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Intelligenze artificiali: l’intervento del vescovo Mario al seminario dell’Ordine dei giornalisti svolto a Faenza

Faenza, Aula magna 26 gennaio 2024.

L’intelligenza artificiale o le intelligenze artificiali con il loro sviluppo rigoglioso e molteplice, mentre da un lato suscitano un grande interesse e mobilitano ingenti capitali volti al loro impiego in diversi campi, ed anche alla creazione di sistemi ancor più complessi, dall’altra parte obbligano a porre attenzione sugli effetti sociali e sulle questioni etiche sollevate dalle loro applicazioni.

  1. Sviluppi ed effetti sociali

L’Intelligenza Artificiale (=IA) o, meglio, le intelligenze artificiali sono una famiglia di tecnologie molto diverse tra di loro con applicazioni distinte. Un approccio realistico induce a considerare non solo la tecnologia in sé ma anche gli effetti che questa ha sulla società civile.

Il 2023 verrà ricordato come l’anno in cui l’intelligenza artificiale ha fatto irruzione nella coscienza collettiva e ha dirottato miliardi verso lo sviluppo di sistemi più complessi, ribaltando strategie e fortune di giganti tecnologici e attirato l’attenzione di politici e regolatori.

Il 2024 potrebbe non essere da meno. Più diventa evidente il potenziale di questa tecnologia, più gli Stati guardano a essa attraverso la lente dell’interesse nazionale. Il potenziale di questa tecnologia abilitante, che sia declinato nella sfera militare o in quella economica, sociale, giuridica, culturale, accademica e tutte le loro intersezioni, sta portando una serie di aziende e Paesi a lanciarsi nel tentativo di disporre di una propria tecnologia senza doversi affidare ai prodotti stranieri.

Si è così scatenata una corsa e una competizione internazionale nel cui ambito ogni Paese cerca di arrivare per primo e di essere più avanzato e performante in vista della supremazia nei mercati.

Il presidente francese Macron   mediante gli investimenti del suo Paese sulla startup Mistral si ripropone di sviluppare risposte europee ai giganti statunitensi. Analogamente Krutrim, una nuova startup indiana, ha presentato il primo Llm multilingue della nazione,[1] appena una settimana dopo che la rivale Sarvam ha raccolto 41 milioni di dollari con lo stesso obiettivo.

A Emirati, Francia e India si affiancano Arabia Saudita, Germania e Regno Unito per livello di dedizione: insieme questi sei Paesi hanno promesso di finanziare lo sviluppo dell’IA per una cifra complessiva di 40 miliardi di dollari. Cifre da capogiro che però non reggono il confronto con gli sforzi di Stati Uniti e Cina, che da soli hanno promesso di mobilitare cifre anche superiori. Il grosso dei fondi andrà nell’acquisto del tipo di chip necessari per addestrare Llm più potenti, quelli che hanno fatto la fortuna di Nvidia nel 2023 e che il governo statunitense lavora, in accordo con gli alleati, per tenere fuori dalla portata di Pechino. Che da parte sua sta versando centinaia di miliardi di dollari nella propria autonomia tecnologica, per non dover dipendere dai prodotti stranieri, e sostiene i campioni nazionali come Baidu (l’equivalente di Google) che ha presentato il proprio chatbot “Made in China” Ernie a poche settimane dall’avvento di ChatGPT.

La competizione tra Washington e Pechino sta già impattando lo sviluppo di altre alternative nazionali, specie considerando il controllo statunitense sull’ecosistema dei chip e la chiara intenzione dell’amministrazione di Joe Biden di stringere le maglie sul settore dell’IA.

Tuttavia, non è detto che i miliardi mobilitati dai Paesi si traducano in Llm efficaci, potenti e competitivi. Anzitutto c’è il tema della disponibilità dei dati e del vantaggio congenito dei Paesi anglofoni, che possono rifarsi a quantità immense di contenuti qualitativamente validi su internet. Se è vero che i governi nazionali potrebbero mettere al servizio della causa i propri dati (come quelli sanitari, fiscali e non solo, ammesso e non concesso che al pubblico vada giù) i loro modelli “nazionalizzati” potrebbero non reggere il passo con lo sviluppo di quelli anglofoni. Per non parlare di come il controllo delle autocrazie sui contenuti, sia quelli su cui si addestrano i sistemi sia quelli che possono generare, può finire per inibire la loro utilità.

C’è di più. Se i governi come quello statunitense limitassero l’accesso agli Llm open source i rivali potrebbero vedersi tagliare l’accesso a strumenti utili per sviluppare i propri sistemi IA. Biden, da parte sua, ha sollevato questa prospettiva verso fine 2023. Ed è difficile che Washington vorrà ridurre volontariamente il vantaggio che il sistema accademico-industriale statunitense continua ad accumulare.

Sta, dunque, sorgendo tra i popoli una gara a chi arriva prima ad acquisire sistemi di intelligenze artificiali, potenti e competitivi, in grado di difendersi da attacchi che violano la loro sicurezza, come anche la loro privacy.

In questo scenario l’Italia, peraltro anch’essa impegnata a mettere a punto nuovi sistemi di intelligenza artificiale, sarebbe in grado, in forza della sua storia culturale e religiosa, di dare un suo apporto peculiare. L’Italia è un Paese con una lunghissima tradizione umanistica, e proprio perché la questione dell’intelligenza artificiale non ha a che fare solo con la tecnica o con le frontiere della tecnologia, ma anche e soprattutto con la necessità di rendere queste tecnologie compatibili con la coesistenza sociale, per la nostra Nazione si apre un ruolo profondamente sintonico con la sua tradizione passata. Essa si ripropone l’obiettivo di mettere la persona al centro e di sviluppare così un modello, che potrebbe essere considerato rinascimentale, di riscoperta dell’umano e del suo valore nella relazione con le macchine.

