[mar 01] Omelia – I Domenica di Quaresima (anno A)

Faenza, cattedrale 1 marzo 2020
01-03-2020

Cari fratelli e sorelle, siamo entrati nella Quaresima, con un mercoledì delle ceneri segnato dalla preoccupazione e dalle precauzioni relative al coronavirus, che ancora costringe a misure cautelari e restrittive. Ma che significa «entrare in Quaresima»? Significa iniziare un tempo di particolare impegno nel combattimento spirituale che ci oppone al male presente nel mondo, in ognuno di noi e intorno a noi. Vuol dire guardare il male in faccia e disporsi a lottare contro i suoi effetti, soprattutto contro le sue cause, fino alla causa ultima, che è il diavolo, colui che vuole dividere il Figlio dal Padre.

Come dobbiamo lottare contro il male? Da persone che si comportano come veri figli di Dio, ossia persone in comunione col Padre. Ecco quanto ci insegnano le tentazioni di cui ci parla il Vangelo di Matteo (Mt 4,1-11). Gesù rappresenta ogni uomo.

Il brano delle tentazioni in Matteo giunge, non a caso, dopo il battesimo di Gesù, allorché lo Spirito è sceso su di lui e la voce del Padre dice: «Questi è il mio Figlio prediletto; io l’ho scelto e di lui mi compiaccio» (Mt 3, 17). È il Figlio di Dio che subisce le tentazioni. Egli ci insegna come rispondere.

Entrare in Quaresima significa, pertanto, rinnovare la decisione, personale e comunitaria, di affrontare nella propria vita il male alla maniera del Figlio, insieme con Lui, percorrendo la strada della croce che sfocia nella Risurrezione. Chi percorre la strada della croce – ove Cristo si impegna a combattere il male con tutte le sue forze, amando il Padre sopra ogni cosa -, acquista forza nella lotta contro il peccato e il male: la forza dell’amore di Cristo. Non bisogna dimenticare che prendere su di sé la croce non vuol dire anzitutto abbracciare una sventura che ci distrugge; non vuol dire vivere una disgrazia, bensì porsi sulle orme di Gesù, camminare con Lui, acquisire il suo amore, la sua forza di bene nella lotta contro il peccato e il male e nell’impegno di costruire un mondo nuovo. La via della Croce è l’unica che conduce alla vittoria dell’amore sull’odio, della vita sulla morte, della condivisione sull’egoismo, della pace sulla violenza. Vista così, la Quaresima è davvero un’occasione di forte impegno ascetico e spirituale fondato sulla potenza trasfigurante dell’amore di Cristo. Fermiamoci un po’ su questo. La lotta contro il male non è per se stessa ma specie per porre in atto una nuova creazione, per costituire un mondo di giustizia e di pace, per generare un nuovo pensiero e un nuovo umanesimo, per fondare una nuova civiltà, la civiltà dell’amore. E, in particolare, è anche momento per riformare la stessa Chiesa, per radicarla sempre più, in tutte le sue componenti, in Cristo, nella sua opera di redenzione e di trasfigurazione. Cosa che abbiamo cercato di fare, ad esempio, lo scorso 21 febbraio in occasione della solennità di san Pier Damiani, consegnando ai giovani sinodali il Documento post-sinodale. Vivere la Quaresima significa, dunque, voler essere maggiormente in comunione con il Padre e tra di noi, per essere veri missionari, per divenire lievito e sale delle realtà umane. E tutto questo crescendo secondo l’identità di figli di Dio. La Quaresima è per la Pasqua, per diventare di più figli di Dio, per vivere i nostri impegni abituali come figli nel Figlio.

Considerando le tentazioni subite da Cristo e le risposte che Egli ha dato al tentatore impariamo ancora una volta cosa significa lottare e costruire un mondo nuovo come figli di Dio, come figli nel Figlio!

