[nov 06] Omelia – Santa Messa in suffragio dei vescovi defunti della Diocesi di Faenza-Modigliana

06-11-2022

Faenza, 6 novembre 2022.

 Cari fratelli e sorelle, in questa celebrazione domenicale che segue la ricorrenza del 2 novembre facciamo particolare memoria dei vescovi defunti di questa nostra Diocesi di Faenza – Modigliana. Come ci ha detto l’odierna pagina evangelica (cf Lc 20, 27-38) davanti alla Chiesa sta il Dio dei viventi. Tramite la risurrezione di Cristo, Dio Padre predispone per il suo popolo una vita piena, un pellegrinaggio che va dalla morte alla trasfigurazione nel Cristo Risorto. Anche i vescovi, che esercitano un ministero di padri e di maestri in mezzo al popolo loro affidato, e sono centro di unità della Chiesa particolare, condividono lo stesso cammino verso la risurrezione. Come successori degli apostoli i vescovi di questa Diocesi sono divenuti i fondamenti della Chiesa particolare che è in Faenza-Modigliana. Ne sono stati gli architetti che ne hanno garantita la fedeltà a Dio, la continuità nell’evangelizzazione, il servizio della Carità. Per queste fondamentali ragioni, che ci hanno permesso di vivere Cristo e di continuarne la missione, non possiamo dimenticare di pregare per i nostri vescovi defunti. È anche grazie ad essi che abbiamo potuto incontrare Cristo, nostra salvezza, nostra gioia e speranza, nostro Tutto.

Negli scorsi anni ci siamo fermati a ricordare i vescovi che hanno retto la Diocesi a partire dal secondo dopoguerra, mentre lo scorso anno, in considerazione del cammino di discernimento sinodale che la Chiesa Universale, su iniziativa di papa Francesco, sta percorrendo dallo scorso mese di ottobre e che si concluderà nel 2024, ho proposto alcune figure dei miei predecessori che nei secoli scorsi si fecero promotori di celebrazioni di sinodi diocesani. Del resto, «il Sinodo non è un evento, ma un processo, in cui tutto il Popolo di Dio è chiamato a camminare insieme verso ciò che lo Spirito Santo lo aiuta a discernere come essere la volontà del Signore per la sua Chiesa». E la circostanza di questa celebrazione in suffragio dei vescovi defunti ci suggerisce in primo luogo il ricordo di tutti quelli, soprattutto di Faenza e di origine faentina, che parteciparono a quello che è stata e rimane la più grande realizzazione sinodale della Chiesa, il Concilio Ecumenico Vaticano II, che si apriva solennemente proprio in questi giorni (l’11 ottobre) di 60 anni fa (forse pochi ricorderanno la lunghissima processione di migliaia di vescovi ed il celeberrimo “Discorso della luna” di papa san Giovanni XXIII, ma chi non li ha vissuti in prima persona li avrà sicuramente visti nelle riproduzioni televisive).

In questa celebrazione vorrei proporvi brevissimamente le figure dei vescovi di Faenza fino alla Seconda Guerra Mondiale. Iniziando da mons. Gioacchino Cantagalli, che resse la diocesi dal 1884 al 1912. Un episcopato lunghissimo, caratterizzato da profondi e laceranti conflitti sociali ed economici, che ebbero pesanti ripercussioni anche nella vita della comunità cattolica locale. In tali contesti egli si dedicò con grande energia alla riorganizzazione delle strutture ecclesiali e delle associazioni laicali, contribuendo alla nascita di un cattolicesimo sociale impegnato, soprattutto nelle campagne, che inevitabilmente gli suscitarono parecchie opposizioni da parte anticlericale, ma che generarono la specificità di quel tessuto sociale locale fortemente permeato dalla dottrina cristiana e che costituì uno dei connotati peculiari della società faentina. Fiero avversario della scristianizzazione e della laicizzazione, comprese appieno l’importanza della catechesi e dell’educazione dei giovani, ma pure delle nuove forme di linguaggio mediatico. Infatti, durante il suo episcopato, nel 1899, prese avvio la pubblicazione del settimanale “Il Piccolo”, che iniziò a dare voce alle battaglie sociali dei parroci e del laicato.

Nel 1912 gli successe il bolognese Vincenzo Bacchi, che si trovò subito a fronteggiare gli eventi eversivi della cosiddetta Settimana Rossa, che ebbe importanti conseguenze nella parte “Bassa” della Diocesi, dove ad alcune chiese vennero appiccate le fiamme. Ma soprattutto Bacchi fu il vescovo della Prima Guerra Mondiale, con Faenza inclusa fra le cosiddette zone di guerra e che ospitò diversi ospedali militari e numerosi profughi. Mons. Bacchi in precedenza era stato il vicario generale dell’arcivescovo di Bologna Giacomo della Chiesa, divenuto papa con il nome di Benedetto XV e che passò alla storia come colui che definì la guerra “inutile strage”. Si trovò a gestire i gravi problemi sociali e pastorali del dopoguerra, ma senza tralasciare il consolidamento delle associazioni cattoliche, soprattutto dell’Azione Cattolica. Emblematico dello sforzo organizzativo fu anche l’avvio delle pubblicazioni del Bollettino Diocesano, a partire dal 1913. Il suo episcopato si concluse nel bel mezzo delle violenze fasciste, che non risparmiarono le associazioni cattoliche, anche perché particolarmente organizzate e con una diffusa base sociale.

