Incontro con i sacerdoti e i diaconi

Faenza - Sala don Bosco del Seminario diocesano, 18 marzo 2015
18-03-2015

Eccellenza e cari Sacerdoti,
desidero, anzitutto, ringraziare ancora una volta tutti coloro che, con generosità, hanno pregato per me e quanti si sono prodigati per accogliermi, perché la presa di possesso canonico della Diocesi avvenisse all’insegna della festa e dell’ospitalità fraterna.
Sono veramente lieto di essere qui con voi.
La mia venuta nella Chiesa che è in Faenza-Modigliana – comunità-comunione viva, operosa nella missione e nella testimonianza –, forse vi avrà un po’ sorpresi. Lo stesso dicasi di me, quando mi è stata comunicata la nomina da parte di papa Francesco. In concomitanza con l’attuale processo di riforma della Curia, a Lui avevo fatto conoscere la mia disponibilità a lasciare il lavoro di Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, per servire Cristo in mezzo al suo popolo, fuori da un Dicastero, peraltro avviato a fondersi con altri, per formare una nuova ed importante Congregazione, che con ogni probabilità sarà denominata Iustitia et Pax o Caritas, Iustitia et Pax.
Non avrei mai immaginato di essere nominato vescovo di questa diletta porzione del popolo di Dio che, anche considerando soltanto gli ultimi due secoli, ha annoverato tra i suoi figli insigni figure della vita cattolica. Tra di essi desidero ricordare il conte Carlo Zucchini, presidente dell’Opera dei Congressi; gli storici Giuseppe Rossini e Giandomenico Gordini; i fratelli, cardinali Gaetano e Amleto Giovanni Cicognani, quest’ultimo Segretario di Stato di Giovanni XXIII e di Paolo VI; il cardinale Pio Laghi, Prefetto per l’Educazione Cattolica ed ex-allievo salesiano, ora sepolto nella nostra cattedrale; e soprattutto le numerose e gloriose testimonianze di santità – si pensi a quella della beata Suor Maria Raffaela Cimatti –, di diversi venerabili, tra i quali mons. Vincenzo Cimatti, salesiano e fratello della beata, ed anche di vari servi di Dio.
Naturalmente ho espresso per iscritto il mio pieno assenso alla nomina, consegnatami dalle mani del Cardinale Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi. Nella lettera a papa Francesco, col ringraziamento per la fiducia che Egli ha riposto nella mia povera persona, ho chiesto una speciale benedizione per questa Diocesi,  confidando nell’aiuto di Dio, Padre misericordioso, di Gesù Cristo, pietra angolare della Chiesa, di Maria Ausiliatrice e di san Giovanni Bosco, mio Fondatore.
E pertanto, eccomi qui con voi.
Mi unisco, allora, al vostro cammino di fede e di intenso lavoro apostolico, come  sacerdote e pastore, che porta nel cuore un desiderio: con l’aiuto dello Spirito santo, Spirito del Padre e Spirito del Figlio, di essere sempre padre, fratello e, se lo vorrete, amico.
Avviando insieme a voi un percorso di comunione in questa mia missione, che vuol’essere contrassegnato dall’amore, dalla fraternità e dalla fiducia reciproca, vengo anzitutto con il bagaglio della mia vita salesiana. Da giovane ho scelto di servire Cristo tra i giovani. Sono vissuto in varie comunità educatrici del Piemonte, dapprima come semplice chierico, e poi come insegnante di storia e filosofia nel Liceo scientifico di Novara. In seguito, dopo la laurea in filosofia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e previo un congruo periodo di impegno educativo, i Superiori mi hanno destinato all’Università Pontificia Salesiana di Roma, come docente nella Facoltà di filosofia. Qui, gradualmente, sono divenuto ordinario di Filosofia sociale e politica, e poi Decano o Preside della medesima Facoltà. Dopo qualche anno sono stato eletto Rettor magnifico. Li ricordo come anni intensi, soprattutto sul piano della verifica della qualità, della riforma, del ricambio dei docenti, della stesura del Progetto educativo, dell’accompagnamento dei numerosi Centri affiliati ed aggregati, sparsi in varie parti del mondo, e di fund raising.