L’idea, espressa da padre Paolo Benanti (diventato presidente della Commissione Algoritmi del Dipartimento per l’informazione e l’editoria di Palazzo Chigi, che si occupa di Intelligenza artificiale), è di inserire dei guard rail etici alla macchina facendo riferimento all’algoretica, cioè un’etica computata dagli uomini ma che dovrebbe divenire computabile dalle stesse macchine. Affiancare etica e tecnologia per un’intelligenza artificiale che ponga sempre al centro l’uomo e sia al servizio di un autentico sviluppo: ecco l’obiettivo. Ma servono nuovi criteri, categorie e linguaggi.

L’Italia è al lavoro per trovarli, avvalendosi della presidenza del G7, partendo dall’Hiroshima AI process e cercando soluzioni innovative per sfruttare al meglio le potenzialità della tecnologia, senza dimenticare i suoi rischi. Se la società civile saprà porsi come ente intermedio di questo processo, sarà più facile portarlo a termine.

  1. Verso dove?

Ponendo al centro dell’attenzione proprio l’intelligenza artificiale e le sue applicazioni diventa, in particolare, necessario fermarsi sui possibili effetti sociali di questa tecnologia, che si possono suddividere sommariamente in tre diversi ambiti: a) le potenzialità della ricerca scientifica per l’innovazione; b) l’impatto sul mondo del lavoro; c) l’impatto sociale sulla formazione dell’opinione pubblica e sulla coesione sociale.

Per quanto concerne l’ambito della ricerca scientifica è sufficiente evidenziare alla luce dell’esperienza, come quella della recente pandemia, gli strumenti tecnologici si sono dimostrati fondamentali. Non solo. Anche con riferimento ad altre aree, come quella della transizione ecologica, dell’economia circolare, della green economy,  del miglioramento delle condizioni usuranti nel mondo del lavoro, della produttività, della rapidità delle comunicazioni, della competitività economica, della capacità di fronteggiare i problemi della siccità, dei cambiamenti climatici, delle attività estrattive, produttive e distributive, come anche di welfare sociale, è sempre più evidente  che solo grazie alla condivisione dei dati digitali e all’utilizzo di nuovi algoritmi e di nuove tecnologie che i Paesi del mondo possono meglio fronteggiare sfide globali e mantenersi al passo con i tempi, per poter dare meglio il loro apporto nella costruzione del bene comune nazionale e mondiale. Specie la vita dei popoli più poveri esige di essere migliorata non solo dal punto di vista della disponibilità dei beni economici e tecnologici ma anche dal punto di vista della disponibilità di capacità intellettuali, morali, culturali, che consentono di poter cogliere le opportunità di scelta circa uno sviluppo integrale, solidale, comunitario, aperto ad umanesimo trascendente, mantenendosi quindi anche competitivi su tutti i livelli di esistenza: non solo economici, ma anche sociali, culturali, religiosi.

Ma per poter valorizzare nel miglior modo le varie opportunità di scelta o le varie chance di vita, per usare il linguaggio di Ral Dahrendorf, offerte dal progresso della nuova tecnologia, secondo l’Insegnamento sociale della Chiesa è fondamentale disporre di un parametro interiore ed etico, atto ad offrire la nozione di bene umano integrale. In mancanza del riferimento al bene umano integrale le capacità di scelta non possono tradursi in azioni morali, in scelte giuste. In definitiva, il mondo delle intelligenze artificiali per poter essere a servizio non solo del progresso delle Nazioni, singole o associate, ma del bene umano universale, necessita di superare il transumanesimo – avente come obiettivo di sostituire l’umano con le macchine dell’intelligenze artificiali, andando oltre l’umano, sostituendo la coscienza umana con una coscienza artificiale – e di scegliere un neoumanesimo.

Sul fronte degli impatti sul mondo del lavoro è già constatabile che le nuove tecnologie legate al digitale e all’IA hanno e avranno un’influenza maggiore su una determinata fascia di impieghi che, normalmente, appartengono alla cosiddetta classe media. Ma l’impatto non è mai un dato precostituito o predeterminato. Occorre valutare tutta una serie di fattori, come la situazione storica, territoriale, demografica della popolazione ed altro ancora. All’atto pratico, l’impatto lavorativo su una certa classe sociale dovrà essere messo in relazione, per esempio, con la crisi demografica. Per cui se da un lato è vero che si verificherà probabilmente una perdita di posti di lavoro, dall’altro è altresì vero che con i numeri demografici disponibili nel nostro Paese – una nazione in cui in quaranta province ci sono più pensionati che lavoratori – volendo mantenere la competitività sarà ovviamente necessario aumentare la produttività dei singoli, cosa che sarà possibile con un maggior investimento nell’intelligenza artificiale. Ma, evidentemente, non è che si dovrà guardare solo sul versante dell’investimento nell’intelligenza artificiale. Bisognerà anche considerare il versante delle politiche famigliari, della riduzione dell’inverno demografico, della valorizzazione dei migranti e altro ancora.

Infine, sono da considerare gli impatti dell’IA sull’utilizzo dello spazio pubblico, soprattutto in relazione alla formazione dell’opinione pubblica. Si tratta di un ambito molto sensibile, ove si registra un forte rischio. Infatti, gli strumenti tecnologici applicati alle piattaforme sociali e ai mezzi di comunicazione di massa possono di fatto cambiare la percezione dell’opinione pubblica, diffondendo disinformazione o informazioni inesatte, distanti dai fatti realmente accaduti.

