[lug 27] Intervento – La conversione pastorale della comunità parrocchiale

L’Istruzione “La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa”
27-07-2020

Promulgata dalla Congregazione per il Clero, è uscita in questi giorni di luglio un’Istruzione che ci aiuta a realizzare i contenuti della mia Lettera pastorale Voi siete la luce del Mondo, specie nella terza parte, quella in cui si parla della riorganizzazione territoriale delle parrocchie, che sono chiamate a ricercare nuove opportunità di evangelizzazione. Infatti, l’Istruzione sollecita le comunità parrocchiali a ripensarsi sulla base di una conversione pastorale in senso missionario, a fronte dei notevoli cambiamenti sociali e culturali degli ultimi decenni.

La parrocchia oggi

Proprio per meglio portare il Vangelo vicino al Popolo, vivente nelle mutate circostanze, la parrocchia è chiamata a realizzare una nuova esperienza comunitaria, a ripensare il ministero e la missione dei sacerdoti, dei diaconi, dei fedeli laici, dei religiosi, delle associazioni e dei movimenti. Tale compito non costituisce un peso da subire, ma una sfida da accogliere con entusiasmo, per essere una comunità evangelizzatrice, che possiede la missione come criterio guida per il rinnovamento.

Nella parrocchia c’è posto per tutti

Un riflesso di tale evidenza teologica si coglie nella definizione di «parrocchia» presente nel Codice di Diritto Canonico (can. 515, § 1), nella quale essa è presentata innanzitutto come «una determinata comunità di fedeli», costituita da più persone – presbiteri, diaconi, consacrati, laici, associazioni, famiglie – che partecipano in vario modo all’esercizio della cura pastorale, affidata al parroco come pastore proprio della stessa comunità. Detto altrimenti, nella Chiesa c’è posto per tutti e tutti possono trovare il loro posto nell’unica famiglia di Dio, nel rispetto della vocazione di ciascuno, cercando di valorizzare ogni carisma e di preservare la Chiesa da alcune possibili derive come “clericalizzare” i laici, “laicizzare” i chierici o ancora fare dei diaconi permanenti dei “mezzi preti” o dei “super laici”.

Due estremi da evitare

L’Istruzione raccomanda di evitare i due noti estremi: quello cioè di una parrocchia in cui il parroco e gli altri presbiteri si occupano di tutto e decidono da soli di ogni cosa, relegando le altre componenti della comunità a un ruolo marginale, al massimo di esecutori; oppure, all’opposto, una sorta di visione “democratica” in cui la parrocchia non ha più un pastore, ma solo funzionari – chierici e laici – che ne gestiscono i diversi ambiti, con una modalità spesso definibile “aziendale”.

Parrocchia luogo di corresponsabilità ordinata, nella comunione e nell’unità dell’unica missione

La Chiesa non si identifica con la sola gerarchia. Coincide con la comunità intera. Ed è costituita come Popolo di Dio, soggetto intero della missione. Il fatto che il Popolo di Dio «ha per condizione la dignità e la libertà dei figli di Dio, nel cuore dei quali dimora lo Spirito Santo come in un tempio», pone ogni battezzato, in virtù del dono dello Spirito Santo e dei carismi ricevuti e riconosciuti, quale protagonista attivo dell’evangelizzazione, nello stile e nelle modalità di una comunione organica ed ordinata, caratterizzata dalla corresponsabilità e non solo dalla responsabilità.

Il parroco, «pastore proprio» della comunità affidatagli

Il parroco è a servizio della parrocchia e ne ha la piena cura delle anime.  Di conseguenza, deve aver ricevuto l’Ordine del presbiterato. È nominato dal vescovo. Al parroco spetta  ipso iure la rappresentanza giuridica della parrocchia. Egli è l’amministratore responsabile dei beni parrocchiali, che sono “beni ecclesiastici” e sono pertanto sottoposti alle relative norme canoniche.

Quando le circostanze lo richiedano, la cura pastorale di una parrocchia, o di più parrocchie contemporaneamente, a discrezione del Vescovo, può essere affidata o a un solo parroco, oppure “in solidum” a più sacerdoti. E ciò sia per il bene delle comunità interessate, tramite una azione pastorale condivisa e più efficace; sia per promuovere una spiritualità di comunione tra i presbiteri. Tale gruppo presbiterale viene coordinato dal parroco Moderatore, che è un primus inter pares, sulla base di un regolamento redatto dalla comunità di presbiteri.

