[apr 05] Omelia – Domenica delle palme

Faenza, cattedrale 5 aprile 2020
05-04-2020

Oggi celebriamo la domenica delle palme attenendoci alle disposizioni date dalle autorità civili e religiose. Ciò che è importante ed essenziale, anche se qui in cattedrale non c’è la presenza fisica della comunità, è che tutti ci disponiamo a partecipare, aiutati dalle riprese televisive, con più intensità spirituale alla Passione di Gesù.

Il credente è discepolo di Cristo. È colui che, come afferma san Paolo, vive la vita stessa del Figlio di Dio, compresa la sua Passione. Per noi, persone viventi in comunione con Lui, sarebbe innaturale non seguirlo, sia nel momento festoso della sua entrata a Gerusalemme sia nella sua Passione. Siamo chiamati ad essere suoi discepoli con la più completa adesione della mente e del cuore. Seguendo la narrazione della sua Passione, abbiamo cercato di cogliere e di fare nostri i suoi sentimenti, la sua disposizione d’animo, le sue scelte. Solo così riusciremo a condividerne l’impegno nello sconfiggere il peccato, nel fare nostra la volontà del Padre: «non come voglio io, ma come vuoi tu», ebbe a dire (Mt 26, 14-27,66); nel realizzare, per tutti gli uomini, l’unità, ovvero la loro riconciliazione e la comunione con Dio, mediante un animo obbediente fino alla morte, alla morte di croce (cf Fil 2,6-11). Solo se liberamente e con amore facciamo nostra la passione di Gesù e ci pentiamo di esserci allontanati dal progetto di Dio, i nostri peccati saranno perdonati. Solo se ci opporremo al male che c’è in noi, nelle nostre famiglie, nella società, diventeremo umanità nuova, come è quella di Gesù.

Qual è, però, la condizione essenziale per realizzare tutto ciò? Tutto dipende dall’uso che facciamo della nostra libertà. Essa è un grande dono fattoci da Dio, spesso frainteso, pensato come la possibilità di fare tutto ciò che si vuole, senza limiti. Come abbiamo sentito, Gesù, invece, a fronte di una missione universale – quella di ricondurre ogni uomo all’intimità con Dio, di fare dei dispersi un’unità -, nell’orto degli ulivi, recita il Padre nostro, chiede di fare la volontà del Padre, domanda di realizzare il suo disegno. Non pensa di fare della sua libertà quel che vuole, rifiutando di obbedire al Padre.

Meditando sulla passione di Cristo, comprendiamo che Egli sceglie di non tirarsi indietro e, quindi: di non usare la violenza (cf Mt 26,52); di non strumentalizzare Dio (cf Mt 26, 53), di non scendere dalla croce, di non cedere all’ultima tentazione. Gesù, a fronte del grande compito affidatogli – porre in essere una nuova creazione – non si rifiuta. Si offre: con amore, con pieno senso di responsabilità e del dovere. La libertà di Cristo non è una libertà per il culto del proprio io. È per la comunione piena con Dio: in questo sta l’identità della personalità di Cristo. È per il bene, per il dono incondizionato di sé, per far nuove tutte le cose. Che cosa, in definitiva, muove Gesù nell’abbracciare la sua Passione? È proprio l’amore per il Padre e per l’umanità che fa nascere in Lui il desiderio di darsi totalmente, incondizionatamente, in vista della trasfigurazione del mondo.

Un aiuto a comprendere il grande gesto di Gesù – Egli non fugge, anzi si offre, abbiamo detto – ce lo stanno dando i medici, gli infermieri, i volontari, tutti coloro che con la loro azione generosa lottano contro il coronavirus, per salvare vite. Non è retorica: è la pura realtà. In questi giorni siamo profondamente colpiti e commossi dal loro alto senso del dono, dal loro coraggio, che mette a repentaglio la loro stessa vita. A fronte dell’epidemia, parecchi medici già in pensione, sono rientrati in servizio con slancio, in un momento di emergenza del proprio Paese, per amore degli altri, per senso di dovere. Se un grave pericolo colpisce i propri simili, la propria nazione, è un dovere – così alcuni hanno spiegato la loro scelta a chi li intervistava – non rimanere a casa. Bisogna andare, in certo modo, al fronte, per combattere contro il nemico che ti vuole invadere ed uccidere. È bene ripeterlo: non è retorica.

Penso che tutto ciò ci abbia commosso, ci abbia toccato dentro; ci abbia fatto provare un giusto orgoglio nel far parte di un popolo in cui non pochi cittadini, credenti o no, hanno reagito così. Il desiderio del bene non è spento nell’animo umano. In una società che spesso abitua all’individualismo, al ripiegamento su di sé, il senso di una missione per il bene altrui e della comunità non è scomparso. In una situazione di emergenza diventa più chiaro che, nel nostro intimo, desideriamo di farci dono per l’altro, per Dio. Siamo, ultimamente, fatti così, ad immagine di Dio comunione d’amore. Ebbene: Gesù, nella sua passione, che oggi abbiamo sentito annunciare, non ha agito in maniera differente. A fronte dell’urgenza di liberare l’umanità dal peccato, dalla distruzione morale e spirituale, si vota, anima e corpo, ad una lotta senza risparmio di sé, con coraggio, come Figlio di Dio. Gesù, come ci ha spiegato san Paolo, svuota se stesso, assume la condizione di servo, di chi non si appartiene, e diventa simile agli uomini (cf Fil 2, 6-11), per farli diventare come Lui, persone che riescono a compiere la volontà del Padre. Gesù, proprio perché è una passione d’amore, affronta una battaglia drammatica, che lo vede, in un primo momento, soccombere. Cade più volte sotto il peso della croce e finisce, crocifisso, nel buio della morte. Ma il Padre lo risorgerà.

Cari fratelli e sorelle, accingiamoci a vivere la Settimana Santa facendo nostre le scelte radicali di Gesù, con libertà ed amore. Uniamoci alla sua prodigiosa battaglia contro il peccato, il male, l’ingiustizia, la divisione, la codardia umana. Uniti a Lui parteciperemo all’inaugurazione di una nuova creazione. Diventeremo, come Lui, con Lui, tutti insieme – non poche volte in questi giorni abbiamo sentito dire che tutti insieme ce la faremo -, costruttori di un mondo più libero, fraterno, solidale, giusto e pacifico, luogo di crescita integrale per tutti, di vera civiltà. Il Signore, protagonista di un amore indomito, ci aiuti.

+ Mario Toso