[apr 17] Omelia – Pasqua di Risurrezione

17-04-2022

Faenza, cattedrale 17 aprile 2022.

Come abbiamo ascoltato dagli Atti degli apostoli (cf At 10, 34°.37-43), i componenti della prima comunità dichiarano di essere stati testimoni della presenza di Cristo in mezzo a loro. Egli  ha beneficato e risanato tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con Lui. I discepoli affermano, in particolare, di essere stati testimoni anche della crocifissione di Cristo e che Dio lo ha risuscitato il terzo giorno. L’esperienza della risurrezione di Cristo trasforma gli apostoli da persone impaurite e timorose a testimoni coraggiosi. Diventano popolo, una comunione di persone nuove. Hanno la consapevolezza di dover compiere una missione nel mondo: annunciare e testimoniare la forza redentrice e trasfiguratrice dell’Amore di Cristo, morto e risorto. Iniziano così un cammino sinodale, simile a quello che stiamo percorrendo noi in questo periodo.

Ebbene, viviamo la Pasqua non come una semplice cerimonia di stagione, bensì come il rilancio del cammino sinodale, iniziato dopo la risurrezione di Gesù. La risurrezione di Cristo va rivissuta con stupore, ri-sperimentata dentro di noi, ri-alimentata ogni giorno. Va mostrata agli altri, irradiata con la propria condotta, va incarnata nel quotidiano, ventiquattro ore su ventiquattro.

«Se voi siete risuscitati insieme con Cristo – scrive san Paolo ai cristiani di Colossi – cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra» (Col 3, 1-2). «Le cose di lassù» non sono realtà che si trovano al di là dell’ultima galassia o al di là della storia dell’uomo, ma sono le «cose del Regno di Dio», le realtà più importanti, che durano sempre, e cioè la comunione con Dio, la sua vita in pienezza. Noi, dunque, che viviamo la Pasqua dobbiamo camminare insieme su questa terra con lo sguardo rivolto alle realtà che dureranno sempre e ci riempiranno di gioia. Queste cose saranno il nostro guadagno definitivo, la nostra paga per tutto quello che avremo fatto di buono.

Dopo la risurrezione di Cristo, noi siamo attesi in paradiso, nella città di Dio. In Cristo, che siede glorioso nei cieli, è, dunque, preparato per noi un approdo definitivo, di stabilizzazione nel bene e nella vita piena. La nostra vita non è destinata a finire in una tomba, in un pugno di cenere. Non è per il nulla. Siamo, invece, esseri per la vita, incamminati verso un futuro di pienezza. I credenti sanno che con-morti, con-sepolti, con-risorti in Cristo non vanno incontro ad un’esistenza diminuita ed indebolita, come quella delle ombre umane che vivono nell’Ade degli antichi. Vanno verso una vita potenziata, nella quale le loro facoltà di conoscenza e di amore sono accresciute dalla comunione con Dio, Sommo Bene, Verità e Bellezza supreme.

Proprio perché siamo pellegrini verso una dimora definitiva, la città di Dio, san Paolo, come già accennato, sollecita la comunità cristiana e tutti noi a guardare non alle cose passeggere, caduche, contingenti, bensì a quelle definitive, e quindi a volgere lo sguardo verso il futuro che è Dio stesso, il futuro più certo.

Se, dunque, grazie alla risurrezione, siamo destinati alla pienezza umana che abita in Cristo glorioso, se il bene da noi compiuto su questa terra viene ad essere stabilizzato da Cristo, vale la spesa soffrire per esso, vale la pena lottare perché sia vinto il male.  Nulla va perduto. Non è inutile combattere contro la corruzione e l’illegalità.  Non è inutile pregare per la pace e perché il cuore degli uomini sia liberato dal male che li atrofizza. Vale la spesa impegnarsi nell’accoglienza dei migranti e dei profughi, vale la spesa mobilitarsi affinché la politica sia un servizio al bene comune e non agli interessi particolari. Ogni fatica per sconfiggere le cause strutturali della povertà, delle guerre viene premiata. Ogni sacrificio è compensato. Nulla andrà perduto del bene che si riuscirà ad incarnare nelle istituzioni, comprese le istituzioni di pace di cui oggi abbiamo un estremo bisogno. Tutto ciò che di positivo viene fatto qui in terra sarà recuperato e conservato. La vittoria di Cristo sul male ci dà la certezza che noi possiamo sempre ancora sperare, anche se per la nostra vita singola o per il momento storico che stiamo vivendo non abbiamo molto da sperare. Solo la certezza che, nonostante tutti i fallimenti, la nostra vita personale e la storia nel suo insieme sono custodite dal potere indistruttibile dell’Amore di Cristo risorto  – e, grazie ad esso, hanno un senso e un’importanza -, solo una tale certezza può dare ancora il coraggio di operare e di proseguire sulla strada del dono, anche quando si è giunti allo stremo.

