su di loro e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo». Sono pochi, ma con loro c’è, dunque, Gesù Cristo, il suo Spirito, che è un amore misericordioso, che vuole offrire il perdono di Dio. Così arricchiti ed amalgamati, come piccola comunità, il loro mandato diventa un invio per il perdono: «a coloro a cui perdonerete i peccati saranno perdonati». Da persone timorose diventano coraggiosi. Escono e si presentano alla gente, predicando e operando meraviglie nel nome di Gesù Cristo morto e risorto. Diventano comunità «in uscita», ricca di opere.

A ben riflettere, le nostre comunità hanno scritta in sé una vocazione e una missione: manifestare e comunicare il perdono di Dio, la sua «vendetta» singolarissima. Infatti, Egli non vuole la morte o l’annientamento del peccatore, di chi sbaglia, bensì che si penta, cambi esistenza e viva! Mediante la sua misericordia, donata mediante Cristo, Dio guarisce e rigenera il peccatore, l’umanità. Fa nuove le persone, le rende più capaci di amore e di perdono, ossia capaci di «risuscitare» i propri fratelli con la sua Vita donata, perché in definitiva il dono della sua misericordia equivale al dono della vita divina. Noi possiamo compiere prodigi, guarigioni non grazie solo a noi stessi, ma con Gesù, il suo Spirito.

Le comunità cristiane sono presenti nel tessuto cittadino per generare un nuovo stile di vita, per divenire centri e luoghi di rinascita morale, spirituale e culturale, per essere, in questo modo, creatrici di nuove relazioni, diffusive di speranza. Assiepandosi attorno al Crocifisso, che rimane perennemente in mezzo a noi come Colui che si dona totalmente ed è con le braccia aperte non in segno di resa ma di accoglienza, attingono dal suo Spirito e dal suo fianco squarciato energie nuove, possibilità di ricominciare, di rinascere. Si rinasce morendo al peccato, al male, all’apatia nell’annuncio del Vangelo, alle chiusure, all’odio, all’inimicizia, alla violenza, ai conflitti. Dal Crocifisso viene capacità di fedeltà e di dono per le nostre famiglie, per le comunità religiose, per le associazioni, i movimenti, le nostre parrocchie, per il volontariato, per la Caritas, per l’attività di servizio agli ammalati, ai profughi, per la vita nascente. Quanto abbiamo bisogno della misericordia di Dio! Quanto abbiamo bisogno di vivere e comunicare nelle nostre relazioni, agli altri – al povero, ai bambini, agli anziani, ai fratelli e alle sorelle, allo straniero – la misericordia di Dio, la sua tenerezza. Ognuno di noi ne ha bisogno e ne ha un diritto! A noi, figli e figlie di Dio, spetta il Suo amore misericordioso. Per noi, però, non dimentichiamolo mai, c’è un dovere di misericordia. Guai a noi se non fossimo annunciatori e testimoni di misericordia. Noi stessi finiremmo per vivere in città contrassegnate dall’indifferenza e dall’ostilità.

Siamo come il Risorto, il capo del Corpo che è la Chiesa, comunità risorte, capaci di generare e di rigenerare, di guarire e di offrire speranza alla nostra città e ai suoi abitanti, caratterizzati dalla molteplicità delle fedi e delle culture.

Sia lodato il Crocifisso-Risorto, che salva il mondo!