[mar 4] Incontro consiglieri ecclesiastici Coldiretti

04-03-2021

Videoconferenza – 4 marzo 2021.

In questo incontro desidero partire, come mi è stato chiesto da don Paolo Bonetti Consigliere Ecclesiastico Nazionale, dal titolo del volume Dimensione sociale della fede. Sintesi aggiornata di Dottrina sociale della Chiesa.[1]

Il titolo pone in primo piano la decisività e la crucialità della fede e della connessa evangelizzazione in relazione alla Pastorale sociale, in cui sono coinvolti le comunità ecclesiali e i Consiglieri Ecclesiastici Coldiretti. Perché? Innanzitutto, perché oggi appare particolarmente urgente che la dimensione sociale della fede sia presente ed approfondita nell’annuncio e nell’opera di educazione, senza indugi. Come già sottolineava la costituzione pastorale Gaudium et spes  del Concilio Vaticano II e, come ha ribadito la esortazione apostolica Evangelii gaudium di papa Francesco, senza riconoscere e vivere la dimensione sociale della fede si corre il rischio di sfigurare il significato autentico e integrale della missione evangelizzatrice.[2]

Se si ignora la dimensione sociale della fede si corre il pericolo di dimenticare e di non porre in atto, nelle nostre diocesi e nelle nostre associazioni cristiane o di ispirazione cristiana, l’evangelizzazione del sociale, relativa al mondo agricolo-rurale. A questo proposito, infatti, non è difficile notare come in non poche diocesi e parrocchie siano quasi scomparsi, o non siano stati nemmeno iniziati, progetti pastorali attinenti all’ambito agricolo-rurale, concepiti come atti ecclesiali, e non come meri atti di singoli presbiteri o credenti. È noto che il discernimento sociale dev’essere comunitario, come opera della comunità dev’essere anche la preparazione dei responsabili della pastorale relativa al mondo agricolo-rurale, ma non solo. La rarefazione e il forte ridimensionamento dell’evangelizzazione del sociale attinente al mondo agricolo-rurale indebolisce, presso gli agricoltori e le loro associazioni, il senso di appartenenza a Cristo e alla Chiesa, per cui viene meno in essi la percezione della propria vocazione cristiana all’evangelizzazione e alla connessa umanizzazione del mondo agricolo-rurale, che potrebbe, invece, essere rinsaldata mediante la conoscenza e la sperimentazione della Dottrina sociale della Chiesa.

Non solo. Un’altra grave conseguenza è – specie allorché la propria associazione di ispirazione cristiana si unisce ad associazioni aconfessionali – che si perda la chiara consapevolezza che l’appartenenza alla Chiesa e a Cristo risorto è primaria rispetto ad altre appartenenze, pur importanti ed utili a livello economico e per la rappresentanza sociale e civile. La posizione del lavoratore o del rappresentante del lavoratore agricolo-rurale, ma non solo la sua, è allusa dalla fotografia della copertina del volume che qui si presenta e che raffigura il dipinto Noli me tangere del Beato Angelico, ove il Risorto è rappresentato con la zappa in spalla. A significare che Egli, dopo la sua morte e risurrezione, non scompare dalla storia umana e dal mondo terreno, ma vi è presente, sia pure in maniera invisibile, continuando a lavorare in essi. Secondo l’eloquente rappresentazione del Beato Angelico, il credente è chiamato ad unirsi a Cristo lavoratore, perfezionatore del creato, per ricapitolare in Lui tutte le cose, compresa l’attività agricolo-rurale.

I lavoratori agricoli, come anche i diversi professionisti «verdi» nati dall’agricoltura biologica e sostenibile (programmatori agricoli della filiera corta, chimici ambientali, allevatori digitali, tutor dell’orto, botanici, agrichef, agricoltori biologici, agricoltori didattici, agriestetisti, agristilisti) sono chiamati a partecipare alla nuova creazione che il Figlio di Dio è venuto ad iniziare con la sua incarnazione, passione, morte e risurrezione.

Quando sia tralasciata o sospesa l’evangelizzazione del sociale, relativa all’attività agricolo-rurale, non si aiutano i credenti a vivere il proprio lavoro unitamente a quello di Cristo, con le conseguenze che possiamo facilmente immaginare. Ossia: assenza di una spiritualità cristiana, di senso missionario, di una vita buona secondo il Vangelo, di un’ecologia integrale, di una professionalità libera dal prometeismo, dalla tecnocrazia e dal transumanesimo artificiale.

