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Monsignor Toso e l’attualità della “Pacem in Terris”

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Era l’11 aprile del 1963 quando Papa Giovanni XXIII promulgava l’enciclica Pacem in Terris, un documento dalla portata dirompente nel clima di tensione della Guerra Fredda e della logica dei blocchi, e non solo perché era rivolto ai credenti, ma anche perché chiamava in causa tutti gli uomini di buona volontà. Pochi anni prima, l’azione del Pontefice aveva contribuito a stemperare le posizioni contrapposte degli statunitensi e dei sovietici, apparentemente senza via di fuga, durante la crisi dei missili di Cuba. Si era trattato di una conferma della duttilità dell’azione diplomatica della Chiesa cattolica capace di intrecciare realismo e profezia.

All’alba del sessantesimo anniversario da quella data, lo stato della politica a livello nazionale e internazionale sembra la dimostrazione che quelle parole siano cadute nel vuoto, almeno apparentemente. Dal febbraio 2022 la guerra è ritornata in Europa, dilaniando una nuova generazione dopo quelle lacerate dai conflitti dei Balcani degli anni ’90. L’Africa subsahariana è in ebollizione, frantumata tra guerre civili ed etniche, colpi di Stato e corruzione che alimentano migrazioni di dimensioni epocali verso il nord del mondo. Da poco più di una settimana anche sul Medio Oriente troneggia un ennesimo punto interrogativo, lo scenario incognito che può dipanare dalla guerra tra Israele e Hamas. E questo per limitarci solo ad alcune crisi che ci riguardano più da vicino, in termini di distanza, perché si tratta di conflitti che circondano il Vecchio Continente in un perimetro di instabilità e violenza. D’altro canto, le nostre società democratiche sono in affanno, svuotate dal punto di vista dei valori, della visione di un futuro, e prive di prospettive in quanto in stagnazione demografica.

Per parlare di questo scenario alla luce del magistero sociale della Chiesa e di quello roncalliano, in Università Cattolica del Sacro Cuore abbiamo organizzato un ciclo di lezioni aperte intitolato Il dono della Pace. Si è trattato di una serie di incontri promosso dal Centro di Ateneo per la Dottrina Sociale della Chiesa, che tra le altre cose cura la rivista Dizionario di Dottrina Sociale della Chiesa. Le cose nuove del XXI secolo. Le lezioni hanno coinvolto tutte le sedi dell’Università, e si sono svolte tra Milano, Brescia, Piacenza, Cremona e Roma dal 2 al 12 ottobre. Studiosi, operatori ed esperti hanno riflettuto sul lascito dell’enciclica e al tempo stesso hanno contribuito al dialogo tra il Magistero sociale e il mondo universitario, fatto di studenti e docenti che anche attraverso lo studio e l’insegnamento continuano a interrogarsi sulle questioni fondamentali dell’agire cristiano nel nostro tempo presente.

A chiusura del ciclo, quale professore di Storia delle relazioni internazionali, ho voluto invitare il Vescovo Monsignor Mario Toso, una personalità d’eccezione, che nel corso della propria vita ha saputo coniugare l’attività accademica e quella di pastore, raccordandole con competenza, teorica e pratica, nel focus della Dottrina Sociale della Chiesa. La sua lunga esperienza nel Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace, di cui, come noto, è stato anche Segretario tra il 2009 e il 2015, era senza dubbio una garanzia per guidare gli studenti in una lectio intitolata L’attualità della Pacem in terris.

La lezione di Monsignor Toso è stata preceduta da un discorso di Kiril Kartaloff, uno storico della Cattolica che proviene dalla Bulgaria ed è esperto di diplomazia della Santa Sede e studioso di Angelo Roncalli ai tempi della sua esperienza di Visitatore Apostolico a Sofia. Kartaloff ha inquadrato l’enciclica di Papa Giovanni XXIII nel contesto delle relazioni internazionali dell’epoca e l’ha inserita nel solco della vera e propria pastorale diplomatica roncalliana. Si è trattato di temi che Mons. Toso ha poi approfondito, in una lezione ad ampissimo raggio, che ha spaziato dalla filosofia (disciplina, tra l’altro, in cui si è laureato proprio in Cattolica), alla teologia, passando per la storia contemporanea, delle istituzioni e la politologia. Tra le altre cose il Vescovo ha ripercorso le radici culturali dell’enciclica giovannea, il clima intellettuale che l’ha prodotta, fermandosi in particolare sulla figura del cardinale Pietro Pavan uno dei principali responsabili della redazione del testo, collocando l’insegnamento nel processo di sviluppo della Dottrina Sociale della Chiesa. In un intervento a tutto campo, che ha modulato gli aspetti più teoretici con puntuali riferimenti al contesto internazionale emerso dalla crisi pandemica del 2020 e allo scenario di crisi politica nazionale, Monsignor Toso ha evidenziato, alla luce della Pacem in Terris e di tutto il magistero sociale cattolico, la centralità del nesso tra un ordine internazionale più giusto e un ordinamento democratico funzionante. Da questo punto di vista, appare chiaro che il lento cammino per la pace e per una governance globale effettiva, passi attraverso la costruzione di una nuova legittimità internazionale, democratica, in quanto centrata sull’azione di istituzioni internazionali solide e riformate, come le Nazioni Unite, e sulla rafforzata presenza di democrazie integrali, ovvero democrazie che sappiano garantire e promuovere l’interezza dei diritti della persona, coniugandoli però con i doveri. Non si dà vera libertà senza l’esercizio della responsabilità. Nella tensione dell’equilibrio tra questi due poli si colloca la buona politica.