Il Moderatore, secondo l’Istruzione: coordina il lavoro comune della parrocchia o delle parrocchie affidate al gruppo, assume la rappresentanza giuridica di esse, coordina l’esercizio della facoltà di assistere alle nozze e di concedere dispense che spettano ai parroci e risponde davanti al Vescovo di tutta l’attività del gruppo (cf n. 77).

I diaconi: ministri ordinati, non «mezzi preti e mezzi laici»

 

Una parte dell’ottavo capitolo è dedicata ai diaconi: collaboratori dei Vescovi e dei presbiteri nell’unica missione evangelizzatrice, essi sono ministri ordinati e partecipano, seppur in modo diverso, al Sacramento dell’Ordine, in particolare nell’ambito dell’evangelizzazione e della carità, inclusi l’amministrazione dei beni, la proclamazione del Vangelo e il servizio alla mensa eucaristica. Quindi, non bisogna considerarli «mezzi preti e mezzi laici», né vanno visti nell’ottica del clericalismo e del funzionalismo.

 

Partecipazione dei laici alla cura pastorale della comunità parrocchiale

I fedeli laici, in forza del battesimo e degli altri sacramenti dell’iniziazione cristiana, del matrimonio, partecipano dell’azione evangelizzatrice della Chiesa in più modi: a) ordinando le attività umane secondo Dio, affinché le varie realtà terrene siano trasformate secondo il Vangelo; b) collaborando con i pastori nel servizio della comunità ecclesiale, per la crescita e la vitalità della medesima, esercitando ministeri diversissimi, secondo la grazia e i carismi che il Signore vorrà loro dispensare; c) partecipando negli organismi di corresponsabilità ecclesiale, tra cui il Consiglio parrocchiale e diocesano per gli Affari economici e il Consiglio pastorale parrocchiale e diocesano.

Oltre alla collaborazione occasionale, che ogni persona di buona volontà – anche i non battezzati – può offrire alle attività quotidiane della parrocchia, esistono alcuni incarichi stabili, in base ai quali i fedeli accolgono per un certo tempo la responsabilità di un servizio all’interno della comunità parrocchiale. Si può pensare, ad esempio, ai catechisti, ai ministranti, agli educatori che operano in gruppi e associazioni, agli operatori della carità e a quelli che si dedicano ai diversi tipi di consultorio o centro di ascolto, a coloro che visitano i malati.

Oltre a quanto compete ai Lettori e agli Accoliti stabilmente istituiti, il Vescovo, a suo prudente giudizio, potrà affidare ufficialmente alcuni incarichi ai diaconi, alle persone consacrate e ai fedeli laici, sotto la guida e la responsabilità del parroco, come, ad esempio:

1) la celebrazione di una liturgia della Parola nelle domeniche e nelle feste di precetto, quando «per mancanza del ministro sacro o per altra grave causa diventa impossibile la partecipazione alla celebrazione eucaristica». Si tratta di una eventualità eccezionale, a cui fare ricorso solo in circostanze di vera impossibilità e sempre avendo cura di affidare tali liturgie ai diaconi, qualora siano presenti;

2) l’amministrazione del battesimo, tenendo presente che «ministro ordinario del battesimo è il Vescovo, il presbitero e il diacono» e che quanto previsto dal can. 861, § 2 costituisce un’eccezione, da valutarsi a discrezione dell’Ordinario del luogo;

3) la celebrazione del rito delle esequie, nel rispetto di quanto previsto dal n. 19 dei Praenotanda dell’Ordo exsequiarum.

Conclusione

Si sono riportati qui alcuni punti dell’Istruzione che, tra l’altro, ricorda che le offerte per la celebrazione dei sacramenti devono essere «un atto libero» e che non vanno pretese come se fossero una tassa o un’imposta. La parrocchia non deve essere snaturata nei suoi connotati fondamentali. Non può essere affidata ad un laico, quasi si potesse pensare ad un «parroco laico». Un diacono, un consacrato o un laico non può essere definito co-parroco, pastore, cappellano, coordinatore parrocchiale, responsabile parrocchiale. I laici, peraltro, non possono essere intesi come surrogati del prete. Sono missionari nel quotidiano, non finti parroci. Essi godono di una propria identità, che va sempre più compresa e vissuta, al di là di clericalismi e di funzionalismi.

Su questi temi avremo modo di ritornare, proprio in occasione dell’attuazione delle direttive della mia ultima Lettera pastorale, che rimane particolarmente attuale e che va sempre più conosciuta e concretizzata.

+ Mario Toso

Vescovo di Faenza-Modigliana