[giu 05] Cammino sinodale – Restituzione del vescovo Mario

05-06-2022

Faenza, Cattedrale 5 giugno 2022.

 

Saluto le autorità presenti, i sindaci dei nostri territori e i rappresentanti delle chiese orientali: Padre Vasyl (comunità ucraino-cattolica di rito bizantino), Padre Augustin (comunità rumeno-cattolica di rito bizantino), Padre Michail (della Chiesa ortodossa moldava).

Avendo ricevuto le pagine di sintesi del lavoro sin qui compiuto, dopo averle lette attentamente, desidero manifestare la mia più sincera e profonda gratitudine a tutti coloro che, con una intelligenza d’amore, hanno reso possibile la prima fase del cammino sinodale nella nostra Chiesa diocesana. Dalle varie testimonianze scritte emerge quel soffio dello Spirito che anima la Chiesa e la sospinge al largo in questo terzo millennio da poco iniziato.  Sento il dovere di ringraziare ciascuno in particolare, ma anche quel «noi-comunione-di persone» che è stato guidato dalla unione con Cristo e tra di voi.

Desidererei che un tale ringraziamento raggiungesse anche le persone che si sono rese disponibili per il coordinamento dei gruppi ministeriali: li ringrazio perché accettando di vivere alcuni momenti di intensa formazione, si sono messi a disposizione della Chiesa nel servizio concreto delle realtà parrocchiali.

Ora, come ad ogni tappa di un cammino, potrebbe sorgere la tentazione di fermarsi, di compiacersi del percorso fatto e di pensare che quello che si poteva fare è stato compiuto. Potrebbe venire in mente che d’ora in avanti tocca ad altri rimboccarsi le maniche. Invece, siamo ancora in viaggio. Perché? L’essere continuamente in cammino è dovuto al fatto che nel giorno di Pentecoste la Chiesa di cui siamo parte ha ricevuto il mandato di annunciare a tutte le generazioni il Signore Risorto e la sua opera di trasfigurazione. Dopo la sua risurrezione non si assenta dalla storia. Porta a compimento la nuova creazione che ha iniziato con la sua incarnazione. La Chiesa, da Lui costituita come unità di credenti, non esiste per se stessa, al pari di un mondo chiuso in sé. Adunati in comunione con Cristo e tra di loro i credenti lavorano alla costruzione del Regno, un mondo ove Dio sia tutto in tutti (cf 1 Cor 15, 28). La Chiesa, proprio perché è raduno per il Regno, è popolo che si impegna ad orientare le azioni dell’uomo al compimento in Cristo. È corpo spirituale di Cristo che realizza un «noi» di figli nel Figlio, come persone che plasmano frammenti di mondo e di storia secondo la figura della «nuova creazione».

Il cammino sinodale non è, dunque, un’invenzione nuova o recente, ma è lo stile di vita proprio di una Chiesa che si radica nella missione di Cristo che ricapitola in sé tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra. Come popolo di Dio, siamo, dunque, da sempre in cammino col Signore Gesù. Siamo popolo che guarda in avanti. L’esperienza di Cristo suscita in noi un dinamismo sempre nuovo. Ci sospinge a leggere i segni dei tempi, a cogliere le res novae, spingendoci a percorrere la via che è Cristo stesso, incarnato nell’umanità e nella storia, per dare corpo alla bella notizia del Regno. Nella causa del Regno non c’è tempo per adagiarsi nella pigrizia e guardare indietro. Chi guarda a Cristo, al suo volto, è atteso e impegnato nella configurazione di tutte le dimensioni dell’umano secondo la misura alta e lo splendore del Risorto. Per sé non si tratta di inventare un nuovo programma pastorale. Il programma c’è già. Si tratta di tradurlo, di concretizzarlo nelle condizioni storiche di ciascuna comunità, tenendo fisso lo sguardo sul Verbo incarnato, morto e risorto, pregando lo Spirito perché ci accompagni e ci tenga in comunione, uniti nella stessa missione umanizzatrice e divinizzatrice del Signore Gesù.

Per questo la fase narrativa, la fase dell’ascolto, appena approcciata, è un passo che permette di andare in profondità, per dare concretezza alle tante parole e riflessioni che sono emerse, vivendo e camminando insieme.

Lo abbiamo sperimentato in questi mesi: non è stata un’iniziativa solo dei consacrati o solo dei laici o solo di un gruppo specifico. Tutti insieme ci siamo messi in gioco e, quando ci siamo lasciati condurre spendendo qualcosa di noi stessi, abbiamo portato frutto.

 

Anche noi vescovi siamo stati chiamati a maturare un’attitudine discepolare per metterci in ascolto dell’intero Popolo di Dio e del papa.  Dobbiamo essere tutti insieme: papa, vescovi e popolo di Dio. Tutti insieme, dunque, vivendo la comunione e la sinodalità, incamminati verso il Regno. Tutti insieme viviamo un servizio che ci unisce, perché è servizio accolto, celebrato in comunione con Cristo. Con il suo Sacerdozio condiviso ci rende tutti corresponsabili della sua stessa missione. Serviamo come Cristo. Formiamo e formiamoci come servitori in Cristo. Il servizio non si fa in solitaria, ma nella corresponsabilità.