Dalla lezione è emersa la necessità di un rinnovato impegno nella società dei cattolici, e dei giovani cattolici in primis. Si è trattato di un invito particolarmente consono alla missione di un’Università come la Cattolica, che nonostante le grandi trasformazioni nell’ambito dell’istruzione, intende mantenersi fedele alla propria natura di Ateneo popolare che ambisce a formare la futura classe dirigente. Nella lezione di Mons. Toso traspare la fiducia che, all’interno di processi apparentemente inarrestabili, tali da sfociare in scenari preoccupanti, l’azione degli uomini di buona volontà – e ovviamente soprattutto dei credenti – abbia ancora spazio e potenzialità di incidere per il cambiamento, per il miglioramento, e per la pace.

Farà senz’altro piacere ai suoi fedeli diocesani sapere che il Vescovo ha iniziato il suo intervento con un ricordo toccante dell’alluvione in Romagna dello scorso maggio, e in particolare dei disastri vissuti a Faenza. Nel parlare di questa vicenda, di cui la vostra comunità sta ancora vivendo le conseguenze anche a causa di lungaggini burocratiche che non facilitano la ricostruzione, la mestizia del ricordo per quanto accaduto è stata però venata di speranza per il futuro delle vostre comunità, specialmente quando ha parlato della grande forza dimostrata dai giovani. Proprio quei giovani che spesso sono sottovalutati o screditati, ma che invece in quella tragedia hanno dimostrato grande slancio, attivismo e solidarietà. Mi sento di dire che, a sessant’anni dalla Pacem in Terris, lo spirito dell’enciclica viva e operi anche attraverso di loro; a noi adulti l’arduo ma appagante compito di guidarli.

 

Mireno Berrettini


La dimensione sociale della fede: il vescovo Mario a Ferrara incontra la sezione locale Ucid

toso ucid

“La dimensione sociale della fede” è stato il tema dell’intervento svolto dal Vescovo Mons. Mario Toso alla conferenza promossa a Ferrara dall’Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio e dalla locazione sezione dell’Ucid-Unione cattolica imprenditori e dirigenti. La conferenza si è conclusa con l’intervento dell’Arcivescovo di Ferrara-Comacchio Gian Carlo Perego. La conferenza si è svolta all’interno del ciclo di incontri “Nuovo umanesimo politico ed economico. Sostenibilità integrata e dignità della persona”.

L’intervento di Mons. Toso è stato incentrato sull’impresa e l’imprenditore alla luce della Dottrina sociale della fede. Moltissimi i temi affrontati. “Il lavoro ha conosciuto una ripresa in termini di occupazione, ma conosce ancora molta sofferenza circa la sua qualità. Lo segnala il fenomeno del working poor: non è garantito, come in passato, a chi lavora di sentirsi al sicuro fuori dalla soglia di povertà. Incidono la precarietà dei contratti, l’incapacità di adeguamento degli stipendi al costo della vita, lo sfruttamento e la diffusione del lavoro nero. Sono tutti fattori che destano preoccupazione. Anche il fenomeno delle dimissioni dal lavoro, soprattutto nei giovani, fa riflettere. Ugualmente fa riflettere il problema della sicurezza nei cantieri del lavoro, come anche la carenza, a fronte di commesse, di personale preparato”. Soffermandosi sulla Caritas in veritate di Benedetto XVI il Vescovo Toso ha evidenziato che “la sfera economica non è né eticamente neutrale né di sua natura disumana ed antisociale. Detto altrimenti, l’economia realizza pienamente i propri obiettivi ed è ministeriale alla crescita umana integrale, quando si attenga alla propria identità personalista, comunitaria e trascendente, che le appartiene in ragione della sua essenza antropologica ed etica. La rivoluzione morale e strutturale nei sistemi economici e finanziari si verifica solo se essi vengono animati da umanesimi e da culture che incarnano una tale visione dell’economia”.

Inoltre Benedetto XVI “legge l’attività economica, il mercato e le imprese secondo la prospettiva di una fraternità, specificata dal principio di gratuità e dalla logica del dono. In tal modo Benedetto XVI anticipa la Fratelli tutti di papa Francesco”. Economia e bene comune, primato della politica e la globalizzazione del libero mercato, l’impegno della formazione professionale ed etica sono gli altri temi affrontati. Il Vescovo ha, poi, analizzato l’imprenditore e l’impresa alla luce della Laudato si’ di papa Francesco parlando di tecnoscienza, di impresa agricola e manipolazione genetica, illegalità e finanza globale, di nuovi modelli imprenditoriali in grado di creare un lavoro dignitoso per tutti, e anche di sostenere e consolidare i diritti sociali e proteggere l’ambiente e di sicurezza.