  1. La questione delle questioni: crescere in umanità anche nel campo delle comunicazioni sociali

Se occorre porre attenzione all’impatto sulla vita democratica da parte di chi può influenzare l’opinione pubblica è pure giusto porre attenzione all’impatto dell’IA sulle comunicazioni sociali, tra le quali sta l’editoria.

Ogni prolungamento tecnico dell’uomo può essere strumento di servizio amorevole o di dominio ostile.

«I sistemi di intelligenza artificiale possono contribuire al processo di liberazione dall’ignoranza e facilitare lo scambio di informazioni tra popoli e generazioni diverse. Possono ad esempio rendere raggiungibile e comprensibile un enorme patrimonio di conoscenze scritto in epoche passate o far comunicare le persone in lingue per loro sconosciute. Ma possono al tempo stesso essere strumenti di “inquinamento cognitivo”, di alterazione della realtà tramite narrazioni parzialmente o totalmente false eppure credute – e condivise – come se fossero vere. Basti pensare al problema della disinformazione che stiamo affrontando da anni nella fattispecie delle fake news e che oggi si avvale del deep fake, cioè della creazione e diffusione di immagini che sembrano perfettamente verosimili ma sono false (è capitato anche a me di esserne oggetto), o di messaggi audio che usano la voce di una persona dicendo cose che la stessa non ha mai detto. La simulazione, che è alla base di questi programmi, può essere utile in alcuni campi specifici, ma diventa perversa là dove distorce il rapporto con gli altri e la realtà».[2]

Dall’uso etico dell’intelligenza artificiale, che ascolta i molteplici bisogni delle persone e dei popoli, ossia da un sistema di informazione articolato e pluralista, democratico, potranno derivare maggiore libertà, uguaglianza e giustizia sociale per la famiglia umana. Da un uso non etico dell’intelligenze artificiali potranno, invece, derivare nuove caste basate sul dominio informativo, con conseguenti forme di sfruttamento e di diseguaglianza.

Come scrive papa Francesco nel suo Messaggio «Siamo chiamati a crescere insieme, in umanità e come umanità. La sfida che ci è posta dinanzi è di fare un salto di qualità per essere all’altezza di una società complessa, multietnica, pluralista, multireligiosa e multiculturale. Sta a noi interrogarci sullo sviluppo teorico e sull’uso pratico di questi nuovi strumenti di comunicazione e di conoscenza. Grandi possibilità di beneaccompagnano il rischio che tutto si trasformi in un calcolo astratto, che riduce le persone a dati, il pensiero a uno schema, l’esperienza a un caso, il bene al profitto, e soprattutto che si finisca col negare l’unicità di ogni persona e della sua storia, col dissolvere la concretezza della realtà in una serie di dati statistici.

La rivoluzione digitale può renderci più liberi, ma non certo se ci imprigiona nei modelli oggi noti come echo chamber. In questi casi, anziché accrescere il pluralismo dell’informazione, si rischia di trovarsi sperduti in una palude anonima, assecondando gli interessi del mercato o del potere. Non è accettabile che l’uso dell’intelligenza artificiale conduca a un pensiero anonimo, a un assemblaggio di dati non certificati, a una deresponsabilizzazione editoriale collettiva. La rappresentazione della realtà in big data, per quanto funzionale alla gestione delle macchine, implica infatti una perdita sostanziale della verità delle cose, che ostacola la comunicazione interpersonale e rischia di danneggiare la nostra stessa umanità. L’informazione non può essere separata dalla relazione esistenziale: implica il corpo, lo stare nella realtà; chiede di mettere in relazione non solo dati, ma esperienze; esige il volto, lo sguardo, la compassione oltre che la condivisione».[3]

  1. Per una conclusione

«Della prima ondata di intelligenza artificiale, quella dei social media, abbiamo già compreso l’ambivalenza toccandone con mano, accanto alle opportunità, anche i rischi e le patologie. Il secondo livello di intelligenze artificiali generative segna un indiscutibile salto qualitativo. È importante quindi avere la possibilità di comprendere, capire e regolamentare strumenti che nelle mani sbagliate potrebbero aprire scenari negativi. Come ogni altra cosa uscita dalla mente e dalle mani dell’uomo, anche gli algoritmi non sono neutri. Perciò è necessario agire preventivamente, proponendo modelli di regolamentazione etica per arginare i risvolti dannosi e discriminatori, socialmente ingiusti, dei sistemi di intelligenza artificiale e per contrastare il loro utilizzo nella riduzione del pluralismo, nella polarizzazione dell’opinione pubblica o nella costruzione di un pensiero unico. Rinnovo dunque il mio appello esortando «la Comunità delle nazioni a lavorare unita al fine di adottare un trattato internazionale vincolante, che regoli lo sviluppo e l’uso dell’intelligenza artificiale nelle sue molteplici forme» [4]. Tuttavia, come in ogni ambito umano, la regolamentazione non basta».[4]

Sarebbe giusto, pertanto, creare un’Agenzia internazionale come quella sull’energia atomica.

                                                 + Mario Toso

[1] Un LLM (Large Language Model) serve a comprendere e generare testo in modo sofisticato ed è utilizzato per vari scopi, come rispondere a domande, tradurre lingue, redigere documenti o assistere nella formazione, migliorando l’interazione tra umani e computer.

[2] Francesco, Messaggio per la 58.a Giornata mondiale delle comunicazioni sociali (24 gennaio 2024).

[3] Ib.

