[gen 13] Omelia – San Potito, Festa del Patrono

13-01-2021

Potito, festa del patrono 13 gennaio 2021.

Cari fratelli e sorelle, in occasione della festa patronale abbiamo occasione di riflettere sulla figura di san Potito, nato a Sardica nella Dacia inferiore (attuale Romania). Adolescente tredicenne aveva abbracciato la fede cristiana, resistendo alle minacce e alle ingiunzioni del padre, il quale desiderava che ritornasse al culto degli dei pagani. Guarì dalla lebbra un’illustre matrona, liberò dal diavolo la stessa figlia dell’imperatore Antonino Pio. Questi, però, lo torturò e, poi, lo decapitò, proprio perché cristiano. Il culto a san Potito si diffuse in modo particolare nell’Italia meridionale, specie nelle Puglie, ma anche a Napoli, a Capua, Benevento e, infine, nella Sardegna, ove furono traslate le reliquie.

Che messaggio può lasciare a noi, in tempo di pandemia, la figura di un giovane santo, che non ha esitato a professare la sua fede in Gesù Cristo, nonostante l’opposizione ricevuta dai suoi stessi famigliari e dalle autorità romane? Il giovane cristiano Potito ci insegna senza dubbio che di fronte alle varie difficoltà della vita la fede deve rimanere il perno centrale. Nonostante le difficoltà e le pressioni, essa va conservata. Senza la fede si perde l’orientamento, non si è in grado di affrontare le grandi prove. Essa è il tesoro che noi portiamo in vasi di creta, mentre siamo soggetti alle difficoltà e alle malattie, compreso il coronavirus da Covid-19. La fede ci sostiene durante il tempo delle nostre fragilità, nel momento della stessa morte. Possiamo dire sinteticamente che la fede è per il tempo della vita, per il tempo della nostra morte, come anche per il tempo del martirio. Essa ci offre una straordinaria potenza, che viene da Dio. Vivendo nella fede, come scrive san Paolo ai Corinzi, in tutto siamo tribolati, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi (cf 2 Cor 4, 7-15). Grazie alla fede, viviamo la morte come un passaggio verso la vita in pienezza di Cristo. Consegnati ai tribunali, sottoposti a torture, condotti davanti a governatori e a re  per causa di Cristo – pensiamo ai tanti cristiani oggi perseguitati, oltre 360 milioni, ed anche ai molti cristiani uccisi nelle varie parti del mondo: tantissimi in più rispetto ai primi martiri cristiani degli inizi -, i credenti sono sempre accompagnati dallo Spirito del Signore Gesù. Lo Spirito d’amore del Padre e del Figlio parla in loro e attraverso di loro. È il loro difensore e il loro sostegno durante la prova.

Chiediamoci: abbiamo noi nuove generazioni di giovani nelle nostre comunità capaci di annunciare e di testimoniare la forza della fede, in un momento di molteplici crisi, non solo quella prodotta dal coronavirus, ma anche da altri virus, quali: una visione distorta della persona che ignora la sua dignità e il suo carattere relazionale; l’ingiustizia sociale, la diseguaglianza di opportunità, la mancanza della protezione dei più deboli, il disastro ambientale? Abbiamo giovani coraggiosi ed entusiasti  della loro fede, quando questa spesso è sminuita o disprezzata dai coetanei e dalla cultura dominante?

Bisogna riconoscere che in tempo di pandemia, a motivo delle norme di sicurezza, ma non solo, la presenza dei credenti tende a rarefarsi. Ugualmente, i giovani diminuiscono la loro presenza, anche se questa sera noto con gioia la presenza di diversi giovani. In alcune comunità sono quasi scomparsi. Credo che questo fenomeno debba costituire per noi un’inquietudine seria. L’assenza dei giovani dalle nostre comunità è un segnale non solo del loro smarrimento ma anche della debolezza della nostra pastorale e della nostra proposta cristiana, nonché della nostra capacità di comunicare Cristo e il suo Vangelo. Domandiamoci: perché molti dei nostri giovani non sono attivi nelle loro comunità come giovani per i giovani? Perché, oltre a qualche sporadica presenza, non giungono ad assumersi alcune responsabilità nell’ambito della Caritas, nell’organizzazione del tempo libero dei più piccoli, nella stessa celebrazione eucaristica, come sta ora facendo uno di voi che la sta riprendendo per condividerla con i nonni che sono a casa? Perché non li coinvolgiamo di più nella corresponsabilità dei vari ministeri ecclesiali, come il lettorato, l’accolitato, la catechesi? Oltre al Vangelo, consegniamo a loro la bussola della Dottrina sociale della Chiesa, come ci ha raccomandato recentemente papa Francesco nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, recante il titolo La cultura della cura come percorso della pace? In un recente passato, tramite la celebrazione del Sinodo dei giovani, la nostra Chiesa di Faenza-Modigliana ha già individuato alcune vie per coinvolgerli e farli crescere come testimoni del Risorto. Fatevi, allora, aiutare dal vostro parroco, così attento alle nuove generazioni, nel responsabilizzarli nella partecipazione alla missione di Cristo. Solo così si potrà onorare  degnamente san Potito, patrono di questa cara comunità, che ha dato i natali anche alla venerabile Nilde Guerra. Sarei davvero contento se le sue spoglie potessero un domani essere tumulate in questa Chiesa, affinché Nilde possa divenire ancor più chiaramente un modello di quella giovane umanità in cui l’amore di Cristo aveva già parlato con tanta eloquenza tramite san Potito. Egli ci protegga e accompagni tutti i giovani di questa comunità nell’annuncio e nella testimonianza di Gesù Cristo.

 

                                                     + Mario Toso