Per gli operatori pastorali, vale l’ammonimento paolino «Guai a me se non evangelizzo» (1 Cor 9,16), che si traduce in «Guai a me se non evangelizzo l’attività agricolo-rurale». Per non pochi credenti, lavoratori adulti e giovani, tante volte simili affermazioni appaiono senza un grande significato dal punto di vista della loro professionalità. Siamo chiamati, dunque, a spiegare che non è poi così insignificante se si lavora senza essere uniti a Cristo, il «lavoratore»-redentore e l’artigiano per eccellenza. Ai credenti siamo chiamati a ricordare che in quanto tali non hanno nessun diritto di non essere evangelizzatori del lavoro agricolo-rurale. Semmai, in quanto battezzati, cresimati, eucaristizzati, ne hanno un evidente dovere, a cui corrisponde un diritto insopprimibile e inalienabile. Come animatori e formatori, diventeremmo complici di un ateismo pratico, quale quello che attualmente si sta diffondendo sempre di più anche nell’economia, nella finanza, nella politica, nella cultura sociale odierna. Saremmo indiretti sostenitori della frattura tra fede e vita, che già san Giovanni XXIII nella Mater et magistra aveva stigmatizzato come uno dei peggiori mali della vita cristiana del secolo scorso.

La suddetta divergenza, porta con sé – che lo si voglia o no – alcuni pregiudizi, spesso mutuati dal mondo culturale  dominante, come questi: a) la fede è un inciampo o è dannosa per la propria attività (agricolo-rurale, scientifica, tecnica, politica), in quanto ostacola la ricerca scientifica, la libertà di azione, lo sviluppo sostenibile; b) i credenti,  nelle relazioni sociali con altre culture diverse dalla propria, sono più efficaci quando mettono tra parentesi la loro fede.[3]

Si tratta di pregiudizi aprioristici che raggiungono, come accennato, anche altri settori dell’attività umana. Essi, diciamocelo in maniera chiara, andrebbero affrontati e decostruiti con più determinazione, senza troppa indolenza, sia nell’ambito della vita ecclesiale sia nella vita pastorale. Perché? Perché a ben riflettere, simili pregiudizi sono forieri di mali che invadono e destrutturano la stessa comunione ecclesiale, il cristianesimo, la cultura cattolica, gli umanesimi di ispirazione cristiana, favorendo profonde divisioni tra pastori e laici, polemiche faziose ed interminabili e, prima ancora, cosa più grave, l’esiziale separazione da Cristo risorto, che è, invece, fonte di nuovo pensiero, di vita morale retta, di un nuovo umanesimo trascendente.

La fede cristiana, per nulla antirazionale, semmai superazionale, capace di sfidare e di irrobustire la ragione, appare meno astratta di quanto non si pensi. Essa, in questi tempi anni ha mostrato di essere generatrice di quell’ecologia integrale che, come è spiegato nella Laudato sì’, è fondamentale per la soluzione della complessa crisi ecologica contemporanea. Con ciò stesso appare atta a promuovere quel nuovo umanesimo fondato sull’economia circolare, ove l’agricoltura si pone al centro delle filiere integrate ed ipertecnologiche, in grado di generare il capitale naturale e di recuperare i rifiuti per trasformarli in materiale fertile. L’agroecologia, nella stessa linea, si sta spostando dal campo e dall’azienda agricola sino ad arrivare al sistema alimentare, aumentando l’efficacia delle pratiche culturali, il monitoraggio degli infestanti per l’uso dei pesticidi, l’agricoltura di precisione per ottimizzare fertilizzanti ed irrigazione, la rotazione dei terreni, la connessione tra chi produce e chi consuma, la conservazione del suolo e dell’acqua.

Diventa opportuno a questo punto rammentare al Consigliere Ecclesiastico e agli operatori che agiscono nel o attorno al mondo agricolo-rurale il principio che echeggia il pensiero di papa Benedetto XVI: primo e principale fattore dello sviluppo del mondo agricolo-rurale è l’annuncio di Gesù Cristo (cf Caritas in veritate, n. 8).

Oggi un tale annuncio va intensificato e maggiormente articolato a fronte sia di un considerevole aggiornamento della Dottrina sociale della Chiesa (in senso trinitario, cristologico, ecclesiologico, ecologico, fraterno), sia di una nuova agricoltura, sempre più multifunzionale, multiprofessionale ed imprenditoriale, oltre che con un spiccato senso sociale. In definitiva, è urgente un netto salto di qualità nell’impegno pastorale e formativo.

