SOLENNITÀ DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE

Faenza, san Francesco 8 dicembre 2018
08-12-2018

Cari fratelli e sorelle, la Parola di Dio, tratta dal libro della Genesi (Gen 3, 9-15.20), ci parla del peccato che si è introdotto nella storia dell’umanità. Avvenne agli inizi, con Adamo ed Eva, ma continua ancora oggi. Si tratta di un inganno macchinato dal nemico di Dio, da Satana, raffigurato dal serpente che parla alla donna ed induce a disobbedire al comando del Creatore. Ecco il punto nodale. L’umanità, nell’unità duale di uomo e donna, creata da Dio per amore, per vivere in piena armonia con Lui, si allontana dal Padre e flirta con chi porta divisione in essa, nonché confusione e perdita di coscienza della propria identità, quella di figli di Dio. Ma distaccandosi da Dio non si sa più chi si è, per chi si è. Viene meno il senso profondo della vita.

La solennità dell’Immacolata è per la Chiesa intera l’occasione per festeggiare in Maria di Nazareth l’umanità che finalmente risponde all’amore di Dio e non delude alle sue attese. Celebrare l’Immacolata è onorare ed amare la Madre del Redentore, di una nuova umanità. È comprendere che, come Lei, ognuno di noi, uomo o donna, giovane o anziano, siamo chiamati a metterci a disposizione di Dio,  per consentire a suo Figlio Gesù, di diventare cuore del mondo, amore incarnato del Padre.

Come Maria immacolata, accogliamo, dunque, con fede Gesù e con amore doniamolo al mondo, perché ogni persona possa amare e servire Dio col cuore di Cristo.

Ma, chiediamoci, davvero noi oggi desideriamo donare al mondo un’umanità nuova, davvero lavoriamo per un nuovo rinascimento,  per una nuova primavera, come la Madre di Gesù?

Non è, forse, che spesso ci mimetizziamo dietro  proposte culturali e politiche che nulla hanno da spartire con  i valori umani ed evangelici e che, anzi, sono in aperta contraddizione con l’insegnamento di Gesù Cristo? E, poi,  non è vero che spesso siamo persone timorose, che rinunciano ad un annuncio gioioso e coraggioso di Gesù agli altri per paura di essere tacciati come retrogradi, portatori di una perniciosa superstizione? Così, già nei primi secoli veniva bollato il cristianesimo. Alle volte, poi, non sembriamo, a fronte delle sfide odierne, quali l’individualismo libertario e la cultura fluida del mondo digitale che  ostacola la percezione della propria identità,truppe in ritirata che non sanno affrontare i problemi, senza credere di avere un proprio apporto originale da offrire, proponendo una visione di persona ad immagine di Dio, fatta per il dono? Non raramente i credenti generano la sensazione di essere un popolo di rassegnati, incapaci di reagire all’emarginazione prodotta da parte di culture materialistiche, tecnocratiche, chiuse alla trascendenza. Essi danno l’impressione di essere incapaci di portare la speranza ad un mondo in balia del non senso.

Ma chiediamoci anche: siamo, davvero, membra vive della comunità ecclesiale?  Perché questa domanda? Perché emerge che in non poche occasioni, adulti e giovani, abbracciamo la nostra fede in maniera quasi consumistica, tenendola per noi, ripiegandoci nella coltivazione della nostra serenità interiore, pensando solo al nostro benessere spirituale, senza preoccuparci della salvezza integrale degli altri? Non è vero, forse, che ponendoci di fronte all’Immacolata preghiamo solo per la nostra famiglia, per noi stessi e non pensiamo che dobbiamo pregarla e supplicarla per il mondo intero? Ricordiamoci che non ci salviamo da soli. È importante che anche le nostre comunità ed associazioni siano redente e trasfigurate. Dobbiamo, poi, vigilare per non essere soprafatti dalla psicologia della tomba, che poco a poco ci trasforma in portatori di un pessimismo sterile, capaci di vedere solo rovine e guai attorno a noi. Il Figlio di Dio, regalatoci dal Padre e dalla Vergine Maria Immacolata,  ci sollecita a superare la sfiducia permanente nelle persone, la paura dell’altro, gli atteggiamenti meramente difensivi, per diventare umanità sempre più capace di accoglienza, di convivialità, di servizio al bene comune. Maria Immacolata ci mostra un’umanità che ricerca gli interessi di Dio, desidera innalzare la civiltà dell’amore. Si presenta a noi come un persona umile, ma non per nulla rassegnata di fronte al male, all’idolatria e alla ingiustizia. Appare determinata nel collaborare con Dio, nel costruire il nuovo popolo di Dio, che è la Chiesa. Mentre avanziamo incontro a Dio che viene, guardiamo a Maria che «brilla come segno di sicura speranza e di consolazione per il popolo di Dio in cammino» (Lumen gentium, n. 68). La Vergine dell’ascolto e della contemplazione, la Madre dell’Amore, la serva del Signore (cf Lc 1, 26-38), interceda per tutti noi, per la sua Chiesa, perché non sia popolo delle catacombe e non si fermi mai nell’instaurare il Regno di Dio.

In questa Eucaristia preghiamo per coloro che questa notte sono morti nella discoteca di Corigliano in provincia di Ancona. Preghiamo perché i nostri giovani non solo possano andare in discoteche sicure ma anche nelle loro comunità religiose per onorare Maria Immacolata, «Vergine Madre, Figlia di suo Figlio, umile ed alta più che creatura» (Dante, Paradiso XXXIII, 1-3).

+ Mario Toso