[4] Ib


Alluvione, guerra e intelligenza artificiale: il 26 gennaio giornalisti da tutta la regione a Faenza

Alluvione, guerra, intelligenza artificiale: nelle sfide del nostro tempo la deontologia e l’informazione con la sapienza del cuore” è il titolo dell’incontro regionale che si svolgerà in occasione della festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, venerdì 26 gennaio a partire dalle 15 nell’Aula Magna del Seminario Pio XII, in via degli Insorti 2/A a Faenza. La 19esima edizione, organizzata dall’Ufficio Comunicazioni sociali della Ceer (Conferenza episcopale Emilia-Romagna) e dall’arcidiocesi di Bologna, in collaborazione con l’Ordine regionale dei giornalisti, Fisc, Ucsi, Acec, altre realtà e con la diocesi di Faenza-Modigliana e il nostro settimanale, riprenderà anche il messaggio di Papa Francesco per la 58esima Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali.

Convegno giornalisti 26 gen 2.0

I relatori

Dopo i saluti di Massimo Isola, sindaco di Faenza, e di monsignor Giovanni Mosciatti, vescovo delegato per le comunicazioni sociali Ceer, vi saranno gli interventi di monsignor Mario Toso, vescovo della diocesi di Faenza-Modigliana, di Silvestro Ramunno, presidente dell’Odg dell’Emilia-Romagna,  di Vincenzo Corrado, direttore Ufficio nazionale Comunicazioni sociali Cei e dei direttori e caporedattori dei settimanali diocesani dei territori colpiti dall’alluvione di maggio: Francesco Zanotti, direttore del Corriere Cesenate e presidente Ucsi-Emilia-Romagna, Samuele Marchi, de il Piccolo di Faenza, Daniela Verlicchi, del Risveglio, Andrea Ferri, direttore de Il Nuovo Diario Messaggero di Imola, e poi di Luigi Lamma (Notizie di Carpi), Martina Pacini (Il Risveglio, di Fidenza). Le conclusioni saranno di monsignor Mario Toso, vescovo della diocesi di Faenza-Modigliana.

Gli obiettivi del seminario

Il seminario è anche corso di formazione per giornalisti con l’acquisizione di crediti deontologici (previa iscrizione su www.formazionegiornalisti.it). Verranno ripresi, inoltre, i contenuti del convegno nazionale Ucs Cei e dell’assemblea nazionale Fisc svoltisi di recente a Roma, e sarà anche l’occasione per presentare i progetti di comunicazione delle varie diocesi. L’obiettivo del convegno è quello di stimolare nei vari ambiti una rinnovata presenza pastorale per comunicare la vita della Chiesa e formare i giornalisti al rispetto delle regole deontologiche nel veloce cambiamento in atto, nella rapida innovazione tecnologica, nelle sfide poste dai drammi delle guerre in corso e dall’intelligenza artificiale. Si approfondirà anche il modo in cui è stato raccontato il dramma dell’alluvione in Romagna. Il corso, inoltre, intende sviluppare linguaggi multimediali di educazione alla pace e alla cura dell’ambiente, di condivisione e di comunità. L’appuntamento regionale continua anche il percorso sinodale che si svolge con incontri promossi dagli Uffici per le Comunicazioni sociali nelle diocesi.

Alessandro Rondoni

Donatella Di Fiore nuova presidente della Fondazione Pro Solidarietate, ente che gestisce il Centro di Ascolto Caritas Faenza-Modigliana

Donatella di fiore

Passaggio di consegne alla Fondazione Pro Solidarietate, l’ente che ha lo scopo di gestire tutti i servizi del Centro di Ascolto Caritas diocesano di Faenza-Modigliana. La russiana Donatella Di Fiore è stata nominata presidente dal vescovo, monsignor Mario Toso, e succede a Claudio Violani. Collaborerà dunque a stretto contatto con don Emanuele Casadio, il direttore della Caritas diocesana.