E, dunque, noi tutti siamo chiamati a portare frutto, a trasformare le parole in vita, in azioni concrete. E questo non singolarmente, ma come Chiesa unita, orientata verso il Signore Gesù: è Lui che ci unisce, è Lui che ci rende fratelli, è Lui che da molte membra ci rende un solo Corpo, un solo Popolo, guidato dallo Spirito santo, principio della creazione nuova, di un mondo nuovo.

Noi vescovi, all’Assemblea C.E.I. abbiamo lavorato sul primo testo di servizio elaborato a partire dalle sintesi diocesane.

Mentre siamo in attesa dei prossimi passi del cammino sinodale della Chiesa italiana, non possiamo non riconoscere ciò che lo Spirito Santo ci sta dicendo a gran voce, a noi Chiesa di Faenza-Modigliana:

 

  1. la Chiesa è chiamata ad avere uno stile relazionale. «Come stai?». Questa semplice domanda può riallacciare legami e relazioni all’interno della nostra comunità perché al centro ci devono essere le persone con i loro volti concreti, i loro bisogni e le loro domande. Per questo non possiamo dare per scontato il dialogo, l’ascolto sincero, il riconoscere l’altro da me. La nostra Chiesa deve riscoprire il suo volto materno, paterno, fraterno: deve riuscire a comunicare con ogni uomo e donna che vive sul nostro territorio in questo nostro tempo particolare.

 

Vi invito fin da ora a non dare per scontate le relazioni personali, spendendo tempo e cura nell’ascolto e nel dialogo fraterno. La nostra Chiesa avrà un volto fraterno e accogliente se noi cureremo uno stile relazionale personale.

 

  1. L’annuncio. Se lo Spirito Santo è in noi, nelle nostre comunità, non possiamo tenerlo racchiuso entro a confini e spazi definiti, altrimenti non è Lui che ci sta guidando. Egli ci invia a tutti. Non esistono recinti o confini, persone dentro e persone fuori: esistono solo discepoli innamorati della buona notizia di un Dio morto e risorto, un Dio che è amore e misericordia, un Dio che mi viene a cercare per parlarmi come ad un amico; discepoli che vanno a cercare gli altri per annunciarlo.

 

Vi invito, allora, a rischiare, a sbilanciarvi, a cercare le persone per parlare loro semplicemente del Vangelo e della differenza di una vita con Gesù, se è vero che con Lui o senza di Lui la vita cambia. La Chiesa sarà attraente se noi sapremo cercare le persone andando a chiamarle lì ove sono, nelle tante pieghe della società.

 

  1. «Io vivo e voi vivrete» è la sua promessa. Lui vive e ci vuole vivi soprattutto nella liturgia, nel pane spezzato, nel vino versato, nella Scrittura, nei riti e nelle preghiere della Chiesa: mentre celebriamo Lui è presente come il Vivente e ci inserisce nella sua vita nuova. La liturgia non è la “ciliegina sulla torta” della vita dei discepoli, non è un tempo di riconoscimento reciproco o di confronto; non è solo il luogo dove comprendere, ma dove incontrare e vivere Cristo, morto e risorto. Cristo è la chiave: abbiamo bisogno di ritornare al Concilio per proseguire questo “movimento” liturgico.

 

Vi invito, dunque, ad entrare nelle celebrazioni con la consapevolezza che è il Signore il soggetto della celebrazione, non noi stessi. Vi invito ad affidarvi ai riti, alle parole e ai gesti che nella loro particolarità e diversità ci manifestano il Mistero di un Dio che agisce, parla, domanda, invita… un Dio presente. La Chiesa celebrerà il Risorto con gioia rinnovata se noi daremo spazio al Signore, se metteremo Lui al centro.

 

 

Annunciarlo e celebrarlo con uno stile relazionale.

 

Ecco, in breve, ciò che siamo chiamati fin da subito ad approfondire e a trasformare in azioni concrete. Noi tutti, nessuno escluso. Nessuno deve pensare che questi passi non lo riguardano. Tutti siamo invitati ad andare dietro all’unico Pastore, il Pastore grande delle pecore. Cristo, con il dono del suo Spirito d’amore, ci responsabilizza. Insieme a noi, con noi, desidera agire nel mondo e nella società.

 

Sgorghi, dunque, dal nostro cuore questa preghiera: Vieni, o Spirito creatore, riempi del tuo amore i nostri cuori, illumina le nostre menti, svelaci il grande mistero del Verbo che si è fatto uomo per renderci Figli del Padre. Bagna ciò che è arido. Piega ciò che è rigido. Consolatore perfetto, dona gioia per sempre.

 

 

+ Mario Toso