Il Vescovo Toso ha, infine, parlato della spiritualità cristiana per l’imprenditore. “Il magistero di papa Francesco, allorché affronta il tema del lavoro, muove dall’esperienza dell’evento della morte e risurrezione di Gesù Cristo e dalla missione della Chiesa che è inviata ad annunciare e a testimoniare al mondo il «Vangelo del lavoro»”. Quindi, “il credente è chiamato a vivere il lavoro secondo la vita nuova che Cristo ha conquistato per ogni persona salendo sulla croce e realizzando una umanità in piena comunione con Dio”. Dunque, “la Chiesa, costituita comunità missionaria della salvezza trasfigurante realizzata da Cristo, ha il compito di sviluppare l’evangelizzazione del lavoro, nel contesto dell’evangelizzazione del sociale. Questa è compito della comunità ecclesiale, e di ogni sua componente perché sono costituiti da Cristo stesso come annunciatori e testimoni della sua salvezza integrale, ossia di una salvezza che raggiunge ogni attività umana, compreso il lavoro”.


Verso le elezioni europee: il 12 ottobre nuovo incontro della Scuola di formazione all’impegno sociale e politico

Giovedì 12 ottobre dalle 18 alle 20, nella sala S. Pier Damiani del Seminario, in Viale Stradone 10, si svolgerà il terzo incontro di approfondimento organizzato dalla Scuola di formazione all’impegno sociale e politico della Pastorale sociale della Diocesi. Lo scopo dell’iniziativa è la formazione e la creazione di un pensiero condiviso su temi importanti quali la partecipazione alla democrazia della nostra città e del nostro paese, lo spazio dei giovani nella politica di oggi, le future elezioni europee e amministrative e l’argomento di questo terzo appuntamento sarà Elezioni: come si decidono i rappresentanti?

Il relatore Andrea Piazza aiuterà i partecipanti ad entrare nel mondo delle istituzioni europee, degli organismi che i cittadini sono chiamati ad eleggere, aiutandoli ad orientarsi nella differente configurazione delle coalizioni candidate alle prossime elezioni di giugno 2024.
Andrea Piazza è dipendente dell’Unione della Romagna Faentina presso il Servizio affari istituzionali; ha studiato scienza dell’amministrazione e studi amministrativi all’Università di Bologna e valutazioni delle politiche pubbliche all’Università di Padova.

Info e iscrizioni: pastoralesociale@diocesifaenza.it; contributo iscrizione 20 euro.


Calciotto: una grande festa di sport. Vincono Cappuccini (torneo maschile) e Pieve Cesato (torneo femminile)

calciotto vincitori 2023

Si è conclusa la terza edizione del Torneo di Calciotto la scorsa domenica 1 ottobre, con una serata di calcio e di festa al Paradiso. Per la categoria maschile trionfano per il secondo anno consecutivo i Cappuccini che vincono la finale 6-3 contro Errano. Doppietta di Nicola Visani che porta ai Cappuccini anche il premio di miglior giocatore del torneo. Terzo posto a tavolino alla squadra dei Preti che al posto della finale per terzo e quarto posto ha giocato un’amichevole contro Sant’Agostino 1 che si è resa disponibile a giocare dopo la defezione di Villa San Martino, la quarta finalista. Per questo gesto di sportività il premio Fair Play è andato proprio ai ragazzi di Sant’Agostino. A Errano va il premio per il miglior difensore del torneo, vinto da Riccardo Donati. Miglior portiere Juxhens Lika (Oratorio Cittadino).Tra le ragazze invece il primo posto è di Pieve Cesato che batte 1-0 il Paradiso. Premio Fair Play alla terza componente del torneo, AcPicchia. Miglior giocatrice Chiara Calderoni (Pieve Cesato), in difesa premiata Beatrice Bentini (Paradiso), in porta Virginia Lodi (AcPicchia).

La squadra femminile di Pieve Cesato

Una serata di sport e di festa

Oltre duecento persone hanno partecipato alla serata delle finali, ma il pubblico è sempre stato numeroso anche durante le partite che sisono giocate al Paradiso e a San Giuseppe, soprattutto quelle del torneo femminile.«Questo ci fa molto piacere – dice Giosuè Calderoni, dello staff organizzativo – perchè lo scopo principale del Calciotto è proprio quello di rendere protagoniste le parrocchie». Non solo sport, ma anche testimonianza. Anche quest’anno infatti in occasione della finale c’è stato un momento di dialogo e di incontro con due sportivi locali, la pallavolista Valentina Vecchi e il runner Christian Reali che hanno poi premiato, insieme all’assessore allo Sport Martina Laghi, i vincitori di questa edizione.v«Molto fiduciosi che l’anno prossimo possano crescere ancora i numeri delle squadre iscritte al torneo. Per i ragazzi abbiamo visto una crescita da 8 a 9 squadre e anche nel torneo femminile siamo passati da due a tre squadre – continua Giosuè – In futuro vorremmo anche ampliare lo staff per migliorare ancora l’organizzazione dell’evento»


Studi e riflessioni dal 37° convegno di Ravennatensia a Faenza. L’analisi dei movimenti religiosi femminili tra XIV e XVI sec.