Intervista a Donatella Di Fiore, nominata dal vescovo monsignor Mario Toso

Di Fiore, ci racconti a grandi linee la sua esperienza professionale ed extraprofessionale. Dopo avere insegnato diritto per un anno nelle scuole superiori e lavorato, poi, in un ufficio pubblico, sono entrata in magistratura e ho svolto per 37 anni le funzioni di giudice penale, prima in Tribunale a Ravenna, poi in Corte d’appello a Bologna. Un lavoro che ho amato davvero molto. A maggio 2023 sono andata in pensione. Per il resto ho svolto attività di volontariato nell’ambito della mia parrocchia di Russi e per alcuni anni sono stata membro del consiglio pastorale diocesano, in rappresentanza della parrocchia. Ultimamente, per un paio di anni, ho promosso, sempre nell’ambito della parrocchia, una serie di incontri, curati da un esperto psicoterapeuta, rivolti alle coppie, anche quelle “collaudate” per aiutare a rinnovare la relazione di coppia. Un’esperienza breve, ma intensa e che mi piacerebbe riproporre. Ora, terminato l’entusiasmante impegno di organizzare nella Corte di Appello di Bologna la mostra del beato Livatino, il giudice “ragazzino” ucciso dalla mafia, sono nel comitato organizzativo che porterà la stessa mostra a Ravenna, a marzo. Nel frattempo mi occupo della realizzazione di incontri sulla legalità, a cura di magistrati, ex magistrati, avvocati, docenti universitari, nelle scuole e nei centri di formazione professionale di Bologna. Con che spirito ha risposto sì a questa nuova chiamata? Devo dire che la richiesta mi ha sorpresa e trovata incerta, perché non ho esperienza nell’ambito delle opere di carità. D’altra parte chi mi faceva la proposta era troppo autorevole perché non venisse presa sul serio. Così mi sono confrontata, ho rappresentato le mie perplessità, ho cercato di capire meglio se poteva essere una scelta positiva per la Fondazione e per me. Alla fine, non trovando valide ragioni per non accettare mi sono fidata e resa disponibile, onorata e grata per l’opportunità che mi è stata offerta. Di cosa si occupa la Fondazione? È stata costituita nel 2016 su indicazione della Cei e per volontà del nostro vescovo per gestire tutti i servizi del Centro di Ascolto Caritas diocesano. La Fondazione, gestita da un Consiglio di amministrazione che ora presiedo, è, dunque, una emanazione della Caritas diocesana e cura una importante “fetta” dei servizi a favore dei poveri. Tra questi: gli ascolti delle persone in difficoltà, l’accompagnamento verso l’autonomia di persone in stato di disagio sociale, gli aiuti economici per affitto, bollette, assicurazioni, spese mediche, scolastiche, ecc., un dormitorio maschile, una seconda accoglienza maschile e femminile (tre appartamenti), una mensa, la raccolta e distribuzione di viveri e di vestiti, i servizi docce e lavanderia, nonché un centro di accoglienza diurna. Per poter fare fronte alla gran mole di attività la Fondazione si avvale di alcuni operatori dipendenti, di un gran numero di volontari e anche di persone che a vario titolo (servizio civile, alternanza scuola-lavoro, lavoro di pubblica utilità in sostituzione di sanzioni penali) si avvicinano a questa forma di volontariato. Come ha trovato l’ambiente della Fondazione pro Solidarietate? Prima di tutto devo dire che sono stata accolta con grande cordialità e tutti stanno cercando di mettermi a mio agio e di supportarmi nell’ingresso in questo mondo molto articolato, per me del tutto inedito. Ho tanto apprezzato questo calore e questa disponibilità. Ho trovato un ambiente di persone profondamente motivate, che credono davvero in quello che fanno, oltre che molto competenti ed efficienti. Quali obiettivi per il futuro? Sarei molto contenta se riuscissi a comprendere questa realtà, così ricca, in un certo senso ad assimilarla e a entrare in sintonia con le persone che in qualunque modo la vivono.

Samuele Marchi

Nella foto, da sinistra: Donatella Di Fiore, don Emanuele Casadio, Claudio Violani, presidente uscente


Scuola di formazione della Pastorale sociale. Delrio Faenza: “Ci deve essere libertà di coscienza nell’impegno politico”

“Una scuola come la vostra è importante, perché apre lo sguardo verso quello che è veramente l’impegno politico e il cattolicesimo democratico. Ed essere cattolici impegnati in politica significa occuparsi di tutto, non solo dei poveri, ma anche di economia, di bilancio, di sanità. Si deve proporre un pensiero diverso rispetto alle logiche del mondo…”. Un umanesimo integrale: sono queste le parole del senatore Graziano Delrio, invitato il 18 gennaio scorso alla Scuola di formazione sociale e impegno politico della Diocesi di Faenza-Modigliana. Sollecitato dal vescovo, monsignor Mario Toso, Delrio ha approfondito tanto la storia nel Novecento del cattolicesimo democratico e la sua eredità, quanto le sfide del presente, in un contesto locale, nazionale ed europeo. “Un cristiano che si impegna in politica – ha detto Delrio – non può essere, per sua natura, una persona che sa solo lamentarsi. Una delle parole chiave che invece deve guidarci è la parola speranza. Questo è chiaro, per esempio, nel Codice di Camaldoli. In un’Italia e in un’Europa devastate dalla guerra, il cattolicesimo democratico ha avuto un ruolo fondamentale per la ricostruzione e per la fondazione di un’Europa che, dopo millenni di conflitti, mettesse al centro la pace».

Delrio ospite della Scuola di formazione della Pastorale sociale della Diocesi: “Le persone vengono prima degli Stati e della loro volontà di potenza”

Riprendendo alcuni temi d’attualità che, come il Piccolo, abbiamo affrontato lo scorso numero, anche Delrio ha sottolineato come pacifismo non significhi arrendersi alla prepotenza, ma lottare per costruire, ogni giorno la pace (vedi articolo sul Ministero per la pace promosso dalla Papa Giovanni XXIII, ndr). «Pur nella diversità, bisogna riconoscere sempre nell’altro una persona e una volontà di incontrarsi – ha detto Delrio -. L’altro non è un nemico. La Dottrina sociale della Chiesa ci insegna che gli uomini e le donne vengono prima degli Stati e delle loro volontà di potenza. Per motivi di lavoro ho viaggiato in Israele per quarant’anni, dagli anni ‘80 al 2020. In tutto questo periodo ho percepito dei cambiamenti negativi. La creazione di muri, nel senso letterale del termine, ha portato effetti devastanti dal punto di vista sociale. Se prima arabi e israeliani, pur nelle differenze, lavoravano assieme, si incontravano, frequentavano gli stessi spazi e si conoscevano, ora le persone non si guardano più negli occhi, non si conoscono. L’altro diventa qualcuno che non chiami più per nome: è il primo passo verso la disumanizzazione».

