Omelia della Messa in Coena Domini 2017

13-04-2017

In questa Messa commemoriamo tre importanti misteri, fondamentali per la nostra vita cristiana: l’istituzione della SS.ma Eucaristia e del sacerdozio ministeriale, il comandamento del Signore sull’amore fraterno.

Prima della sua Passione, Gesù istituì la santa Eucaristia. È il sacramento che fa nascere e costruisce la Chiesa. Questa lo celebra e ne viene generata e formata. In essa il pane e il vino vengono transustanziati in Gesù Cristo, affinché, nutrendocene, facciamo comunione con Lui, diventando Lui, umanità nuova. Lo scopo dell’Eucaristia è la creazione di un uomo nuovo, di un mondo pacifico, di una famiglia umana unita. Con la celebrazione della santa Messa Gesù si rende presente nella nostra esistenza per coinvolgerci nel suo impegno di far nuove tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra. Non possiamo, allora, pensare alla santa Messa come quel momento in cui i credenti si assopiscono e diventano passivi, inerti di fronte ai mali del mondo. Nella santa Messa, i credenti sono invitati ad immergersi nella trasfigurazione che Gesù pone in atto nella storia, per divenire protagonisti di una «nuova creazione».

Gesù si rende presente nel pane e nel vino come Colui che trasforma l’umanità donando la sua vita e versando il suo sangue, ossia mentre ama sino alla fine. Noi siamo invitati a partecipare al suo sacrificio, ossia al suo fare gradita la sua vita al Padre. E, così, unendoci al Sommo sacerdote, compiamo il nostro sacrificio, vivendo ciò che si definisce il sacerdozio comune, proprio di tutti i fedeli.

L’Eucaristia è celebrata tutti i giorni affinché i fedeli possano vivere il sacerdozio del Sommo sacerdote durante e nei loro impegni quotidiani.

Come non ricordare, allora, in questa memorabile sera dell’istituzione dell’Eucaristia, il sacerdozio ministeriale dei presbiteri, ossia di coloro che vengono ordinati dal vescovo perché celebrino l’ufficio sacerdotale a favore di tutti gli uomini? I nostri presbiteri, configurati a Cristo, sommo ed eterno sacerdote, uniti nel sacerdozio al loro vescovo, celebrano il sacrificio del Signore, predicano il Vangelo, sono pastori del popolo di Dio e presiedono le varie azioni di culto per tutti i credenti.

Conoscendo il loro importante ministero a servizio del popolo di Dio e conoscendo anche la loro attuale scarsità non possiamo non pregare per loro, per le vocazioni sacerdotali, per la loro santità, perché siano cioè in mezzo alla loro gente senza paure, con il cuore stracolmo di Dio, impastati di preghiera.

Il Vangelo di Giovanni ci ha ricordato che durante l’ultima cena, Gesù si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano, se lo cinse attorno alla vita e lavò i piedi ai suoi discepoli. Si tratta di un gesto esemplare, perché con esso Gesù depone le vesti della sua gloria e si fa schiavo, assume la condizione di uno che non si appartiene. Lava i piedi sporchi dei discepoli per renderli puliti, puri, ossia degni di sedere alla sua mensa. La lavanda dei piedi da parte di Gesù assurge ad un valore tutto particolare, superiore ad un gesto meramente domestico. Con essa Gesù ci dice che Egli ci salva, ci rende capaci di comunione con Lui, ci eleva, ci divinizza, abbassandosi, con la sua incarnazione, assumendo la condizione di servo. Egli ci redime con la sua vita di servo. Riusciremo ad essere suoi collaboratori nella salvezza con una vita da servi, ossia amando Dio e i fratelli sino alla totale spoliazione di noi stessi. La lavanda dei piedi indica Gesù come modello di salvatore. Imitando Lui, vivendo Lui, che si fa servo, diventiamo capaci di redenzione. Assumendo la sua forma di essere servi diventiamo capaci di amare gli altri come li ama Gesù il Signore. Ci è più facile mettere in pratica il suo comandamento nuovo: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34).