Una due giorni per approfondire il tema dei Movimenti religiosi femminili pretridentini nel territorio di Ravennatensia (sec. XIV – XVI). È stato questo il titolo del 37esimo convegno di Ravennatensia che si sta svolgendo in Seminario a Faenza dal 29 al 30 settembre. L’associazione, sorta nel 1966, tiene ogni due anni un convegno di studi nelle diverse città che un tempo costituivano l’antica Provincia ecclesiastica ravennate. L’evento ha il patrocinio della Diocesi di Faenza-Modigliana e del Seminario vescovile di Faenza. Tra i prestigiosi relatori chiamati a partecipare figurano la professoressa Gabriella Zarri e il presidente di Ravennatensia, monsignor Maurizio Tagliaferri.

Il vescovo mons. Mario Toso: “Esperienze religiose che hanno contribuito all’Umanesimo trascendente”

Ad aprire il convengo, i saluti del vescovo della Diocesi, monsignor Mario Toso. “Il tema che avete scelto è di grande interesse e attualità – ha sottolineato monsignor Toso -. Possiamo dire che negli ultimi quaranta/cinquant’anni si è affermata una disciplina specifica: gli Women’s Studies, che hanno di fatto portato alla luce e valorizzato l’apporto delle donne nei diversi aspetti della cultura, dell’arte, del lavoro e della politica. Proprio gli studi storici – sosteneva la stessa Gabriella Zarri qualche anno fa – hanno dimostrato che la religione è stata per molti secoli il luogo privilegiato in cui le donne hanno potuto realizzare sé stesse e mostrare le proprie capacità culturali, organizzative, sociali, dando un contributo originale al pensiero teologico e spirituale delle chiese cristiane e alla convivenza umana e sociale. In tal modo, hanno contribuito, con la loro vita protesa alla trasfigurazione dell’umano e al dono di sé stesse, a strutturare quell’Umanesimo trascendente di cui il creato e il mondo odierno hanno un estremo bisogno”. “La conoscenza della storia e delle sue grandi linee – conclude il vescovo Toso – non si può attingere se non per mezzo di indagini accurate e appassionate, alla ricerca delle trasfigurazioni, ben situate nel tempo e nello spazio, provocate dall’incarnazione del Verbo. Ciò risulta ancor più reale quando si tratta di storia religiosa e di vita ecclesiale”.

Mons. Tagliaferri: “Una storia delle donne, portata nell’ambito della storia religiosa”

Come specificato da monsignor Maurizio Tagliaferri questo convegno: “presenterà alcuni studi che costituiscono un campione significativo delle esperienze religiose femminili germogliate nella nostra regione nei secoli XIV e XVI fino al Concilio di Trento escluso. In pratica una storia delle donne, portata nell’ambito della storia religiosa, con ricerche condotte sulle donne sante o presunte tali, con indagini sul monachesimo e altre forme di vita religiosa”. Ed è a partire da queste linee guida che si sono dipanati gli interventi del convengo.

La prolusione della professoressa Zarri

Il titolo del convegno, ha ricordato, Zarri, “evoca il testo fondativo di Herbert Grundmann nella religiosità dei secoli XII e XIII, religiosità che esprime un’aspirazione alla vita evangelica, perseguita nella povertà e nella penitenza, con la propensione a riunirsi in gruppo per realizzare una condivisione del lavoro e dei beni. E’ in questo humus culturale e spirituale che si sviluppa quel movimento penitenziale a larga partecipazione femminile che, collegandosi ai nuovi ordini mendicanti, darà vita ai terzi ordini secolari e regolari. Il movimento penitenziale è in questi secoli la forma espressiva più consona per rispendere a quel desiderio di servire Dio”. “Gli studi attuali sui movimenti religiosi femminili – prosegue la prolusione della Zarri -, oltre a proporsi di far emergere la ricchezza di istituzioni, tradizionali o nuove, sorte nelle diverse regioni italiane o europee, hanno riproposto la necessità di analizzare questi movimenti in modo comparativo e di riapprofondire in particolare il rapporto Nord-Sud Europa. “Nella nostra area regionale e nell’area padana – specifica la professoressa – il movimento religioso femminile assume caratteri peculiari. Prevale il persistere di una spiritualità laicale che si manifesta nell’opzione di una vita di preghiera, lavoro e servizio a fratelli. Molte sono le donne che si accostano a un ordine mendicante professando privatamente i voti e assumendo l’abito di terziarie. Alcune di queste vivono in case proprie o di benefattori, singolarmente o in piccoli gruppi e compiono i loro esercizi di pietà nelle chiese vicine. Altre costituiscono comunità più estese fondando conventi aperti e adottando successivamente una regola. Altre ancora mantengono il loro status di maritata o vedova, trasformando le loro case in chiese domestiche”.