Bacchi morì nel gennaio 1924 ed il 29 giugno dello stesso anno fece ingresso in diocesi mons. Ruggero Bovelli, trasferito dalla vicina diocesi di Modigliana. Egli entrò nel pieno delle intimidazioni fasciste (un anno prima era stato assassinato don Giovanni Minzoni ed appena 20 giorni prima del suo ingresso il deputato Giacomo Matteotti), e cercò di difendere le istituzioni ecclesiali e laicali con grande determinazione. Si impegnò soprattutto nel ridare nuovo impulso e vitalità al Seminario, che gli anni della guerra avevano compromesso sia nell’edificio strutturale sia nella contrazione del numero dei seminaristi. Fu un episcopato piuttosto breve, perché appena cinque anni dopo fu promosso arcivescovo di Ferrara.

Nell’ottobre 1930 entrò in Diocesi il successore mons. Antonio Scarante. Nativo di Marsango di Padova, precedentemente era stato vescovo di Sarsina. Anche i suoi non furono anni facili, dall’applicazione dei Patti Lateranensi, alle avventure coloniali, fino alle leggi razziali e l’entrata dell’Italia nel secondo conflitto mondiale. Questo non gli impedì di concludere l’ampliamento del nuovo corpo di fabbrica del Seminario (la vecchia sede nella piazzetta qui dietro), di puntare sull’organizzazione dell’Azione Cattolica e di perseguire nell’opera di moralizzazione della società. Nel 1931 si svolsero le cerimonie in onore della patrona Madonna delle Grazie, culminate nell’incoronazione “nomine pontificis” e la proclamazione ufficiale a Patrona Principale della Città e Diocesi, che si possono a buon motivo definire fra le più solenni in assoluto dell’intero Novecento. La città e diocesi di Faenza furono particolarmente devastate dai bombardamenti del 1944 a causa della strategica ubicazione geografica e del ristagnare del fronte nell’inverno 1944-1945. Distruzioni che provocarono centinaia di vittime civili e l’abbattimento di numerosissimi edifici, fra cui la gran parte delle chiese. Ne fece le spese lo stesso Scarante, che morì il 7 dicembre 1944, sfollato nella zona di Celle, proprio mentre infuriavano i combattimenti.

Fortunatamente non ci fu bisogno di attendere un successore, perché già nell’anno precedente era entrato in Diocesi il giovane vescovo ausiliare Giuseppe Battaglia, di origine bergamasca. Di lui abbiamo già detto negli scorsi anni, ma non possiamo fare a meno di ricordare nuovamente i suoi meriti a favore della popolazione civile nel periodo dell’occupazione nazifascista e del passaggio del fronte, peraltro riconosciuti al termine del conflitto quando fu insignito della medaglia d’argento al valore militare. A Battaglia toccò il sovraumano impegno della ricostruzione in muratura delle chiese distrutte, ma soprattutto della ricostituzione pastorale delle comunità dei fedeli che la guerra aveva dissolto. Soprattutto questo secondo aspetto gli stava a cuore ed in tal senso intese suggellare la “rifondazione” della propria diocesi mediante una visita pastorale conclusasi con un sinodo diocesano, celebratosi nell’ottobre 1948 e di cui resta memoria nella lapide posta sopra questa cattedra, alla mia destra, il primo sinodo in diocesi da due secoli.

I vescovi che abbiamo ricordato questa sera, ad eccezione di mons. Bovelli, sepolto a Ferrara, sono tumulati nelle arche poste sotto questo presbiterio, mentre mons. Battaglia riposa nella tomba monumentale nella quarta cappella alla vostra sinistra. I vescovi Cantagalli e Bacchi sono altresì celebrati da monumenti marmorei nella sesta cappella alla vostra destra. Ricordiamoli nella preghiera, insieme a tutti gli altri vescovi – compresi quelli di cui neppure conosciamo il nome – che hanno servito questa nostra Chiesa locale nel corso degli oltre 1700 anni della sua vita. Viviamo la comunione dei santi, legame più forte della morte. L’Eucaristia unisca tutti: la Chiesa del passato, la Chiesa presente, la Chiesa futura, tutti i membri del popolo di Dio.

 

                                       + Mario Toso