“I cattolici in politica devono occuparsi di tutto in maniera integrale, non solo dei poveri”

Un altro tema su cui la Dottrina sociale della Chiesa ha portato un pensiero nuovo nella società è stato quello del lavoro: anche qui è la persona a essere sempre al centro delle logiche dell’economia. Militare attivamente in un partito, poi, non significa annacquare la propria identità, per esempio quella di essere cattolici e dei propri valori di riferimento. Tutt’altro. E anche qui arrivano esempi d’attualità, come quelli relativi alla legge sul fine vita. Delrio ha detto che sarebbe pronto ad autosospendersi in caso di conseguenze disciplinari contro la consigliera regionale dem del Veneto, Anna Maria Bigon, che sulla legge inerente il fine vita si è astenuta e non è uscita dall’aula regionale, come avrebbe voluto il gruppo del Pd. Ha detto Graziano Delrio: «Lo dico con molta chiarezza: su questi temi mai, e ripeto mai, la disciplina di partito può sovrastare la libertà di coscienza». Questo anche alla luce dell’analisi sulla cosiddetta ‘diaspora’ dei cattolici nel contesto politico, dopo la dissoluzione della Prima Repubblica. «Se nei partiti la diversità non è accettata – ha concluso Delrio – i partiti sono morti».

Samuele Marchi


Il 18 gennaio nuovo incontro della Scuola di impegno sociale e politico con Giuseppe Pagani e Graziano Delrio

Del-rio

Dalle criticità alle opportunità: il ruolo dell’impegno sociale. E’ questo il titolo del nuovo incontro della Scuola di formazione all’impegno sociale e politico della Diocesi di Faenza-Modigliana: il percorso ha al centro le elezioni europee e amministrative, dai piccoli Comuni all’Europa. Ospiti dell’incontro di giovedì 18 gennaio in Seminario a Faenza saranno Giuseppe Pagani e Graziano Delrio. L’incontro, aperto a tutti, si svolge dalle 18 alle 20.


Concorso “Presepi nelle case” del giornale “Il Piccolo” – 4^ edizione

CONCORSO ANNULLATO

Cari lettori,

dopo il bel riscontro della scorsa edizione, riproponiamo anche quest’anno il Concorso Presepi nelle case. Protagonisti i presepi domestici, una tradizione da mantenere viva più che mai anche in questo Natale ancora particolare. Per partecipare inviateci le foto del presepe di casa vostra tramite mail (info@ilpiccolo.org) o Whatsapp (338 3373289 – 338 6181431), non più di 3 immagini per ogni allestimento.

La Redazione assegnerà 3 abbonamenti OMAGGIO 2024 a il Piccolo, ma altri 3 saranno dati tramite voto popolare: le foto dei Presepi saranno pubblicate sulla nostra pagina Facebook e vinceranno quelle che riceveranno più ‘mi piace’.

Le foto si ricevono fino al 6 gennaio 2024. E’ necessario comunicare anche un recapito telefonico,

Aspettiamo le vostre foto!


Caritas Faenza: il grande impegno nel fronteggiare l’alluvione continua. Progetti, aiuti concreti e sostegno a famiglie

Prima, durante e dopo l’alluvione la Caritas c’è, e continua ancora oggi a stare al fianco di chi ha bisogno. Un mettersi accanto fatto di progetti, aiuti concreti e un animare tutta la comunità a sostenere le persone più in difficoltà. In tutto la grande generosità del territorio ha portato a 830mila euro la cifra raccolta dalla Diocesi di Faenza-Modigliana, poi destinata alla Caritas, per aiutare le famiglie alluvionate e le parrocchie che sono state colpite dalle calamità degli ultimi mesi. A questi si sommano i 23mila euro raccolti grazie alla colletta obbligatoria indetta dal vescovo monsignor Mario Toso il 28 maggio 2023 in tutte le parrocchie della Diocesi. Questi soldi sono stati destinati in particolare alle parrocchie alluvionate per avere un aiuto nel ripristino dei locali.

Da La Bcc sono arrivati 300mila euro: aiuti alle famiglie e sistemazione di appartamenti nell’emergenza

Di questi 830mila euro, 300mila sono arrivati da La Bcc, banca Credito Cooperativo. Una prima offerta, da 180mila euro, è stata utilizzata per sistemare tre appartamenti situati in San Domenico per riuscire a rispondere alle necessità abitative che ci sono in questo momento di emergenza. Altri 120mila euro, arrivati in un secondo momento da La Bcc, sono stati destinati ad aiutare famiglie in difficoltà colpite dalle calamità di maggio (alluvione) di luglio (uragano) e di settembre (terremoto).

Le donazioni alla Diocesi hanno permesso di attivare il centro operativo San Domenico in questi mesi

Circa 180 mila euro della cifra arrivata dalla Diocesi sono già stati usati per sostenere innanzitutto le spese del centro operativo che Caritas ha aperto da maggio a San Domenico e che è ancora attivo: un hub fondamentale in questi mesi per riuscire a essere presenti sul territorio nell’intercettare le fragilità. Parte di questi fondi è servita inoltre per sostenere alcune parrocchie alluvionate; per aiutare a pagare le rette a famiglie che frequentano gli asili paritari di Solarolo, Pieve Cesato e Sant’Umiltà; per sostenere economicamente alcune strutture per anziani colpite dall’alluvione o dal terremoto. Il restante 400mila euro verrà utilizzato per dare un contributo, anche se piccolo, alle persone che sono state colpite dall’alluvione che grazie alle Caritas parrocchiali hanno fatto richiesta. A questo fondo si aggiunge un ulteriore aiuto ricevuto dalla Caritas Italiana di circa 700mila euro di questi una parte serve per l’accompagnamento alle persone che ne fanno richiesta per percorsi psicologici, ascolti circa 120mila euro; una parte (300mila euro) verrà utilizzata per aiutare sempre le famiglie che ne hanno fatte richiesta e l’ultima parte (circa 290mila euro) verrà utilizzata per sistemare alcuni appartamenti da mettere a disposizione a famiglie che ne necessitano alluvionate. Inoltre Caritas Italiana ha riservato l’importo di 500mila euro per l’iniziativa di microcredito sociale costruita a favore di tutte le Diocesi colpite dall’alluvione, che mira a favorire la concessione di prestiti di piccola entità a singoli, famiglie e piccole imprese.