Sant’Umiltà da Faenza: punto di partenza per la riflessione

Santa Umiltà porta i mattoni per costruire il monastero
Al centro degli studi non poteva che esserci anche un approfondimento su Rosanese Negusanti, meglio nota come Umiltà da Faenza. Nata nel 1226 e morta nel 1310, la sua vita è stata analizzata nel convengo dal prof. Enrico Fusaroli C

8xmille: valorizzare la cultura per sostenere il territorio. Don Mariano: “Cultura e carità vanno a braccetto”

Valorizzare la cultura per sostenere il territorio. Per sapere l’importanza che hanno i fondi Cei in ambito culturale e caritativo abbiamo intervistato don Mariano Faccani Pignatelli (direttore Ufficio Beni culturali e Arte sacra).

Intervista a don Mariano Faccani Pignatelli

Don Mariano, come sono utilizzati i fondi 8xmille nell’ambito culturale della Chiesa italiana?

L’8xmille ha lo scopo di sostenere la Chiesa italiana nelle sue necessità. Tra queste gli interventi a sostegno della cultura che transitano attraverso i vari ambiti dell’azione nelle varie sfaccettature. Per quanto riguarda il mio Ufficio Beni culturali e Arte sacra, il capitolo più grosso riguarda il sostegno economico agli edifici di culto e di uso strettamente pastorale come canoniche e aule di catechesi. Tenendo conto che moltissimi degli edifici in cui operiamo hanno senza dubbio più di 70 anni è chiaro che l’8xmille sostiene anche e aiuta la ristrutturazione di monumenti e chiese, non come spese ordinarie ma interventi strutturali importanti. In questo senso molti dei nostri edifici sono cultura e possono fare cultura con la loro bellezza, a volte anche semplice, ma che fanno la vita di un popolo. Esistono poi anche alcuni contributi che vanno al Museo diocesano, archivi e biblioteche: non sono di grande peso economico, ma permettono di sviluppare dei programmi di tutela e valorizzazione nel corso degli anni.

In particolare nella nostra diocesi?

Tra le politiche recenti vorrei citare una mostra a S. Maria dell’Angelo in cui abbiamo esposto diverse opere d’arte restaurate con l’8xmille. Ovviamente se i fondi 8xmille crescessero, gli stanziamenti Cei potrebbero aumentare o quanto meno non diminuire e aiutare il settore del restauro. Le opere esposte non erano solo dipinti, ma anche oggetti di culto e antichi manoscritti e su questo ultimo capitolo vorrei sottolineare che si tratta di una grande ricchezza storica che la Chiesa ancora possiede e che è nascosta al grande pubblico, ma che è paragonabile all’apparato radicale di un albero: senza un racconto delle fonti sarebbe impossibile indagare e comprendere cosa pensavano i nostri vecchi. Negli archivi specialmente ci sono pezzi di vita; nelle biblioteche troviamo i presupposti di quello che siamo oggi. Gli archivi diocesani vanno dal 1500 in poi, comprendendo quindi 500 anni, tranne alcune eccezioni. L’alluvione ne ha messo a rischio diversi e alcuni sono stati danneggiati. Lo Stato però è intervenuto con sollecitudine per salvarli, conscio della loro viva importanza.

Carità e cultura vanno a braccetto

Quale aiuto può dare l’informatica alla cultura?

La schedatura informatica è fatta con fondi Cei e delle diocesi. Attraverso il portale BeWeB si può consultare l’immensa raccolta di beni culturali ecclesiastici di tutta Italia. Notizie telegrafiche che rimandano alla diocesi di pertinenza per maggiori informazioni. Lo strumento non è molto conosciuto, inoltre occorre molta pazienza per trovare quello che uno cerca. Anche in questo però dobbiamo ringraziare in gran parte l’8xmille che garantisce la funzionalità del sistema di ricerca.

Perché i fondi 8xmille dovrebbero aiutare la cultura?

Nelle ultime iniziative culturali diocesane si è spesso data la possibilità a raccolte caritative evocate dai temi artistici sviluppati nelle mostre. Questo, a mio parere, per fare capire due cose importanti: che carità e cultura vanno necessariamente a braccetto e che comunque parliamo di materia culturale viva che con opere del passato e del presente riguardano l’oggi, le persone, il territorio. In questo modo risulta chiaro che produrre cultura riguarda la materia vivente delle persone e dei loro ambiti e dunque quello che la Cei investe nella cultura con l’8xmille è sempre dentro il circuito Chiesa-persone e la loro crescita anche negli aspetti concreti.

