Omelia per la commemorazione dell’Eccidio di Casale

05-08-2017

Autorità civili e militari,

il nostro territorio diocesano è, purtroppo, contrassegnato da diversi luoghi della memoria, ove sono stati perpetrati orrendi eccidi nei confronti di innocenti. Qui a Casale di Brisighella ricordiamo – celebrando, in modo particolare, un’Eucaristia per i trucidati e per i famigliari -, la fucilazione di cinque persone, delle quali solo due sono state chiaramente identificate. All’origine sta un agguato teso ad una macchina tedesca che saliva lungo la statale, all’incrocio con la via Aurora. Era il tempo dell’occupazione. Nell’assalto da parte di un gruppo di combattenti partigiani muoiono alcuni soldati tedeschi. Il giorno dopo scatta la rappresaglia. La legge dei nazifascisti è brutale: dieci civili fucilati per ogni tedesco ucciso. Incomincia il rastrellamento. Si arriva a riunire “solo” una trentina di uomini, tutti anziani. Ma, poi, non si è ancora in grado di spiegare come, viene presa un’altra decisione. I tedeschi vanno a prelevare cinque prigionieri, etichettati come «partigiani comunisti», in un ex-brefotrofio di Forlì, trasformato dalle SS in carcere di tortura. Li conducono proprio in questo luogo. Sono tutti giovani, uno è mutilato a un piede. Li fucilano. La gente del luogo è costretta, con una mesta e macabra processione, a scavalcare i loro corpi per guardarne i volti sfigurati, quale severo ammonimento. Il giorno seguente i cadaveri dileggiati dai repubblichini sono sepolti in una fossa comune. Dopo alcuni anni i loro corpi sono stati riesumati. Non si sa dove sono stati portati tre di loro. Col tempo le celebrazioni annuali sono state interrotte. Il comune ha intitolato una strada dedicandola ai “Martiri di Casale”. Con questa santa Messa, che è anche in onore di santo Stefano papa e martire, e con l’inaugurazione di un monumento ai “Martiri dimenticati” – una struttura in acciaio, realizzata dall’artista Mirta Carroli, recante i due nomi noti dei martiri e una poesia di Ungaretti – riprende questa mattina un ricordo che non deve rimanere semplice commemorazione.

Questa dev’essere l’occasione, riflettendo su uno degli eccidi di queste valli – basti pensare anche a quello di Crespino in cui persero la vita ben 43 persone, compreso il parroco -, di volgere lo sguardo al presente e al futuro. Sono davvero finiti gli eccidi? Abbiamo terminato di eliminare persone innocenti? O, forse, riusciamo a farlo anche con la copertura della legge statale, lavandoci così la coscienza, in nome di una libertà illimitata, che non riconosce la sacralità della vita, non esclusa quella dei nascituri, giungendo, in Francia, ad incarcerare coloro che si oppongono via web? Come è possibile, poi, che continui, senza un contrasto radicale e deciso, il triste fenomeno della tratta di esseri umani, spogliati della loro dignità, ridotti a merce? La seconda guerra mondiale, lo sappiamo, è stata motivata con pretesti di superiorità di razza, con pretese di verità da imporre, con ideologie assolutizzanti cose, idee, teorie sociali e politiche, rispetto alle persone, alla loro dignità, alla libertà di pensiero, al primato dei cittadini nei confronti dello Stato. Nel dopoguerra le carte costituzionali dei Paesi occidentali, in cui abitiamo, hanno, in certo modo, rimediato a simili aberrazioni, mettendo al centro della vita sociale e politica la persona, la sua dignità, i suoi diritti e doveri, la sua libertà e responsabilità. Ma, purtroppo, assistiamo non solo alla dimenticanza dell’insegnamento degli eccidi. Stiamo gradualmente disperdendo, colpo su colpo, «nuova» – si fa per dire – legislazione dopo «nuova» legislazione, i grandi beni-valori codificati nelle carte fondamentali che dovrebbero guidare la costruzione di una società più libera, fraterna, giusta e pacifica. Accanto ai veri diritti e doveri trovano impunemente posto falsi diritti, per i quali viene riconosciuto come fondamento un arbitrio radicale, intollerante nei confronti della verità che non sia la propria. Vengono, così, meno la solidità e il rispetto delle istituzioni, il senso del bene comune. Il quadro giuridico dei Paesi europei appare oramai gravemente compromesso. Che dire e che fare? Accettiamo supinamente il corso della storia, le nuove ideologie che presentano immancabilmente verità stravolte, nonché le decisioni di quei rappresentanti che contribuiscono a smantellare le fondamenta della città? Occorre reagire. E non in maniera blanda. Bisogna reagire, denunciando ogni ingiustizia, anche quelle piccole, che intaccano pericolosamente la dignità delle persone e la loro libertà. Diventa soprattutto indispensabile, senza che sia perso tempo prezioso, costruire una nuova società, capace di contrastare l’indifferenza nei confronti delle persone, a cominciare dai più piccoli e dai più indifesi. Occorre tornare ad onorare le persone concrete, la verità che le difende e le promuove, come anche la giustizia. Bisogna educare la coscienza sociale, rafforzando il senso innato nei confronti del bene e di Dio. La parola di Dio, che è stata poco fa proclamata, ci ha presentato il martirio del più grande dei profeti, ossia di Giovanni Battista, che venne assassinato perché ebbe il coraggio di denunciare il male. Egli fu perseguitato e ucciso, quale vittima innocente, dal prepotente Erode, accecato dalla passione. I martiri ci sono sempre stati e, forse, finché la zizzania continuerà ad esistere assieme al buon seme, ci saranno anche in futuro. Investiamo sul buon seme. Non scoraggiamoci. Nell’Eucaristia che celebriamo, Gesù Cristo si farà ancora una volta cibo e bevanda per noi, per darci la sua forza, la sua capacità di dono e di perdono. Una nuova società sorge proprio sulle fondamenta dell’amore misericordioso, che si spende per il bene altrui in maniera disinteressata. Preghiamo il Signore, il Martire dei martiri, per i “martiri” dimenticati dell’eccidio di Casale di Brisighella. Preghiamo per l’umanità di oggi, perché comprenda che con la guerra tutto è perduto. Solo l’amore, non semplicemente dichiarato, ma concretamente vissuto, costruisce la civiltà della fraternità universale.