[apr 16] Intervento – 300 anni della chiesa di Sant’Antonino

16-04-2023

Buon pomeriggio,

prima di tutto saluto e ringrazio gli organizzatori e i relatori di questo importante evento che vuole ricordare i 300 anni della costruzione della chiesa di S. Antonino. L’edificio fu edificato a partire dal 1721 su un preesistente insediamento religioso abitato fin dal 1348. Sono, quindi, molti secoli che in questi luoghi una comunità religiosa e di fedeli crede, prega e spera.

Nell’iniziare questo mio breve saluto approfitto dell’occasione per comunicarvi di persona le nomine che ho ufficialmente annunciato durante la messa crismale del Giovedì santo. Come già sapete, nel prossimo mese di settembre il Rev.do Don Marco Ferrini lascerà questa parrocchia di S. Antonio dopo circa 15 anni di ministero per assumere la guida delle parrocchie di Brisighella, di S. Rufillo, di Fognano e di Pieve Tho’.

A Don Marco Ferrini succederanno i Rev.di Don Massimo Geminiani e Don Andrea Rigoni in qualità di parroci in solido.

L’avvicendamento del parroco costituisce sempre l’occasione di una rinnovata disponibilità alla volontà del Signore, sia per il presbitero che per le comunità ecclesiali coinvolte. Sono certo che saprete vivere con gioia e con impegno questo cambiamento che rende possibile la crescita di appartenenza alla Chiesa diocesana, che si riconosce una e unita nel Vescovo, così come la solidarietà e la fraternità tra le diverse comunità che la costituiscono.

Gli autorevoli relatori che mi seguiranno lumeggeranno i più significativi aspetti storici, artistici, architettonici della chiesa parrocchiale, a partire dalla figura di S. Antonino a cui l’edificio chiesastico è dedicato.

Io desidero partire da una frase che il vostro parroco don Marco Ferrini ha scritto nell’articolo di presentazione di questo incontro. “La celebrazione degli anniversari – dice don Marco – ha senso nella misura in cui la conoscenza passato ci aiuta a tener vivo il presente, quindi a immaginare un futuro. In questo caso, parliamo di una comunità di fede che ha bisogno di ritrovare sé stessa, in un tempo decisamente votato alla dispersione e che spesso non fa conto delle cose preziose che ha”.

È proprio così: la conoscenza del passato non deve essere solo uno sforzo di erudizione, ma uno stimolo per comprendere il presente e per costruire il futuro, senza perdere di vista gli elementi sostanziali del nostro essere Chiesa in un tempo di forti cambiamenti.

Non a caso, nel luglio 2020 è uscita l’Istruzione, pro­mulgata dalla Congregazione per il Clero e intitolata La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa. Tale Istruzione ci aiuta a realizzare i contenuti della Lettera pastorale del Vescovo Voi siete la luce del Mondo (2018-2019) specie nella parte, in cui si parla della riorganizzazione ter­ritoriale delle parrocchie, che sono chiamate a ricer­care nuove opportunità di evangelizzazione.

 

Infatti, l’Istruzione, come scrivevo nel Sussidio pastorale per l’anno 2020-2021 intitolato Nuova evangelizzazione: luoghi pastorali, sollecita le comunità parrocchia­li, a fronte dei notevoli cambiamenti sociali e cul­turali degli ultimi decenni, a ripensarsi sulla base di una conversione pastorale in senso missionario.

Proprio per meglio portare il Vangelo vicino al Popo­lo, che vive nelle mutate circostanze, la parrocchia è chiamata a realizzare una nuova esperienza comuni­taria, a ripensare il ministero e la missione dei sacer­doti, dei diaconi, dei fedeli laici, dei religiosi, delle associazioni e dei movimenti. Tale compito non costituisce un peso da subire, ma una sfida da acco­gliere con entusiasmo, per essere una comunità evangelizzatrice, che possiede come criterio guida per il rinnovamento la missione.

Dunque, se da una parte è importante occuparsi e preoccuparsi della costruzione materiale della chiesa e delle sue strutture, dall’altra il nostro impegno prioritario deve essere finalizzato alla costruzione di pietre vive, quelle persone che sono al centro della nostra azione pastorale.

Un riflesso di tale evidenza teologica si coglie già nella definizione di “parrocchia” del Codice di Diritto Canonico (can. 515, § 1) nella quale essa è presentata innanzitutto come «una determinata comunità di fedeli», costituita da più persone – pre­sbiteri, diaconi, consacrati, laici, associazioni, fa­miglie – che partecipano in vario modo all’esercizio della cura pastorale, affidata al parroco come pastore proprio della stessa comunità. Detto altrimenti, nella Chiesa c’è posto per tutti e tutti possono trovare il loro posto nell’unica famiglia di Dio, nel rispetto della vocazione di ciascuno, cercando di valorizzare ogni carisma.

 

La Chiesa non si identifica con la sola gerarchia. Coincide con la comunità intera. Ed è costituita come Popolo di Dio, soggetto intero della missione. Il fatto che il Popolo di Dio «ha per condizione la dignità e la libertà dei figli di Dio, nel cuore dei quali dimora lo Spirito Santo come in un tempio», pone ogni battezzato, in virtù del dono dello Spirito San­to e dei carismi ricevuti, quale protagonista attivo dell’evangelizzazione, nello stile e nelle modalità di una comunione organica ed ordinata, caratterizzata dalla corresponsabilità e non solo dalla responsabilità.

La riflessione e il rinnovamento delle nostre comunità ecclesiali potrà trovare nuova linfa anche dalla Visita pastorale che ho annunciato e che inizierà a partire dalla prossima Solennità di tutti i Santi dall’Unità pastorale delle Alfonsine.

La Visita pastorale è una delle forme, collaudate dall’esperienza dei secoli, con cui il Vescovo mantiene contatti personali con il clero e con gli altri membri del Popolo di Dio. È occasione per ravvivare le energie degli operai evangelici, lodarli, incoraggiarli e consolarli. È anche l’occasione per richiamare tutti i fedeli al rinnovamento della propria vita cristiana e ad un’azione apostolica più intensa. Inoltre, la Visita consente al Vescovo di valutare l’efficienza delle strutture e degli strumenti destinati al servizio pastorale, rendendosi conto delle circostanze e delle difficoltà del lavoro di evangelizzazione, per poter determinare meglio le priorità e i mezzi della pastorale organica.

La Visita pastorale è, pertanto, un’azione apostolica che il Vescovo deve compiere animato da carità pastorale che lo manifesta concretamente quale principio e fondamento visibile dell’unità nella Chiesa particolare (679). Per le comunità e le istituzioni che la ricevono, la Visita è un evento di grazia che riflette in qualche misura quella specialissima Visita con la quale il “supremo pastore” (1 Pt 5, 4) e guardiano delle nostre anime (cf 1 Pt 2, 25), Gesù Cristo, ha visitato e redento il suo popolo (cf Lc 1, 68) (cf Direttorio dei vescovi, 2004, n. 220).

La Visita pastorale del Vescovo è volta ad incontrare le varie comunità e i vari soggetti ecclesiali per confermarli nella fede, per renderli più capaci di incarnare il Vangelo nella storia e di costruire il Regno di Dio. Costituirà l’occasione per riconoscere tutto il bene presente nelle nostre parrocchie e per guardare al futuro dell’evangelizzazione nel nostro territorio.

È con questo spirito che saluto tutti gli intervenuti nell’avviare i lavori di questo convegno.

 

                                                                                                  + Mario Toso