I numeri dell’accoglienza

Durante l’emergenza, in Diocesi sono state accolte due comunità di minori non accompagnate della coop. Zerocento presso il Seminario vescovile da subito dopo l’alluvione fino a inizio agosto. Nella parrocchia della Beata Vergine del Paradiso gli scout hanno allestito un’accoglienza dove sono state ospitate fino a 50 persone contemporaneamente. Presso in convento delle suore della Sacra Famiglia di Modigliana sono state accolte 70 famiglie in collaborazione con il Comune. Presso la parrocchia di Russi sono state accolte circa 15 persone costrette ad allontanarsi dalla propria abitazione per precauzione per circa una settimana; poi sono stati accolti vari gruppi di volontari (Caritas Ambrosiana, Scuola di Vimercate, scuola di Burago, Caritas di Trento, Comunità di Cuneo, Verona) che sono venuti a dare una mano alla Caritas per aiutare sempre le famiglie colpite dall’alluvione.

In Borgo le attività nelle parrocchie di Santa Maria Maddalena e Sant’Antonino

La parrocchia di Santa Maria Maddalena fin dal 17 maggio ha accolto quattro famiglie alluvionate nei locali della canonica (sei adulti e sei bambini) dove sono ospitate per due settimane. Inoltre, sempre per due settimane, ha predisposto una mensa per gli alluvionati e i volontari che ogni giorno serviva il pranzo e la cena (anche da asporto) a centinaia di persone; si è arrivati a preparare fino a 900 pasti in un giorno. Inoltre sono state predisposte squadre di volontari che al bisogno si recavano dalle famiglie più in difficoltà per aiutare a spalare il fango e a svuotare gli immobili. La parrocchia nei primi giorni si è anche fatta carico della casa famiglia Oami di via Galli aiutando a ripulire i magazzini e il mercatino e garantendo agli ospiti tutto ciò di cui avevano bisogno. Infine sono stati destinati 112.500 euro a tutte le famiglie del territorio della parrocchia che hanno perduto l’abitazione per intero (61 famiglie), a due attività commerciali e a una scuola di musica. Tale cifra è il frutto di una raccolta fondi parrocchiale, che ha dato il buon esito di 76mila euro (contributi da privati, associazioni, parrocchie e Save The Children); i restanti 36mila sono stati dati dalle casse parrocchiali; è stato offerto il centro estivo a 26 ragazzi di famiglie alluvionate, senza dimenticare il servizio religioso della Messa festiva che ogni domenica è stata celebrata all’Hotel Cavallino (nel territorio della parrocchia) per le persone sfollate e li ospiti (per circa un mese). “Tutto ciò – ricorda il parroco don Francesco Cavina – è stato possibile grazie alla generosità di tanti volontari, giovani e meno giovani, che ancora una volta hanno realizzato il comandamento dell’Amore proposto da Gesù. Infine la parrocchia di Sant’Antonino zona colpita due volte dall’alluvione, ha accolto alcune persone in canonica e ha cercato da subito di mettersi a fianco degli alluvionati per dare una mano e cercare di aiutare concretamente con risorse.

Emanuele Casadio, direttore Caritas Faenza-Modigliana


Cattolici e politica. Don Bruno Bignami e Vera Negri Zamagni il 14 dicembre relatori a Faenza

Si è ormai giunti agli ultimi due appuntamenti della scuola di formazione sociale e politica, organizzata dal settore di Pastorale sociale della Diocesi di Faenza-Modigliana. Un percorso iniziato a giugno scorso da un gruppo di 16 giovani e adulti. Il primo ospite è stato il professore ed ex-parlamentare Ernesto Preziosi, che da fine conoscitore della realtà ecclesiale e del tessuto culturale dei “nostri” ambienti, ha incoraggiato ad approfondire il numero 43 della Gaudium et Spes (Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, Concilio Vaticano II). Ha poi auspicato uno studio e una divulgazione dell’Art. 49 della Costituzione riscoprendo il valore e il ruolo dei partiti nella nostra Repubblica così come sono stati pensati e così come possono servire alla democrazia italiana.

Alla luce della storia del Movimento Popolare e dei suoi sviluppi, secondo Preziosi, i cattolici in politica devono fare una scelta coraggiosa e di fede: la scelta di una semina profonda. La formazione di base dei cittadini è la priorità. La formazione alla vita cristiana. Le persone vanno aiutate a pensare. Va fatto rinascere e crescere un cristianesimo maturo, capace di ascoltare la realtà. Con la formazione di base e la creazione di luoghi di incontro e pensiero per le persone è possibile raggiungere un’unità culturale. Poi c’è necessità di formare un pensiero politico condiviso. I docenti dell’Università Cattolica sono circa 1.500, i “cervelli” ci sarebbero. È possibile elaborare insieme un pensiero politico sui temi importanti come, ad esempio, la violenza sulle donne: perché non analizziamo più approfonditamente le situazioni familiari di questo fenomeno? È evidente che esistono forti connessioni di questa piaga con le condizioni familiari, con le situazioni di instabilità, le narrazioni sulla famiglia e le concezioni più diffuse sull’amore tra coniugi proposte da spot pubblicitari, film e serie Tv. Il pensiero politico può agire sull’educazione delle giovani generazioni e fare la sua parte sulla maturazione della cultura.