Nei primi anni ho lavorato contemporaneamente nella pastorale universitaria, senza mai perdere di vista il ministero sacerdotale nelle parrocchie durante i fine settimana: dapprima, per una decina d’anni, nella comunità di Casali di Mentana, organizzando e animando l’Oratorio e seguendo i nuovi movimenti che subentravano a quelli più tradizionali; e in seguito, per una quindicina d’anni, in Sardegna, sia sostituendo parroci durante le loro ferie, sia nei periodi intensi delle settimane pasquali e nei mesi estivi, in ambienti prevalentemente agropastorali. Durante i  ventinove anni di docenza presso l’Università Salesiana, ho avuto l’opportunità di essere consultore della CEI e del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, di insegnare Dottrina sociale della Chiesa in diversi Istituti di Scienze Religiose e nell’Università Pontificia Lateranense, di predicare tridui, novene, ritiri ed esercizi spirituali a diversi gruppi di sacerdoti, di suore e di giovani, di collaborare con l’UNITALSI, di programmare Corsi di formazione all’impegno sociale e politico in varie Regioni d’Italia, di lavorare nell’orientamento vocazionale come responsabile di campi scuola.
Appena terminato il sessennio come Rettor magnifico dell’Università Salesiana, nel 2009, sono stato nominato vescovo titolare di Bisarcio (Ozieri) e Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, che tra i suoi principali compiti ha lo studio e l’aggiornamento del Magistero sociale della Chiesa, al fine di promuovere la sua divulgazione e traduzione nella pratica presso i singoli e le comunità, specialmente per quanto concerne il diritto umanitario, i diritti e i doveri umani, la giustizia, la pace, la politica, il mondo del lavoro, l’ambiente, il disarmo, la società internazionale, i sistemi economici, l’impegno dei cattolici in campo sociale e politico.
Come Segretario e rappresentante della Santa Sede, oltre ad essere al servizio del Santo Padre per predisporre bozze di testi, relative a discorsi, ad encicliche e messaggi per le giornate mondiali della pace, ho avuto l’occasione di visitare Chiese locali e di essere presente presso Organismi Internazionali, quali l’ONU e l’OSCE.
Come motto episcopale, per ragioni di congenialità ed affettività, ho scelto l’incipit dell’enciclica sociale di papa Benedetto XVI, Caritas in veritate. Un tale motto mi è parso particolarmente pregnante ed emblematico del modo di essere vescovo nell’odierno contesto socio-culturale, caratterizzato da un forte secolarismo, dall’emarginazione di Dio dalla vita dei singoli e dalla vita pubblica, da un individualismo libertario ed utilitarista, dalla carenza di pensiero, dalla dittatura del relativismo e da quella colonizzazione ideologica del gender che vuole cambiare l’alfabeto antropologico. In vista di una nuova evangelizzazione, nonché di un nuovo Umanesimo e di una nuova cultura aperta alla Trascendenza capace di ricucire i legami sociali, è fondamentale vivere l’Agápe di Cristo, sperimentare un Amore pieno di Verità, simboleggiato nel mio stemma episcopale con onde rosse e oro che quasi si intersecano: il rosso rappresenta, per l’appunto, l’Amore di Cristo, mentre l’oro vuol riflettere lo splendore della Verità (Lógos). Per capire meglio come muoversi nella comunità ecclesiale e nella società odierna, più che partire da visioni astratte di Chiesa e della comunione interpersonale, da analisi sociologiche pur indispensabili, occorre anzitutto essere di Cristo, lasciarsi raggiungere dalla sua salvezza che umanizza mentre divinizza, ossia occorre partire dalla presenza reale del Verbo di Dio incarnato nella storia, nel creato e in ogni essere umano. Benedetto XVI e papa Francesco ci hanno ricordato che la nostra fede – che non è solo affidarsi ma anche leggere in profondità – non può essere