In particolare, per conseguenza, va attuato:

  1. Un imprescindibile aggiornamento sulla nuova identità dell’agricoltura in contesto di ecologia integrale;
  2. Parimenti, va fatto conoscere il ruolo e la missiondella nuova Coldiretti. In passato ha saputo dare un nome, un volto, un’identità, un reddito a chi non l’aveva. Oggi è a servizio della societàcon un impegno a tutto campo con al centro la famiglia-impresa, la sostenibilità ambientale, la sicurezza alimentare, investendo sui valori distintivi di italianità, genuinità e trasparenza, dando il giusto riconoscimento all’autentico madein Italy. Tesse alleanze con i consumatori e con le istituzioni, intercetta i cambiamenti culturali e sociali. Si pone come interlocutore del destino del Paese con una cultura di governo. Vive nuovi compiti nel campo della salute, dell’ambiente, dello sviluppo sostenibile, della cultura, della difesa della tradizione, per essere più cittadini e più agricoltori nella società. Di grande rilievo per vivere più responsabilmente e democraticamente la propria professione è la Fondazione Campagna Amica.
  3. Incentivare l’educazione all’ecologia integrale, l’educazione alla dimensione sacramentale dell’attività agricolo-rurale, a partire dal discernimento inclusivo del vedere, giudicare, agire e del celebrare, non solo l’Eucaristia, ma anche il sacramento della Riconciliazione per estirpare in particolare il peccato ecologico;
  4. Contribuire alla ripresa e al rilancio della pastorale relativa al mondo agricolo-rurale nelle diocesi e nelle parrocchie in maniera integrata specie con le altre pastorali affini. A questo riguardo, è da raccomandare uno stretto legame tra la pastorale relativa al mondo rurale ed agricolo e la Pastorale sociale e del lavoro;
  5. Ripristinare ed incrementare l’azione pastorale con riferimento alle famiglie rurali. Proprio perché la questione ecologica sta mettendo in luce la decisività dell’ambiente rurale e del relativo lavoro agricolo non si può trascurare la missione della famiglia rurale in vista della salvaguardia e della coltivazione del creato.[4]
  6. Valutare e valorizzare la via dell’agricoltura come via di integrazione degli immigrati, anche per contrastare la via di un assistenzialismo diseducativo. La collaborazione tra la Chiesa italiana e Coldiretti necessita di un cambio di visione. Non può esaurirsi solo nelle Feste di Ringraziamento o nella richiesta di concedere l’8 per mille nelle dichiarazioni dei redditi che ha raggiunto annualmente quota 700.000 firme. L’alleanza tra la Chiesa e Coldiretti va rigenerata sia sulla piattaforma degli intramontabili principi della DSC sia su buone pratiche condivise, che li concretizzano storicamente nel dare risposte alle domande di accoglienza, di legalità, di sostenibilità ambientale, di transizione ecologica che emergono dal Paese;
  7. Ripensare l’evangelizzazione del sociale in un mondo agricolo-rurale che cambia e in un contesto in cui le figure dei presbiteri quali Consiglieri Ecclesiastici stanno sensibilmente diminuendo.
  8. Il precedente riferimento alla mission della nuova Coldiretti a servizio della società a tutto campo (impresa-famiglia, imprese sociali, sicurezza alimentare, alleanza con i consumatori, salute e ambiente…) deve divenire pilastro per la sensibilizzazione di un impegno etico pluriarticolato da parte di più soggetti orientati tutti allo sviluppo sostenibile ed inclusivo.

 

                                                + Mario Toso

[1]M. Toso, Dimensione sociale della fede. Sintesi aggiornata di Dottrina sociale della Chiesa, LAS, Roma 2021.

[2]Francesco, Evangelii gaudium, Libreira Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2013, n. 176.

[3]Non dimentichiamo, invece, che per papa Francesco il credente non ricava nessun vantaggio dal mettere tra parentesi o dal dimenticare la propria fede cristiana, i contenuti di fede. Metterebbe, piuttosto a rischio l’efficacia della sua comunicazione razionale (cf  M. Toso, Fratellanza o fraternità?Introduzione alla lettura dell’Enciclica «Fratelli tutti», Tipografia Faentina Editrice, Faenza 2021, p. 12.

[4]Con riferimento alla vocazione ecologica della famiglia rurale si rimanda a M. Toso, Ecologia integrale dopo il coronavirus, Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa, Roma 2020, specie il capitolo II intitolato La famiglia cristiana e l’ecologia integrale, pp. 87-124.