Brisighella. Con l’ingresso del nuovo parroco don Marco Ferrini il vescovo Mario Toso rilancia l’impegno per i giovani

Il vescovo della Diocesi di Faenza-Modigliana monsignor Mario Toso in occasione dell’entrata del nuovo parroco di Brisighella don Marco Ferrini ha rimarcato che sono necessari luoghi di incontro ove i giovani, provenienti da famiglie in difficoltà o divise, possano trovare educatori adulti o anche famiglie che offrono una «casa» di fratelli e di sorelle in cui stare insieme nella gioia e nel gioco, studiando, facendo le lezioni, pregando, cantando, rispettandosi e aiutandosi nell’uscire dalle loro solitudini e fragilità. “Cose semplici, non artefatte – sottolinea il vescovo -, ma che mettono in grado di acquisire autostima e che consentono di fiorire in umanità e nella fede”.

Proprio per questo e perché i giovani hanno bisogno di educatori e testimoni che li accolgano nella loro condizione e li facciano incontrare con il Signore Gesù, nel febbraio dello scorso anno il vescovo Toso ha conferito un mandato all’Associazione di promozione sociale “Un raggio splenderà”. Questa realtà è stata costituita su impulso di Roberto Zama e di Elisa Fabbri, per operare a favore dei ragazzi e dei giovani del brisighellese e non solo. La formazione dei ragazzi e dei giovani che aderiscono alle attività dell’Associazione e che si svolgono nei locali parrocchiali di Pieve Tho’ tiene presente lo sviluppo e la crescita in tutti gli ambiti di vita ai quali ragazzi e giovani afferiscono: famiglia, scuola e università, lavoro e sport, comunicazione, ecologia integrale, comunità ecclesiale e civile.

Dove abita l’uomo: luoghi, relazioni, intrecci. La mostra del Museo Diocesano fino al 7 gennaio 2024 presso la chiesa di Santa Maria dell’Angelo

Lo spazio abitato dall’arte per riflettere sugli spazi abitati dall’uomo. La mostra, a cura del vice-direttore del Museo Diocesano Giovanni Gardini Dove abita l’uomo. Luoghi, relazioni, intrecci inaugurata lo scorso venerdì 8 settembre presso la chiesa di Santa Maria dell’Angelo a Faenza, ha un significato profondo, unico, in una città che diventa un luogo particolare, un riferimento spaziale puntuale in questo settembre 2023 che prelude … Continua a leggere Dove abita l’uomo: luoghi, relazioni, intrecci. La mostra del Museo Diocesano fino al 7 gennaio 2024 presso la chiesa di Santa Maria dell’Angelo »

Il 29 e 30 settembre il 37esimo Convegno di Ravennatensia al Seminario di Faenza

Il 29 e 30 settembre si terrà a presso il Seminario Vescovile di Faenza il 37simo Convegno di Ravennatensia dal titolo Movimenti religiosi femminili pretridentini nel territorio di Ravennatensia (secoli XIV-XVI).

Il programma

Venerdì 29 settembre 2023

Il Convegno ha inizio venerdì 29 settembre al pomeriggio. Dalle 16 alle 18 il saluto delle autorità, S. E. Rev.ma Mons. Mario Toso, vescovo della diocesi di Faenza-Modigliana, Mons. Maurizio Tagliaferri che presiede le relazioni:

Gabriella Zarri: Prolusione.
Paola Foschi: Le nuove forme di vita religiosa al femminile nell’Emilia.(secoli XIV-XVI)
Enrico Fusaroli Casadei: Le nuove forme di vita religiosa al femminile nella Romagna. (secoli XIV-XVI)

Si prosegue sabato 30 settembre 2023

Mattina: 9-13

Alessandra Bartolomei Romagnoli: Donne sante in terra emiliano-romagnola. (secoli XIII-XVI)
Francesca Roversi Monaco: I movimenti religiosi femminili basso medievali nella cronachistica emiliano-romagnola.
Enrico Angiolini: Movimenti religiosi femminili e dialettica coi poteri laici ed ecclesiastici.
Antonella Degl’Innocenti: La santità al tempo del Grande Scisma: Orsolina da Parma, visionaria, pellegrina, profetessa.

Pausa

Corinna Baldi: Strade aperte, porte chiuse. Orsolina Veneri e Simona Cantulli, due carismi profetici a Parma tra XIV e XV secolo.
Silvia Serventi: Caterina Vigri e Illuminata Bembo tra Iacopone da Todi e Leonardo Giustiniani.
Arianna Pastorini: Note che prendono vita. Le scriventi del Monastero del Corpus Domini di Bologna: alcuni esempi.
Riccardo Pane: Lo Specchio di Illuminazione della Beata Bembo: un work in progress agiografico nello Scriptorium del monastero del Corpus Domini in Bologna.

Segue dibattito

Al pomeriggio, dalle 15 alle 17, presiede le relazioni Enrico Angiolini.

Paola Novara: La topografia e i movimenti religiosi femminili non istituzionali. (il caso Ravenna)
Marco Mazzotti: Ricerche sulla spiritualità femminile a Faenza tra i secoli XIV e XVI.
Maurizio Tagliaferri: Lo stato degli studi sulle beate di Russi.
Adelaide Ricci: Tracciati visuali: Chiara da Rimini, le immagini, la visione.

