OMELIA per il X ANNIVERSARIO della morte del sindaco ENRICO DE GIOVANNI

Faenza, Basilica Cattedrale, 4 maggio 2009
04-05-2009


Il ricordo di Enrico De Giovanni giustamente ha questo momento di preghiera nell’Eucaristia che celebriamo per lui, perché il Signore lo accolga nella sua pace eterna. È una gratitudine che tutta la città di Faenza gli deve. Con questo vogliamo essere vicino ai familiari che lo ricordano e a quanti con lui hanno lavorato per il bene di questa Città.


La liturgia di questa giornata ci dà qualche suggerimento per la nostra riflessione, così che anche noi possiamo essere aiutati a crescere nel bene nostro e degli altri, sia con la grazia della parola che abbiamo sentito, sia con l’esempio che questa figura di cristiano, amministratore e politico ci ha lasciato.


Abbiamo sentito nella prima lettura il racconto di un episodio nel quale S. Pietro non ha tanto voluto scusarsi di fronte a coloro che lo criticavano per il suo atteggiamento, quanto ha voluto dare una motivazione di ciò che sarebbe stato poi l’impegno prevalente di S. Paolo, cioè l’annuncio della fede cristiana ai gentili.


Potrebbe oggi sembrare una questione secondaria, ma per allora era importante. Poteva sembrare ovvio che il Signore Gesù fosse il compimento dell’attesa e della speranza del popolo di Israele, e quindi fosse lo sbocco evidente di quella fede. Gli Ebrei con l’osservanza della legge e la loro ritualità potevano essere arricchiti dalla fede cristiana. Ma che questa potesse arrivare al di fuori del popolo eletto, non era così,intuitivo. L’avere accettato, capito e vissuto questo è stata la vera novità che ha consentito l’evangelizzazione in tutto il mondo.


Dice S. Pietro: ‘Chi ero io per porre impedimento a Dio?’ Egli aveva manifestato chiaramente la volontà di santificare anche i pagani che fossero ben disposti. Non porre impedimento a Dio, lasciarlo agire, lasciarlo aprire vie nuove, essere pronti ad accogliere le sue sorprese, che non cessano mai di arrivare, a volte servendosi di eventi, altre volte di persone, ma aprendoci sempre strade vere e provvidenziali: questo è l’atteggiamento chiesto a tutti. ‘Anche ai pagani Dio ha concesso che si convertano perché abbiano la vita’ e l’abbiano in abbondanza, dirà il vangelo.


È questo il motivo per cui il Signore è venuto, perché la nostra vita non fosse una lotta a occhi chiusi, senza motivi, senza via d’uscita, ma fosse una realtà che meritava di essere vissuta nella sua fatica, ma anche nella sua bellezza e ricchezza, con la gratificazione di poter fare del bene, amare gli altri, e scoprire che siamo stati fatti per conoscere, amare e servire Dio e i nostri fratelli.


Gesù ha usato delle similitudini per arrivare a dire: ‘Io sono la porta: se uno entra attraverso di me sarà salvo; entrerà, uscirà e troverà pascolo’ Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza’. Gesù ha dato la libertà vera: chi entrerà, troverà sicurezza; chi uscirà troverà alimento per la vita. Gesù ci apre a tutto ciò che sappiamo cogliere nella sua vera realtà. Gesù salvatore di tutti e di tutto non è uno schema, una chiusura, un limite che restringe le possibilità; anzi ci apre a tutte le possibilità buone, ci apre alla fantasia dello Spirito che aiuta a scoprire modi impensati, frutto della generosità e della carità di chi si mette a disposizione dell’intervento di Dio.


De Giovanni ha vissuto la sua fede cristiana alimentata in particolare nel movimento dei Focolari, dove trae la sua ispirazione per l’impegno nella politica, come prima nell’impegno sociale.


Le radici che caratterizzano il Movimento lui le ricorda con questi termini: ‘Vedere Gesù in tutti. Amare tutti. Amare per primi. Amare facendosi uno con la persona amata: soffrire con chi soffre, godere con chi gode, portare i pesi altrui’.


Sono indicazioni che valgono sempre e dappertutto in qualsiasi situazione; non è che uno possa arrivare a vivere così in una situazione precisa come l’amministrazione di una città se non l’ha vissuto prima in casa, con gli amici, nella realtà di Chiesa dove era inserito, nell’impegno sociale, nel lavoro, perché è un modo di investire tutta la propria esistenza, di realizzare l’amore che Gesù dona e alimenta.


E per l’impegno politico ispirato dal movimento diceva: ‘Le sue idee-forza sono: il dialogo con gli avversari per i necessari impegni da prendere insieme per il bene comune; la pace, quale unica risorsa per i rapporti internazionali; la giustizia sociale come garanzia per la dignità della persona e animazione morale della vita pubblica e dell’attività economica’ (da ‘Il Piccolo’ 17/10/1997).


Questi ideali sono stati realizzati o almeno qualcuno ci ha provato, li ha avuto davanti come possibilità vere. E la gente ha capito che andava sostenuto e aiutato in questi suoi ideali.


Poi, siccome le cose di questo mondo sono tutte limitate, anche lui avrà fatto quello che è riuscito, non solo per il poco tempo che ha avuto, ma anche per il limite naturale delle cose. Quelli degli uomini sono sempre progetti imperfetti; ma tra lasciare andare le cose alla deriva o perseguire l’interesse dell’uno o dell’altro e orientare le realtà umane verso il Regno di Dio ci passa l’impegno del laico cristiano.

A me piace questa sera ricordare così Enrico De Giovanni. Questo ricordo diventa una speranza e un incoraggiamento per chi vuole servire il proprio paese nella politica, spendendosi in cose che sembrano passeggere e ristrette a questo mondo, ma che appartengono alla vita delle persone. È per il bene di tutti e di ciascuno che nella politica l’uomo è chiamato a impegnarsi. Noi ringraziamo il Signore che suscita persone che sanno realizzare la propria fede in modo concreto, fino a spendersi per il bene dei propri fratelli.