disgiunta dal realismo della redenzione. Gesù Cristo trascende la storia e l’umanità, ma nello stesso tempo le possiede, vi inabita. Uscendo dal Padre è diventato uno di noi, ci ha raggiunto e vive con noi, rendendoci partecipi della vita di comunione esemplare della circolazione trinitaria. Pertanto, Egli ci appartiene, appartiene a tutti gli uomini, a tutti i popoli. La nostra fede non è un atto volontaristico verso un essere che ci è estraneo, estrinseco. È riconoscere ed accogliere chi si è fatto dono a noi e ci ha preceduto venendoci incontro. Egli è inseminato nei nostri cuori e nelle nostre coscienze (semina Verbi). Sono convinto che proprio l’esperienza o, meglio, l’inabitazione permanente nell’Amore pieno di Verità che è Cristo, può vivificare le nostre comunità, renderle sempre più capaci di testimonianza credibile. L’Amore pieno di Verità rafforza la nostra libertà, edifica i sacerdoti, il vescovo, il popolo di Dio, li aiuta a camminare sempre nella Luce di Cristo, a confessarLo, ad uscire per annunciarLo ed incontrarLo nell’altro, specie nel più povero. Cristo, che si è fatto come noi e si è posto in noi, ci attrae verso la pienezza del suo essere. E, così, il nostro pellegrinaggio non è un vagabondare senza meta. Ha una direzione precisa che, pur nelle ombre della vita, colma il nostro spirito di certezze e di speranza.
Dopo quanto detto, cari Sacerdoti e Collaboratori, non posso esimermi dal pormi una domanda. Chi sono io davanti a Dio e davanti a voi? Me lo chiedo proprio ora, riflettendo ad alta voce, per essere maggiormente consapevole di quello che ho cercato di fare nella mia vita e di quanto sono sproporzionato rispetto al ministero episcopale in questa diocesi, così ricca di fede e di opere. Sono un pastore della Chiesa che ha vissuto da principio come religioso, sacerdote, educatore, docente nella Congregazione salesiana e, poi, nel Dicastero del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Qui ho cercato di capire, approfondire e di contribuire all’aggiornamento dell’evangelizzazione del sociale e dell’insegnamento sociale della Chiesa non per me stesso, ma per la Chiesa universale, per le sue Conferenze episcopali, le Commissioni di giustizia e pace, gli Uffici per i problemi sociali e del lavoro, la Santa Sede e il pontefice. Come vescovo di Curia, ho cercato dunque di essere e camminare in mezzo al popolo di Dio nella sua dimensione universale, che abbraccia tante realtà particolari, sparse nelle varie nazioni e Chiese locali. È chiaro dunque che, come pastore sono vissuto in una condizione peculiare, inusuale, tuttavia molto reale e, penso, utile alla Chiesa.
Ora mi attende un ministero diverso, su un altro piano, ma non avulso dal precedente. Vivere e camminare con il popolo di Dio che è in Faenza-Modigliana non è, evidentemente, la stessa cosa che vivere a Roma, in quello che talvolta viene definito centro della cristianità. Proprio per questo, debbo riconoscere quanto io sia impari a tale compito. Pertanto, cari Sacerdoti, vengo a voi in umiltà, manifestando la mia disponibilità ad apprendere da voi come essere vescovo, padre, fratello ed amico, con un cammino e un discernimento fatti insieme. Mi insegnerete ad essere vescovo non per me, ma per la Chiesa, per l’unità dei cristiani, per la gente, per gli altri, per i lontani, soprattutto per quelli che, secondo un certo mondo, sarebbero da scartare. Mi aiuterete ad essere servitore del Vangelo di Gesù Cristo per la speranza del mondo, una speranza che nasce dalla Croce. Vi domando di pregare per me, affinché io possa essere uomo di Dio in cammino col suo popolo, uomo di comunione e di missionarietà, guida sicura che indica la meta del compimento umano in Cristo, e principio visibile di unità nella comune edificazione dei credenti e nella diffusione del Vangelo.