Seguono pausa, dibattito e le conclusioni di Mons. Tagliaferri.

Il comitato scientifico

Il Comitato Scientifico è composto dal presidente di Ravennatensia Maurizio Tagliaferri, Enrico Angiolini, Simone Marchesani, Marco Mazzotti, Paola Novara, Emanuela Ravaioli, Raffaele Savigni, Gabriella Zarri.

Informazioni

Per info: info@ravennatensia.it. La sede del convegno è il Seminario Vescovile di Faenza, Viale Stradone, 30. Tel. 0546 25040 – mail: info@seminariofaenza.it

Oltre il fango, la comunità. Report dal convegno promosso da il Piccolo

Ce l’aveva insegnato il Covid, ma l’abbiamo dimenticato in fretta. Ora l’alluvione lo grida, ancora più forte. L’unica via è la comunità, quella che mette al centro l’uomo, e ci rende fratelli. È la parola che è risuonata di più, giovedì scorso, all’incontro organizzato dal nostro settimanale in collaborazione con l’Ufficio comunicazioni sociali della Ceer, l’Ucsi e la Fisc nell’aula magna del Seminario di Faenza col titolo Oltre il fango, la comunità. A due mesi dall’alluvione, a partire dai volti e dalle storie che abbiamo messo in pagina, la sfida era quella di andare oltre l’emergenza, trovare costanti e insegnamenti e costruire un pensiero su quanto è successo, «per non dimenticare», come ha detto all’inizio della mattinata il direttore del nostro giornale, Francesco Zanotti, e guardare avanti.

Un primo ritratto di questa comunità è arrivato dal racconto del vescovo di Faenza-Modigliana, monsignor Mario Toso che nelle scorse settimane ha visitato, con il vicario don Michele Morandi, le realtà più colpite della sua diocesi: «Mi ha turbato l’umiltà della vita della gente – ha spiegato – che sostiene il mondo e la Chiesa con il lavoro, l’impegno e un amore concretissimo, quello della cura dei più fragili che non si è interrotta e, anzi, si è realizzata con maggiore eroicità. Colpisce, quasi fosse esaltata da questa tragedia, l’importanza del rapporto con il creato: la gente continua ad amarlo, a curarlo e a proteggerlo. Colpisce la sofferenza e la dignità degli anziani che hanno perso tutto, la fatica non del tutto codificata dei bambini alcuni dei quali, col temporale, oggi piangono. Non sono mancate lacrime di commozione nei volti della gente, non solo per quanto ha perso ma anche per l’aiuto ricevuto». Questo è un tempo di grandi sfide, ha proseguito il presule citando il titolo dell’incontro Covid, pandemia, sfida climatica. «Sfide che si affrontano solo con un cuore solidale, aperto al trascendente. Al di là del fango, dell’indifferenza, della frammentarietà, c’è la comunità. È così che possiamo rialzarci. Occorre mettere insieme l’ecologia ambientale e quella umana: non bastano le conoscenze e le scienze. Serve l’etica». È l’ecologia integrale della Laudato si’ di papa Francesco, una categoria per leggere e agire nel tempo di oggi. «In Romagna l’uomo ha tradito la natura – ha concluso monsignor Toso – ma soprattutto ha tradito se stesso. Dobbiamo ripartire da qui, da queste riflessioni, se non vogliamo ripetere gli stessi errori».

In questa esperienza, abbiamo perso tanto, ha esordito il sindaco di Faenza Massimo Isola «ma alcune parole hanno assunto un nuovo significato. Anzitutto la comunità: ciò che tutti abbiamo sentito, oltre il fango, l’acqua, i rifiuti, e ci ha dato la forza di reagire. E poi la compassione: le persone che hanno deciso di farsi carico delle sofferenze degli altri. ‘Il tuo dolore è il mio’: così siamo diventati più forti, con questo modo di affrontare il dramma».

Il prefetto di Ravenna, Castrese De Rosa, ha fornito il quadro della gestione dell’emergenza di maggio. Prima con i numeri e poi in emozioni e ricordi personali. «Tra il primo e il 17 maggio – ha riferito – sul territorio provinciale si sono riversate qualcosa come oltre 128 dighe di Ridracoli, 4,5 miliardi di metri cubi di acqua, una portata senza precedenti. Sono caduti 500 millilitri di pioggia, la metà di quella che normalmente cade in un intero anno. Sono esondati 23 fiumi e sulle colline si sono sviluppate migliaia di frane». L’unico modo di affrontare un fenomeno di questa portata, è stato, anche in questo caso, fare squadra. «La mia esperienza nel mondo cattolico mi ha insegnato che da soli non si va da nessuna parte. Quelle ore non si dimenticano – ha spiegato il prefetto tradendo l’emozione di quei momenti -. Abbiamo avuto sette morti (nel ravennate, ndr) e restano qui. Sono andato al funerale di tutti». De Rosa ha ricordato in particolare una richiesta di aiuto: «Un sindaco, giovanissimo, mi avrà chiamato 50 volte, segnalando la presenza di una donna con un bambino e un’anziana sul tetto di via della Libertà, a Castel Bolognese. Lo ricordo ancora. Quando siamo andati a prenderli, gli ho chiesto chi fossero. Erano la sua futura moglie e la sua famiglia. ‘La inviterò al nostro matrimonio’, mi ha detto, ‘perché sono salvi grazie a voi’». Un’altra alluvione non ce la possiamo permettere, ha ripetuto De Rosa: «D’ora in avanti non abbiamo più alibi. Ma vi posso dire che abbiamo provato ad affrontare tutto questo con l’umanità. La persona viene prima di ogni altro aspetto».

