Omelia per la festa di S.Maria Maddalena

22-07-2018

In questa Domenica in cui la Parola di Dio ci dice che il Padre ha pensato di mandare per Israele e per il mondo un nuovo pastore, e cioè il suo Figlio, Gesù, per fare di noi una famiglia, non solo una comunità, ricordiamo Santa Maddalena. Non è menzionata molte volte nei Vangeli. Il Vangelo di Luca (8, 2-3) scrive semplicemente che Maria di Magdala era stata guarita da Gesù. Da quel momento non abbandonò più Colui che la sanò. Con i suoi beni assisteva Lui e i suoi discepoli. Lo accompagnò sino ai piedi della croce. Secondo il Vangelo di Giovanni (Gv 20, 1-18), Maria di Magdala, fu la prima a recarsi al sepolcro, di buon mattino, mentre era ancora buio. Vide che la pietra era stata rimossa. Corse da Simon Pietro e da Giovanni a dire che Gesù era stato portato via. I due discepoli si recarono di corsa al sepolcro. Prima arrivò Giovanni, ma non entrò; poi giunse Pietro, il quale, invece, entrò nel sepolcro. Vide per terra le bende e, in un angolo, il sudario ripiegato. E vide e credette. Poi i due discepoli se ne tornarono a casa. Maria Maddalena stava, invece, presso il sepolcro in lacrime. È solo dopo aver parlato con gli angeli che cercano di consolare il suo pianto, e solo dopo essersi sentita chiamare da Gesù, che in un primo momento non riconobbe, che essa si aprì alla fede e il suo cercare si concluse con il «vederlo». Slanciandosi verso di Lui esclamò in ebraico: Rabbuní, che significa: Maestro. «Cercava colui che non aveva trovato – commenta san Gregorio Magno -, piangeva in questa ricerca. Accadde perciò che poté vederlo essa sola che era rimasta per cercarlo» (Omelia 25). Dopo l’incontro con Gesù Risorto andò ad annunciare ai discepoli: Ho veduto il Signore. E così diventa, dopo aver riconosciuto il Signore Risorto, come dice il teologo Ippolito Romano (170ca – 235), con un’espressione veramente felice, l’apostola degli Apostoli. Prima testimone che vide il Risorto è la prima messaggera che annuncia la Risurrezione del Signore. Papa Francesco, lo sappiamo, ha elevato a festa la memoria liturgica di santa Maddalena. Con ciò ha voluto riconoscere l’importanza delle donne nella stessa missione di Cristo e della Chiesa.

Ebbene, care Suore Agostiniane di santa Maria Maddalena, anche voi, custodi di questa chiesa dedicata alla prima donna testimone del Risorto, siete chiamate a vivere la vostra vocazione claustrale come apostole degli apostoli. Dalla festa di santa Maddalena viene, infatti, a noi l’invito ad essere come Lei. Ossia persone riconoscenti al Signore perché ci guarisce, ci salva. Persone che Lo seguono, donando non solo i propri beni ma la propria vita; persone che lo annunciano e, in un certo senso, lo donano, perché prima l’hanno visto, incontrato intimamente. Tutto ciò non è automatico. Non avviene casualmente. Richiede un percorso. Esso inizia allorché i nostri occhi, per la fede, riconoscono in Gesù il Risorto, ovvero Colui che, con la sua incarnazione, morte e risurrezione arricchisce la nostra esistenza. Porta ad ognuno la vita di Dio, una capacità più grande di cercare il vero, di vincere il male col bene, una forza d’amore e di perdono superiore a quella semplicemente umana.

Non dimentichiamo che la Maddalena ha occhi nuovi, gli occhi della fede, allorché si sente chiamata per nome. Solo quando vi è prima l’iniziativa di Gesù, che le si rivolge personalmente e affettuosamente, nasce in lei il riconoscimento della fede. Il pastore conosce le sue pecore. Le chiama per nome ed esse riconoscono la sua voce. Il Signore chiama ogni credente e voi sorelle claustrali per nome, e con ciò stesso sollecita a guardare più in profondità la propria vita per riconoscere la sua chiamata, per scorgervi Dio presente, come anche nella storia. Ci trasforma e ci invia. Invita ad abbracciare una vita d’amore, come la sua, per essere presenti là ove Egli è già. Cristo ci invita ad essere presenti là ove, per la sua incarnazione, risurrezione, e la conseguente ricapitolazione di tutte le cose, Egli ci precede. Come ci è stato ricordato domenica scorsa da san Paolo nella Lettera agli Efesini (Ef 1, 3-14), Egli ci chiama, in particolare, a mettere a capo di tutto Lui. E, quindi, a trasformare le nostre relazioni con Dio, con le persone, con il creato. Dare un capo nuovo alla realtà significa che in cima a tutto, per gli uomini, non ci devono essere idoli, ossia il successo, il denaro come profitto a breve termine, una nuova tecnologia assolutizzata, noi stessi, il nostro orgoglio, bensì Dio. Le persone non possono essere considerate semplici mezzi. E così le cose materiali non possono avere il primato sullo spirituale. Diventeremmo schiavi, non persone libere.

Diventare annunciatori e testimoni del Risorto, della sua nuova creazione, significa essere presenti accanto alle persone trattate come schiave per portarle alla liberazione e a più dignità. Vuol dire diventare samaritani, incarnarsi nel dolore altrui, per portare conforto e sostegno nella prova. Comporta, in un contesto di conflitti e di tensioni continue, essere artigiani della pace, con tanti piccoli gesti quotidiani di fraternità e di solidarietà. Tutto dev’essere fatto con l’amore di Cristo. Solo così saremo testimoni credibili del Risorto.

Care sorelle claustrali siate testimoni del Risorto a servizio del popolo di Dio. Con la vostra consacrazione e la vostra preghiera accompagnate i vostri fratelli e sorelle nella fede, perché siano protagonisti e cultori della trasfigurazione dell’umano, mediante la forza dello Spirito d’amore.