Sono sempre tante le motivazioni che ci riuniscono nell’Eucaristia del primo giorno dell’anno civile, anche se fra tutte vogliamo dare rilevanza alla giornata della pace. Ma proprio perché la pace stessa è il risultato di alcuni fondamenti che la precedono, che secondo
La liturgia ricorda oggi il mistero della Maternità divina di Maria, che generando nel tempo il Figlio di Dio è diventata a pieno titolo madre di Dio, e come tale è diventata anche madre nostra secondo l’ordine della grazia. Già questa prerogativa di Maria mette in evidenza il progetto divino di ricostituire la famiglia dei figli di Dio, che era stata disgregata a causa del peccato, e apre il nostro cuore alla speranza che questo progetto se anche non si potrà compiere nel tempo, tuttavia è possibile farlo avanzare con la grazia di Dio e la buona volontà degli uomini.
Diventare una sola famiglia è un progetto che dobbiamo cercare di realizzare anche nel nostro tempo. Il primo giorno dell’anno ci scandisce il fluire rapido del tempo, ma anche ci ricorda che ci è data un’altra possibilità. Quello che non è stato fatto finora può essere fatto nel nuovo anno. È più che una speranza; è una nuova opportunità per costruire positivamente qualcosa.
Noi viviamo nella pienezza del tempo, riempito dalla presenza del Signore Gesù, il salvatore del mondo. Il vangelo ci ricorda che nel giorno ottavo dalla nascita ‘gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima di essere concepito nel grembo della madre’. Gesù, il Dio che salva.
Queste riflessioni suggerite dalla liturgia arricchiscono la celebrazione della giornata della pace, che noi vogliamo vedere come l’insieme dei beni messianici per il nuovo popolo di Dio, segno e strumento dell’unità degli uomini con Dio e di tutto il genere umano.
Una tentazione a cui è spesso soggetto il tema della pace è quella di essere verbalmente affermata, più che concretamente costruita; pretesa senza sacrifici, più che pagata di persona; invocata dagli altri, più che donata da noi stessi.
Per aiutarci a superare le tentazioni di retorica e di astrattezza, ogni anno il Papa ci fa dono di un messaggio, che ha il merito di indicarci ogni volta un percorso realistico per fare avanzare di un passo la pace, dono di Dio affidato agli uomini.
Quest’anno papa Benedetto XVI ci dice: ‘Combattere la povertà, costruire la pace’. ‘Di fatto, precisa, la povertà risulta sovente tra i fattori che favoriscono o aggravano i conflitti, anche armati’ (n. 1). E aggiunge: ‘Le distorsioni di sistemi ingiusti prima o poi presentano il conto a tutti’ (n. 14).
La situazione mondiale viene vissuta ormai di fatto in una globalizzazione a tutti i livelli, non solo per l’informazione che ci porta in casa il mondo intero, ma attraverso l’interdipendenza per quanto riguarda l’economia, la sicurezza dal terrorismo, l’incontro delle culture più diverse. Se non bastassero gli argomenti di carità a indurci a migliorare le condizioni degli altri, dovremmo almeno riflettere che in un modo o nell’altro i disastri mondiali potrebbero riversarsi anche su di noi.
Nel suo messaggio il Papa considera le varie forme di povertà, da quella materiale a quella morale, da quella legata alle malattie alla povertà dei bambini, da quella provocata dalla corsa agli armamenti a quella legata alla crisi alimentare. E ricorda che la realtà dei fatti ha smentito che la povertà sia legata alla sovrapopolazione, quando proprio alcuni paesi molto densamente popolati hanno migliorato le loro condizioni economiche. ‘In altri termini, la popolazione sta confermandosi come una ricchezza e non come un fattore di povertà‘ (n. 4).
Per affrontare la lotta alla povertà nell’ambito dei rapporti tra i paesi ricchi e i paesi poveri, il Papa invoca una forte solidarietà globale, che si fondi su un ‘codice etico comune’ ‘le cui norme non abbiano solo un carattere convenzionale, ma siano radicate nella legge naturale inscritta dal Creatore nella coscienza di ogni essere umano’ (n. 8).
È ovvio che il Papa nel suo messaggio abbia presenti anche le istituzioni nazionali, quando afferma: ‘La globalizzazione va vista come un’occasione propizia per realizzare qualcosa di importante nella lotta alla povertà e per mettere a disposizione della giustizia e della pace risorse finora impensabili‘ (n. 14). Bisogna infatti ‘superare lo scandalo della sproporzione esistente tra i problemi della povertà e le misure che gli uomini predispongono per affrontarli’.
Qui sì che si deve dire che anche il nostro paese potrebbe fare di più, quando non mantiene nemmeno gli impegni presi in sede internazionale per l’aiuto pubblico allo sviluppo.
Ma perché tutto ancora una volta non si risolva a pretendere che gli altri facciano, il Papa al termine del messaggio si rivolge direttamente ai cristiani con queste parole: ‘Fedele all’invito del Signore, la comunità cristiana non mancherà pertanto di assicurare all’intera famiglia umana il proprio sostegno negli slanci di solidarietà creativa non solo per elargire il superfluo (qui si tratta dell’elemosina), ma soprattutto per cambiare gli stili di vita, i modelli di produzione e di consumo (e questi sono cambiamenti sociali più radicali che vanno condivisi), le strutture consolidate di potere che oggi reggono le società (e qui siamo all’impegno politico).
Ad ogni discepolo di Cristo, come anche ad ogni persona di buona volontà, rivolgo pertanto all’inizio di un nuovo anno il caldo invito ad allargare il cuore verso le necessità dei poveri e a fare quanto è concretamente possibile per venire in loro soccorso’ (n. 15).