Dopo quaranta giorni e quaranta notti di digiuno (Mt 4, 1-2) Gesù, sospintovi dallo Spirito, si trova nel deserto ove sperimenta la fame. In questo frangente si fa vivo il tentatore. Il nemico si presenta come un amicone, uno che si mette dalla sua parte. La prima tentazione è: «visto che sei Figlio di Dio – “se tu sei Figlio di Dio”: ecco il fulcro su cui il tentatore poggia la sua persuasione – trai vantaggio da questa tua condizione e fa che questi sassi, possano saziare la tua fame, possano dare il significato alla tua vita». Il diavolo suggerisce di usare la figliolanza divina per trasformare le pietre del deserto in cibo. Colui che vuole la divisione del Figlio dal Padre, insinua che si può vivere la verità di figlio di Dio da «demoni», pensando solo a se stessi, pensando a salvare la propria vita, usando Dio per soddisfare il proprio bisogno. Ecco in che cosa consiste la tentazione: vivere la fede non da figli, vivere la figliolanza a metà, ossia da persone interessate solo alle cose materiali, dimenticando le cose spirituali, che sono quelle più importanti. L’uomo, infatti, è fatto, ultimamente, per Dio. E cresce amandolo sopra ogni cosa, nutrendosi di Lui, del suo Spirito. La risposta di Cristo al tentatore è chiara: «Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio». Per il tentatore, il pane serve per salvare se stessi. Gesù, invece, si farà lui pane, per donare la propria vita e salvare quella degli altri. Noi potremmo obiettare: ma Gesù non ha moltiplicato i pani per dare da mangiare alla folla affamata? Senza dubbio. Ma il miracolo della moltiplicazione per i discepoli, lo sappiamo, aveva un senso più ampio. Cristo compie il miracolo non solo per saziare la gente ma soprattutto per indicare che Lui è il pane di cui ci si deve nutrire e con cui alimentare primariamente i propri fratelli. Nella nostra vita cristiana, dunque, siamo chiamati a vivere da figli di Dio che si interessano degli affamati, dei poveri ma che, al contempo, vanno resi, nel rispetto della loro libertà ovviamente, partecipi della vita di Cristo. Il primo compito della Chiesa non è tanto quello di istituire servizi sociali, bensì quello di annunciare Cristo, di donarlo all’uomo perché impari a vivere da figlio di Dio. L’insegnamento che deriva dalla prima tentazione di Gesù per il cristiano, per le nostre comunità e per le nostre associazioni è, senza dubbio questo: la missione primaria della Chiesa è l’annuncio e la testimonianza di Cristo, l’Uomo Nuovo, ossia l’uomo che vive unito a Dio. Da ciò scaturisce anche l’impegno per il povero e l’affamato. Finché Cristo resterà con noi, e noi non saremo sordi al suo insegnamento, riusciremo a moltiplicare il pane con i nostri fratelli e a condividerlo con loro.

La linea di tutte e tre le tentazioni è che Cristo e, quindi, noi usiamo la figliolanza per noi stessi, e non in relazione a Dio. Il diavolo ci vorrebbe staccati dal Padre, non ci vorrebbe nel Figlio, con Lui. Il suo obiettivo è che l’uomo viva per se stesso e basta. Ciò appare anche nella seconda tentazione. Il tentatore sospinge Gesù a essere un Messia che compie portenti, che pone segni prodigiosi. È incredibile. Il diavolo vuole aiutare Gesù a fare meglio il Messia, citando addirittura la Bibbia: fai un bel miracolo, segno che Dio è con te, la gente ama i miracoli, e ti verrà dietro. Ma Gesù rifiuta una simile visione. Egli sceglie di essere un Messia che converte e conduce al Padre le persone, senza strumentalizzare Dio, mediante la potenza dell’amore che si dona e che serve sino a svuotarsi. È proprio rimanendo fedele all’amore del Padre che Gesù giunge a sconfiggere anche la terza tentazione, quella in cui gli è offerto il potere su tutto, purché si prostri ad adorare il diavolo. Gesù rifiuta il potere mondano e non si prostra al Tentatore. Solo Dio può essere adorato. Solo a Lui si deve rimanere uniti. I problemi si risolvono, più che con il potere, con la croce, con l’amore, con un servizio al bene comune che vive l’amore di Cristo.

In breve, se desideriamo compiere con frutto il cammino quaresimale che culmina con la risurrezione di Cristo, cerchiamo di fissare lo sguardo su Cristo e di vederLo unito con il Padre. Cresciamo mediante la carità, il digiuno e la preghiera. Cresciamo come figli di Dio, come coloro che vivono uniti a Lui. Solo così possiamo rinnovarci come singole persone e come comunità. Solo così possiamo preparare la primavera della Chiesa e della società. Chiediamo alla Beata Vergine delle Grazie, a san Pier Damiano e a santa Umiltà di intercedere per la rapida cessazione del coronavirus.

+ Mario Toso