[gen 06] Omelia – Epifania

06-01-2023

Faenza, cattedrale Epifania 2023.

La solennità dell’Epifania ci ricorda la manifestazione di Gesù Bambino come Salvatore per tutti. Cristo Gesù è salvatore universale. Egli non è venuto per salvare solo il popolo di Israele. Viene a salvare tutti i popoli, rappresentati dai Magi. Nella Lettera agli Efesini viene detto chiaramente che tutte le genti sono chiamate a condividere la redenzione in Cristo Gesù, a formarne lo stesso corpo (cf Ef 3, 5-6). Tutti i popoli sono destinati a rivestirsi di Cristo, a vivere Cristo, per annunciarlo e testimoniarlo come Luce. È questa la visione adombrata dal profeta Isaia (cf Is 60, 1-6). La tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli. Cristo costituisce il faro che illumina gli uomini e suscita un popolo nuovo, esso stesso destinato ad essere luce per il mondo.

Nel Vangelo di Matteo (Mt 2, 1.12) si riferisce che alcuni Magi, provenienti da oriente, giungono a Gerusalemme, seguendo una stella, per adorare il re dei Giudei. I Magi rappresentano quei popoli che sono in movimento, alla ricerca del Salvatore. Appena la voce si diffonde sorge lo scompiglio nel palazzo del re Erode. Egli si informa presso i capi dei sacerdoti sul luogo preciso della nascita. Chiama i Magi e addirittura li invia a Betlemme incaricandoli di trovare il Bambino, perché anche lui voleva adorarlo. Sappiamo delle intenzioni malvagie di Erode che voleva sopprimere Colui che era stato preconizzato dal profeta come capo e pastore del popolo di Israele. Orbene, i Magi andarono a Betlemme e trovarono il bambino con Maria sua Madre. Si prostrarono e lo adorarono (Mt 2,11). Fermiamoci a fare qualche riflessione su questi loro gesti.  Il traguardo della ricerca e del percorso dei Magi è l’adorazione del Bambino. Portando in dono oro incenso e mirra essi cercano Dio. La ricerca delle loro conoscenze e l’inquietudine che li sospingeva erano orientati a vedere faccia a faccia il Signore per amarlo e darsi a Lui. Ecco l’obiettivo del lungo viaggio di ricerca dei grandi saggi dell’oriente. Proprio così deve fare la Chiesa. Così dobbiamo fare anche noi, battezzati e cresimati. La prostrazione dei Magi intendeva concludersi con l’iniziare una storia d’amore con Dio, mettendolo al primo posto, come fa un innamorato con la persona che ama. Non dimentichiamo che adorare è più che prostrarsi. Non è solo piegare il proprio corpo. Più propriamente è flettere il proprio spirito, aprirlo all’amore di Dio. «Prostrarsi» e «adorare» equivalgono esattamente a riconoscere il primato a Dio e a donarsi a Lui. È consegnargli la vita, mettere la vita di Dio prima della propria vita, dei propri tempi, dei propri progetti o piani. Adorare non è avere qualche idea di Dio e fare qualche preghiera. È farsi discepoli alla sequela di Gesù e del suo Vangelo. È entrare nel movimento di incarnazione di Cristo. È essere in uscita con Lui e diventare missionari come Lui. È questo che fa cambiare le scale di valori. Tutti gli uomini, in particolare i giovani, sono in ricerca della realtà più grande, che possa colmare il loro cuore. Per loro è importante sapere, conoscere tante cose. Ma ad essi non basta questo. Desiderano soprattutto sapere la cosa essenziale. Desiderano sapere come si possa essere persona umana, completa. Non vogliono solo sapere. Desiderano sapere la verità su sé stessi, su Dio e sul mondo. Desiderano conoscere come incontrarlo, come donarsi a Lui e lasciarsi abbracciare da Lui. Per questo la Chiesa esiste. Per questo è costituita. Per questo tutti i credenti si sentono inviati: per accompagnare le persone, le famiglie, i giovani.

Chi diventa missionario come Cristo guarda a Lui, per conoscerlo e amarlo. I capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo conoscono le profezie, le citano esattamente, ma contrariamente a quanto fecero i Magi non vanno a adorare il Bambino Gesù. Nella vita cristiana non basta sapere o avere un titolo di specializzazione in teologia o nelle scienze umane. Ciò è sicuramente importante. Ma bisogna anzitutto piegare le ginocchia, flettere la nostra mente e il nostro spirito verso Cristo e il suo cuore. Occorre uscire da noi e diventare intimi di Dio, amarlo. Come amarlo? Amarlo non solo come Bambino, bensì in tutta la sua esistenza e missione, nella sua interezza, come Colui che si incarna per fare nuove tutte le cose, per iniziare una nuova creazione, combattendo il peccato, morendo sulla croce, risorgendo. Adorare Cristo è giungere ad amare la sua opera di salvezza integrale, che raggiunge ogni uomo, tutto l’uomo, il creato.  È unirsi alla sua opera di redenzione, di divinizzazione, di trasfigurazione. È parteciparvi, convinti che ciò consente di generare un nuovo pensiero, una nuova cultura, nuovi umanesimi. È affacciarsi, in altri termini, alla soglia dell’eternità, come insegnava Benedetto XVI del quale ieri sono state celebrate le esequie. È mettersi alla presenza di Dio, per contemplare la sua vita, la sua redenzione e la sua trasfigurazione. Le domande che possiamo farci, allora, sono queste: sono un battezzato che adora Cristo? Amo e partecipo intensamente alla nuova creazione inaugurata da Lui? Come i Magi, siamo Chiesa che adora e si affida a Gesù Cristo, al missionario per eccellenza? L’Epifania ci ricorda, come già detto, che la salvezza di Cristo è destinata a tutti. Anche in questa Epifania rinnoviamo l’impegno di una preghiera di adorazione, riscopriamo la nostra vocazione ad essere missionari.  Preghiamo per i nostri missionari passati e presenti. Solo se sappiamo adorare – ossia uscire da noi stessi e consegnarci totalmente al Signore – diventa più chiaro il senso del nostro cammino cristiano e amiamo più convintamente la nostra vocazione. Il pane e il vino consacrati diventino per noi sostegno della nostra missionarietà soprattutto tra i giovani e con i giovani.

                                                   + Mario Toso