Sono insieme a voi nella barca che è questa Chiesa particolare. Il Signore ci darà giorni di sole e di brezza leggera, giorni in cui la pesca sarà abbondante. Vi saranno – non c’è da illudersi – anche momenti di acque agitate e di vento contrario, momenti in cui il Signore sembrerà dormire. Dovremo, però, proseguire, certi che Lui è al timone della barca, che non è nostra, ma sua. Il Signore non ci lascerà affondare. Lui la conduce, anche mediante quegli uomini che ha scelto e che spesso appaiono sproporzionati a fronteggiare le sfide e le tempeste. Questa certezza  deve renderci misericordiosi e solidali gli uni verso gli altri. Preghiamo sempre l’uno per l’altro. Camminiamo insieme in fraternità, aiutandoci reciprocamente a portare i pesi, guardando sempre al buon Pastore che non umilia nessuno.
Cari Fratelli nel sacerdozio, forse in questo momento vi attenderete da me alcune prospettive pastorali particolari. Penso, però, che sarebbe un po’ temerario da parte mia, dal momento che ancora non conosco bene la realtà. Mi sembra pertanto opportuno e logico rimandare all’ultima Lettera pastorale a firma di Sua Eccellenza Mons. Claudio Stagni dove si trovano validi orientamenti ancora attuali.
Vorrei chiarire sin d’ora – e, se necessario, rassicurare – che intendo confermare donec aliter provideatur, ossia fino a nuove disposizioni, il Vicario generale, i Vicari episcopali e tutti gli altri incarichi diocesani. Nei prossimi mesi cercherò di conoscere meglio la realtà della nostra Chiesa soprattutto con l’ascolto. Non è quindi questo il momento per me di procedere a cambiamenti, che ora sarebbero azzardati.
Credo che, dal punto di vista degli obiettivi pastorali, più immediatamente individuabili, tra altri che qui non elenco, siano da considerare:

  • realizzare la conversione pastorale – nel senso della comunitarietà e della missionarietà – a cui papa Francesco invita con la sua Esortazione pastorale Evangelii gaudium (=EG);
  • proseguire l’impegno nella pastorale vocazionale, con riferimento al ministero ordinato, alla vita religiosa – non dimentichiamo che stiamo celebrando l’Anno della Vita Consacrata – e ai christifideles laici;
  • curare i ministeri laicali, nel senso della scelta e della formazione dei fedeli laici, affinché si mettano a disposizione della Chiesa locale e delle parrocchie;
  • promuovere la crescita della pastorale integrata tra parrocchie, specie a partire dalle Unità pastorali;
  • individuare le periferie esistenziali presenti nella nostra diocesi e attivare un debito discernimento comunitario riguardante i disoccupati, gli emigranti, i poveri, i lontani, gli emarginati;
  • affrontare con decisione la questione antropologica e le sue implicazioni, specie con riferimento alla società domestica, prima cellula di ogni altra società, testimoniandone la centralità e la bellezza. I mutamenti in atto disegnano una cultura, che non solo non preserva la famiglia quale «baricentro esistenziale», ma la snatura, equiparandola a qualunque nucleo affettivo, a prescindere dal matrimonio e dai due generi;
  • contribuire alla formazione di nuove generazioni di credenti impegnati nel sociale e nella politica, a livello nazionale ed europeo. La prossima Settimana sociale dei cattolici, che si terrà a Cagliari nel 2017, sarà sicuramente un’occasione per riflettervi, seguendo l’iter della sua preparazione, la celebrazione e accogliendone le Conclusioni;
  • offrire un valido sostegno al Movimento sociale cattolico, in vista di un suo contributo più incisivo e significativo alla realizzazione del bene comune, almeno sul piano regionale. I vescovi dell’ultimo Consiglio permanente della CEI hanno sottolineato come la Chiesa italiana sia ricca di una storia sociale e culturale, che oggi, in base alle mutate circostanze del Paese, chiede di essere assunta in maniera nuova e diversa.