Poiché Cristo ha vinto il male e la morte, è possibile il bene, una nuova umanità, più fraterna e giusta. È possibile la pace. Dobbiamo, allora, non essere tristi, senza speranza. Per vivere nella gioia, dobbiamo, però, come sollecita a fare san Paolo, togliere da noi il «lievito vecchio», per essere pasta nuova. La risurrezione di Cristo – spiega sant’Agostino – si realizza in noi se viviamo bene, se muore la vita cattiva, e la vita nuova progredisce ogni giorno (cf Sermones 232, 8; PL 38, 1111-1112).

La risurrezione ha trasformato gli apostoli, facendoli passare dalla paura al coraggio, dal desiderio di nascondersi alla determinazione di esporsi, dall’atteggiamento della rinuncia a quello della proposta. Un simile cambiamento avvenga anche nelle nostre comunità, nelle nostre famiglie. Dobbiamo, allora, augurare una Buona Pasqua alle nostre comunità cristiane: ritrovino la freschezza e la gioia del primo annuncio della comunità primitiva, quando questa era appena un seme! Così, le nostre famiglie non abbiano la paura di testimoniare la ricchezza e la bellezza del loro amore, arricchito dall’amore totale e fedele di Cristo.

Auguriamo a tutti la vita nuova che è venuto a portarci il Signore Gesù celebrando la Pasqua da noi.

Buona Pasqua ai popoli in guerra.

Buona Pasqua ai nostri giovani, perché sappiano scorgere in Cristo l’umanità in pienezza, la sorgente della loro felicità, il principio architettonico di una pace solida.

Buona Pasqua al mondo della finanza, perché sappia ritornare a svolger più pienamente la sua funzione, e cioè ad offrire un credito sicuro alle famiglie, alle imprese, ai giovani e alle donne che intendono aprire una nuova attività imprenditoriale, in un periodo in cui occorre ripensare l’attività economica e le relazioni commerciali.

Buona Pasqua all’economia reale: sia amica delle persone, sia un’economia onesta e non un’economia che sfrutta. Sappia vincere la tentazione di scivolare verso gli affari facili, verso la illegalità, verso l’idolatria del profitto a breve termine.

Buona Pasqua alla politica, perché sia fedele al compito di servire il bene comune e sia capace di aiutare la gente a riappropriarsi della democrazia, varando soprattutto politiche attive del lavoro, antidoto alla povertà e titolo di partecipazione, politiche per la sicurezza del lavoro.

Buona Pasqua al mondo del volontariato, della cooperazione:  trovino nuove forme di iniziativa per combattere, come ha chiesto papa Francesco, la tratta delle persone, per portare la cooperazione sulle nuove frontiere del cambiamento d’epoca.

Buona Pasqua alla cultura e all’educazione: siano in grado di smantellare quell’individualismo libertario che distrugge lo Stato di diritto e pone le premesse per svuotare la libertà, riducendola a libertà che non si prende cura dell’altro, ossia a  libertà slegata dalla verità e dal bene altrui, troppo insufficiente per costituire una nuova Europa fondata sulla solidarietà.

Buona Pasqua al mondo intero, all’Europa incapace di darsi alti ideali, chiamata, dagli eventi storici, a perseguire l’unità non solo economica ma soprattutto politica.

Cristo risorto apra a tutti la via della libertà, della giustizia e della pace. La sua luce vinca le tenebre dell’odio e della violenza.

Cristo risorto, presente nell’Eucaristia, ci porti verso nuovi cieli e terra nuova, verso una pace giusta. Pur consapevoli della vittoria finale, viviamo in un mondo ferito. L’Eucaristia sia per noi viatico, pane che ci sostiene nel risanarlo, nel renderlo migliore. Partecipiamo al sacrificio di Gesù diventando più fraterni e giusti.

 

                                                                             + Mario Toso