Le prospettive europee: incontri con il prof. Giampaolo Venturi e Andrea Piazza

Il professore Giampaolo Venturi nella sua lezione ha aperto ai presenti l’orizzonte europeo, ancorandosi alla storia, evidenziando la grande intelligenza e furbizia dei padri fondatori dell’Europa. Alla luce del dialogo attuale sui valori fondativi dell’Unione Europea, ha presentato le più grandi sfide, che attendono di essere “disputate” nei livelli più profondi di confronto e dibattito. In quella stessa data abbiamo conosciuto giovani che a Faenza si impegnano per diffondere una conoscenza e un’amicizia verso l’istituzione e realtà europea. Andrea Piazza, responsabile Servizio Affari Istituzionali dell’Unione Romagna faentina, ha condiviso le sue conoscenze sulle istituzioni europee e, con grande competenza, ci ha offerto una panoramica sulle coalizioni delle future votazioni europee e i suoi possibili sviluppi.

Il prof. Gino Mazzoli e il coinvolgimento della cittadinanza nella scelta politica

Nell’incontro di novembre è intervenuto Gino Mazzoli, professore di psicologia, formatore e consulente. La sua esperienza nel campo dell’accompagnamento ed educazione è come un manuale da cui trarre conoscenze utilissime per chi si trova a pensare percorsi formativi e di coinvolgimento della cittadinanza. Mazzoli ha proposto una lettura molto profonda della realtà sociale, alla luce delle statistiche sulle patologie più diffuse in Europa. Ha proposto la via dell’incontro delle persone, specie in condizioni di conflittualità sociale; la creazione di occasioni di incontro e lavoro condiviso attorno ai beni della propria città o comunità. Le sue parole hanno aperto la pista alla testimonianza di due giovani impegnati nella città di Faenza e Tredozio: si è potuto ascoltare che i giovani possono dare un grandissimo contributo al bene comune se sono motivati e hanno coraggio di spendere tempo ed energie fisiche e spirituali!

L’incontro del 14 dicembre: i relatori dialogheranno con il vescovo monsignor Mario Toso

Ora, appunto, ci si trova davanti agli ultimi due incontri del percorso. Il Settore di Pastorale sociale ha pensato di aprire la partecipazione a tutti quelli che vorranno ascoltare don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei, e Vera Negri Zamagni, professoressa dei Dipartimenti di Scienze Statistiche e Scienze Aziendali dell’università di Bologna. Insieme al vescovo monsignor Mario Toso i due relatori affronteranno il tema dei cattolici di fronte alla terza guerra mondiale a pezzi. C’è un grande bisogno di proporre una lettura il più possibile chiara sulle guerre recentemente scoppiate. Sarà una serata in cui si potrà lavorare ad una unità culturale di fronte alla guerra mondiale a pezzi che investe il nostro mondo, e perché no, lavorare nel porre le basi per un pensiero politico condiviso.

Siete tutti invitati, appuntamento a giovedì 14 dicembre, alle 18, nella sala San Pier Damiani del Seminario di Faenza (ingresso da Viale Stradone, 30).

Luca Ghirotti


Giornata mondiale dei poveri: le iniziative della Caritas diocesana per il 19 novembre

Tra le iniziative promosse durante la Giornata mondiale dei poveri, la Caritas diocesana invita a partecipare domenica 19 novembre alla Santa Messa celebrata dal Vescovo Monsignor Mario Toso alle ore 19.00 nella chiesetta SS. Trinità in via D’Azzo Ubaldini. A seguire si terrà l’intitolazione della sala del Centro di Ascolto diocesano a Damiano Cavina, operatore Caritas deceduto nell’aprile dello scorso anno che ha dedicato la propria vita al servizio verso gli ultimi. L’intitolazione della sala vuole essere un modo per tenere viva la sua testimonianza.

Alle ore 20 si terrà la benedizione dei locali dell’accoglienza femminile, un servizio che offre quattro posti letto a donne che vivono situazioni di particolare criticità. Il servizio è attivo dal 2014: inizialmente la sede era presso la parrocchia di San Domenico, poi è stato trasferito in via Strocchi e infine, dal maggio 2021, ha sede nel plesso adiacente al Centro di ascolto di via d’Azzo Ubaldini. Sono una decina le volontarie che garantiscono ogni giorno l’apertura dell’accoglienza femminile promuovendo anche momenti di convivialità e aggregazione.


Meraviglie al Palazzo vescovile di Faenza: venerdì 10 novembre l’inaugurazione

Un gustoso assaggio dei mille anni di storia custoditi dal Palazzo vescovile di Faenza. L’Adorazione dei Magi del Palmezzano, l’effige lignea del Bambin Gesù che cullava la stessa santa Umiltà, il gruppo scultoreo Il viaggio di Ulisse di Antonio Violetta: sono questi solo alcuni dei tesori che dal 10 novembre potranno tornare a essere ammirati dal pubblico nel nuovo allestimento della Sala del Trono del Palazzo vescovile a cura del Museo Diocesano di Faenza (piazza XI Febbraio, 10). Uno spazio nel quale potranno dialogare insieme opere antiche e altre contemporanee, in un intreccio di arte e storia capace di suscitare nuove suggestioni tra passato, presente e futuro. L’inaugurazione di questa nuova tappa della valorizzazione dell’arte sacra della Diocesi è per venerdì 10 novembre alle 17.

Orario delle visite

Venerdì 16-18.30; sabato e domenica 10-12.30 e 16-18.30. Per informazioni: museodiocesanofaenza.it; 333 7834993.

Per un approfondimento, l’articolo su il Piccolo.