Come Chiesa locale, siamo chiamati a perseguire tali obiettivi, tenendo conto:

  1. del prossimo Sinodo sulla famiglia (ottobre 2015);
  2. degli Orientamenti pastorali dell’episcopato italiano per il decennio, dal titolo Educare alla vita buona del Vangelo;
  3. del Convegno della Chiesa italiana, che si terrà a Firenze dal 9 al 13 novembre 2015, sul tema: In Gesù Cristo il nuovo umanesimo. Vi potranno partecipare 6 rappresentanti della nostra Diocesi più il vescovo. A proposito di questo Convegno, il recente Consiglio permanente della CEI ha condiviso l’opportunità di promuovere a livello diocesano iniziative finalizzate a favorire la conoscenza della Traccia, reperibile sul sito web www.firenze2015.it. La stampa diocesana è sollecitata a favorire la conoscenza di esperienze locali che offrano una testimonianza concreta di come annunciare e vivere il nuovo umanesimo in Gesù Cristo negli ambiti della carità, della famiglia, dell’iniziazione cristiana, della comunicazione, della cultura, del lavoro, dell’economia, della finanza, della politica, della società civile, della salvaguardia dell’ambiente senza dimenticare il 50.mo della Gaudium et spes, l’EXPO di Milano e la futura enciclica sull’ambiente;
  4. del Documento dell’Assemblea della CEI Incontriamo Gesù. Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia;
  5. della Nota pastorale La scuola cattolica risorsa educativa della Chiesa locale per la società;
  6. della prossima Assemblea generale della CEI, prevista per il prossimo mese di maggio. Essa affronterà la verifica della ricezione della Evangelii gaudium, con speciale attenzione allo sviluppo di percorsi da proporre alle Chiese che sono in Italia;
  7. del prossimo anno santo della Misericordia (8 dicembre 2015-30 novembre 2016). Siamo in attesa della bolla del papa Francesco in modo da individuare i segni particolare da sottolineare e proporre.

Come impegno personale, mi propongo di conoscervi personalmente al più presto, visitando le comunità affidate alla vostra guida pastorale. È importante per me vedervi nella vostra realtà quotidiana, che so fatta di dedizione, a volte persino eroica, a servizio della nuova evangelizzazione in un contesto sempre più secolarizzato. Vorrei incontrarvi nelle Messe domenicali, ma anche in momenti fatti di dialogo e di scambio fraterno, ipotizzando per esempio una mattinata nell’unità pastorale, con la recita dell’Ora Media, una riflessione, un dibattito, per poi concludere con il pranzo insieme. È questo un piccolo segno della mia ferma volontà di essere per tutti voi padre, fratello e amico.
Conto anche – avvisando per tempo –  di scalettare alcuni incontri con i responsabili degli Uffici diocesani e dei Centri per la Pastorale, con i responsabili della sezione Amministrazione, dei Centri e delle Opere diocesane (secondo la Guida della Diocesi di Faenza-Modigliana, che pure va aggiornata).
L’agenda del vescovo è già definita sino al mese di luglio. Per eventuali richieste sino a luglio e dopo, è bene contattare il segretario del vescovo don Ernesto Grignani (coadiuvato da don Alberto Luccaroni). L’indirizzo email è il seguente: segretario@faenza.chiesacattolica.it Il numero di telefono è quello del vescovado e cioè: 0546 28774.