A sfatare alcune interpretazioni circolate sull’alluvione è stata suor Chiara Agati, della Fraternità Dives in Misericordia di San Pietro in Vincoli, che 25 anni fa aveva fatto una tesi di laurea in Scienze ambientali su rischio idraulico nella valle del Lamone, che di fatto ha “previsto” tutte le aree maggiormente colpite dalle esondazioni. «L’ecosistema è un organismo – spiega -. Ogni componente è necessaria. E ha una biodiversità fondamentale da rispettare. Nella mia tesi ho studiato queste componenti e definito un parametro cardinale di ‘vulnerabilità’ del territorio, frutto di quattro diversi parametri. Le parti individuate come ‘rosse’ sono quelle colpite dall’alluvione. Non è la mia tesi a essere futuristica: è stata redatta in base alle conoscenze di 25 anni fa. Il problema è che da allora non è stato fatto niente. Allora è difficile dire che questo fenomeno era imprevedibile. Non sapevamo il giorno ma sapevamo che poteva succedere. Proprio il 12 maggio, in Cattedrale, il vescovo Mario ha detto una frase che mi ha colpito: “la natura ci presenterà un conto molto salato”». La soluzione, allora, prosegue suor Agati, non sono semplicemente le casse di colmata, né lo sfalcio degli alberi dall’alveo dei fiumi, gli unici corridoi ecologici che ci sono rimasti: «Il passo indietro da fare è enorme e molto impopolare. Stanno disboscando il fiume (il Lamone, ndr): è il rimedio facile che spegne la rabbia della gente, ma non è la soluzione. Abbiamo bisogno di interventi su scala molto più ampia». L’approccio dev’essere multidisciplinare e scientifico.

Infine, due esperienze concrete: quella dell’Agesci, che a Faenza ha gestito un centro di accoglienza e a Ravenna un hub di Protezione civile e quella della Caritas di Faenza-Modigliana. «L’impegno per noi è quello di esserci, ma anche di contagiare – ha spiegato Francesco Bentini, responsabile di zona Agesci -. È questa la sfida: educare con l’esserci, contagiare, fermarsi a capire e far capire cosa fare». «Quando la gente pensa alle persone che si rivolgono a noi – ha aggiunto Chiara Lama della Caritas Faenza – pensano due cose: ‘sono solo i poveri’ e ‘si sono cacciati in queste situazioni’. Nell’emergenza alluvione questi stereotipi sono saltati: riguardava tutti. Questo ci ha detto in modo chiaro e ancor più forte che la Caritas deve uscire, come spiega da tempo papa Francesco». L’incontro della scorsa settimana è stato poi l’occasione per fare memoria anche del racconto dell’alluvione, che si è fatto storia.

A partire dalle pagine del nostro settimanale. «C’è una narrazione un po’ facilona dell’alluvione – ha spiegato Alessandro Rondoni, responsabile dell’Ufficio comunicazioni sociali regionale – secondo cui basta cantare ‘Romagna mia’ e tutto andrà bene, come si diceva col Covid. Non è così, non è stato così». Questa crisi inaspettata «è stata l’occasione per riscoprire chi siamo, come giornali – ha spiegato Samuele Marchi, vicedirettore del Corriere Cesenate e responsabile della redazione di Faenza -. È il momento in cui ci dobbiamo mettere in gioco, come giornale di comunità».

Cosa ha significato in concreto? «Avere una linea editoriale che dia senso alla notizia e alla tragedia, senza cadere nella retorica, essere giornale popolare, oggi anche multimediale, essere in relazione con la comunità, formare informando, consumare le scarpe ed essere nei luoghi, avere un volto, specifico, cioè mettersi in gioco, e infine ‘ricomporre i cocci’. La realtà è complessa: da soli non ce la si fa, né dal punto di vista personale né da quello comunitario».
«Per noi è stata una sfida – ha aggiunto il direttore, Francesco Zanotti -. Abbiamo spalato notizie, distinguendo quelle buone dalle bufale. La mia indicazione è sempre stata: non si scrive nulla che non sia verificato. Quando si maneggiano le notizie si trattano le persone. Persone con volti e nomi ben precisi per cui occorre il massimo della cura».